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In che senso l’aritmetica intuizionista ` e costruttiva?

3. Matematica costruttiva

3.4. La “Dialectica interpretation”

3.4.9. In che senso l’aritmetica intuizionista ` e costruttiva?

Come abbiamo anticipato sopra, in G¨odel *1941 viene posta molta at- tenzione, pi`u che sulle dimostrazioni di noncontraddittoriet`a, sui risultati riguardanti specificamente l’intuizionismo e la matematica costruttiva.

A pagina 199 della conferenza di Yale troviamo infatti un’applicazione della “Dialectica” che costituisce una prima risposta al quesito “In what sense is intuitionistic logic constructive?”. Secondo G¨odel un primo senso in cui, in particolare, l’aritmetica intuizionista `e costruttiva `e il seguente:

se si dimostra una proposizione esistenziale ∃xϕ(x) in HA, allora la sua

D-traduzione ∃xϕD(x) sar`a dimostrabile in T. Ci`o significa che `e possibile

costruire un termine t tale che in T si dimostri ϕD(t).

Abbiamo visto come in *1941 e gi`a prima in 1933a G¨odel criticasse la re- strizione intuizionista rispetto alle dimostrazioni di esistenza non-costruttive, visto che poi venivano ammesse formule come ¬∀xϕ(x). Con l’applicazione della “Dialectica” vista qui sopra, l’autore sottolinea il fatto che, nonostante tutto, `e possibile attribuire un significato genuinamente costruttivo ai teoremi esistenziali.

In modo del tutto analogo, l’altra restrizione inessenziale imposta dagli intuizionisti alla logica classica, quella del principio del terzo escluso, pu`o essere in qualche modo legittimata o per lo meno spiegata nel senso che `e possibile costruire una formula aritmetica ϕ(x) tale che ¬∀x(ϕ(x) ∨ ¬ϕ(x)) `

e noncontraddittoria rispetto alla logica intuizionista. Questa `e chiaramen- te una genuina restrizione rispetto alla logica classica visto che la formula ¬∀x(ϕ(x) ∨ ¬ϕ(x)) non pu`o essere mai aggiunta consistentemente ad un sistema formale classico.

Un’ultima applicazione della “Dialectica interpretation” riguarda il prin- cipio di Markov o meglio la cosiddetta “regola di Markov”:

¬¬∃xϕ(x) ⇒ ∃xϕ(x)

per ϕ ricorsiva primitiva. Al riguardo in G¨odel *1941 l’autore spiega come una dimostrazione di esistenza classica, cio`e la dimostrazione di una formula della forma ∃xϕ(x), possa essere resa costruttiva mediante l’interpretazioneD purch´e ϕ(x) sia una propriet`a decidibile dei numeri. G¨odel attribuisce certa- mente grande importanza a questa applicazione tanto `e vero che la richiama anche nel suo 1972 dove possiamo leggere:113

... il principio di Markov ... `e banalmente dimostrabile per ogni funzione ricorsiva primitiva ϕ. Questo attribuisce un interesse a questa interpretazione della logica intuizionista ... persino se presupponiamo la logica di Heyting ...

Questa citazione `e piuttosto rilevante in quanto lo schema di Markov non `e accettato dal punto di vista intuizionista dal momento che risulta essere falso per la teoria delle “lawless sequences”.114 In tal senso la T di G¨odel sembra costituire davvero un sistema che ben realizza l’idea di cercare un paradigma di costruttivit`a chiaramente distinto da quello intuizionista.

113Cf. G¨odel *1941 in G¨odel 1990, pag. 276. 114Cf. al riguardo Troelstra 1973 e 1990.

3.5. Considerazioni conclusive

Concludiamo questo terzo capitolo con alcune considerazioni generali di carattere storico.

(1) I primi lavori g¨odeliani sulla logica e sull’aritmetica intuizionista si collocano negli anni immediatamente successivi alla dimostrazione dei teoremi di incompletezza. Si potrebbe pensare che G¨odel, sulla base del necessario ripensamento del programma di Hilbert che l’incompletezza imponeva, si volse a considerare in modo pi`u approfondito l’approc- cio intuizionista ai fondamenti della matematica in quanto questo, pur costituendo un punto di vista pi`u restrittivo di quello classico, rappre- sentava comunque un’estensione del punto di vista hilbertiano nel senso che in esso veniva ammesso l’uso di nozioni astratte.

