IL SERVIZIO SOCIALE DI COMUNITA’ IN LUNIGIANA
2.4 Il tessuto associativo in Lunigiana: una risorsa importante
Nella comunità lunigianese, la cultura della solidarietà ha radici antiche, rafforzate anche dalla configurazione geografica della zona dove l’isolamento consolidava soprattutto sentimenti di buon vicinato e di vicendevole aiuto. L’associazionismo è molto presente e vitale:258 una rete di solidarietà che permette di uscire dal binomio operatore – beneficiario allargandosi sul territorio, e che è presente nelle piccole frazioni dove i paesani stessi si attivano volontariamente per la risoluzione di un problema, dando supporto sia umano che materiale alle famiglie. Una grossa criticità di questo territorio è tuttavia la lontananza dai servizi pubblici, quali posta, banche, servizi sanitari, trasporti, rendendone difficile l'accessibilità ai servizi. In alcuni paesi lo spopolamento è stato accompagnato dal venir meno, per i pochi abitanti rimasti, di quasi tutti i servizi: la scuola elementare, l’ufficio postale, l’osteria, il negozio di commestibili e ogni altro luogo ed elemento di aggregazione sociale, in alcuni posti perfino la Chiesa, venendo meno anche il momento della Santa Messa domenicale.259 Analizzando l’alto numero di associazioni di volontariato presenti sul territorio, si può pensare che forse il posto della solidarietà del buon vicinato, della solidarietà basata su rapporti affettivi, sia stata sostituita da una solidarietà più strutturata, organizzata, razionale.260 Nell’ultimo decennio, questo settore ha assunto un ruolo importante, tanto nella definizione delle politiche sociali e sanitarie del territorio, quanto nella loro attuazione, divenendo un attore fondamentale del sistema di sicurezza sociale, sia a livello locale che regionale e nazionale. La Lunigiana è una terra particolarmente virtuosa, così come tutta la Toscana, ed evidenzia un mondo non profit tendenzialmente più strutturato rispetto al livello medio nazionale.261 L’indice di presenza del III settore ogni 10000 abitanti è pari a 14.87, l’indice dei presenza del volontariato, ogni 10000 abitanti è pari a 9.72 l’indice di promozione sociale formalizzata, ogni 10000 abitanti è pari 3.57262
Come accade nel resto della Provincia, anche nella zona sociosanitaria Lunigiana la maggior parte delle associazioni di volontariato iscritte all’apposito registro, opera nel settore sanitario
258
SdS Lunigiana (2006 – 2008), Piano Integrato di Salute 259
SdS Lunigiana (2009), Immagine di salute
260
Ibid
261
Regione Toscana,(2015), Il profilo sociale regionale
262
120 e socio sanitario, nell’ambito della Protezione Civile, e nel settore ambientale, la zona registra la maggioranza assoluta di associazioni coinvolte all’interno della Provincia.263
Dalla mia esperienza professionale, emerge spesso che, parimenti alle Istituzioni, che non hanno più le risorse per far fronte a nuovi bisogni sempre più “complessi”, il terzo settore seppur dotato dei migliori intenti, spesso, in Lunigiana, non presenta quelle competenze professionali indispensabili alla presa in carico e alla progettazione, che appartengono di fatto al servizio sociale, in tale ottica risulta indispensabile un’ integrazione delle risorse. Pertanto, è indispensabile che le nuove politiche sociali e le stesse modalità organizzative dei servizi e delle prestazioni, tengano conto sistematicamente del terzo settore per attivare nuove forme di relazione sinergica fra esso, il sistema pubblico dei servizi e il privato sociale, in una prospettiva non solo di differenziazione funzionale ma anche di rinforzo, sovrapposizione ed integrazione.
Lo snodo fondamentale da cui far muovere ogni proposta è legato allo sviluppo del ruolo del volontariato, il rischio sottolineato da più parti, però, è che in questo contesto di taglio delle risorse esso venga vissuto solo come soggetto erogatore di prestazioni o servizi, magari in sostituzione di interventi istituzionali.264 Il volontariato deve svolgere un ruolo di stimolo per le istituzioni e di promozione di nuovi progetti da sviluppare, evitando che diventi sostitutivo dei servizi istituzionali e, in ogni caso, l’ossatura dei servizi dovrebbe rimanere in capo ai professionisti per evitare di perdere professionalità a scapito della buona volontà.
