• Non ci sono risultati.

ex tabulis cerisque: l’uso di pitture su tavole a soggetto religioso è testimoniato da

Prima confutazione (II 5-66)

50. ex tabulis cerisque: l’uso di pitture su tavole a soggetto religioso è testimoniato da

Clemente Alessandrino, che si scaglia contro l’uso di appendere nelle case, in particolare nelle camere da letto, quadretti che raffigurino gli amori delle divinità377

. Cerae è un rafforzativo delle

tabulae, non indica le tavolette cerate su cui scrivere378 (altrimenti non si capirebbe come la

372 Si pensi alla vicinanza di formula con i figmenta vatum di Paul. Nol., carm. X 38. 373 Cfr. AUST, in RE III 1, 1427-28.

374 Per uno studio sul termine, cfr. TRAINA 1965 e BERNARDI PERINI 19672, pp. 109-110 per una panoramica sull’argomento. 375 Così anche GARUTI 1996, che però traduce il passo come il LAVARENNE.

376 GNILKA 1991, p. 6. Il ThlL segnala questo uso di cognatum sostantivato come un unicum nella letteratura latina, insieme a

Symm., rel. XXXI 1 moribus scaevis familiare atque cognatum est armare spiritus, anche se qui cognatum è costruito in modo da reggere l’infinito. LAVARENNE 1933, § 895 nota che l’uso dei neutri sostantivati, soprattutto per gli aggettivi della seconda declinazione, era molto diffuso in epoca classica e postclassica: fra i vari esempi in Prudenzio, menziona cognatum (§ 896).

377 Protr. IV 60, 1. Agli inizi del ‘900 un interessante ritrovamento archeologico nel Fayum ha riportato alla luce una serie di

questa tavole, databili fra il II e il IV secolo d.C. Sull’argomento si veda lo studio di MATHEWS 20032. 378 LAVARENNE 1963, p. 161, n. 4.

poesia abbia tratto alimento dalle tavole pittoriche e dagli ‘scritti’): cerae si riferisce ai colori della pittura a encausto, come in II 42 ceraque liquenti379, e metonimicamente alla pittura in generale. 51-56.: due esempi che dimostrano come la pittura e la poesia convergano verso una

rappresentazione favolosa380, che a sua volta ha generato pratiche cultuali insensate: nel primo

esempio la poesia ha costituito il modello per la castrazione dei sacerdoti di Cibele, nel secondo ha dato adito all’interdizione dei cavalli nel lucus di Diana Trivia. Sono due exempla mitologici famosi, entrambi intessuti di riferimenti letterari: nel primo (II 51-52) sono solo allusi, nel secondo (II 53-56) è espressamente citato un verso virgiliano. Il discorso è retoricamente elaborato: la triplice iterazione del cur scandisce il crescendo dell’argomentazione che si fa sempre più accorata fino a sfociare nella citazione del massimo poeta latino.

51-52. cur Berecyntiacus … castraverit Attin: i due versi sono costruiti attraverso un’allusiva

trama intertestuale. L’apertura e la chiusa del distico ricalcano Pers., sat. I 93 cludere sic versum didicit Berecyntius Attis381. L’attacco di verso richiama inoltre Hor., carm. III 19, 18 cur Berecyntiae /

cessant flamina tibiae? / Cur pendet tacita fistula cum lyra? Nell’exemplum si fa riferimento all’usanza dei sacerdoti di Cibele di evirarsi durante le feste in suo onore382. Attis fu evirato da Cibele

perché lui, volendo rimanere fedele alla donna amata, si negava alla dea stessa. Secondo un’altra versione mitica, Attis si era evirato per consacrarsi alla dea, ma poi, una volta rinsavito, se n’era pentito383. Il culto di Cibele ha sempre costituito un ottimo campo di battaglia contro l’assurdità

dell’idolatria pagana: bersaglio particolare della polemica cristiana era il dies sanguinis, il giorno in cui i sacerdoti, commemorando la sepoltura di Attis, si eviravano e i fedeli si infliggevano tormenti384. Al culto della dea Prudenzio fa riferimento anche in I 187 utque deum mater Phrygia

veheretur ab Ida, in cui si ricorda la provenienza orientale della dea orgiastica, venerata sul monte Ida, in Frigia, quindi in terra troiana; il suo culto fu introdotto a Roma nel 204 a.C., nel momento di massimo pericolo durante la seconda guerra punica385. Il culto era perciò avvertito

in stretta connessione con la vittoria romana su Cartagine. Nell’ambiente intellettuale pagano di

