Nel seguire uno schema logico sull’analisi di un tema così complesso e variegato, non si può non constatare che per una corretta ed efficace prevenzione della crisi, occorrono altrettanto adeguati e precisi indicatori che permettano la rilevazione della crisi stessa.
Gli indicatori della crisi d’impresa costituiscono, quindi, la base iniziale dalla quale procedere per la concreta esplicazione dell’attività di rilevazione della crisi, attraverso gli strumenti programmatici di valutazione.
Sebbene la rubrica di tale paragrafo ci induca ad approfondire una trattazione sulla funzione di tali indicatori strumentale alla individuazione ed alla rilevazione
121V. O. Cuccurullo, sub. art. 6, Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle
70 tempestiva ed efficiente della crisi d’impresa, gli indicatori di performance, specie nelle società pubbliche, rappresentano un utile strumento di supporto per la dimostrazione della fondatezza della motivazione economica circa l’acquisto o il mantenimento di una partecipazione pubblica.
Questa analisi viene condotta tanto sul piano della convenienza economica, quanto su quello della sostenibilità finanziaria e i predetti indicatori, volti ad investigare gli aspetti reddituali, patrimoniali e finanziari, oltre a costituire un valido strumento informativo, mettono in risalto aspetti di estremo ausilio ad una corretta e fedele valutazione tecnica.
Fatto questo necessario preambolo, utile a definire le innumerevoli funzioni e l’importanza sostanziale di un solido sistema di indicatori, l’assunto dal quale partire per una visione generale sull’importanza rivestita dagli indicatori di crisi
122nella prevenzione della stessa è tanto intuitivo quanto ovvio (e scontato per
taluni aspetti), ovvero che la crisi d’impresa, se non tempestivamente rintracciata ed affrontata, comporta la progressiva distruzione dei valori aziendali, pregiudicando tutti gli interessi coinvolti.
Un intervento precoce e tempestivo di reazione alla crisi vale, quindi, a massimizzare e tutelare quei valori ed interessi dell’impresa.
Per la realizzazione di tale obiettivo è necessario predisporre un sistema di rilevazione della crisi che possa riconoscerla fin dai suoi albori, sulla base di
122Al fine di non incorrere in equivoci giuridico-normativo occorre, dunque, fare una premessa:
sebbene spesso i termini siano utilizzati in modo speculare, gli indici si differenziano dagli indicatori. Tale differenza è posta dallo stesso legislatore che all’art. 13, comma 1, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza fornisce un quadro di riferimento per gli indicatori, delineando, nel secondo comma, le caratteristiche che devono presentare gli indici, la cui individuazione è rimessa al Cndcec. Mentre l’indicatore si configura quale strumento di situazioni non osservabile direttamente e valuta il livello di un fenomeno tramite l’osservazione di dati tra essi correlati che presentano tratti comuni al fenomeno preso in esame, l’indice è, invece, una grandezza quantitativa di sintesi, data proprio dal rapporto e dalla relazione di due grandezze quantitative. Infatti mentre l’indicatore può avere anche natura qualitativa, l’indice può riguardare, appunto, specificamente solo grandezze quantitative, sul punto v. R. Ranalli, Le misure di allerta.
Dagli adeguati assetti sino al procedimento avanti all’Ocri, Giuffrè, 2019. Questa precisazione
vale a sottolineare che nel corpo del testo possono trovarsi i due termini utilizzati come sinonimi gli uni degli altri, sebbene tra i due termini sia opportuno cogliere (e, quindi, conoscere) le dovute differenze etimologiche, semantiche e propriamente concettuali.
71 indizi sufficientemente univoci e oggettivamente indiscutibili, o, perlomeno, dai quali è dato attendersi un margine minimo di opinabilità123.
L’elaborazione di modelli predittivi dello stato di crisi ha, negli ultimi tempi, suscitato un forte interesse da parte del legislatore che si è occupato dell’individuazione di strumenti atti a diagnosticare e prevenire i primi sintomi di uno stato di crisi aziendale, consentendo, in questo modo, una tempestiva e quantomai necessaria informazione ai vari stakeholders, al fine di poter valutare l’adozione dei provvedimenti conseguenti.
Tra questi strumenti vi rientra il programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, costituito da una serie di fattori ed analisi che tengono conto non solo della natura giuridico-amministrativa dello strumento utilizzato per rintracciare, prevenire e tamponare situazioni di pre-crisi, ma anche, e soprattutto, della struttura economico-aziendale, imperniata su una serie di indicatori quantitativi e qualitativi 124.
