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Uno sguardo al passato: la Commissione Trevisanato.

11. Gli strumenti e le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi.

11.2. Uno sguardo al passato: la Commissione Trevisanato.

In realtà, l’interesse del legislatore interno sulle procedure di allerta risale a circa un ventennio addietro, quando, il 28 novembre 2001,si insediava presso il Ministero della Giustizia la “Commissione per l’elaborazione di principi e criteri

motivazioni insite e di tipo culturale, non può non considerarsi che la scelta di introdurre un sistema di prevenzione ed implementazione di strumenti e procedure di allerta testimoni una sfiducia circa l’adeguatezza delle regole preesistenti e la necessità di un sistema procedurale innovativo ad hoc. Alla luce di tali considerazioni e posizioni discordanti in dottrina, non può negarsi come nel futuro del diritto concorsuale italiano sembra emergere una maggiore propensione ed un ampio spazio che verrà da un vero e proprio diritto “negoziale” della crisi, caratterizzato da modelli di gestione della crisi alternativi alle procedure tradizionali e da un’impostazione prettamente contrattuale aderente a realtà in cui non sia (ancora) insorta una vera e propria crisi d’impresa.

280Cfr. L. Stanghellini, R. Mokal, C. G. Paulus, I. Tirado, Best Pratcices in European

Restructuring, Milano, 2019; M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure,

158 direttivi di uno schema di disegno di legge delega al Governo, relativo all’emanazione della nuova legge fallimentare ed alla revisione delle norme concernenti gli istituti connessi”, più comunemente nota come “Commissione Trevisanato”, la cui composizione vedeva figure rilevanti come accademici, magistrati, professionisti del settore (tra cui un rappresentante dell’ABI, della Banca d’Italia e di Confindustria) e presieduta, appunto, dall’avv. Trevisanato (a cui si riconosceva proprio la paternità)281.

Uno dei pilastri della riforma della Commissione Trevisanato era costituito proprio dall’introduzione di misure di allerta volte a favorire l’emersione tempestiva della crisi 282.

281Cfr. sul punto, Cfr. A. Pellegatta, La riforma della normativa sulla crisi d’impresa e

dell’insolvenza:le procedure di allerta e di composizione assistita, in Crisi d’Impresa e Fallimento, 2017, 3 ss., il quale, nel suo scritto, parla di “progressus ad originem” per illustrare

come “Spesso per andare avanti occorre guardare indietro” cercando di progettare l’oggi ed il domani ma sulla scorta delle esperienze passate, che, con uno spirito costruttivo (e, al tempo, innovativo) tentarono di elaborare per la prima volta nel nostro ordinamento misure di allerta e prevenzione della crisi d’impresa, sfiorando la possibilità di vedere finalmente introdotta una disciplina ad hoc sulla procedura di allerta e di composizione assistita della crisi d’impresa, che altrove nel corso degli ultimi decenni (ad esempio, in Francia) ha avuto un’importante applicazione.

282La riforma constava del testo c.d. di maggioranza e da quello di minoranza (nessuno dei quali,

però, come è noto, vide la luce). Entrambi i progetti prevedevano un ampio ricorso ed intervento dell’autorità giudiziaria; nello specifico, il testo di maggioranza assegnava al giudice una funzione

di moral suasion e di controllo esterno, il testo di minoranza consentiva, invece, ai soci ed agli

organi di controllo di chiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria, informandola dell’inadeguatezza delle misure endosocietarie a fronte dell’emersione di segnali di insolvenza. All’interno della stessa Commissione, tuttavia, si registrarono due orientamenti del tutto contrapposti di iniziativa di varie lobbies finanziarie tra loro inconciliabili, e (probabilmente) fu proprio questo il reale motivo che condusse all’insuccesso del progetto; per un approfondimento concreto sul tema v., tra i tanti, G. Santoni, I sistemi di allerta e prevenzione e le procedure

anticipatorie della crisi nel progetto di riforma della legge fallimentare, in Dir. Fall., 2004, I, 733

ss., A. Jorio- S. Fortunato, La riforma delle procedure concorsuali, I progetti, Milano, 2004, 5, ove si legge come la finalità perseguita dalla riforma fosse quella di consentire più agevolmente una valutazione del rischio del credito da parte dei terzi, al fine di stimolare l’imprenditore a tenere atteggiamenti più virtuosi e rispettosi della continuità d’impresa, inducendolo a ponderare e considerare con maggiore attenzione i rischi e favorire tentativi di conciliazione e di accordo con i creditori; G. De Ferra, La riforma societaria e gli istituti di allerta e prevenzione nella riforma

delle procedure concorsuali, in Dir. Fall., 2005, I, 472 ss.; A. Jorio, I lineamenti di una nuova… improbabile legge fallimentare, in Giur. Comm., 2005, I, 323 ss., che riconosceva la forza

innovatrice del progetto di riforma in riferimento alla gestione dell’impresa, che, tuttavia, si scontrava con l’atteggiamento rigido (e poco virtuoso) del sistema creditizio ancorato a logiche che spesso portavano l’impresa in difficoltà ad affrontare situazioni di crisi irreversibile.

159 Diversi operatori giuridici ed aziendalisti accolsero la necessità di elaborare un modello innovativo di prevenzione della crisi d’impresa, correlato all’analisi di dati quantitativi e qualitativi 283.

