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I PORTI E LA NORMATIVA COMUNITARIA

1. La disciplina comunitaria

In base all’art.80 del Trattato di Roma, le disposizioni del titolo V del Trattato medesimo relative alla politica comune dei trasporti trovano integrale applicazione alla navigazione interna, svolgentesi negli Stati membri.

La Corte di Giustizia ha comunque affermato in proposito che l’art.80 sottrae il settore dei trasporti marittimi ed aerei alle disposizioni specifiche del titolo V, ma non ai principi generali del Trattato medesimo. Gli Stati membri sono pertanto tenuti ad osservare anche nel settore dei trasporti marittimi le norme relative alla libera circolazione dei lavoratori e quelle poste a tutela della concorrenza.

Il problema dei rapporti intercorrenti tra norme comunitarie direttamente applicabili nell’ordinamento interno, come i

regolamenti, ed il diritto nazionale è stato risolto dalla Corte Costituzionale, che adeguandosi alla posizione della Corte di Giustizia, ha riconosciuto la prevalenza delle suddette norme su quelle interne, collocandole nella gerarchia delle fonti in posizione di subordinazione alla sola Costituzione e di sovra ordinazione alla legge ordinaria.

Pertanto vengono applicate alla materia dei porti le seguenti norme del Trattato aventi efficacia diretta.

- Libertà di prestazione di servizi (art.56 TFUE): “Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione”.

La libera prestazione dei servizi comporta l’obbligo per gli Stati di rimuovere le restrizioni che impediscono ai cittadini di uno Stato membro stabiliti in uno dei Paesi dell’Unione di prestare la propria attività a favore di un beneficiario che si trovi in un altro Stato membro oppure di prestarvi occasionalmente la

propria attività alle condizioni previste dalla disciplina vigente. A titolo esemplificativo si ricorda che nella categoria della prestazione dei servizi vi rientrano le attività di carattere industriale, commerciale, artigiane e delle libere professioni. L’applicazione di tale disposizione comporta il divieto di clausole di nazionalità, come quella di riservare una certa attività alle società costituite secondo il diritto di quel determinato Stato, ed il divieto di riservare l’esercizio di una certa attività ai soli residenti ovvero ai soggetti stabiliti sul territorio di quello Stato.

Trovano poi sicuramente applicazioni i principi in materia di concorrenza,e più precisamente gli articoli 101 e 102 TFUE.

- Intese restrittive (art.101 TFUE): “Sono incompatibili con il

mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri o che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel:

a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione

b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti

c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza

e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi”.

Il sopra riportato paragrafo I dell’art.101 TFUE enuncia un divieto di carattere generale integrato da un elenco esemplificativo di intese suscettibili di restringere la concorrenza . Devono sussistere tre elementi affinchè scatti il divieto: esistenza di una intesa, restrizione della concorrenza e pregiudizio al commercio tra Stati membri.

- Sfruttamento abusivo di posizione dominante (art.102 TFUE): “E’incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: - nell’imporre direttamente o indirettamente prezzi

d’acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;

- nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

- nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altir utenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinado così per questi’ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

- nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo

gli usi commerciali, non abbiano nessun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.”

Tale articolo non fornisce alcuna definizione del concetto di posizione dominante. Sulla base dei contributi della dottrina e della giurisprudenza si può comunque definire come dominante la posizione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e, in ultima analisi, dei consumatori.

- Disciplina giuridica delle imprese pubbliche o titolari di

diritti esclusivi o speciali (art.106 TFUE): “ Gli Stati

membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico

generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, ed in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui la applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità ”.