Ben presto per`o G¨odel riusc`ı a mettere in evidenza alcuni difetti del- l’approccio intuizionista (la nozione di “dimostrazione costruttiva”, le restrizioni inessenziali che i sistemi intuizionisti imponevano ai sistemi classici, ecc ...).

(2) Nella seconda met`a degli anni Trenta G¨odel cominci`o a mettere a fuoco una nozione di costruttivit`a che rappresentava un deciso miglioramento rispetto a quella intuizionista. Tale nozione veniva definita sulla base dei seguenti criteri di costruttivit`a:

(a) l’universo di discorso, l’ontologia intesa di un sistema costruttivo deve essere numerabile;

(b) le relazioni primitive devono essere decidibili e le funzioni primitive devono essere calcolabili;

(c) l’esistenza deve essere intesa come esistenza effettiva ossia come costruibilit`a effettiva di un esempio;

(d) le definizioni impredicative (compresa l’autoapplicazione di un oggetto a se stesso) devono essere evitate (ovunque possibile). Quest’ultimo punto `e il pi`u problematico e tuttavia in varie occasioni G¨odel sottoline`o il fatto che le restrizioni genuine poste dall’intuizio- nismo alla matematica classica non fossero quelle logiche ma quelle relative alla matematica superiore ed in particolare proprio ai metodi di definizione impredicativi.

(3) Nei primi anni Quaranta G¨odel precis`o questa nozione o “paradigma” di costruttivit`a nel sistema T e, usando la “Dialectica interpretation” riusc`ı, da un lato, a dare una lettura “davvero costruttiva” dell’aritme- tica intuizionista, dall’altro, a fornire una dimostrazione di noncontrad- dittoriet`a dell’aritmetica di Peano con strumenti deduttivi pi`u forti di quelli finitisti e “pi`u deboli” di quelli usati da Gentzen. E’ importan- te ricordare che la “Dialectica interpretation” pu`o essere ricondotta al programma di Hilbert non solo in quanto ottiene una dimostrazione di consistenza nel modo pi`u costruttivo possibile, ma anche perch´e, dal punto di vista tecnico, costituisce una rielaborazione della nozione di funzionale formulata in Hilbert 1926.

4. L’argomento ontologico

4.1. Introduzione

E’ ben noto che gi`a negli anni Venti G¨odel lesse le principali opere di Kant e che negli anni Trenta si dedic`o piuttosto intensamente allo studio di alcuni scritti di Leibniz.115 Fu probabilmente dalla frequentazione di questi

due autori che deriv`o il tentativo fatto da G¨odel nel 1941 di formalizzare il cosiddetto “argomento ontologico” per l’esistenza di Dio di Anselmo d’Aosta. Il tema, si sa, era centrale nella “Dialettica trascendentale” della Critica della ragion pura di Kant e venne affrontato a pi`u riprese, spesso in polemica con Cartesio, da Leibniz.

Dall’attento esame del Nachlass fatto da Dawson nel corso degli anni Ottanta `e risultato che G¨odel torn`o pi`u volte sul tema della formalizzazio- ne dell’argomento ontologico negli anni Quaranta e Cinquanta. Mancano riscontri per quanto riguarda la decade successiva e tuttavia fu proprio nel 1970 che egli rese in qualche modo pubblico il suo tentativo, mostrando uno schizzo di dimostrazione a Dana Scott.

All’epoca G¨odel era tormentato dalla paura di scomparire prematura- mente e, temendo che la sua dimostrazione rimanesse completamente sco- nosciuta, pens`o di riferirla a una persona di fiducia, evitando comunque la pubblicazione. Scott stese delle note dell’argomento e lo present`o, sempre nel 1970, all’interno di un seminario sull’implicazione logica all’universit`a di Princeton.116

Lo schizzo di dimostrazione mostrata da G¨odel a Scott venne pubblicata, assieme alle note, nel 1987 da Jordan H. Sobel in appendice ad un articolo in- titolato “G¨odel’s ontological proof”. Poi, nel 1995, quello stesso schizzo117 fu pubblicato nel terzo volume dei Collected works con un’introduzione storico- filologica di Robert M. Adams118 e con alcuni stralci del Nachlass riguardanti

l’argomento ontologico e alcune nozioni ad esso associate.

