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Come e da dove iniziare? Il contesto

Fig 4 Employment impact of greening the economy

Capitolo 6. L’approccio partecipativo per i nuovi impianti industriali Teresa Dina Valentin

6.1 Come e da dove iniziare? Il contesto

Le variabili di contesto sono importanti, non solo nella fase di individuazione di un si- to155 per la realizzazione di un nuovo impianto, ma per la delimitazione dell’area inte- ressata da un processo partecipativo per definire il modello da adottare. In una logica di policy analysis, le variabili di contesto riguardano:

 il sistema territoriale, infrastrutturale e artistico  l’assetto economico-produttivo

 la situazione demografica ed epidemiologica  il sistema normativo vigente  i modelli culturali e le istanze socio-percettive  gli assetti eco-sistemici, spaziali e fisici.

Queste variabili, analizzate singolarmente e/o secondo correlazioni sequenziali, consentono di delimitare il framework di riferimento e i driver che influenzano la programmazione e l’implementazione delle politiche industriali.

Ma esse non sono sufficienti, dal collettivo bisogna passare all’analisi dell’individuo, poiché al centro dei processi partecipativi c’è l’uomo con le sue componenti razionali, emotive, sensoriali, artistiche e culturali. Un fattore determinante è la valutazione delle dimensioni psicologiche relative alla percezione individuale dell’ambiente e della qualità della vita attesa, del valore delle risorse naturali e artistiche, del modello produttivo, del mercato del lavoro, delle prospettive di sviluppo e così via.

Il progetto

Il presupposto da cui partire è semplice, ma imprescindibile: ogni progetto è differen- temente accettato in relazione alla percezione del rischio tecnologico e alla valutazione sociale, economica e ambientale da parte dei soggetti interessati che fanno parte di uno specifico contesto.

Per definire il ruolo della scelta tecnologica di un progetto si rimanda al concetto di Best Available Technologies (BAT), al fine di evidenziare sia la necessità di valorizzare la capacità tecnico-organizzativa sia le difficoltà dell’individuazione in senso assoluto del-

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la migliore tecnologia, in relazione anche ai sistemi di regolamentazione ed incentiva- zione e quindi al ruolo delle politiche ambientali.

Una valutazione degli Environmental Quality Standards, inoltre, è alla base del sodali- zio della migliore tecnologia disponibile nel migliore sito possibile. Tale binomio non è sufficiente a garantire la trasformazione di un progetto in una realtà industriale, in quanto esiste un problema ben noto già da decenni, l’accettabilità sociale che nella sua versione negativa viene definita NIMBY (Not In My Backyard).

Normalmente un’alta accettazione di tecnologie non mette in moto richieste parteci- pative, diversamente da una bassa accettazione che attiva risorse ed energie che deb- bono essere gestite. Una delle possibile forme di gestione è quella di incanalarle in processi partecipativi di natura deliberataria o decisionale secondo gli schemi demo- cratici previsti.

Come è noto, sulla sorte di un progetto può incidere la presenza o la mancanza di un quadro di pianificazione coerente: nel caso della definizione chiara di linee program- matiche che legittimino la realizzazione di un’opera, il proponente avrà presumibil- mente maggiori probabilità di conseguire con successo i propri obiettivi.

In assenza di linee programmatiche, i tecnici e gli amministrativi preferiscono presen- tare il progetto in fase avanzata di progettazione al fine di blindare la posta e non con- sentire ripensamenti. Purtroppo l’esperienza nazionale è costellata da progetti mai realizzati, da strutture lasciate a metà dell’opera, da investimenti progettuali che non sono mai passati alla fase attuativa perché la portata dirompente dei processi di accet- tabilità sociale va ben oltre la capacità impositiva di un proponente di un’opera.

Per favorire un’inversione di marcia è necessario cambiare la modalità di approccio ai processi partecipativi che devono essere attivati in fase esplorativa con un linguaggio comprensibile al grande pubblico: alcuni studiosi infatti sostengono che tutto ciò con- sentirebbe di attingere ad una intelligenza collettiva che costituisce un humus per l’innovazione tecnologica.

Gli attori: protagonisti o comparse?

Un processo partecipativo chiama in gioco diversi attori che ne condizionano l’evoluzione e l’esito. Ognuno porta le proprie aspettative, i propri pregiudizi e la pro- pria storia, facendo diventare unico il modello di partecipazione secondo schemi a geometria variabili e irripetibili nello spazio e nel tempo.