L’ambito operativo in cui tali strumenti svolgono la loro funzione è costituito da situazioni in cui l’imprenditore, in seguito ad errori di gestione o in presenza di problematiche economiche, non si trovi ancora insolvente al punto di non essere più in grado di pagare i debiti scaduti, sebbene la situazione economica e finanziaria sia segnata da una mancanza di necessaria liquidità e dalla presenza di difficoltà tali da non permettere di far fronte all’adempimento di tutte le obbligazioni sociali, con conseguente rischio reale di una futura insolvenza.
123Cfr. M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, in Il Corriere
giuridico, 5, 2019, 653 ss., il quale evidenzia che il sistema di monitoraggio della crisi,
(potenzialmente) idoneo a supplire l’assenza di un corretto apparato organizzativo di tempestiva rilevazione delle difficoltà societarie, deve porre l’imprenditore nelle condizioni di ovviare alla sua naturale riluttanza a prendere atto della sofferenza aziendale, facendo fronte al suo dovere di attivazione, suscettibile di sanzione in caso di inerzia.
124Sul punto Cfr. F. Guerrera, Strumenti di governo e assetti organizzativi delle società pubbliche,
in Le società a controllo pubblico, R. Ursi e M. Perrino (a cura di), Giappichelli, 2020, 199 ss.; F. Guerrera, Commento art. 6 “Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle
società a controllo pubblico”, 210, cit.; F. Guerrera, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell'impresa in crisi, 254, cit.; G. Strampelli, Capitale sociale e struttura finanziaria nella società in crisi, 605, cit.; R. Tiscini- P. Lisi, Il programma di valutazione del rischio di crisi,
72 Valutare, attraverso analisi per indici, il rischio di crisi significa creare un sistema aziendale interno in grado di esprimere il livello di rischio aziendale in funzione agli indicatori sottostanti esaminati.
L’analisi misura l’andamento storico dell’impresa, attraverso le variazioni delle grandezze quantitative, le quali permettono di individuare e rintracciare le cause dello stato di difficoltà.
L’obiettivo della suddetta analisi non è, infatti, quello di ravvisare la situazione di declino in quanto tale, ma semmaiadottare una struttura che permetta di rintracciare specifici indizi dai quali emerge la difficoltà per far fronte ai debiti aziendali, tentando precocemente di sviluppare una strategia adeguata.
Per una valutazione che individui l’insistenza dei fenomeni di crisi ed insolvenza della società, sarebbe opportuno favorire un’impostazione che non escluda l’incidenza dei dati storico-contabili per segnalare futuri squilibri ma che, al tempo stesso, non si soffermi sull’esame di tali indicatori contabili, che, se interpretativi singolarmente ed asetticamente senza, cioè, un adeguato confronto spazio-temporale e una efficiente comparazione con i risultati organizzativi di gestione, porterebbe a risultati parziali o, comunque, non del tutto fedeli al contesto socio-economico e, quindi, inidonei ad intercettare con la necessaria tempestività situazioni di crisi 125.
Come emerge dagli studi delle scienze economiche e aziendalistiche126, gli indicatori che rilevano ai fini della valutazione di una incombente, nonché
125Cfr. sul punto le Linee guida Cndcec del 2015 sulla “Informativa e valutazione nella crisi di
impresa”, del 30 ottobre 2015.
126Per una evidenza più tecnica sull’argomento si rinvia al documento del Consiglio nazionale dei
dottori commercialisti ed esperti contabili del 20 ottobre 2019, rubricato “Crisi d’impresa e indici di allerta”, in cui si ritiene che “le analisi sono state improntate all’identificazione della combinazione di indici rappresentativi di squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario che consentissero, tenuto conto delle specificità settoriali dell’impresa, di identificare situazioni di crisi.”; inoltre, nello stesso documento predisposto dal Consiglio viene specificato che “la massimizzazione della capacità predittiva degli indici è stata ottenuta tramite un processo di selezione tra decine di migliaia di combinazioni di indici, mediante test che hanno interessato tutte le società con bilancio ordinario pubblicato, avendo riguardo ad aventi di default nei tre anni successivi”.
73 possibile, situazione di crisi sono tanto quelli di natura bilancistico-contabile127, che consentono di esprime, mediante analisi quantitativa (ovvero che prenda in esame lo storico di un numero specifico di bilanci d’esercizio per trarre un risultato complessivo) e misurazioni economiche un giudizio finale sulla redditività, solidità finanziaria e solvibilità dell’impresa, quanto quelli di natura extra-contabile, che, attraverso una valutazione qualitativa delle performance di variabili non quantificabili nelle valutazione del bilancio, misurano, invece, le caratteristiche “qualitative” della società, secondo parametri tecnico-operativi e/o organizzativi.