115Cf. al riguardo Wang 1981, 1987, 1996 e Dawson 1997.

116Le note storiche che riportiamo qui sono dovute a Sobel 1987, a Dawson 1997 e

soprattutto alla nota introduttiva di Robert M. Adams (Adams 1995 ) relativa al materiale inedito sull’argomento ontologico pubblicato nel terzo volume dei Collected works.

117Cf. G¨odel *1970. 118Cf. Adams 1995.

4.2. Motivazioni

Dal diario di Oskar Morgenstern, una delle persone pi`u vicine a G¨odel per tutto il periodo da lui trascorso a Princeton, risulta che G¨odel non volle pubblicare la sua formalizzazione dell’argomento ontologico non tanto perch´e questa non lo convincesse o non lo soddisfacesse, quanto piuttosto per timore che si potesse pensare:119

... che lui di fatto credesse in Dio, mentre lui era impegnato solo in una ricerca logica (cio`e nel mostrare che una tal prova `e possibile con assunzioni classiche ... corrispondentemente assiomatizzate).

Di conseguenza, il tentativo di G¨odel dovrebbe essere visto solo come un eser- cizio di formalizzazione e come un’applicazione della logica modale semmai all’ontologia generale ma non certo alla teologia.

L’idea che l’argomento g¨odeliano non avesse finalit`a teologiche n´e religiose non deve per`o oscurare il fatto che l’autore poteva tuttavia aspirare ad uti- lizzare questo risultato per derivarne considerazioni filosofiche o magari fon- dazionali. In tal senso sembra infatti interpretabile la seguente affermazione presente in un quaderno di appunti filosofici di G¨odel:120

... Se la dimostrazione ontologica `e corretta, allora si pu`o ottenere un’intui- zione a priori dell’esistenza (attualit`a) di un oggetto non concettuale.

Dunque, seguendo quest’ultima lettura dell’argomento ontologico, il tentativo g¨odeliano potrebbe essere inserito nell’ambito delle ricerche filosofiche che G¨odel nella Gibbs lecture defin`ı come una fondazione rigorosa del platonismo. La possibilit`a di avere conoscenza matematicamente fondata dell’esistenza (necessaria) di un oggetto sommamente perfetto potrebbe cio`e essere vista come un primo passo verso una fondazione rigorosa di un’ontologia realista o platonista.

In quanto esercizio di formalizzazione e in quanto applicazione della logi- ca modale normale S5, abbiamo pensato di inserire questo contributo nella prima parte del nostro lavoro.

119Dal diario di Morgenstern, 29 agosto 1970, Dip. collezioni rare, Duke University

Library, Durham, North-Carolina.

120Intitolato con la sigla Max XI collocabile in un periodo di tempo non ben precisato

4.3. Propriet`a positive

Come sottolineato da Sobel121 e da Adams,122 l’argomento ontologico di

G¨odel non `e imparentato direttamente con quello esposto per la prima volta da Anselmo d’Aosta nel Proslogion (basato sulla nozione di “Ens quo maius cogitari nequit”) n´e con quello di Cartesio (fondato sulla nozione di “Ens perfectissimus”), bens`ı con quello di Leibniz. Come Leibniz, G¨odel definisce Dio come un ente dotato di tutte le perfezioni possibili ossia come un oggetto che gode di tutte le propriet`a puramente e illimitatamente positive.

Ma cosa intendeva di preciso G¨odel per “propriet`a positiva”? Non `e facile rispondere a questa domanda, anche perch´e le poche e frammentarie affer- mazioni dell’autore al riguardo non sono affatto coerenti e chiare. L’unica definizione rigorosa e comprensibile `e quella che emerge dagli assiomi e dai postulati proposti da G¨odel per l’argomento. Pu`o tuttavia essere utile pre- sentare prima la nozione leibniziana di “propriet`a positiva” per poi avere un termine di confronto nel descrivere quella g¨odeliana.

Leibniz defin`ı la nozione di propriet`a positiva o perfezione come:123

... ogni qualit`a semplice, che sia positiva ed assoluta, tale cio`e, che, ci`o che esprime, lo esprime senza limiti.

Emergono quindi tre caratteristiche fondamentali della nozione leibniziana di perfezione:

- l’essere qualit`a (e quindi non relazione ma propriet`a interna o pi`u semplicemente monadica);

- la semplicit`a (e quindi non analizzabilit`a); - l’assolutezza (nel senso di assenza di limiti).

