• Non ci sono risultati.

sub imagine avita: Teodosio il Vecchio fu il più valoroso generale al seguito di Valentiano

Prima confutazione (II 5-66)

8. sub imagine avita: Teodosio il Vecchio fu il più valoroso generale al seguito di Valentiano

I. La sua carriera ci è nota soprattutto grazie ad Ammiano297, che lo esalta più volte come dux

efficacissimus (XXVII 8, 6), dux nomini incluti (XXVIII 3, 1), praeclari ducis (XVIII 3, 2), ductor exercituum ille magnificus (XXVIII 6, 26), officiis Martiis felicissime cognitus (XXVII 3, 1); in XXIX 5, 4 lo descrive in questo modo: cuius virtutes (ut impetrabilis) ea tempestate prae ceteris enitebant. Il tipo di formazione ricevuta, all’ombra di un illustre antenato, rientra nella tradizione pedagogica romana298; già in Claud., III Hon. 7-62 Teodosio proponeva al figlio come esempio la vita del

proprio padre (III Hon. 52 facta tui numerabat avi, che corrisponde al nostro sub imagine avita / eductos): «la scelta dei maestri e l’atteggiamento del futuro principe nei confronti dei suoi precettori prefigura il rispetto oppure il disprezzo che egli dimostrerà da adulto verso i valori impersonati da loro, depositari di quella cultura da cui nascono tutte le altre virtù»299.

10-11. instigat, ceu classica belli / clangeret, exacuitque animos et talia iactat: la climax

ascendente dei verbi utilizzati nei due versi, unita alla similitudine con la tromba di guerra, riconduce la disputa oratoria all’ambito metaforico della battaglia, come in I 650-651. Il suono di tromba (classicum) dava il segnale di attacco nelle battaglie: Verg., Aen. VII 637 classica iamque sonant, it bello tessera signum. Il termine, sinonimo per il più diffuso tuba, crea con il successivo clangeret un effetto allitterante. Secondo Veg., mil. II 22, il classicum veniva suonato alla presenza dell’imperator. Gli imperatori sono chiamati duces (II 18), come in II 6; il termine è titolo

295 Contro la possibilità che Valentiniano venga influenzato, Ambr., epist. 72, 6 nullus obrepat iuniori aetati tuae; più avanti

Ambrogio ricorda all’imperatore che la giovinezza anagrafica non può essere un pretesto per l’immaturità di fede, giacché ogni età può confessare la vera fede (72, 15).

296 «Un ritratto così energico del giovane Onorio gli attribuisce il valore militare e la pietà devota che già erano state proprie di

suo padre Teodosio» (FONTAINE 1984, p. 169).

297 Cfr. anche Symm., rel. IX 4 e XLIII 2; Oros. VII 33, 5-7; Claud., IV Hon. 24-40; Gild. 325-347; Ser. 41-46.

298 Cfr. MARROU 1971, pp. 310-12. Si veda anche l’educazione di Chirone ad Achille in Stat., Achill. II 106-167, che rappresenta

il modello intertestuale nell’educazione di Teodosio al giovane Onorio in Claud., III Hon. 7-62. Sull’argomento, GARUTI 1989, in particolare le pp. 246-47. La scelta di un valido precettore rientrava nell’attenzione verso la formazione culturale del

princeps: «un imperatore che abbia per maestri personaggi che non corrispondono ad ideali pedagogici come quelli

tratteggiati, ad esempio, da un Quintiliano, è destinato inesorabilmente a riuscire un cattivo sovrano» (MORONI 2002, p. 3). Si veda ad esempio Suet., Nero VI 3: raccontando la vita dissoluta di Nerone, Svetonio ricorda come fosse stato cresciuto da due precettori schiavi, un ballerino e un barbiere.

specifico dei principes300, ma anche termine tecnico all’interno della metafora militare301: Onorio e

Arcadio sono i duces del popolo romano, che Simmaco sta cercando di incitare alla battaglia. Il verbo clangere è tipico della poesia preclassica e postclassica, per indicare il ‘rumoreggiare’ degli uccelli o delle trombe: Stat., Theb. IV 342; Val. Fl. III 349. In alcuni casi il verbo è impiegato in senso figurato, con il significato di ‘parlare con tono altisonante’ (Fronto, Aur. 141, 15). In CS II 67 Prudenzio riprende la stessa ambiguità metaforica, definendo tuba la voce di Simmaco, con il significato di ‘eloquenza sonora’. Il termine sottolinea l’ondeggiamento semantico fra significante e significato metaforico302.

12-16.: Prudenzio ripropone l’inizio di Symm., rel. III 3 repetimus igitur religionum statum qui rei

publicae diu profuit. […] quis ita familiaris est barbaris ut aram Victoriae non requirat? Cauti in posterum sumus et talium rerum ostenta vitamus. Reddatur tamen saltem nomini honor, qui numini denegatus est. Multa Victoriae debet aeternitas vestra et adhuc plura debebit; aversentur hanc potestatem quibus nihil profuit, vos amicum triumphis patrocinium nolite deserere. Cunctis potentia ista votiva est, nemo colendam neget quam profitetur optandam. Il discorso, che richiedeva il ripristino dell’ara o della statua della Vittoria303,

faceva leva sul nesso inscindibile fra la dea e le vittorie di Roma304.