Aldilà dell’indicazione specifica di tali indicatori, di cui si tratterà all’interno di questo paragrafo, ciò che rileva ai fini di una corretta attività di prevenzione del rischio di crisi, è la metodologia, ovvero lo sviluppo tecnico e il modo di utilizzo e di impiego della griglia di indicatori, che deve, a sua volta, essere modulata ed adattata alle condizioni ed al contesto di riferimento.
In primo luogo, occorre sottolineare che le metodologie adottabili in base al settore di riferimento, alla dimensione della società e ad altre variabili sono di competenza esclusiva dell’organo amministrativo, al quale spetta, quindi, l’approvazione degli indicatori segnaletici.
Essi, come precedentemente detto, si riferiscono distintamente a due macro-aree, a seconda della rilevanza o meno delle informazioni e dei dati ricavabili e derivanti dall’analisi del bilancio di esercizio.
Bisogna, comunque, premettere che, ai fini di una corretta valutazione sulle poste e voci di bilancio idonee ad incidere sui parametri sottostanti gli indici, occorre privilegiare una accurata tecnica volta alla rapidità e semplicità di calcolo.
127 G. Guizzi -M. Rossi, La crisi di società a partecipazione pubblica, 296 ss., cit., in riferimento a
tali indicatori, che possano essere identificati negli squilibri di carattere economico, patrimoniale o finanziario,ritengono che la crisi aziendale ex artt. 6 e 14 T.U. comprenda non soltanto le ipotesi in cui sia a rischio la capacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni, ma “anche quelle in cui la crisi interessi l’investimento, vale a dire la sua redditività”.
74 Gli indicatori economici e finanziario-patrimoniali di natura bilancistico- contabile128 riguardano: gli indici di redditività, che evidenziano la capacità
aziendale di remunerare il capitale 129; gli indici di efficienza economica, che
rivelano le condizioni di minore o maggiore produttività in base all’utilizzo dei fattori produttivi 130; gli indici di liquidità e gestione del capitale circolante che
utilizzano come parametro un arco temporale definito per misurare la solvibilità dell’azienda e quindi la sua capacità a far fronte al pagamento delle obbligazioni di prossima scadenza, attraverso le risorse presenti 131; gli indici di struttura finanziaria che segnalano il livello di dipendenza da mezzi di terzi finanziatori 132; nonché gli indici di solidità patrimoniale, che in base al rapporto con vari indici, permettono verificare se la struttura finanziaria e patrimoniale dell’azienda è solida o meno 133.
128Per una trattazione più completa e variegata del tema si rinvia a C. Caramiello, F. Di Lazzaro,
G. Fiori, Indici di bilancio. Strumenti per l’analisi della gestione aziendale, Giuffrè, 2003.
129Tra questi, il ROE o il ROI (return on equity o return on investment) che evidenzia il rapporto
tra patrimonio netto e totale del passivo e misura la redditività dei mezzi propri, il ROA (return on assets) che descrive l’economicità della gestione aziendale, il ROS (return on sales), che indica la redditività in relazione alle vendite. Inoltre, senza volersi addentrare nei tecnicismi delle scienze economico-aziendalistiche, occorre brevemente segnalare, tra gli indicatori finora espressi, il rapporto PFN/MOL, ove il Margine Operativo Lordo (MOL o EBITDA -Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization), inserito nel conto economico, rappresenta un indicatore fondamentale da tenere sotto controllo per monitorare lo stato di salute dell’azienda. Esso è un indicatore che le banche considerano per valutare, mediante la stima delle risorse finanziarie, se la gestione operativa dell’impresa sta generando ricchezza o meno, rapportando i risultati della stessa azienda con eventuali concorrenti. La Posizione Finanziaria Netta, indicata anche con la sigla PFN (in inglese Net Financial Position) è, invece, uno dei principali indicatori utilizzati per valutare la performance e la solvibilità di un’azienda e mette in rapporto i debiti finanziari aziendali con le attività liquide. Il rapporto PFN/MOL è dunque utile a definire entro quanto tempo l’impresa potrà ripagare il debito finanziario, utilizzando la totalità dei flussi operativi “potenziali”, derivanti dalla gestione operativa aziendale.