E’ sulla base di queste tre caratteristiche che Leibniz, in polemica con Car- tesio, tent`o di dimostrare che tutte le perfezioni sono compatibili. Anche G¨odel cerc`o di dimostrare questo fatto ossia tent`o di provare, nei termini da lui usati, che l’esistenza di Dio `e possibile, che un oggetto dotato di tutte le perfezioni pu`o esistere. Tuttavia, nessuna delle definizioni informali date da G¨odel del termine “perfezione” `e del tutto riconducibile a quella leibniziana.

121Cf. Sobel 1987. 122Cf. Adams 1995.

Consideriamo alcune delle definizioni date da G¨odel.124 Nell’articoletto

del 1970 che presenta l’argomento con tutti i dettagli essenziali troviamo almeno due differenti caratterizzazioni della nozione di propriet`a positiva. La prima, con cui si conclude G¨odel *1970, afferma:125

(a) “positivo significa positivo nel senso morale estetico (indipendentemente dalla struttura accidentale del mondo).”

Qui “positivo” viene letto come “buono in assoluto”, assumendo quindi che si diano dei valori indipendenti dalle contingenze storiche o fisiche del mondo. Questa prima definizione `e difficilmente confrontabile con quella leibniziana, ma, almeno per un tratto sembra decisamente differente: si tratta di una caratterizzazione in termini di valori morali o estetici, mentre la nozione leibniziana parrebbe svincolata da considerazioni di questo tipo.

La seconda caratterizzazione presente in G¨odel *1970 dice:126

(b) “[Positivo] lo si pu`o intendere anche come pura “attribuzione” in quanto opposta a “privazione” (oppure “contenente privazione”).”

Questa seconda definizione sembra pi`u vicina della precedente a quella leib- niziana. Pur non facendo riferimento alla semplicit`a, il fatto di essere pura attribuzione sembrerebbe implicare che una perfezione non sia una relazio- ne ma piuttosto una propriet`a monadica che sia positiva in modo illimitato (altrimenti conterrebbe una qualche privazione).

In nota G¨odel fornisce tuttavia una spiegazione del termine “attribuzione” che rende impossibile interpretare le perfezioni come propriet`a monadiche, infatti vi leggiamo:127

(c) “la forma normale in termini di propriet`a elementari contiene un membro senza negazioni ...”

Dunque, nel giro di poche righe, in G¨odel *1970 troviamo ben tre possibili letture del termine “perfezione” o “propriet`a positiva”: una morale-estetica, una ontologica ed infine una logica. Nessuna delle tre viene spiegata suf- ficientemente, ma di tutte e tre queste interpretazioni troviamo tracce nei quaderni di appunti del Nachlass dedicati all’argomento ontologico.

124Cf. al riguardo G¨odel 1995, pagg. 403-404, 429-437. 125Cf. G¨odel 1995, pag. 404.

126Cf. G¨odel 1995, pag. 404.

A pagina 106 di Phil XIV troviamo una definizione che richiama sia la (a) che la (b):128

E’ possibile interpretare il positivo come perfezione; ossia come “puramente buono”, cio`e tale che non implichi alcuna negazione di “puramente buono”.

Ancora a pagina 106 dello stesso quaderno di appunti leggiamo una defini- zione analoga alla (b), ossia:129

Una propriet`a `e una perfezione se e solo se non implica nessuna negazione di una perfezione.

Infine a pagina 108 sempre di Phil XIV G¨odel d`a una caratterizzazione che ricorda la (c) ossia:130

Le propriet`a positive sono precisamente quelle che si possono formare a partire da quelle elementari mediante applicazione delle operazioni ∧, ∨, →.

Non `e facile stabilire con precisione il significato di quest’ultima definizio- ne, soprattutto in considerazione del fatto che le proposizioni costruite con i connettivi ∧, ∨, → non escludono implicite negazioni visto che, classicamen- te, l’implicazione e la congiunzione sono traducibili in termini di negazione e disgiunzione e la disgiunzione pu`o esser letta in termini di negazione e congiunzione.

Di fatto queste brevi caratterizzazioni non hanno sufficiente omogeneit`a per determinare un’immagine chiara di come G¨odel intendesse le propriet`a positive. Per questo occorre passare ad analizzare gli assiomi g¨odeliani per l’argomento ontologico i quali, implicitamente, definiscono la nozione di perfezione rigorosamente e univocamente.