Nella quotidianità del mio lavoro di assistente sociale, ho frequenti rapporti con le associazioni di volontariato presenti sul territorio, con cui sperimento collaborazioni più o meno istituzionalizzate. La Caritas svolge un ruolo rilevate in particolare ad Aulla ed alcuni comuni vicini. Accanto al Centro ascolto vi sono i servizi di consegna generi alimentari, raccolta e consegna vestiario e altri oggetti utili, la scuola di italiano per gli stranieri, oltre alla consulenza legale e commerciale dei volontari. Per questi servizi molte sono le organizzazioni che garantiscono fondi tra cui la CEI, la Cassa di Risparmio della Spezia, la convenzione con la Banca alimentare di Firenze e l'AGEA. La Caritas, inoltre, è la referente per la Regione Toscana del Prestito Sociale rivolto alle famiglie indigenti, momentaneamente in difficoltà (prestito fino a 3 mila euro rimborsabili in 36 mesi senza interessi né garanzie), e Microcredito, un istituto fatto con i fondi della Diocesi e dei Monte dei Paschi di Siena: in questo caso è previsto un piccolo tasso di interesse e garanzie da offrire.
263
CCIAA Massa Carrara 2014 264
121 La collaborazione nasce non solo da un’esigenza del mio servizio, ma spesso sono le stesse associazioni di volontariato che contattano il servizio per sperimentare forme di collaborazione, nel progettare interventi diretti a singole persone bisognose o all’intera comunità, oppure per avere un confronto, conferme, indicazioni sulle opportunità dei servizi. Nelle pagine seguenti, senza la presunzione di esaurirne la trattazione, accennerò a due progetti realizzati con il prezioso ed indispensabile apporto del volontariato, che ritengo siano una “buona prassi” della necessaria e proficua collaborazione con il volontariato locale.
Progetto pane quotidiano
Il progetto “Pane Quotidiano”, appare esemplificativo dell’importanza del lavoro di rete tra soggetti istituzionali e terzo settore e mostra quanto sia fondamentale il ruolo tecnico rappresentato dal servizio sociale. Il progetto nasce per fronteggiare un bisogno ben evidenziato nelle pagine precedenti. La Lunigiana è un territorio in cui la popolazione sta progressivamente invecchiando e dove si rendono sempre di più necessari interventi di assistenza e di supporto, a fronte di una diminuzione delle risorse. Nelle piccole frazioni, i servizi rivolti al cittadino sono progressivamente diminuiti, vengono chiuse molte attività commerciali, in particolare di vendita di generi alimentari e uffici postali.
Ad essere maggiormente penalizzati sono le persone più fragili, ovvero gli anziani, che non hanno la possibilità di muoversi autonomamente sul territorio, e che presentano difficoltà anche per quanto attiene il mantenimento dell’autonomia all’interno della propria abitazione. Le maggiori criticità emerse dall’analisi dei bisogni della popolazione anziana, specialmente se abitante in zone decentrate, sono, ad esempio, il reperimento di medicinali e di derrate alimentari per il consumo quotidiano, difficoltà a compiere spostamenti sul territorio per visite specialistiche, cicli riabilitativi, disbrigo di pratiche burocratico amministrative.
Il progetto “Pane Quotidiano” vuole privilegiare lo sviluppo ed il rafforzamento dei servizi assistenziali informali ed, in particolare, del volontariato rivolto al sostegno degli anziani. La creazione di una rete di solidarietà forte all’interno della comunità, può essere un valido strumento, sia per far emergere un tipo di domanda che spesso non manifesta con forza i propri contenuti e che fatica a farsi sentire nel contesto in cui si esprime, sia a potenziare le linee d’intervento con servizi complementari e non sostitutivi a quelli di competenza della Società della Salute.
Le due associazioni che hanno collaborato alla realizzazione del progetto sono: la Misericordia di Pontremoli e l’associazione Lions Club sezione di Pontremoli.
122 L’associazione Lions Club di Pontremoli, mediante i proventi derivanti dalla propria quota associativa e dalla raccolta fondi che periodicamente l’Associazione attua, ha iniziato la sperimentazione di un progetto a sostegno della povertà, il pensiero dei soci era quello di dare una risposta concreta e specifica ad un bisogno reale; nell’ottobre del 2011, hanno messo a disposizione le risorse economiche per finanziare una media di cinque pasti completi giornalieri, l’idea era quella di agire su cinque nuclei familiari che si trovavano in una condizione di disagio economico.
