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Se l‟universo virtuale, sovrapponendosi a quello materiale, ha mostrato il volto sconosciuto della natura umana, lo spazio entro cui detta natura dovrebbe esplicarsi non è rimasto indifferente alle sollecitazioni provenienti dal processo di digitalizzazione sociale. Il Web

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ha modificato il vivere politico dell‟uomo, e in particolar modo la democrazia, che è un progetto politico incerto, ambizioso e soggetto all‟incedere del tempo.

“Le istituzioni democratiche – dice De Mucci130

- non sono che

gli strumenti – il complesso delle regole – che sono serviti di volta in volta per conciliare un ideale etico – un „universale‟ – con determinati attributi disposizionali che si riferiscono direttamente ai comportamenti degli individui (quali, ad esempio, le attitudini alla difesa della propria libertà e della libertà altrui, all‟uguaglianza formale, al controllo del potere, alla tolleranza, alla competitività, alla responsabilità politica, alla responsività come capacità di risolvere i problemi, all‟intolleranza nei confronti degli intolleranti)”. La sintesi fra un ideale universale e le

disposizioni individuali è premessa ineliminabile della democrazia, il complesso di regole, invece, è la manifestazione “fisica” di questa protasi. L‟ideale di democrazia è eterno, le sue declinazioni reali, invece, sono soggette all‟incedere del tempo: imperituro è l‟universale, finiti i regimi politici che lo attuano.

Il ripensamento del concetto di “rappresentanza” non è altro che una fase del millenario processo di “rimodulazione fisica” dei regimi politici. La crisi delle agenzie di socializzazione e la delegittimazione dei tradizionali sistemi di partecipazione politica hanno plasmato il principio di rappresentanza sulle esigenze della contemporaneità, gettando le basi per la realizzazione di progetti democratici che integrino l‟esercizio mediato e quello immediato del potere di decision making.

La democrazia è l‟“interfaccia grafica” dell‟ordine politico, che, a sua volta, è un sistema armonico in costante ricerca d‟equilibrio. Di

130 RAFFAELE DE MUCCI, Micropolitica. Verso una teoria individualistica dell‟azione politica,

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conseguenza, i regimi politici sono “il risultato mutevole di un processo

evolutivo in cui le soluzioni migliori di adattamento all‟ambiente sono destinate a sopravvivere e perfezionarsi, e le altre meno capaci in questo senso prima o poi a soccombere”131. L‟ordine politico – precisa però Von Hayek132 – “non è derivato da un disegno o da un‟intenzione

umana, ma è un risultato spontaneo. Esso è sorto dal conformarsi intenzionalmente a certe pratiche tradizionali e in larga misura morali, molte delle quali gli uomini tendono a detestare, il cui significato spesso non riescono a comprendere, la cui validità non possono provare e che tuttavia si sono diffuse abbastanza rapidamente tramite una selezione evolutiva”. La storia ha dimostrato che i regimi dispotici sono stati

schiacciati dal peso della loro empietà e dei loro fallimenti economici, quelli democratici, al contrario, si sono rivelati “la soluzione più forte e

più congruente – insieme al mercato – per l‟affermazione di una „società aperta‟”133

.

La Rete, sapientemente governata, non faticherebbe a diventare l‟ennesimo tassello di quell‟infinito mosaico che è l‟universale democratico. Lasciata in balia di se stessa - o meglio, offerta all‟individuo per favorirne l‟alienazione dal reale - rischia di risolversi in uno strumento di distrazione di massa alla mercé delle oligarchie decisionali. Prestando Internet al fisiologico processo di evoluzione democratica si porrebbe invece l‟accento su quei requisiti di forza e congruenza che caratterizzano la società aperta, favorendo la nascita di modelli politici logicamente, epistemologicamente ed economicamente sostenibili. Un qualsiasi sistema democratico, infatti, deve essere

131 RAFFAELE DE MUCCI, Micropolitica. Verso una teoria individualistica dell‟azione politica,

Rubbettino, Catanzaro, 2009, pag. 282.