Fra gli attori, il principale protagonista è il proponente dell’opera, il cui ruolo diventa quanto mai strategico se si pone come proponente anche del processo partecipativo. Normalmente il pubblico percepisce gli attori proponenti come soggetti ovviamente caratterizzati da forti interessi di parte e non necessariamente come fonti sostanzial- mente credibili e affidabili nella loro parzialità. Il grado di credibilità di cui gode il pro- ponente costituisce una condizione necessaria ma non sufficiente. La sua credibilità troverà la sua ragion d’essere nel rapporto costruito dal proponente con il contesto in- teressato alla localizzazione dell’opera, nell’esperienza del proponente in merito al tipo di opera che è deputato a realizzare, nell’affidabilità, maturata in tempi più o meno re- centi, che può vantare presso l’opinione pubblica e i portatori di interesse.

In generale il mettersi in gioco può produrre un incremento di credibilità così come una comunicazione trasparente aumenta il livello di fiducia nel proponente. L’atteggiamento tenuto dal proponente durante tutto il processo incide sulla sua cre- dibilità: un comportamento troppo difensivo favorisce maggiore antagonismo e chiu- sura rispetto alla partecipazione.

Solo se il proponente manifesta la volontà a modificare il progetto può attivare un pro- cesso partecipativo. Nella fase di definizione delle caratteristiche di un progetto, il proponente può prospettare soluzioni più o meno aperte capaci di recepire gli even- tuali aggiustamenti che altri attori potranno avanzare.

I casi storici dimostrano come il proponente illuminato non solo ha maggiori probabilità di successo, ma può trarre vantaggi dal mettere in discussione la propria proposta. In alcuni casi, infatti, la revisione del progetto non solo fa sì che il proponente venga percepito come un attore capace di prestare attenzione alle domande del pubblico, ma permette anche di individuare soluzioni alternative migliori e più efficaci di quella proposta inizialmente.

L’impostazione di un programma di coinvolgimento del pubblico incontra una prima difficoltà superabile che è rappresentata dall’individuazione dei portatori di interesse, universalmente identificati nella parola inglese stakeholder. Gli stakeholder, come qua- lunque generalizzazione, possono apparire di primo acchito, come una entità indefinita e mutevole nel tempo e nello spazio e al contempo, se non si opera una adeguata segmentazione, troppo statica per poter inquadrare le fluttuazioni delle affiliazioni, i mutamenti di interesse, di alleanze, i collassi e la formazione di tanti piccoli gruppi. Come si passa dal concetto astratto di stakeholder ad una segmentazione puntuale di cluster di interlocutori? Quali sono i portatori di interesse che sono o possono trasfor- marsi in attori capaci di influenzare o prendere decisioni? Come convogliare i portatori di interesse in interlocutori attivi, interessati a partecipare ad un processo decisionale? Le caratteristiche dei singoli soggetti rispetto alla percezione del territorio e del pro- getto e alle attese di ruolo e la rete di alleanze reali o percepite costituiscono un fatto- re determinante e univoco rispetto ad ogni contesto. In essi trovano espressione il modello sociale, politico e culturale su cui va ad inserirsi il processo partecipativo. Ogni qual volta si voglia attivare un processo partecipativo si deve partire da una vec- chia semplificazione sociologica che, seppur grossolana, consente di mettere i primi paletti, ovvero: distinguere gli stakeholder in una minoranza rumorosa e una maggio- ranza silenziosa.

Si può operare partendo da una distinzione dei soggetti del territorio che, con diversi gradi di influenza, sono coinvolti nel processo di accettazione, sino ad avere in potenza la capacità di condizionare l’accettabilità sociale dell’opera e gli iter di autorizzazione di competenza della Pubblica Amministrazione.

La maggioranza silenziosa, definita genericamente pubblico, apparentemente non ma- nifesta una posizione specifica, collocandosi nell’ambito dell’opinione imponderabile. Essa rappresenta per tutti i soggetti coinvolti un potenziale inespresso ma al contempo capace di orientare l’evoluzione del processo.

Tutto ciò induce i soggetti attivi ad un progressivo coinvolgimento del pubblico sia per controllare eventuali prese di posizione sia per acquisire maggior consenso e forza. Così facendo il pubblico assume indirettamente un ruolo attivo nel favorire lo sposta- mento di forze fra i gruppi di pressione.

È fondamentale la base sulla quale il consenso attorno alla leadership si rafforza e tale consenso può essere attribuibile alla capacità e/o potere carismatico del personaggio a livello locale oppure alla costellazione di valori di cui alcuni gruppi organizzati sono portatori. Ne consegue che ogni cluster di interesse può esprimere una leadership spe- cifica. Conoscere gli interessi, i portatori di tali interessi e la leadership consente di de- lineare la rete di alleanze presente nel tessuto sociale e di individuare il processo, par- tecipativo prima e decisionale poi, più adatto agli assetti sociali, politici e culturali in essere.

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