Se mi innamorassi di te261 è pubblicato nel 1980, ma costituisce la
riscrittura di Un’ombra dietro il cuore, quel volume pubblicato e ritirato subito dopo la stampa dall’autore stesso, il quale ne acquista l’intera tiratura.
Il romanzo rivela sin dalla prima pagina un mutamento nella tecnica narrativa: il passaggio, o meglio il ritorno, dalla prima alla terza persona.
Tuttavia, la narrazione si concentra su un personaggio in particolare, Aldo Negri, come sottolineato dalla posizione del suo nome ad apertura del primo capitolo, protagonista che rivela subito la sua funzione di alter ego dello scrittore. Egli è, come di consueto, un uomo inetto, insicuro, perennemente in crisi di fronte alla vita, sia nella sfera lavorativa sia in quella personale, a tal punto che la sua inettitudine viene simboleggiata emblematicamente con l’impotenza, vera o presunta. Infatti, da tempo, se non addirittura dall’inizio del matrimonio, egli è in crisi con la moglie Carla, con la quale non riesce ad avere un dialogo autentico e costruttivo, bensì condivide la quotidianità in modo passivo e sfuggente. Questo suo malessere, allo stesso tempo, gli impedisce di sentirsi a proprio agio e gratificato con qualsiasi donna, anche al di fuori del contesto coniugale, nonostante i tentativi di intimità promossi da alcune conoscenti, come Sara all’inizio del romanzo, o Anita alla conclusione; infatti, più volte Aldo
81 pensa “che avrebbe dovuto fare quello che doveva fare”262
ma al contempo sa “che non poteva fare quello che avrebbe dovuto fare”263. Tuttavia, la sua non è voglia di evasione dal matrimonio ma, al contrario, desiderio mancato e frustrato di ricostruire un rapporto vero e autentico con la sua sposa, la quale in realtà continua ad essere sua moglie solo per convenzione sociale, non per interesse personale; il protagonista infatti ripete frequentemente agli altri personaggi e a se stesso che “il matrimonio è una cosa seria”. Altra relazione difficile e complicata è quella tra il protagonista e suo padre, ormai anziano e malato, che vive lontano dal figlio e si sente sempre più solo ed abbandonato; se da un lato la solitudine del genitore gli provoca compassione, dall’altro egli non riesce a migliorare in alcun modo la situazione, preso com’è dalla sua vita, che si configura come un mero avvicendarsi di azioni quotidiane prive di significato, e di molti errori, come dichiara lui stesso: “nella mia vita sono riuscito a combinare solo pasticci”264
. Per quanto riguarda invece la sua inettitudine dal punto di vista professionale, Aldo è il direttore editoriale di una casa editrice e il suo compito è quello di vagliare le proposte editoriali, di scegliere quelle meritevoli di pubblicazione e di rifiutare quelle non idonee; tuttavia il presidente, Agostino Ossimori, spesso non condivide il suo giudizio sui manoscritti, poiché essi lavorano con due criteri differenti: il primo cerca di compiere bene il suo mestiere e di considerare le opere riuscite dal punto di vista letterario, il secondo invece mira ad acquisire sotto il suo marchio quei titoli che garantiscono un guadagno sotto il profilo commerciale. Pertanto,
262 Ivi, p. 28. 263 Ibidem.
82 anche in questo frangente, il protagonista è destinato a sentirsi inadeguato e frustrato, sensazioni ben illustrate ad esempio nell’episodio in cui egli è costretto a pregare un autore di riconsegnargli il dattiloscritto, dopo averlo precedentemente rifiutato, per pubblicarlo, sotto espressa decisione del presidente.
In realtà, il romanzo è al contempo un ritratto generale della realtà contemporanea, dal momento che anche la società è descritta e analizzata sotto entrambi i profili, quello privato e quello pubblico.
In effetti, problemi di reciproca comprensione tra uomo e donna appaiono connaturati a tutte le coppie che fanno parte della storia: così come Aldo e Carla, Ernesto e Graziella, Luca e Sara, ecc. Questo evidentemente costituisce un tema trattato dall’autore: la guerra tra i sessi e l’usura dei sentimenti. Infatti, così come più volte nelle opere precedenti Del Buono ha messo l’accento sul motivo della vecchiaia quale deterioramento fisico, esteriore, ora lo esamina sotto il profilo del logoramento interiore.