132 VON HAYEK, La presunzione fatale. Gli errori del socialismo, Rusconi, Milano, 1997, pag. 33. 133 RAFFAELE DE MUCCI, Micropolitica. Verso una teoria individualistica dell‟azione politica,

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consapevole dell‟impossibilità di fondare razionalmente i valori ultimi e deve imparare a far propria la condizione d‟ignoranza antropologica, metabolizzando l‟insopprimibile fallibilità della conoscenza umana e cercando di strutturarsi attorno ad un mercato tendenzialmente libero. Solo così fiorirebbe una stagione politica dominata dal consenso, dall‟uguaglianza, dalla dialettica fra maggioranza e opposizione e dall‟equa ed effettiva partecipazione del popolo sovrano al governo della cosa pubblica. All‟interno di un contesto realmente democratico il Web assumerebbe i tratti dell‟attributo disposizionale inclusivo: la sua natura “plastica” garantirebbe agevole accesso all‟arena decisionale e i cittadini, immessi in un circuito effettivamente partecipativo, non si limiterebbero ad esprimere valori ed interessi, ma indirizzerebbero le scelte politiche della comunità di riferimento. Di conseguenza, la “torsione mediale” del concetto di “democrazia” implica l‟integrazione del sistema rappresentativo, ma non può ergersi ad alternativa strutturale del principio di rappresentanza.

La genealogia di un sistema politico è dunque assimilabile “a un

processo di selezione naturale in cui gli attori politici, come i geni,

cercano di sopravvivere e respirare”134. L‟osmosi che governa le

relazioni fra la dimensione descrittiva e quella prescrittiva di un regime democratico - fra il sein e il sollen del suo paradigma - non consente di conoscere a priori la declinazione reale del concetto di “democrazia”, che, stando a Popper135, è riconducibile al novero dei cosiddetti “universali”.

Gli universali sono proposizioni dotate di un alto grado di

134

RAFFAELE DE MUCCI, Micropolitica. Verso una teoria individualistica dell‟azione politica, Rubbettino, Catanzaro, 2009, pag. 284.

135 KARL RAIMUND POPPER, Scienza e filosofia, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1969, pagg.

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astrazione teorica, dal carattere “disposizionale”, predicabili in termini di propensione ad assumere, in certe condizioni, determinati comportamenti osservabili. Il discrimine fra un universale etico ed uno empirico risiede nella “falsificabilità” delle rispettive asserzioni sui fatti. L‟ideale filosofico non è falsificabile, ma è criticabile sulla base delle sue conseguenze, quello scientifico, invece, è falsificabile ed empiricamente controllabile.

La democrazia, in quanto universale, soggiace al discrimine epistemologico in esame. È allora necessario accertare se i suoi attributi disposizionali siano predicabili in modo tale da verificarne il controllo di corrispondenza con i fatti del mondo reale.

Da una prospettiva metodologica individualista, conforme alla complessità dell‟uomo postmoderno, i regimi democratici non sono un insieme di caratteri strutturali, ma “disposizioni” comportamentali degli attori politici. Le proprietà disposizionali della democrazia sono riferibili all‟azione degli individui, e la traslitterazione di un sistema democratico nelle descrizioni e nelle prescrizioni comportamentali umane ne specifica il portato empirico. Parafrasando Kelsen136, “la causa della

democrazia risulta disperata se si parte dall‟idea che sia possibile la conoscenza della verità assoluta, la comprensione di valori assoluti. Infatti, di fronte all‟autorità del bene assoluto che tutto domina, a coloro cui questo bene porta la salute non resta che l‟ubbidienza, l‟ubbidienza incondizionata e grata di colui che, in possesso del bene assoluto, conosce e vuole tale bene”. Lo stesso Kelsen approfondisce la riflessione

descrivendo il processo di Gesù innanzi a Pilato137: “per quelli che

credono nel Figlio di Dio e nel re dei Giudei quale testimone

136 HANS KELSEN, La democrazia, Il Mulino, Bologna, 1984, pag. 139. 137 HANS KELSEN, Ibidem, pag. 266.

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dell‟assoluta verità, questo plebiscito è certo un forte argomento contro la democrazia. Ma soltanto a una condizione: di essere così sicuri della nostra verità politica da imporla, se necessario, con il sangue e con le lacrime, di essere così sicuri della nostra verità, come lo era, della sua, il Figlio di Dio”.

