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SERVIZI PORTUALI, OPERAZIONI PORTUALI E RELATIVA DISCIPLINA

5. L’impresa terminalista

Ai sensi dell’art.18 L.84/94 e degli articoli 36 e seguenti cod. nav., l’impresa legittimata ad operare in porto in virtù della suddetta autorizzazione, può talora operare nella qualità di concessionaria esclusiva di aree o banchine portuali, cioè di un terminal (terminale) in porto. Il soggetto che è in possesso sia dell’autorizzazione ad operare in porto sia del provvedimento di concessione per la occupazione, anche esclusiva, di aree o banchine portuali, viene definito impresa od operatore terminalista (terminal operator).

Il terminal operator è di fatto l’attore protagonista in ambito portuale in quanto è in grado di fornire ad una nave i servizi fondamentali delle operazioni portuali, ossia quei servizi che vengono prestati con l’ausilio di attrezzature fisse di banchina (ad esempio la gru) che richiedono necessariamente spazi portuali in modo esclusivo. Tale operatore fornisce pertanto alla nave servizi-chiave come come il rizzaggio e derizzaggio, il carico e lo scarico dei container, lo stivaggio dei container, le operazioni di groupage e degroupage- cioè

le operazioni di consolidamento o parcellizzazione di distinti carichi di piccole dimensioni all’interno dello stesso container-, movimentazione di merci all’interno del terminal, servizi di approvvigionamento della nave. Il testo della

Convenzione UNCITRAL approvata a Vienna nel 1991, atto

di diritto internazionale uniforme (United Nations Convention of the liability of operators of transport terminals in International Trade), all’art.1 fornisce la definizione del terminal operator29. Coerentemente con tale definizione, il terminal operator deve godere di determinati requisiti professionali ed organizzativi, proprio in ragione del ruolo fondamentale che assume in ambito portuale.

A tale proposito l’art.18 comma 6 L.84/94 prevede che il terminalista debba:

a) presentare all’atto della domanda un programma di

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Ai sensi dell’art.1 Convenzione UNCITRAL “Operator of a transport terminal means a person who, in the course of his business, undertakes to take in charge goods involved in international carriage in order to perform or to procure the performance of transport - related services with respect to the goods in the area under his control or in respect of which he has a right of access or use”.

attività, assistito da idonee garanzie, anche di natura fideiussoria, volto all’incremento dei traffici ed alla produttività del porto;

b) possedere adeguate attrezzature tecniche ed organizzative idonee, anche sotto il profilo della sicurezza, a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed integrato per conto proprio o di terzi;

c) prevedere un organico di lavoratori rapportato al programma di attività di cui alla lettera a).

Precedentemente alla riforma introdotta dalla Legge 172/2003, ai sensi dell’art.18 comma 7 il terminalista doveva esercitare direttamente la concessione. Questi cioè, poteva affidare a terzi taluni servizi o fasi di attività limitatamente al soddisfacimento di particolari esigenze di specializzazione, flessibilità e pluralismo funzionali allo sviluppo del porto e della concorrenza. Il concessionario-terminalista, quindi, considerato che la sussistenza dell’organico dei lavoratori doveva essere adeguato alle attività che intendeva svolgere, poteva appaltare servizi portuali in ipotesi limitate, e non per

sopperire alle carenze di organico: tale possibilità sussisteva pertanto nel caso in cui fosse necessaria una professionalità particolare per integrare il proprio organico.

Senza queste limitazioni sarebbero venuti meno tutti i principi su cui si basa la Legge 84/94, in quanto si sarebbero create ingiustificate rendite di posizione di soggetti che potevano disporre di aree e banchine in esclusiva su cui avrebbero lavorato prevalentemente soggetti terzi. Sussiste ancora l’obbligo di esercizio diretto della concessione da parte del terminalista, ma la L.172/2003 ha integrato il comma 7 art.18 della L 84/94 prevedendo che l’impresa concessionaria, per motivata richiesta, può essere autorizzata dall’Autorità concedente ad affidare ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell’art.16, l’esercizio di talune attività comprese nel ciclo operativo. Non può pertanto essere esternalizzato l’intero ciclo operativo ed il concessionario resta titolare del ciclo e responsabile dello stesso, senza che la parziale esternalizzazione incida sul rapporto concedente e concessionario.

La previsione di cui al comma 7 dell’art.8 esprime l’esigenza per ogni porto di favorire e consentire la presenza in ambito portuale di una pluralità di imprese, in sintonia con i principi comunitari. In tale disposizione si precisa infatti che in ciascun porto l’impresa concessionaria di un’area demaniale deve esercitare direttamente l’attività per la quale ha ottenuto la concessione e che non può al tempo stesso essere concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l’attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione. Come evidenziato, spetta alle Autorità portuali e, dove non istituite, alle autorità marittime, selezionare le imprese maggiormente in grado di incrementare i traffici e la produttività del porto attraverso gli strumenti di controllo preventivo dei programmi e delle potenzialità delle imprese che aspirano alla concessione sugli spazi demaniali.