130Tra questi si citano i ricavi pro-capite, il valore aggiunto pro-capite ed il costo del lavoro pro-
capite, che costituiscono il rapporto tra grandezze economiche, patrimoniali e finanziarie, al numero medio di addetti; tali informazioni sono ricavabili dall’analisi della nota integrativa del bilancio di esercizio.
131Si segnalano, il rapporto tra Attività a breve/Passività a breve; l’indice di liquidità
immediata/attività a breve; l’indice di rotazione del capitale di esercizio (Ricavi/Capitale di esercizio) e l’indice di rotazione dei crediti (Ricavi/Crediti commerciali).
132Tra cui si vedano, il rapporto Totale attivo/Mezzi propri; il quoziente Debiti finanziari/Mezzi
propri; l’incidenza Debiti finanziari a breve/Debiti finanziari complessivi.
133Rientrano in questa categoria l’indicatore Capitale proprio/Immobilizzazioni nette (che misura
l’indice di copertura delle immobilizzazioni attraverso mezzi propri); il rapporto Perdita degli esercizi precedenti/Risultato dell’esercizio corrente/Mezzi propri; altri indicatori che segnalano l’eventuale persistenza temporale e negli anni di risultati economici negativi e passività, dai quali
75 Vi sono poi indicatori che, sebbene prescindano in toto da qualsiasi rappresentazione ed analisi tecnica sui margini di bilancio, riescono ad esprimere indicazioni ed informazioni anticipatorie, atte a prevenire situazioni di crisi o, quanto meno, ad intervenire prima che la crisi assuma connotati di estrema gravità ed irreversibilità; sono, dunque, quegli indicatori di natura extra-contabile derivanti da rilevazioni sia interne che esterne che consentono di fornire conoscenze più varie, assumendo, per taluni aspetti, anche valenza informativa superiore rispetto agli indicatori contabili.
Si tratta, nello specifico di: indici tecnico-operativi che, configurandosi diversamente a seconda del settore in cui la società svolge la propria attività, forniscono indicazioni sul grado di utilizzo delle dotazioni infrastrutturali134; indici organizzativi e gestionali che, in quanto correlati alle strategie ed alle politiche societarie, riguardano le modalità di impiego e di comportamento delle risorse umane135; ed indici qualitativi che, invece, non sono associabili a valori fisici o monetari, non sono misurabili in termini quantitativi e forniscono informazioni utili sul livello di performance dei servizi resi, nell’ottica del raggiungimento di specifici risultati 136.
In genere è legittimo ritenere che tali indicatori, suddivisi in queste due macro aree, svolgano una funzione di supporto agli amministratori, consentendo, attraverso una connessione ed una integrazione dei dati contabili con quelli organizzativi extra-contabili, di aumentare il livello di vigilanzae rintracciare le
può, senz’altro, evincersi una carenza societaria strutturale, che pone in serio rischio la continuità aziendale.
134Ad esempio, per i servizi di trasporto (sia pubblico che privato), ai fini di una corretta ed
efficiente valutazione, possono essere utilizzati i coefficienti dati dal numero di mezzi utilizzati (che consiste nel prodotto del rapporto tra i mezzi circolanti e quelli fermi per varie cause, ossia, per citarne una, manutenzione) e dal riempimento dei vettori (il c.d. load factor, dato dal rapporto tra passeggeri trasportati e posti offerti, che consente di analizzare il grado di assorbimento della capacità del mezzo utilizzato).
135Per questi indicatori rileva il c.d. tasso di morbilità, ovvero il numero dei casi di malattia
registrati durante dato periodo in rapporto al numero complessivo dei lavoratori presi in esame; da ciò emerge la percentuale di ore-lavoro disponibili perduta per malattia dei dipendenti o, più specificamente, la percentuale di ore lavorative perdute per ragioni diverse dalle ferie (malattia, scioperi ecc…).
136Tra questi vi è l’indice di customer satisfaction che si basa sul numero dei reclami ricevuti in
un’unità di tempo definita e misura la qualità dell’azienda e dei suoi prodotti sulla base del grado di soddisfazione del cliente e del rapporto dell’azienda con il mercato.
76 situazioni di crisi intervenendo sulle problematiche prima di una loro “deflagrazione”.
Anche le fonti secondarie (Principio di revisione n. 570, OIC n. 6 e Principio n. 11 delle Norme di comportamento del collegio sindacale emanate da Cndcec) suggeriscono l’opportunità di combinare gli indicatori di natura quantitativa con quelli qualitativi, confermando ancora una volta l’importanza di dotarsi di un assetto organizzativo adeguato.