Sulla falsa riga della speculazione popperiano-kelseniana, De Mucci138 afferma che “la grande questione è se esista una conoscenza

della verità assoluta, una comprensione dei valori assoluti. Questa è la principale antitesi fra le filosofie del mondo e quelle della vita in cui si inserisce l‟antitesi fra autocrazia e democrazia”. Coloro che ritengono

accessibile l‟Assoluto hanno una chiara percezione di cosa sia il Bene Supremo. Di conseguenza, non avvertono la necessità di esaminare le opinioni altrui, e si limitano ad imporre i propri convincimenti, considerandoli verità incontestabili. Il paradigma democratico, al contrario, è precipitato logico di una concezione relativista del mondo, che affonda le proprie radici nel fallibilismo gnoseologico e nel relativismo etico. L‟universale analizzato, infatti, pone sullo stesso piano le volontà dei singoli, conferisce eguale dignità ad ogni idea e tutela le opinioni dissenzienti. Citando ancora Kelsen139, “dà a ogni convinzione

politica la stessa possibilità di esprimersi e di cercare di conquistare l‟animo degli uomini attraverso una libera concorrenza. (…) Il dominio della maggioranza, caratteristico della democrazia, si distingue da ogni altro tipo di dominio perché, secondo la sua più intima essenza, non soltanto presuppone, per definizione stessa, un‟opposizione – la minoranza – ma anche perché riconosce politicamente tale opposizione e la protegge nei diritti fondamentali”. Conclusioni, queste, non dissimili

138 RAFFAELE DE MUCCI, Micropolitica. Verso una teoria individualistica dell‟azione politica,

Rubbettino, Catanzaro, 2009, pag. 257.

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da quelle cui è giunto Popper nella descrizione della “società aperta”, un modello pluralista e falsificabile, che postula l‟inderivabilità logica delle proposte e delle asserzioni etiche. Un regime democratico, allora, si distingue dalla tirannia perché, pur imperniandosi sul crinale del suffragio universale (che garantisce il legittimo governo della maggioranza), è dotato di meccanismi di controllo che consentono di sostituire i governanti che si dimostrino incapaci di agire per il Bene della comunità.

Nel dettaglio, la democrazia ammette qualsiasi evoluzione del sistema politico, purché conforme ai principi di uguaglianza, non autoritarietà ed efficacia deliberativa. È allora evidente che un sistema democratico esiste solo se esistono istituzioni che consentano ai governati di sostituire i propri governanti senza l‟uso della forza. La democrazia è tale in virtù delle sue istituzioni democratiche, ma le istituzioni sono fortezze e sopravvivono se le guarnigioni umane poste a loro presidio le tutelano a dovere140. Se un sistema politico democratico è un processo decisionale preordinato a convertire le preferenze individuali in scelte collettive, il suo rendimento “è dato dalla misura in

cui le scelte collettive rispecchiano il più fedelmente possibile le

preferenze dei cittadini uti singuli”141. In particolare, come

precedentemente accennato, un regime è democratico solo se soddisfa i criteri di uguaglianza, non autoritarietà ed efficacia partecipativa. Per uguaglianza s‟intende la libera espressione della propria scelta politica, che si esplica nell‟ammissibilità universale degli ordinamenti individuali di preferenza; la non autoritarietà si sostanzia invece nella non imposizione di una data opzione politica e nella non manipolazione

140 KARL RAIMUND POPPER, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1996.

141 RAFFAELE DE MUCCI, Micropolitica. Verso una teoria individualistica dell‟azione politica,

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dell‟agenda delle issue collettivamente rilevanti; l‟efficacia deliberativa, infine, non è altro che la concretizzazione del principio arrowsiano di coerenza142, secondo cui i costi e i benefici di una scelta politica devono essere supportati e goduti esclusivamente dagli individui interessati a quella decisione, senza alcuna ricaduta verso l‟esterno. In termini popperiani, i principi ora descritti sono gli attributi disposizionali dell‟universale democratico, l‟assenza dei quali impedirebbe di qualificare come democrazia un determinato sistema politico.

1.13. La “geografia” dell’universale democratico: i quadranti