L’impianto normativo del progetto della Commissione Trevisanato era costruito su determinati e specifici presupposti che è opportuno richiamare al fine di porre le dovute differenze con il sistema di prossima e futura (probabile) introduzione. Tali principi si basavano, per lo più, su determinati aspetti sostanziali riguardanti:l’obbligo dell’organo di controllo e del revisore di riferire all’autorità giudiziaria i fatti che indicavano la sussistenza e l’origine di una situazione di crisi, laddove non fossero state adottate internamente iniziative volte al superamento delle predette difficoltà 284; il potere conferito al giudice di convocare l’imprenditore per verificare la sussistenza delle circostanze riferite dagli organi sociali e sollecitare lo stesso all’adozione di strumenti idonei per farvi fronte (seppur tale previsione non fu riportata nel testo di minoranza, in cui non vi era alcun riscontro sul punto); l’opportunità di favorire istituti di natura pubblica e privata che svolgessero funzioni di consulenza ed analisi delle situazioni di crisi aziendale, con lo scopo di assistere, supportare le imprese al superamento delle stesse e promuovere soluzioni concordate; nonchéla scelta di imporre determinati e stringenti obblighi di intervento al collegio sindacale, che fungesse da figura intermedia tra soci, amministratori e autorità giudiziaria, con la quale collaborava nella gestione dei profili di crisi aziendale285.

283Lo stesso Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili si è occupato nel

gennaio 2005 di elaborare un documento sul tema, rubricato “Crisi d’impresa: strumenti per l’individuazione di una procedura d’allerta” volto a segnalare una situazione di crisi sulla base della lettura tecnica di dati di natura quantitativa e qualitativa che fossero in grado di misurare la solvibilità e solidità dell’impresa e l’eventuale pericolo in cui la stessa potesse trovarsi.

284Sul medesimo punto si riscontrava una diversità sostanziale tra il testo di maggioranza e quelli

di minoranza, che configurava l’obbligo di comunicazione e di intervento giudiziario non in presenza di circostanze di “semplice” crisi, prevedendo una effettiva segnalazione solo in presenza di fattori rivelatori di uno stato di insolvenza, prediligendo, così, i rimedi interni di superamento della crisi.

285Questo sistema era prevalentemente basato sul modello di ispirazione francese per quanto

riguarda gli aspetti procedurali e sostanziali dei meccanismi di prevenzione e anticipazione della crisi, e statunitense per la propensione a favorire soluzioni stragiudiziali, a dispetto dell’attivazione delle classiche procedure concorsuali.

160 È, quindi, opportuno sottolineare, innanzitutto, una prima e sostanziale differenza d’impostazione rispetto al progetto Rordorf (per le cui caratteristiche procedurali e sostanziale si rimanda al prossimo paragrafo), data dal diverso approccio metodologico e sistematico, nonché dal ridotto potere di intervento riconosciuto all’autorità giudiziaria nel nuovo progetto di riforma delle procedure concorsuali. Infatti, a dispetto di quanto elaborato dalla Commissione Trevisanato, il progetto Rordorf non consente nè ai soci, nè ai componenti degli organi sociali e di controllo di richiedere l’ingerenza del giudice sul piano della programmazione e

regolazione di una incombente crisi aziendale.

Di conseguenza, se i meccanismi di allerta previsti dalla Commissione Trevisanato definivano obblighi stringenti in capo agli organi sociali, che comportassero il necessario coinvolgimento dell’autorità giudiziaria nelle ipotesi di una rapida emersione della crisi, il progetto Rordorf, invece, si affida maggiormente alla responsabilità degli organi sociali, chiamati a segnalare e dirimere la situazioni di difficoltà internamente e in maniera tempestiva, al fine di evitare, appunto, l’azione giudiziaria, la cui attivazione constaterebbe l’involuzione verso una condizione ormai di declino aziendale. Raffrontando i testi normativi non possono non cogliersi, pertanto, alcuni aspetti che, se da un lato mettono in risalto la volontà legislativa di cogliere gli impulsi sovranazionali a dotarsi di una disciplina pre-fallimentare,dall’altro, però,segnano un repentino e netto cambio di rotta, laddove nell’ultimo progetto di riforma Rordorf si ravvisi l’esigenza di rafforzamentodei poteri degli organi sociali per l’adozione di strumenti e procedure negoziali che tentino di evitare l’insolvenza della società e le relative conseguenze.

Il punto critico e dolente che vale a tracciare un profondo solco di divisione tra i due progetti (che, occorre ribadirlo, si distanziano di quasi vent’anni) è segnato proprio dall’intentio legis (della riforma Rordorf) di voler responsabilizzare tanto i gestori quanto (soprattutto) i controllori della società, affidando l’emersione anticipata della crisi ai loro poteri ed alle loro funzioni (e solo in ultima istanza all’autorità giurisdizionale).

161 Fermo restando, quindi, la funzione deterrente dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori che adottino contromisure inidonee e/o palesemente inadeguate (ancorché tempestive) o, al più, atteggiamenti e comportamenti inerti innanzi ad una situazione specifica di crisi, la scelta consapevole del legislatore dell’attuale progetto di riforma del codice della crisi sembra, alla luce di quanto finora esposto, voler adottare e seguire una linea diversaimprontata ad esaltare e responsabilizzare l’adeguatezza della strategia di gestione (quanto più possibile conservativa del patrimonio sociale e del valore aziendale) dei componenti degli organi sociali, basandosi sulla loro diligenza e professionalità nell’individuare ed affrontare tempestivamente ed internamenteuna situazione di crisi, evitando quanto più possibilel’esternalizzazione giurisdizionale delle situazioni di difficoltà societaria.

11.3. Gli strumenti e le misure di prevenzione della crisi e la procedura di