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LEGGE 84/94 “RIORDINO DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA

1. Sentenza della Corte di Giustizia in data 10/12/1991 n.c 179/90 – sentenza Gabriell

La nostra normativa in materia portuale è stata profondamente mutata ed adeguata alle norme comunitarie con la Legge 28/01/94 n. 84 “ Riordino della legislazione in

materia portuale”. Infatti la Corte di Giustizia con la

sentenza 10/12/1991 n. C 179/90, Siderurgica Gabrielli SpA

c. Merci Convenzionali Porto di Genova SpA, ha statuito la

totale applicabilità delle regole della concorrenza al settore delle operazioni e del lavoro portuale, sancendo l’incompatibilità del monopolio statuito dal codice della navigazione con il combinato disposto degli articoli

90comma 1, 30, 40 ed 86 del Trattato. La Corte inoltre con la stessa sentenza ha condannato la discriminazione posta dagli articoli 152 e 156 del regolamento per la navigazione marittima, i quali riservavano ai soli cittadini italiani la partecipazione alle Compagnie portuali.

La questione è sorta nell’ambito di una controversia tra le suddette imprese in merito all’esecuzione di operazioni di sbarco di merci nel porto di Genova.

Infatti in Italia le operazioni di imbarco, sbarco, trasbordo, deposito e movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale nel porto erano riservate, a norma dell’art.110 del cod. nav., a Compagnie portuali i cui lavoratori, che ne sono anche soci, dovevano possedere, ai sensi degli articoli 152 e 156 del regolamento per la navigazione marittima, la cittadinanza italiana.

L’inosservanza dei diritti esclusivi attribuiti alle compagnie portuali veniva punita con sanzioni penali previste

dall’art.1172 cod. nav. Ai sensi dell’art.111 cod. nav24

., l’esercizio delle operazioni portuali per conto terzi era concesso a imprese portuali e per la loro esecuzione tali imprese dovevano servirsi esclusivamente delle Compagnie portuali. Le imprese in questione erano generalmente società di diritto privato.

La Siderurgica, in osservanza della normativa italiana, si era rivolta alla Merci, titolare del diritto esclusivo di espletare nel porto di Genova le operazioni relative alle merci convenzionali, per lo sbarco di una partita d’acciaio importato dalla Repubblica Federale di Germania, anche se questo avrebbe potuto essere direttamente effettuato dal personale della nave. La Merci si rivolgeva a sua volta, per le operazioni di sbarco, alla Compagnia portuale di Genova.

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F.Manganaro “Il porto da bene demaniale aad azienda”, p.255 evidenzia la diversità di opinioni in giurisprudenza e dottrina in merito alla portata della sentenza, ritenendo alcuni che la Corte non abbia espunto dall’ordinamento la discplina degli articoli 110 e 111 cod.nav., competendo al legislatore nazionale la verifica di ogni singola fattispecie, al fine di appurare la sussistenza o meno dell’abuso di posizione dominante; altri affermano l’assoluta incompatibilità del regime di monopolio delle Compagnie Portuali con la normativa comunitaria.

Le merci venivano scaricate in ritardo a causa dello sciopero dei lavoratori della Compagnia portuale e pertanto la Siderurgica chiedeva il risarcimento del danno subito a causa del ritardo e la ripetizione degli importi versati e da essa ritenuti sproporzionati alle prestazioni rese. Il Tribunale di Genova, chiamato a dirimere la controversia, sospendeva il giudizio e rinviava gli atti alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art.177 del Trattato CEE.

Il giudice nazionale sollevava una prima questione per accertare se il combinato disposto dell’art.90 comma 1 e degli articoli 7, 30 e 86 del Trattato di Roma erano ostativi di una normativa di uno Stato membro che attribuiva ad un’impresa stabilita in tale Stato il diritto esclusivo di esercizio delle operazioni portuali e le imponesse, per l’espletamento di dette operazioni, di servirsi di una Compagnia portuale composta esclusivamente da maestranze nazionali. E’ infatti necessario rilevare che un’impresa portuale che fruisce dell’esclusiva d’esercizio delle operazioni portuali per conto terzi ed una Compagnia

portuale che ha l’esclusiva per l’esecuzione delle operazioni portuali vanno considerate imprese a cui lo Stato riconosce i diritti esclusivi di cui all’art.90 comma 1 del Trattato.