A questo punto, l’impotenza, non solo sessuale ma psicologica, che è presentata quale peculiarità del protagonista, si rivela essere insita nell’umanità; ciò è sostenuto anche da Lorenzo Mondo in un articolo di poco successivo alla pubblicazione dell’opera: “la sua impotenza, più volte messa alla prova, non riscuote beffa o pietà, tutti in qualche modo si riconoscono in essa, la sentono parte di sé, immedicabile”265
. Inoltre, la società milanese è descritta anche sotto il profilo lavorativo, in riferimento alla lotta tra case editrici e all’interno delle medesime, rette dalla logica del pesce più grosso che mangia quello più piccolo,
83 ed anche sotto quello politico, dato che più volte nel romanzo vengono riportate le conversazioni dei personaggi, prettamente maschili, su questioni istituzionali, in riferimento alle elezioni del 1976.
Tutte queste inquietudini però sono narrate col consueto strumento dell’ironia, che fa sorridere e riflettere, e attraverso una scrittura controllata, anche laddove ci si dilunga e si insiste un po’ troppo diffusamente su questioni ormai già affrontate in precedenza; probabilmente la prolissità di questi brani è dettata dalla volontà di rappresentare la ripetitività delle azioni e dei dialoghi all’interno di questo spaccato di società contemporanea. Inoltre, essa costituisce un tratto caratteristico della scrittura delbuoniana.
Ed il tipico motivo metaletterario? Naturalmente non scompare neanche in questo volume che, tanto per cominciare, costituisce espressamente la rielaborazione di un romanzo precedente: quel misterioso “Un’ombra dietro il cuore”, che l’autore non ha voluto far circolare tra i suoi lettori.
Per quanto riguarda questo tema, quando le azioni reali del protagonista cominciano a sconfinare in situazioni immaginarie, il narratore dichiara che “Il romanzo non va più, è un genere che non va più” e dunque comprende che “non è il caso di costruire un romanzo su una storia che non c’è”266
, affermazione che sottolinea la tipica critica mossa alle opere dell’autore: la mancanza di una trama. Però, verso la conclusione del racconto, balena una speranza: “coraggio […] rimettiamo a posto l’intero romanzo… Era una faccenda anomala […]
84 una storia che non reggeva assolutamente”267
, speranza inevitabilmente smentita da come si chiude la storia, con l’ennesima sconfitta e frustrazione del protagonista e, forse, insieme del suo autore.
Successivamente, si incontra un riferimento ben più preciso ai romanzi scritti da Del Buono sino a questo momento, ma ciò avviene attraverso un errore di valutazione: lo scrittore citato, un certo Ernesto Derossi, autore di una riscrittura moderna del libro “Cuore” di De Amicis, quel manoscritto spedito alla casa editrice con la speranza di ottenere la pubblicazione in volume, viene erroneamente confuso con Oreste Del Buono; l’agnizione finale si ha solamente con l’intervento del protagonista, che svela lo scambio di persona. Tuttavia, poi si nomina “Racconto d’inverno” e lo si ritiene il libro migliore dell’autore, sino ad arrivare a sostenere che successivamente “L’Autore è andato accumulando libro inutile su libro inutile”268
in quanto “Di volta in volta […] sotto ogni aggiornamento e sotto ogni camuffamento ha continuato […] a essere puntualmente se stesso”269
; nonostante tutto, si nota che “Eppure l’Autore ha anche continuato a trovare editori disposti a spendere a fondo perduto per pubblicare le opere che non ha desistito dallo scrivere”270
; dunque, si precisa che si tratta di dieci romanzi in totale e che “ora ce ne viene proposto uno nuovo. Nuovo per modo di dire […] nuovo cronologicamente parlando”271
. Resta comunque un dubbio nel lettore: si tratta di
267 Ivi, p. 236. 268 Ivi, p. 87. 269 Ibidem. 270 Ibidem. 271 Ivi, p. 88.
85 autocritica oppure davvero di una risposta a tutti i dubbi mossi verso la sua produzione letteraria dai critici?
Infine, sono riportati nel testo alcuni scritti di vario genere, dalle lettere tra collaboratori, in merito alla possibile pubblicazione di uno dei dattiloscritti inviati all’editore, alle comunicazioni interne alla casa editrice, sino ad un estratto del testo della canzone dei Beatles “If I fell in love with you” nel primo capitolo, espressione della cultura del tempo e riconferma del titolo del libro, che ne costituisce l’esatta traduzione in italiano, con quel “Se” iniziale che allude appunto ad una cosa possibile ma non realizzabile concretamente, proprio come la storia del romanzo stesso.
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