Le autorità competenti esercitano non solo un controllo preventivo, in quanto la legge 30 giugno del 2000 n. 186 prevede all’art.2 comma 7-ter che “ le Autorità portuali o, laddove non istituite le autorità marittime, provvedono alla revisione delle autorizzazioni e delle concessioni di cui agli articoli 16 e 18 della L.84/94 al fine di verificare la conformità con quanto stabilito nel presente articolo, disponendo, ove ne ricorrano i presupposti, i necessari provvedimenti di revoca o modifica”.

Le responsabilità del terminal operator sono specificate nella Convenzione di Vienna 17/04/1991, la quale definisce il terminalista come il soggetto che professionalmente si obbliga a prendere in carico beni in transito nell’ambito dell’attività di trasporto internazionale al fine di svolgere o di far svolgere, rispetto a tali beni, servizi collegati al trasporto nell’ ambito di un’area posta sotto il suo controllo o rispetto alla quale egli gode di un diritto di accesso o utilizzo.

La Convenzione stabilisce che l’operatore terminalista è responsabile dei beni movimentati dal momento in cui li ha

presi in consegna fino a quello in cui li ha consegnati alla o li ha messi a disposizione della persona legittimata a riceverli. Da un punto di vista probatorio il vettore ha l’onere di provare che l’ evento dannoso si è verificato in tale intervallo spazio-temporale. In tal caso il terminal operator sarà ritenuto responsabile del danno, per esempio in caso di perdita della merce o danni alla stessa nave, salva la possibilità di fornire la prova liberatoria di aver adottato le misure ragionevolmente necessarie per impedire l‘evento dannoso.

Nel caso del terminal operator si realizza non soltanto la privatizzazione delle attività portuali, ma anche una privatizzazione di fatto delle aree pubbliche portuali , ed in particolare delle banchine. Gli operatori terminalisti, nei porti dove sono affidati loro la maggior parte degli spazi portuali, tendono ad assumere una posizione dominante rispetto alle altre imprese portuali autorizzate allo svolgimento delle operazioni portuali nel caso in cui queste ultime risultano prive di una concessione di spazi demaniali adeguata. Il

terminal operator diventa il soggetto imprenditoriale che concentra nella sua attività di impresa la totalità dei servizi richiesti dall’utente portuale per l’imbarco, lo scarico, il trasbordo, il deposito ed il movimento in genere delle merci. Il vantaggio da parte dell’ utente portuale consiste anche nella possibilità di evitare in tal modo la conclusione di più rapporti contrattuali con più parti contrattuali e di evitare pertanto contesti giuridici in cui spesso risulta estremamente difficile individuare il titolare di specifiche responsabilità in merito a danni, ammanchi o ritardi nella consegna delle merci.

Per i motivi esposti è necessario che l’operatore terminalista venga selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica che dovrà svolgersi secondo i parametri comunitari in concorso con i criteri e procedure di cui all’art.36 ss codice navigazione.

6. Tariffe

coerenti con i principi comunitari avrebbe comportato una profonda revisione di tutto il sistema delle tariffe relative alle operazioni portuali. La L.84/94 dedica a tale aspetto l’art.16 comma 5, ai sensi del quale è previsto per le imprese portuali un obbligo di comunicare alle Autorità portuali o, dove nonistituite, alle autorità marittime, sia le tariffe praticate all’utenza sia ogni loro successiva variazione.

Vige pertanto un sistema di libertà di fissazione delle tariffe per le operazioni portuali, fatto salvo il vincolo della pubblicità.

Il diritto comunitario sopperisce alla carenza di disposizioni specifiche da parte della normativa interna. Si possono trarre infatti principi ed indicazioni sia dalle posizioni espresse dalla Commissione sia dalle sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia.

Nella sentenza Porto di Genova30 I la Corte aveva ritenuto incompatibile con il diritto comunitario un sistema di tariffe

in cui le imprese praticano prezzi sproporzionati ovvero concedono riduzioni dei prezzi fatturati ad altri utenti. Nella sentenza porto di Genova II la Corte ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario un sistema tariffario nel quale si prevedono differenziazioni nei prezzi di taluni servizi portuali a seconda che gli utenti offrano servizi di trasporto marittimo di cabotaggio, ovvero servizi di trasporto marittimo intracomunitario.

La Commissione, a sua volta, ha ripetutamente sottolineato e richiamato l’attenzione degli Stati sulla necessità di una trasparenza tariffaria, ritenendo, da un lato, inammissibili tariffe strutturate in modo tale da risultare impossibile per gli utenti di conoscere preventivamente il costo complessivo dei servizi portuali e, dall’altro, sottolineando la necessità che le autorità nazionali competenti non approvassero tariffe che non fossero state determinate sulla base di criteri semplificati e trasparenti e che fossero eque e proporzionate ai costi sopportati dalle imprese portuali per l’esecuzione delle operazioni di carico e scarico delle navi.

Obiettivo fondamentale del diritto comunitario è pertanto addivenire in ambito portuale alla determinazione di un sistema tariffario trasparente ed equo.