4.4. L’argomento di G¨odel

Presentiamo qui di seguito l’argomento ontologico informalmente cercan- do di seguire fedelmente la stesura del 1970. Nel paragrafo successivo esporre- mo invece un sistema formale modale, basato su idee di Richard Montague,131

128Cf. G¨odel 1995, pag. 434. 129Cf. G¨odel 1995, pag. 434. 130Cf. G¨odel 1995, pag. 436. 131Cf. Montague 1970.

Daniel Gallin132 e Melvin Fitting,133 in cui `e possibile formalizzare le idee di

G¨odel in ogni dettaglio.

Col simbolo P(ϕ) G¨odel indica il fatto che la propriet`a ϕ `e una perfezione. Il formalismo da lui usato `e un po’ ambiguo ammettendo che, a seconda dei contesti, ϕ possa indicare una variabile per propriet`a o una metavariabile per proposizioni. Inoltre l’autore non sembra fare distinzioni fra termini intensionali ed estensionali.

Il primo assioma dato da G¨odel `e il seguente:

P(ϕ) ∧ P(ψ) → P(ϕ ∧ ψ). (1)

Intuitivamente esso dice che: l’intersezione di due propriet`a positive `e, a sua volta, una propriet`a positiva. Si tratta di un assioma piuttosto delicato che l’autore commenta in nota dicendo che esso vale “per qualsiasi numero di addendi” cio`e per ogni numero di congiunti. Si osservi che se non si vuole utilizzare una logica infinitaria, la precisazione di G¨odel significa: per qualsiasi numero finito di congiunti. Tuttavia non `e escluso a priori che le propriet`a positive possano essere infinite e quindi non `e detto che questo assioma ci possa dare informazioni sull’intersezione generalizzata di tutte le propriet`a positive.

L’autore d`a come secondo assioma il seguente:

P(ϕ) ∨ P(¬ϕ) (2)

aggiungendo che la disgiunzione va letta in modo esclusivo, ossia: o la pro- priet`a ϕ `e positiva oppure la propriet`a ¬ϕ `e positiva, ma non possono essere entrambe positive n´e entrambe negative.

G¨odel prosegue poi con due definizioni: quella di “Dio” o “oggetto divino” e quella di “essenza” o “propriet`a essenziale” di un oggetto. Dio viene definito come “l’ente che gode di tutte le propriet`a positive”, ossia come segue:

G(x) ↔ ∀ϕ(P(ϕ) → ϕ(x)), (3)

dove G(x) sta per “x `e divino”. Per essere precisi qui vien definita solo la nozione di “oggetto divino”, per l’unicit`a occorre dare una dimostrazione opportuna.

132Cf. Gallin 1975. 133Cf. Fitting 2002.

La definizione dalla nozione di essenza o di propriet`a essenziale `e quella di “una propriet`a che implica necessariamente tutte le propriet`a di un oggetto dato”, ossia:

E(ϕ, x) ↔ ∀ψ(ψ(x) → ∀y(ϕ(y) → ψ(y))), (4) dove E (ϕ, x) sta per “ϕ `e una propriet`a essenziale di x”. G¨odel commenta questa definizione dicendo che due qualsiasi essenze di un oggetto x sono equivalenti, dunque, assumendo il principio di identit`a degli indiscernibili, se un oggetto x ha una propriet`a essenziale allora questa `e unica. Abbiamo qui una definizione piuttosto controintuitiva, visto che di solito siamo abituati a pensare all’essenza di un oggetto come alla sua propriet`a pi`u fondamentale, come alla propriet`a di x senza la quale x non `e x. L’essenza definita qui da G¨odel `e invece una propriet`a che implica s`ı le propriet`a fondamentali di x ma anche (se ne ha) quelle contingenti. Si osservi che l’autore non richiede che l’essenza di un oggetto x sia una propriet`a dell’oggetto x.