Individuato l’obiettivo e trovate le risorse economiche, si rendeva necessario trovare un partner che sostenesse e condividesse il progetto, occupandosi dell’aspetto della consegna; il direttivo del Lions ha così individuato la Misericordia di Pontremoli, che fedele ai propri principi di solidarietà, reciprocità e di totale disponibilità, ha aderito da subito all’iniziativa, mettendo a disposizione i propri mezzi e i volontari deputati alla consegna; è stata così stipulata una convenzione dove veniva formalizzato l’impegno quotidiano della Misericordia nella consegna.
I pasti venivano preparati e confezionati dalla Cooperativa Dussman che gestisce la mensa ospedaliera; inoltre la Misericordia si è data un’organizzazione che prevedeva una selezione di volontari che portassero avanti il compito di consegna del pasto, ma anche di monitoraggio della situazione ma soprattutto, si sono dati come priorità quella di favorire la nascita di una relazione di aiuto con i beneficiari, in modo da diventare un punto di riferimento e di appoggio.
Gli utenti individuati inizialmente erano stati segnalati dai Parroci del Comune di Pontremoli. Non era stata effettuata alcuna valutazione professionale del bisogno, erano persone locali che si rivolgevano sistematicamente alle parrocchie chiedendo aiuti economici. Il progetto, dunque, è iniziato senza il coinvolgimento del servizio sociale. Dopo alcuni mesi di attività a seguito di una verifica sull’andamento del progetto, sono emerse alcune criticità segnalate dai volontari che si occupavano del servizio di consegna del pasto, in quanto si verificavano spesso episodi in cui i beneficiari non si trovavano in casa nel momento della consegna; quando veniva ritirato il contenitore vuoto per la consegna successiva, spesso era ancora pieno o non completamente consumato; il volontario che entrava in casa del beneficiario, rilevava degli elementi che poco confacevano ad una condizione di disagio economico; dopo un breve periodo di assistenza alcuni utenti hanno rifiutato il pasto, riportando anche lamentele sulla qualità del cibo, uscendo così dal progetto. I volontari, preso atto delle criticità, si sono rivolti al servizio sociale territoriale, illustrando il progetto e le difficoltà incontrate in questa prima fase di attuazione, chiedendo se realmente sul territorio c’era un
123 disagio economico tale da rendere importante e pertinente l’intervento prospettato nel progetto, in quanto il feed back che ne hanno avuto era negativo. Il progetto “Pane quotidiano” è una risorsa importante per il territorio, che è assolutamente indispensabile continuare, ma si è resa necessaria una valutazione professionale del bisogno al fine di non disperdere le preziose risorse messe a disposizione dalle Associazioni. Il punto di debolezza del progetto era la mancanza di una valutazione professionale del bisogno che è andata ad inficiare la bontà dell’intervento. La mancata analisi tecnica della condizione del bisogno ha determinato un’offerta non pertinente alle reali necessità dell’utenza. Le persone che, ad oggi, nel nostro territorio, a seguito dei mutamenti sociali precedentemente descritti, presentano un bisogno di prima necessità, come quello offerto, sono molte, il servizio sociale in considerazione delle risorse messe a disposizione dalle due associazioni, che seppur preziose sono limitate, ha avuto il compito di valutare, in modo professionale, chi veramente ne presenta i requisiti di accesso. Con la collaborazione del servizio sociale viene quindi effettuata una valutazione professionale individuando le aree di fragilità che identificano il bisogno ossia: l’isolamento ambientale; l’assenza di rete familiare o amicale che possa rappresentare una risorsa assistenziale; il disagio economico; le limitazioni delle autonomie personali. Spesso le persone segnalate sono utenti, già in carico ai servizi con interventi di assistenza domiciliare e, pertanto, l’ulteriore intervento previsto dal progetto “Pane quotidiano”, va ad integrare una progettualità di fatto, già mirata al mantenimento delle autonomie domiciliari di persone che presentavano accertate limitazioni delle abilità personali. Il solo pasto, infatti, non sarebbe stato risolutivo della condizione di fragilità presentata, così come la sola assistenza domiciliare non avrebbe completamente soddisfatto il bisogno, ne va da se che l’unione dei due interventi ha rappresentato una migliore offerta assistenziale. Il volontario, attraverso il proprio accesso domiciliare giornaliero, effettuato per la consegna del pasto, rappresenta un ulteriore fonte di monitoraggio circa il benessere della persona, nonché, favorisce la socializzazione dell’assistito, infatti la quotidianità dell’accesso ha fatto si che si instaurasse tra i volontari e i beneficiari una relazione e un rapporto di aiuto, ciò ha indubbiamente migliorato la qualità della vita delle persone in carico. La funzione del monitoraggio, in tale ottica, diviene un valore aggiunto ed inaspettato rispetto i primari obbiettivi individuati dal progetto e previsti dalle associazioni. In un territorio così frammentato, le persone individuate, sole in termini di relazioni parentali e sociali, necessitano da parte dei servizi, di un monitoraggio circa il proprio benessere e condizioni di sicurezza quotidiana. Infatti, l’assenza di familiari che ne garantiscano la sorveglianza in termini di sussistenza ed autonomia, pone queste persone in una condizione di rischio sociale.
