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L’inscindibilità della natura umana: la fisiologica simbiosi fra esistenza psico-fisica ed esistenza digitale.

L‟asserita sovrapposizione dell‟universo virtuale a quello materiale risente dell‟ontologica ingovernabilità della Rete, che, offrendo un‟allettante via di fuga all‟uomo postmoderno, presenta come fenomeno innaturale la fisiologica simbiosi fra esistenza psico-fisica ed esistenza digitale, legittimando ingiustificati sdoppiamenti di personalità che acuiscono il “conflitto fra carne e software” e convogliano le attenzioni umane sul “dramma postmoderno” dell‟alterità soggettiva, dipingendo il Web come lo spazio entro cui risollevarsi dal fallimento della propria corporeità.

Tale ricostruzione muove però da un‟ingannevole premessa. La natura umana, come precedentemente affermato, è inscindibile: la contemporanea appartenenza ad una realtà fisica e ad uno segmento informatico non implica una duplicazione dell‟essere che ponga in contrapposizione l‟homo communis e l‟homo informaticus, ma deve

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esser letta in termini di “ubiquità umana in contesti spaziali differenti ma coessenti”.

Di conseguenza - benché la postmodernità lo descriva come tale - Internet non è il luogo democratico in cui risollevare il pretestuoso fallimento dell‟esistenza psico-fisica, ma uno strumento non democratico di alienazione dal reale, un‟allucinazione che distrae l‟individuo dal suo essere autenticamente sociale, una sadica forma di dipendenza che le

lobby economiche, politiche e sociali sfruttano per rafforzare le proprie

posizioni di comando.

In sintesi, la crisi socio-politica dell‟uomo postmoderno si sostanzia nell‟impossibilità di far pesare la propria individualità in contesti di scelta collettiva. Auspicabili soluzioni condivise sono derubricate a decisioni oligarchiche, addirittura tiranniche, e, contestualmente, un‟esistenza materiale incapace di produrre effetti su scelte che dovrebbero essere collettive non può che inasprirsi, gonfiarsi d‟odio.

Internet, paradossalmente, è anche l‟antidoto all‟ineffettività socio-politica postmoderna: l‟individuo, infatti, condividendo il proprio turbamento in uno spazio apparentemente neutrale, diventa parte attiva di una comunità virtuale scampata alla ferocia di una realtà non partecipata. Il “colonialismo informatico” è quindi speculare all‟attuale deficit di partecipazione socio-politica. La migrazione dall‟esistenza materiale si risolve nell‟approdo alla Rete, la frontiera vergine che riscatta l‟uomo dal fallimento della propria corporeità.

A ben vedere, però, l‟appartenenza virtuale non consente all‟individuo di riscattarsi pienamente. La natura umana, infatti, è inscindibile ed è ontologicamente incapace di portare a termine quel processo di divaricazione fra homo communis ed homo informaticus che

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consentirebbe alle due entità di distinguersi, e quindi di autonomizzarsi. L‟essere è uno e indivisibile: la natura umana consta di un inequivocabile tratto corporale e Internet non potrebbe mai essere il pertugio entro cui rifugiarsi per sfuggire alle “angherie” di una parte ineliminabile dell‟esistenza.

L‟inveritiera duplicità dell‟essere umano diventa quindi prodromica alla non democraticità dello spazio informatico. Facendo leva sul deficit partecipativo che sta destabilizzando la tenuta sociale di molte democrazie, le egemonie al potere presentano la Rete come un contesto civile ed accogliente, in grado di attribuire il giusto peso alla volontà individuale nei processi di formazione della scelta collettiva.

Ad uno sguardo più attento, ci si accorge però che Internet non è affatto un paradigma democratico. Il Web, al contrario, è anarchico e antidemocratico. L‟anarchia risiede nell‟inesistenza di regole (rectius, norme giuridiche) che disciplinino l‟accesso e la permanenza degli individui all‟interno del circuito cibernetico; l‟antidemocraticità, invece, si sostanzia nella tacita imposizione di una weltanshauung che antetizza i concetti di “democrazia elettronica” e di “democrazia umana”, ravvisando il loro discrimine nella partecipazione individuale ai processi decisionali collettivi.