L’argomento di G¨odel prosegue con un terzo assioma riguardante ancora le propriet`a positive. Esso afferma che le perfezioni sono “rigide” o “stabili” da mondi possibili a mondi possibili, ossia che se una propriet`a `e positiva nel mondo attuale, allora lo `e in qualsiasi mondo possibile e che, viceversa, se `e negativa attualmente, allora lo `e in qualsiasi mondo. Formalmente avremo i due seguenti assiomi:

P(ϕ) → P(ϕ), (5.1)

e

¬P(ϕ) → ¬P(ϕ). (5.2)

Assumendo come logica modale di base gli assiomi di S5, (5.1) e (5.2) risul- tano essere dimostrabilmente equivalenti. G¨odel spiega questi due assiomi dicendo che essi seguono “dalla natura della propriet`a”. Si tratta di un com- mento telegrafico e piuttosto criptico, tuttavia se le perfezioni devono essere interpretate come propriet`a logicamente positive e quindi positive in modo indipendente dallo stato del mondo, allora esso non sembra poi del tutto fuori luogo.

Il primo teorema enunciato, ma non dimostrato, da G¨odel `e il seguente:

G(x) → E (G, x). (6)

Esso stabilisce che l’essenza di un oggetto divino consiste proprio nel posse- dere tutte le propriet`a positive cio`e nell’essere un oggetto divino. Dunque l’essere divino di un dato oggetto x ne implica tutte le propriet`a.

Segue la definizione della nozione di esistenza necessaria, cio`e:

N (x) ↔ ∀ϕ(E (ϕ, x) → ∃yϕ(y)). (7) Intuitivamente, un oggetto x esiste necessariamente, in simboli N (x), se ogni sua propriet`a essenziale `e esemplificata in ogni mondo possibile. Ecco che finalmente disponiamo di un esempio di propriet`a positiva, cio`e appunto l’esistenza necessaria. La constatazione di questo fatto costituisce il quarto assioma proposto da G¨odel, cio`e:

P(N ), (8)

l’esistenza necessaria `e una perfezione.

A questo punto l’autore enuncia, di nuovo senza dimostrarlo, un secondo teorema che stabilisce che se un oggetto x `e divino, allora esso `e esemplificato in ogni mondo possibile, cio`e, esiste necessariamente. In simboli:

G(x) → ∃yG(y). (9)

Attraverso tre passaggi inferenziali, G¨odel deduce un terzo teorema che espri- me quello che `e noto, nella letteratura sull’argomento ontologico, come prin- cipio di Anselmo, cio`e: l’esistenza di Dio `e impossibile o necessaria. In forma implicativa, il teorema ci dice che se l’esistenza di Dio `e possibile, allora `e necessaria:

♦∃xG(x) → ∃yG(y). (10) L’autore commenta questo risultato dicendo che l’antecedente ♦∃xG(x) signi- fica che “il sistema di tutte le propriet`a positive `e compatibile”, dove per com- patibile si intende noncontraddittorio. Con ci`o egli formula implicitamente un quarto teorema:

♦∃xG(x), (11)

il quale sarebbe dimostrabile sulla base di un quinto e ultimo assioma. Si tratta della proposizione secondo cui “tutte le propriet`a implicate (necessa- riamente) da una propriet`a positiva sono positive”, ossia:

P(ϕ) ∧ (ϕ → ψ) → P(ψ). (12)

Questo assioma, spiega G¨odel, implica che la propriet`a espressa dalla formula x = x sia positiva (essendo una propriet`a tautologica `e implicata da qualsiasi propriet`a, quindi, in particolare, da tutte le propriet`a positive e dunque anche

da N ). Di conseguenza, poich´e, per (2), non `e ammesso che una propriet`a e la sua negazione siano entrambe positive, la propriet`a espressa dalla formula x 6= x sar`a negativa. Abbiamo cos`ı un altro esempio di perfezione ed un primo esempio di propriet`a negativa. Chiaramente da (10) e (11) segue ∃xG(x) e quindi l’esistenza di Dio risulta dimostrata.

Per concludere la nostra descrizione informale dell’argomento ontologico di G¨odel ci restano solo da spiegare i tre passaggi inferenziali che giustificano la deduzione del principio di Anselmo dal teorema (9).

Il primo passaggio si ottiene per logica dei quantificatori cio`e per genera- lizzazione e per il lemma predicativo classico:

∀x(ϕ(x) → ψ) → (∃xϕ(x) → ψ) (13)

dalla formula (9). Il secondo `e dato dall’applicazione del teorema modale del sistema K:

(ϕ → ψ) → (♦ϕ → ♦ψ). (14) Il terzo ed ultimo passaggio si ottiene sfruttando un teorema dimostrabile sia