124 Questo intervento, portatore di disponibilità, valori e professionalità coordinate tra loro e gestite in modo unitario, aumentano di gran lunga la possibilità di offrire all’anziano una migliore qualità della propria vita. Intervenire in tal senso vuol dire anche garantire all’anziano un potenziamento della rete individuale di relazioni sociali, rinforza il senso di appartenenza al territorio e il rispetto di quelle fondamentali esigenze di domiciliarità ed autonomia che, nella persona anziana, sono i presupporti per mantenere inalterata la propria dignità di persona.
Il progetto è riuscito, molto concretamente, a mettere in collegamento operativo tra loro le diverse realtà professionali del servizio pubblico, del privato sociale e del mondo del volontariato. Ritengo che questo sia un modo di operare concretamente sul territorio in modo comune, che riesce ad agire all’unisono per il miglioramento della qualità di vita delle persone anziane e per offrire risposte più complete e più socializzanti. L’accesso domiciliare quotidiano di più persone, che vanno ad entrare nella sfera più personale dell’utente, ovviamente, va a soddisfare bisogni primari, ma anche di relazione e di rilevazione di esigenze e necessità che, nella maggior parte dei casi non emergerebbero dal solo confronto attraverso colloqui di tipo sociale. Pertanto, gli operatori/volontari diventano fonte di ulteriori informazioni sulle reali condizioni assistenziali degli utenti e preziosi strumenti di rilevazione per la verifica in itinere del progetto. L’attività che si è creata è di costante confronto e collaborazione con i volontari che concretamente si occupano dell’elargizione della consegna dei pasti a domicilio e del monitoraggio della condizione della persona. A distanza di circa tre anni dall’inizio di questa collaborazione, si può affermare che il progetto “Pane quotidiano” è diventato una risorsa indispensabile per il territorio e per il servizio professionale, e che ha contribuito concretamente al mantenimento presso il proprio domicilio di numerose persone che si sono avvicendate nella fruizione dell’intervento offerto.
Il risultato di un lavoro comune e condiviso consente, quindi, di trovare la motivazione, anche per il singolo individuo, di esistere, di non sentirsi più isolato da un contesto sociale generalizzante, ma un soggetto che relaziona e si "conferma" con il gruppo, con la famiglia, con il paese e le sue risorse. Il lavoro di messa in rete delle risorse presenti nella comunità serve proprio per capire ed individuare i problemi presenti sul territorio, offrire servizi diversificati, risposte certe e in tempi stretti, auto-responsabilizzare i cittadini stimolandone le proprie potenzialità. L’esempio del progetto “Pane Quotidiano”, rappresenta in modo chiaro ed efficace come la comunità può realmente diventare agente principale di benessere collettivo ed individuale, facendosi carico direttamente di alcuni tipi di bisogni.