L’attacco alla dea Vittoria risente chiaramente di un brano claudianeo305, in cui il poeta,

celebrando a Roma il consolato di Stilicone, inneggiava alla Vittoria perché accogliesse il console306: Stil. III 202-206 quae vero procerum voces, quam certa fuere / gaudia, cum totis exsurgens ardua

pennis / ipsa duci sacras Victoria panderet aedes! / o palma viridi gaudens et amica tropaeis / custos imperii virgo, e 212-213 adsis perpetuum Latio, votisque senatus / annue, diva, tui. Claudiano è presente accanto a Simmaco «come termine di riferimento della polemica prudenziana, poiché in lui si riconoscono valori ‘simmachiani’»307. L’attacco di Simmaco (II 12-14) si presenta retoricamente

costruito con la protasi iniziale seguita da un’esortazione secca e decisa. In questa costruzione sintattica, il discorso di Simmaco sfrutta tutti gli espedienti retorici: l’allitterazione di u (uobis uel… uiri uictoria… / uel… uirgo / … uobis), con cui l’orator esprime la sua insistenza sulla victoria,

300 A partire dal periodo augusteo, il titolo imperiale di dux viene collegato non solo all’ambito militare, ma anche ai motivi

della salus e della pax (cfr. Hor., carm. IV 5, 37-40).

301 Forse fu proprio l’ambiguità fra questi due ambiti semantici a impedire che l’appellativo divenisse ufficiale nella

terminologia imperiale. Cfr. BÉRANGER 1953, p. 47.

302 Cfr. ancora cath. V 48 [iubet…] ferratasque acies clangere classicum. Il ThlL III, 1261-1262 (1262, 14) nota che Prudenzio è

l’unico a usare il verbo intransitivo clango con l’accusativo di relazione dell’oggetto interno, invece che con l’ablativo.

303 È stato un dibattito aperto a lungo: alcuni critici ritengono che fossero stati rimossi entrambi (ROMANO 1955, p. 32, n. 36;

MAZZARINO 1974, pp. 351-57), altri ritengono che fu interessato soltanto l’altare (PASCHOUD 1967, p. 78, n. 30; CAMERON 1970, p. 239; CANFORA 1970, pp. 37-38). Per la problematica cfr. VERA 1981, pp. 30-31, corredato di ricca bibliografia al riguardo. Questi tende a credere alla seconda interpretazione, portando al riguardo nuove indicazioni, di cui alcune molto convincenti.

304 Ov., trist. II 169 sic adsueta tuis semper Victoria castris (vedi anche tutta l’invocazione alla dea). Cfr. GAGÉ 1933.

305 Anche il passo di Claudiano riecheggia da vicino il tono della Relatio: in rel. III 3 la Vittoria è definita amicum triumphis patrocinium, in Stil. III 205 amica tropaeis (cfr. CAMERON 1970, p. 238); in rel. III 8 si dice che ogni dio protegge la propria città (varios custodes urbibus cultus mens divina distribuit); Claudiano applica questo concetto alla Vittoria: Stil. III 206 custos imperii.

306 Sulla relazione fra i due autori in questo punto, rimando allo studio di GUALANDRI 1998.

307 GUALANDRI 1998A, p. 379. Per DEWAR 1996 (p. 395) qui Prudenzio attacca espressamente Claudiano (al riguardo cfr. anche

gli argomenti avanzati già da VANDERSPOEL 1986). Si tratti o no di una polemica esplicita verso Claudiano, è chiaro però che Prudenzio contesta il sentimento dominante fra i pagani del tempo, di cui la poesia claudianea era la più insigne portavoce.

il poliptoto parta / parienda308, gli enjambements, il continuo appellarsi agli imperatori (vobis… viri /

… vobis)309 denotano uno stile degno di un orator catus (II 10), quo nunc nemo disertior (II praef. 56). 14-15. amicus / hostibus: parafrasi dell’affermazione simmachiana quis ita familiaris est barbaris.

L’enjambement sottolinea lo stridente contrasto ossimorico fra i due termini. Amicus è termine già attribuito alla dea da Symm., rel. III 3 amicum triumphis patrocinium; Claud., Stil. III 205 amica tropaeis. Prudenzio ne rielabora il concetto: se la dea è amica delle vittorie romane, chi la ostacola è amico dei nemici di Roma. Prudenzio dimostra di aver colto nelle parole di Simmaco il senso profondo dell’accusa pagana: «l’attacco alla Vittoria è indice di filobarbarismo; chi avversa la dea implicitamente svaluta lo scopo del suo culto, la vittoria sui nemici di Roma»310.

L’espressione hanc… negat esse colendam cita quasi fedelmente rel. III 3 nemo colendam neget.