379 Si ricordi al riguardo la testimonianza di Ambr., enarr. in Ps. CXVIII 15, 36 imago caelestis non fuco expressa, non ceris, non coloribus, dove cerae sta a indicare anche lì un tipo di decorazione pittorica.

380 Cfr. Lact., inst. I 11, 26 non tantum poetae, sed pictores etiam fictores que imaginum mentiuntur.

381 Poco convincente l’analisi di VERDIÈRE 1971, p. 390, secondo cui Prudenzio disloca in questo modo i termini chiave Berecyntiacus e Attis per reminiscenza del verso di Persio, in cui era criticato tale questo ardito accostamento terminologico. 382 Dapprima il culto della dea si celebrava dal 4 aprile (anniversario dell’arrivo a Roma della statua) al 10 aprile (anniversario

della consacrazione del tempio della dea sul Palatino). In questa occasione si tenevano i Ludi Megalenses (cfr. STERN 1953, p. 97 e p. 101). Sotto il regno di Claudio si aggiunse alle celebrazioni di aprile un nuovo ciclo di feste in onore di Attis e Cibele, chiamate sacra Phrygia, celebrate dal 15 al 27 marzo (GRAILLOT 1912, p. 115, n. 7). Sul culto cfr. Ov., fast. IV 249-372; Lucr. II 600-643; Liv. XXIX 10-14; Sil. 72, 1-47; ps-Cypr., carm. adv. pag. 57-66 e 103-109; carm. ad senat. 6-20. Prudenzio ci dà anche testimonianza della pratica del tauribolium, che prevedeva il sacrificio del sangue di un toro per la dea (per. X 1007-1075).

383 Catull. 63; Ov., fast. IV 223-244; Iulian., orat. VIII 6. Per una panoramica generale sulla fortuna e sull’evoluzione del mito

nella letteratura, cfr. l’Introduzione di MORISI 1999 (in particolare le pp. 14-22); ARRIGONI 1984; SFAMENI GASPARRO 1997.

384 Tat., or. 8; Iust., Apol. I 27; Theoph., Autol. I 10. L’usanza rituale è condannata da Minucio Felice (XXII 4 e XXIV 12) e bollata

come inumanità da Lattanzio (inst. I 17, 6-7; e soprattutto I 21, 16). Cfr. ancora Arn. I 41; V 5-17; ps-Cypr., ad senat. 6-20; Ambrosiast., quaest. test. 114, 7; 114, 11; 115, 18; Aug., civ. II 7. Sul culto di Cibele, vedasi ARRIGONI 1984.

385 Livio (XXIX 10, 4-5; XI 6-8; XIV 5-14) ci informa che durante la seconda guerra punica, nell’estremo pericolo, furono

consultati i Libri Sibillini, i quali consigliarono ai Romani di recuperare a Pessinunte il lapis niger della Madre degli Dei: l’idolo aniconico fu portato a Roma e conservato nel tempio di Vittoria fino alla realizzazione di un tempio specifico, consacrato nel 191 a.C. Sull’introduzione del culto metroaco, cfr. BREMMER 1979; GÉRARD 1980; ROLLER 1999, pp. 263-85.

fine IV secolo erano ancora in gran voga i misteri frigii di Cibele386. Anche in per. X Prudenzio

rivolge il suo attacco contro questo culto, di cui descrive il rito assurdo e la follia che anima i suoi adepti. Prudenzio punta il dito così proprio contro quei sacra peregrina che costituivano una resistenza della società pagana di fronte all’avanzata del cristianesimo.