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Centro di socializzazione per anziani “Le mie radici”
Come già più volte sottolineato, l'invecchiamento della popolazione ed il mutato contesto demografico fanno emergere nel territorio della Lunigiana le problematicità derivanti dal forte incremento del numero di anziani, di cui una significativa parte vivono da soli, con conseguente crescita del rischio della non autosufficienza. La complessità dei problemi e la loro ampiezza che investe una consistente fetta di popolazione, ha reso necessario affrontare il tema della popolazione anziana con un'azione strategica mirata alla definizione di nuovi servizi in grado di svolgere un ruolo di accompagnamento dell'anziano “fragile” per prevenire e ritardare il più possibile l'insorgenza della non autosufficienza. Si è reso, quindi, necessario perseguire l'obiettivo della concreta realizzazione di una politica a favore degli anziani che faciliti la loro integrazione nel tessuto sociale ed il loro mantenimento nel proprio contesto territoriale, evitandone al massimo l'isolamento e l'emarginazione. L’idea che guida la realizzazione dei centri di socializzazione per anziani è quella di ricreare uno “spazio” che possa in un certo qual modo ricordare la funzione che un tempo era rappresentata dalla“piazza del paese”, luogo dove i nostri anziani si riunivano, si ascoltavano reciprocamente e mantenevano attiva la socializzazione e il monitoraggio reciproco.
È con questi presupposti che nel 2011 l'Assessorato ai servizi sociali del Comune di Tresana, assieme al servizio sociale dell’Azienda USL e di un gruppo di persone che, per questo scopo, si sono poi costituite associazione, ha pensato di realizzare un Centro di aggregazione per anziani autosufficienti inteso come luogo di incontro, di vita di relazione, di appartenenza e di partecipazione comune. In questo ambiente l'anziano può soddisfare desideri, esprimere le proprie attitudini, scoprire nuove risorse e vivere nuovi spazi di vita. Per passare dall’idea ai fatti occorreva individuare i locali che potessero ospitare il centro, dei locali facilmente accessibili e nel centro del paese, individuare il personale, organizzare il trasporto e attività di socializzazione e, non da ultimo, censire le persone che avrebbero potuto partecipare. Con un lavoro di sinergia fra il Comune, l’Azienda USL e l’Associazione di volontariato “Le mie radici”, nata per la realizzazione del centro, si è riusciti a dare inizio a questa attività, formalizzata con una convenzione.
Il Comune ha messo a disposizione i locali della ex Biblioteca Comunale di Tresana, con ampi spazi dedicati e predisposti per le varie attività, assumendosi tutte le spese di gestione, e mettendo a disposizione un pulmino dismesso, non più utilizzato per il trasporto degli alunni, in quanto il servizio era stato dato in appalto.
126 L’azienda USL ha messo a disposizione un animatore per 20 ore settimanali, e il servizio sociale, con il supporto dell’anagrafe comunale e dell’assessore ai servizi sociali ha fatto una mappatura delle persone anziane autosufficienti che vivono sole o con famiglie impegnate residenti nel comune.
L’associazione “Le mie Radici” si è resa disponibile ad effettuare il trasporto al centro e a partecipare all’attività di socializzazione, coadiuvando l’animatore.
Il centro ha iniziato la sua attività con l’apertura dalle 14 alle 17, da circa due anni, visto il buon andamento del progetto, grazie ancora alla sinergie fra gli attori coinvolti, gli ospiti del Centro possono usufruire dei pasti preparati dalla mensa scolastica ed il centro rimane aperto dalle 12 alle 17. Ampliare l’orario di apertura del centro ha significato andare incontro alle esigenze di molti anziani che vivono soli ed hanno difficoltà nel prepararsi il pasto. L'accesso al Centro è gratuito ed è previsto esclusivamente il costo del pasto.
Obiettivo del progetto è quello di creare uno spazio per promuovere e favorire l'aggregazione degli anziani, al fine di evitarne l'isolamento e la solitudine; mantenere le capacità cognitive, affettive e relazionali; creare relazione e dialogo tra anziani ed operatori-volontari. Il Centro è strutturato per svolgere attività ricreative (tombola, gioco delle carte etc.), per svolgere mestieri che tramandino le tradizioni dei nostri luoghi. Sono previste anche attività all'aperto (Progetto orto-scuola) ed organizzate passeggiate e gite all'esterno.
Il personale impiegato è quello della figura di un animatore per 25 ore settimanali messo a disposizione dall'ASL e dei volontari residenti nel Comune di Tresana, che coadiuvano l’animatore nelle attività ricreative e gestiscono il servizio di trasporto da e per il centro. Dopo cinque anni di apertura del centro molta strada è stata fatta, il numero degli ospiti si è via via incrementato, è diminuita la spesa di assistenza domiciliare sul territorio comunale ed è decisamente migliorata la progettualità sulla persona anziana. Dall’accogliere anziani