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L'insegnamento della lingua cinese: l'apprendimento meccanico e il paradosso dell'alunno cinese

2.3 Barriere cultural

2.3.2 L'insegnamento della lingua cinese: l'apprendimento meccanico e il paradosso dell'alunno cinese

Il metodo di insegnamento cinese riconosce molta importanza all'utilizzo della memoria, poiché è culturalmente ritenuto che solo dopo aver memorizzato i concetti è possibile assimilarli e farli propri. Questa concezione educativa è dovuta principalmente a due fattori: il primo deriva dal fatto che fino a non molto tempo fa la struttura della società cinese si sosteneva attraverso il tramandare le conoscenze professionali di padre in figlio e, quindi, era ritenuta efficace una didattica che consentisse al discepolo di riprodurre gli insegnamenti 80 “Nell'esercitare le proprie libertà e i propri diritti, i cittadini della RPC non devono nuocere agli interessi statali, sociali e collettivi, né ai legittimi interessi o alla libertà di altri cittadini” (art. 51 della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese, 中华人民共和国宪法), URL:

http://www.gov.cn/gongbao/content/2004/content_62714.htm (consultato il 30/08/2013).

Sull'argomento v. NICOSIA, Giovanni G., “Cinesi, scuola e matematica”, Bologna, Opera rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia, 2010, p. 15.

81 OMODEO, Maria, “Studenti cinesi nella scuola italiana: ritardo scolastico ed obiettivi limitati”, in Antonella Ceccagno (a cura di), Il caso delle comunità cinesi. Comunicazione interculturale ed istituzioni, Roma , Armando Editore, 1997, p. 199.

82 FABBRI, Chiara, Studenti cinesi in Italia. Insegnanti italiani e famiglie cinesi: incomprensioni e malintesi

interculturali, Tesina di approfondimento del Master in Studi Interculturali, Università degli Studi di Padova,

Facoltà di Lettere e Filosofia, Relatori: Prof.ssa Flavia Ursini e Prof.ssa Amina Crisma Anno, a.a. 2003/2004, p. 38.

così come gli erano stati impartiti; il secondo fattorederiva dal fatto che il sistema di scrittura ideografico proprio della lingua cinese prevede che gli studenti debbano memorizzare un gran numero di caratteri sin dalla più tenera età. Ciononostante, sebbene il metodo mnemonico utilizzato in passato sia stato recentemente sostituito da un più moderno processo induttivo (secondo questo metodo ogni carattere è inscindibile dalla parola, ogni parola afferisce a una frase, e ogni frase è inseparabile dal testo), rimane comunque innegabile che l'intenso sforzo mentale richiesto al discente (circa sessanta caratteri durante la scuola dell'infanzia) rispetto a quello sostenuto dagli alunni europei e anglofoni (che possono contare su di un sistema alfabetico di sole 26 lettere per la formazione delle parole, contro le migliaia di caratteri della lingua cinese), rappresenta una sorta di imprinting cognitivo che si riflette inevitabilmente sullo stile di apprendimento in generale.83

All'inizio, ancor prima di imparare la trascrizione delle parole, i bambini cinesi si avvicinano all'apprendimento dell'alfabeto fonetico (il pinyin), fondamentale per la modulazione del suono, alla base della distinzione semantica dei vocaboli (si veda paragrafo 2.4). In seguito si studiano i principi di trascrizione degli otto tratti fondamentali (i cosiddetti

bihua) che compongono tutti i caratteri esistenti e permettono di acquisire le regole che

governano il metodo di scrittura. Ogni tratto, definito come il “percorso compiuto dalla penna senza interruzioni dal momento in cui viene poggiata sul foglio a quando ne viene staccata”,84 ha infatti un verso ben preciso con cui essere tracciato e, inoltre, l'ordine con cui questi si succedono all'interno del carattere è rigidamente regolato: il tratto orizzontale prima di quello verticale, quello discendente a sinistra prima di quello discendente a destra, il segno superiore prima di quello inferiore e, infine, il componente a sinistra prima di quello a destra.85

Come è emerso dagli studi relativi ai metodi di apprendimento degli alunni sinofoni,86 la rigidità nella metodologia didattica unitamente al rigore strutturale della lingua cinese (già descritto al punto precedente di questo capitolo), favoriscono, nei soggetti in apprendimento, un approccio meccanico allo studio delle discipline, che prevede la ripetizione del concetto così come appreso dai libri di testo o dal docente, piuttosto che una rielaborazione con parole proprie o sulla base dell'esperienza personale (qualora consentito dalla materia).