È consentito, inoltre, agli amministratori individuare ulteriori o diversi indici rispetto quelli finora tracciati, sebbene tale scelta debba essere valutata, ponderata e motivata sulla base di argomentazioni idonee, parametri ben definiti e nel rispetto dei principi contabili e/o organizzativi.
Tuttavia, sulla base del presupposto che i dati di bilancio e quelli gestionali possono, in determinate circostanze, risultare non sufficienti a fornire una definizione corretta ed un giudizio esaustivo circa il livello di solvibilità e di rischio dell’impresa, tali valutazione potranno essere integrate dall’analisi andamentale (espressione dell’analisi dal merito creditizio) che misura la “bancabilità”, ovvero l’esposizione creditizia di un’azienda nei confronti della banca, nonché l’aspetto più tipicamente finanziario.
In buona sostanza, come previsto dal combinato disposto dei commi 2 degli articoli 6 e 14 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, è sufficiente che all’interno del programma di valutazione del rischio di crisi aziendale emerga anche uno degli indicatori di crisi, non essendovi richiesta necessariamente la congiunta presenza degli stessi, purché questo sia idoneo a far costatare la situazione di crisi incombente o meramente probabile, per “stimolare” (per non dire obbligare)l’organo amministrativo a valutare la situazione di emergenza data dallo squilibrio mostrato ed, eventualmente, adottare senza indugio e tempestivamente i provvedimenti necessari ed adeguati a farvi fronte137.
137Sul punto si rinvia a G. D’Attore, I piani di risanamento e di ristrutturazione nelle società
77 Ovviamente perché un indicatore “emerga” occorre che assuma un valore tale da segnalare la presenza di un fenomeno avente un alto grado di incidenza di gravità e di manifestazione del rischio di crisi138.
Di contro, data la molteplicità degli indicatori contemplati, non è detto che un indicatore, laddove palesatosi, abbia necessariamente i connotati di gravità richiesti per l’attivazione dei segnali di allarme, potendo, pertanto, risultare priva di rischiosità economico-patrimoniale, se letta in un determinato modo e all’interno di un dato contesto generale, una situazione aziendale caratterizzata da una importante esposizione finanziaria 139.
Occorre, cioè, che gli indicatori di crisi prescelti facciano concreto riferimento ad una fase di difficoltà aziendale, idonea a fungere da presupposto per l’attivazione degli strumenti e delle procedure di allerta, evitando, tuttavia, da un lato indebiti allarmi precoci tali da disseminare inutili preoccupazioni e comportare l’aggravamento della situazione, e dall’altro interventi tardivi, quando ormai l’impresa è volta all’insolvenza 140.
Questo discorso va interpretato nella sua accezione più pratica, in quanto, se, a titolo di esempio, si seguisseunalogica meramente consuntivaimprontata sui dati
138Sul punto v.R. Tiscini- P. Lisi, Il programma di valutazione del rischio di crisi, cit., secondo cui
“perché un indicatore emerga, in buona sostanza, esso deve assumere un valore tale da segnalare l’esistenza di un fenomeno sottostante avente i connotati di gravità e manifestazione di rischio di crisi”. L’art. 14, comma 2. Del Testo unico, parla di “uno o più indicatori di crisi”; questo ha determinato la possibilità che si verifichino due scenari contrapposti: il primo prevede che l’emersione anche di un solo indicatore comporterebbe l’obbligo, da parte dell’organo amministrativo, di adottare misure di risanamento, con la conseguenza che un indice con una scarsa incidenza condurrebbe ad una risposta eccessiva ed ingiustificata, il secondo (secondo l’A. più bilanciato e realistico), invece, valuta necessaria l’adozione dei piani di risanamento solo al ricorrere di più indicatori, con il limite, però, che la norma non fornirebbe in ogni caso una risposta definitiva sul numero di indicatori opportuni in presenza dei quali dei quali attivare le procedure previste.
139Attenzione, pertanto, a non forzare il tenore letterale della norma sul contenuto del programma
di valutazione del rischio di crisi aziendale, laddove rendere obbligatoria, incondizionatamente e senza margine di valutazione, l’adozione di misure correttive all’emersione di ogni singolo indicatore di crisi comporterebbe un automatismo pericoloso e dannoso per la società stessa, nell’ipotesi in cui ci si trova dinnanzi a fenomeni complessi in cui interagiscono tra loro un elevato