Tale disposizione stabilisce che nei confronti di tali imprese gli Stati membri non emanano né mantengono alcuna misura contraria alle norme del Trattato, specialmente a quelle in materia di concorrenza. Per ciò che riguarda l’interpretazione dell’art.86 per giurisprudenza costante l’impresa che fruisce di un monopolio su una parte sostanziale del mercato comune, può essere considerata impresa che occupa una posizione dominante ai senso dell’art.86. Il semplice fatto di creare una posizione dominante mediante la concessione di diritto esclusivi ai sensi dell’art.90 comma 1, non è di per sé incompatibile con l’art.86. Tuttavia la Corte ha avuto modo di chiarire a riguardo che uno Stato membro contravviene ai divieti posti da queste due disposizioni quando l’impresa di cui trattasi è indotta, con il mero esercizio dei diritti esclusivi che le sono attribuiti a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante. Ai sensi dell’art.86 comma 2 lettera

A), B) eC) del Trattato, tali pratiche abusive possono consistere in particolare nell’imporre, a chi richiede serzivi, prezzi d’acquisto o altre condizioni di transazione non eque, né limitare lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori e nell’applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti.

Per quanto poi riguarda il requisito della cittadinanza richiesto alle maestranze della Compagnia portuale è necessario evidenziare che l’art.7 del Trattato sancisce il principio generale del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità e che tale principio è stato attuato in concreto per i lavoratori subordinati dall’art.48 del Trattato. Proprio tale ultimo articolo osta ad una normativa di uno Stato membro che riservi ai cittadini di tale Stato il diritto di lavorare per un’impresa di detto Stato, come nel caso specifico la Compagnia del Porto di Genova.

Per giurisprudenza costante, l’impresa che fruisce di un monopolio legale su una parte sostanziale del mercato comune può essere considerata un’impresa che occupa una

posizione dominante ai sensi dell’art.86 del Trattato. In questo caso il mercato sarebbe quello dell’organizzazione per conto terzi e dell’esecuzione delle operazioni portuali relativo all’ordinario trasporto di merci (nel caso specifico del porto di Genova). Sicuramente è ravvisabile in tale ultimo mercato una parte sostanziale del mercato comune, in considerazione del volume del traffico del porto e della sua rilevanza rispetto alle attività di importazione ed esportazione dello Stato membro.

Dalla fattispecie descritta dl giudice nazionale emerge che le imprese a cui sono stati riconosciuti diritti esclusivi, secondo la normativa nazionale, sono indotte ad esigere il pagamento di servizi non richiesti o a fatturare prezzi spropositati, oppure a non servirsi della moderna tecnologia, con conseguente aumento dei costi delle operazioni o ritardi nell’esecuzione dei lavori, oppure, ancora, a concedere riduzioni di prezzo a taluni utenti compensate allo stesso tempo mediante aumenti di fatturati ad altri utenti.

o la Compagnia portuale che si trovi in tale situazione debba essere considerata incaricata della gestione di servizi di

interesse economico generale , ai sensi dell’art.90 numero 2

del Trattato.

Infatti la deroga all’applicazione del Trattato prevista dall’art.90 comma 2 è subordinata non solo al fatto che i pubblici poteri abbiano affidato all’impresa di cui trattasi la gestione di un servizio generale, ma anche al fatto che l’applicazione delle norme del Trattato osti all’adempimento della specifica missione affidatele. Si rileva che l’interesse economico generale legato alle operazioni portuali non presenti un carattere specifico rispetto a quello di altre attività della vita economica e che, se anche così fosse, l’applicazione delle norme del Trattato, in particolare quelle relative alla concorrenza ed alla libera circolazione, non osterebbero a detta missione.

La Corte pertanto dichiara che il combinato disposto dell’art.90 comma 1 e degli articoli 30, 48 e 86 del Trattato CEE osta alla normativa di uno Stato membro che conferisca

ad un’impresa stabilita in questo Stato il diritto esclusivo d’esercizio delle operazioni portuali e le imponga di servirsi, per l’esecuzione di dette operazioni, di una Compagnia portuale composta esclusivamente di maestranze nazionali. La Corte dichiara che l’art.90 numero 2 del Trattato deve essere interpretato nel senso che un‘impresa o Compagnia portuale che si trovi nella suddetta situazione non può essere considerata incaricata di gestione di servizi d’interesse economico generale ai sensi di detta disposizione.

A seguito di tale sentenza il Ministro della Marina Mercantile emana dapprima una circolare che recepisce tali principi ed in seguito predispone il decreto legge 19 ottobre 1992 n.409, aderendo alla giurisprudenza della Corte Costituzionale che attribuisce efficacia diretta delle sentenze della Corte di Giustizia nell’ordinamento interno dello Stato membro.

Il vero provvedimento di riordino e riassetto normativo in materia portuale sarà la suddetta Legge 84/94, che rappresenta un’importante tappa per la creazione di un

sistema di gestione dei porti e dei traffici commerciali in un regime di libera concorrenza e di libero mercato.

2. Impianto della legge 84/94 “Riordino della legislazione in