83 D'ANNUNZIO, Barbara, “L'allievo cinese”, URL:

http://venus.unive.it/aliasve/moduli/lingua_e_cultura/Modulo_cinese.pdf, p. 7 (consultato il 28/08/2013). 84 ABBIATI, Magda, CHEN Liansheng, Caratteri cinesi, Venezia, Cafoscarina, 1997, p. 11.

85 Ivi, pp. 11-13.

86 NIELD, Kevin, “Understanding the Chinese Learner: A Case Study Exploration of the Notion of the Hong Kong Chinese Learner as a Rote or Strategic Learner”, Journal of Hospitality, Leisure, Sport and Tourism

Questo modus operandi, spesso dà origine a delle incomprensioni di tipo relazionale tra alunno e docente italiano, poiché quest'ultimo è portato a pensare che l'allievo riscontri delle difficoltà nell'assimilazione dei concetti.87 In realtà, in un contesto scolastico di matrice confuciana come quello cinese (in cui si ritiene che il successo possa essere raggiunto solamente attraverso un impegno costante), lo sforzo impiegato dai ragazzi per memorizzare i testi è premiato tanto quanto potrebbe esserlo in Occidente dimostrare di aver compreso i concetti attraverso l'esposizione personalizzata. Vale però la pena di sottolineare che definire la metodologia d'apprendimento del sistema scolastico cinese come un mero processo mnemonico è piuttosto riduttivo, ed è anche il motivo per cui il pregiudizio degli insegnanti occidentali nei confronti di questo aspetto si trova a essere confutato dai risultati ottenuti dai discenti di questo paese rispetto alla loro controparte europea o nordamericana (il cosiddetto paradosso dello studente cinese).88 La spiegazione risiede nel fatto che la memorizzazione rappresenta solamente una parte del processo di studio, e che una volta presa familiarità con il testo ripetendolo più volte, gli studenti procedono a una rilettura più approfondita, che prevede inoltre un approccio critico all'analisi delle informazioni (questa realtà trova peraltro conferma nel principio confuciano dello zide, ovvero una sorta di empirismo, che si concretizza nell'applicazione dell'esperienza alla nozione acquisita a priori). Infine, non esistono quindi evidenze che dimostrino la supremazia del metodo di studio occidentale su quello cinese, tanto più che quest'ultimo sembra portare a migliori risultati scolastici.

Emerge purtuttavia un elemento di contrarietà a quanto descritto finora: il metodo di studio utilizzato dagli alunni cinesi non raggiunge, nel momento in cui i testi da affrontare sono in italiano (e non in lingua madre o comunque in inglese), gli obiettivi generalmente registrati in altri paesi europei o negli USA. Il discente, non riuscendo a estrinsecare il significato delle parole lette (a causa delle difficoltà linguistiche precedentemente analizzate), fatica nella riproduzione di ciò che ha imparato; gli sforzi risultano quindi vanificati, generando un sentimento di insoddisfazione. Inoltre, anche qualora riescano nell'esposizione di ciò che hanno imparato a memoria, gli alunni cinesi si trovano comunque in difficoltà nel momento in cui viene loro chiesto di spiegare in maniera più approfondita ciò che si è appena sostenuto, poiché non sorretto dalla padronanza del concetto. Come espresso a inizio capitolo, questo fenomeno è confermato dall'alto tasso di ripetenza e abbandono registrato nelle scuole italiane, e il senso di inadeguatezza che ne scaturisce intacca, a volte, anche il rendimento di 87 Ivi, p. 42.

quelle discipline in cui generalmente i cinesi riescono brillantemente: le materie scientifiche e, su tutte, la matematica.