Presentare in termini dicotomici – e quindi competitivi – la realtà virtuale e la “realtà reale”128

equivale a porre in antitesi la democrazia della Rete e quella degli uomini. Se la democrazia rappresentativa, involvendo, ha assunto i tratti elitari dell‟oligarchia, Internet, raccogliendone i resti, non si è certo tramutato in quel locus amoenus che garantisce la dispersa partecipazione socio-politica del cittadino. Come

128 FRANCO PIZZETTI, I diritti nella “rete” della Rete. Il caso del diritto d‟autore, Giappichelli,

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abbiamo avuto modo di vedere, infatti, l‟esistenza materiale e quella digitale sono inscindibili. Per dirla con Pizzetti129, “la nostra realtà è

molto più complessa di quanto sia stata quella di tutte le generazioni che ci hanno preceduto. Il nostro orizzonte è per certi aspetti molto più piccolo, ma il nostro habitat molto più grande; la dimensione reale di larga parte della nostra vita, della nostra attività e dei nostri sistemi di relazione, non ha più limiti se non il globo terrestre e larga parte dello spazio che lo circonda (…). Dunque viviamo al medesimo tempo una realtà fisica e una realtà virtuale, una dimensione globale e una dimensione inevitabilmente locale”.

Di conseguenza, presentare il Web come un porto sicuro cui attraccare in seguito al naufragio della propria corporeità è un grave errore concettuale. La Rete, infatti, non è un paradigma democratico alternativo ai modelli rappresentativi esistenti. La pretestuosa trasposizione dei processi partecipativo-deliberativi dall‟universo materiale a quello virtuale escluderebbe la “realtà reale” da qualsiasi procedura decisionale, aprendo un vulnus metafisico, ancor prima che politico o giuridico. Una volta acclarate le reali deficienze partecipative della democrazia rappresentativa, Internet potrebbe fornire un ausilio per il loro superamento, ma non certo sostituirsi ad un sistema che, nonostante alcune defezioni, è riuscito a garantire una discreta tenuta sociale.

Non può misconoscersi l‟impatto della digitalizzazione, ma la coesistenza di una “realtà solida” e di una “realtà volatile” attiene semplicemente alla fisiologica complicazione dell‟essere. Il progresso tecnico-scientifico ha sovrapposto l‟universo virtuale a quello materiale

129 FRANCO PIZZETTI, I diritti nella “rete” della Rete. Il caso del diritto d‟autore, Giappichelli,

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e l‟esistenza psico-fisica, comprimendosi senza annullarsi, “ha ceduto parte della propria sovranità all‟esistenza digitale”: la democrazia elettronica, allora, non sostituisce i modelli esistenti, ma si affianca ad essi, completandoli e ristrutturandoli. Sono processi evolutivi da leggere in termini di complicazione del reale, e come tali devono essere approcciati. Il paradigma rappresentativo non cede il passo all‟elettronizzazione, ma si arricchisce dei suoi contenuti, plasmando strutture politiche intrinsecamente malleabili entro le forme di una realtà complessa.

Esasperare la crisi politica dell‟individuo postmoderno presentando Internet come antidoto ad essa è una machiavellica operazione di alienazione dal reale, teleologicamente orientata a distrarre i cittadini e a perpetuare la stabilità delle egemonie al potere. Il Web è di per sé neutrale: così indirizzato, però, è uno strumento di coazione della volontà individuale, e quindi di distrazione di massa. Fenomeno purtroppo consolidatosi, difficilmente arginabile, che rischia di esacerbare i latenti scontri sociali e politici e di legittimare l‟ingiustificata conflittualità fra Rete ed uomini, minando seriamente le basi del vivere civile.