• Non ci sono risultati.

Interpretazione grafica indice di Modigliani

Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 13

Come abbiamo fatto precedentemente, riportiamo negli assi cartesiani la rappresentazione grafica del binomio rischio-rendimento, ponendo sull’asse X i le deviazioni standard e su quello Y i rendimenti. Il quadratino più chiaro rappresenta l’espressione del rapporto per il benchmark, così come la sfera A e la sfera B fanno rispettivamente per il portafoglio A e per il portafoglio B. Trascinando A e B, lungo le semirette che li congiungono all’attività priva di rischio, Rf, fino ad incrociare la semiretta verticale indicante il livello di rischio del benchmark, otteniamo la misurazione RAP dei due fondi. Come diventa palese a questo punto, i tre fondi avranno uguale rischiosità ma il rendimento sarà diverso. Attraverso l’impego dell’indice di Modigliani un ipotetico investitore sceglierebbe il fondo A, che a parità di rischio, garantisce una remunerazione superiore rispetto al fondo B. Se invece

89

questi avesse fatto le proprie scelte senza ponderare il rendimento al rischio, avrebbe investito nel portafoglio con remunerazione più elevata, ma che tuttavia lo poneva fortemente più a rischio. Concludiamo con un confronto tra l’indice di Sharpe e quello di Modigliani. Se classificassimo i fondi in base ai due indici, i risultati sarebbero li stessi (a patto di considerare lo stesso benchmark). L’indice di Modigliani infatti altro non è che l’indice di Sharpe moltiplicato per la deviazione standard del parametro di riferimento.

Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 14

Quello che li differenzia è che, il primo rappresenta un coefficiente angolare, mentre il secondo un valore percentuale. Passiamo adesso ad analizzare l’ultimo indicatore RAP. L’information ratio. Avremo ormai compreso come il principale punto di riferimento quando si voglia scegliere un fondo o valutarne le performance, sia il benchmark dichiarato dal gestore e comunque da chi costruisce il portafoglio. Ex ante sarà importante perché permette all’investitore di comprendere la rischiosità su cui si assesta il fondo. Ex post, invece viene impiegato per un confronto tra risultati ottenuti e quelli teorici, per così dire. L’indice che ci apprestiamo adesso ad analizzare viene impiegato in tutti e due i casi, ma concentra il suo intervento su quei fondi/portafogli che, attraverso una gestione attiva, quindi indirizzata a sovra-performare rispetto una misura standard, abbiano generato degli extra-rendimenti. L’Information Ratio è un indicatore calcolato come il rapporto tra gli extra rendimenti generati dal fondo e confrontati con il benchmark, e la Tracking Error Volatility. Ossia tra

90

gli extra rendimenti e la volatilità (si legga pure rischiosità) dei rendimenti differenziali del fondo rispetto sempre al riferimento stabilito. Matematicamente, quindi, risulta:

Equazione 12 Information ratio

𝐼𝑅 =

𝑅

+

− 𝑅

,

𝑇𝐸

+,

=

𝑇𝐸

+

𝜎(𝑇𝐸

+

)

Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 17

IR: Information Ratio RF: Rendimento del Fondo RB: Rendimento del Benchmark

TE FB: Tracking Error Volatility del Fondo rispetto al Benchmark

Il tracking error rappresenta un indicatore della qualità del portafoglio. Altro non è che il valore aggiunto che questo ha prodotto rispetto al punto di riferimento stabilito. Elemento importante è che tale valutazione viene costituita su basi relative, ossia tra un fondo e il suo relativo benchmark e non tra il fondo e il generico titolo risk free. Il denominatore della formula sopra, infatti, rappresenta la volatilità con cui il portafogli genera extra profitti rispetto al benchmark. Qual ora nelle nostre scelte di investimento si decida di considerare quindi l’analisi dell’IR avremo un utile strumento per capire se il gestore stia impiegando una gestione attiva o passiva. Se l’andamento della TE e della sua volatilità si discostano molto rispetto a quella del parametro di riferimento significa che il gestore sta cercando di sovra performare. Sta quindi scegliendo le attività da inserire nel fondo in quantità diversa e non si limita quindi a replicare l’andamento del parametro. L’information Ratio, benché non sia tra i più diffusi, soprattutto per i soggetti un po’ più estranei alla materia, porta con sé un

91

importante valore conoscitivo. Sintetizza, infatti, non solo una misura di extra rendimento ma anche di extra rischio (sopportata per ottenere quell’extra rendimento). Ciò che poi lo distingue dall’indice di Sharpe, rendendolo in un certo senso più preciso, è che la misurazione del rendimento in eccesso viene fatta confrontando il rendimento del fondo a quello del benchmark, che già di suo comunque garantisce un profitto che possiamo non definire minimo. L’indice di Sharpe, come abbiamo visto, avanza questo paragone con un titolo risk free e che avrà quindi un rendimento molto basso tendente allo zero. Si può concludere dicendo che un fondo a gestione attiva sarà tanto preferibile quanto sia stato in grado di massimizzare i propri rendimenti differenziali (rispetto al benchmak), minimizzando allo stesso tempo la rischiosità, sempre su base differenziale. Un valore alto dell’information ratio sintetizza questa valutazione. Abbiamo così concluso la nostra trattazione inerente le scelte di asset allocation, le tipologie di gestione più indicate in relazione agli obiettivi di tempo e rischio, e relativa ad alcuni indici impiegabili nella misurazione delle performance gestorie. Unitamente al primo capitolo si termino qui la parte più teorica del mio elaborato. Abbiamo preso le mosse dal quadro normativo arrivando a calarci sempre più nella pratica e in contesti operativi. Il capitolo che segue, terzo e ultimo di questo mio lavoro, sarà sbilanciato sul tentativo di mettere in pratica quanto abbiamo detto fin ora.

93

CAPITOLO 3

LA GESTIONE INDIVIDUALE DI PATRIMONI MOBILIARI

PER DIVERSI PROFILI RISCHIO-RENDIMENTO

3.1 Presupposti metodologici

Fino a questo momento abbiamo cercato di fornire un quadro teorico completo sulla gestione di patrimoni. Il filo logico che è stato seguito ci ha portato ad affrontare, nella fase preliminare, il quadro normativo delineato dal nostro legislatore per poter aver chiaro in mente come questa materia sia organizzata e sottoposta a quale controllo. Il secondo passo è stato in direzione di una maggior concretezza pratica e ci siamo addentrati più nello specifico della materia approfondendo le tecniche di asset allocation, avendo sempre come punto di riferimento gli stili di gestione patrimoniale. Infine, stiamo adesso introducendo il terzo e conclusivo capitolo di questo lavoro. La ratio con cui lo affrontiamo non può che seguire quella del precedente capitolo, ossia cercheremo di fare uno sforzo sempre maggiore per entrare nella pratica dell’argomento. Concretamente quindi faremo un esercizio di gestione patrimoniale. Alla luce di alcune ipotesi che verranno delineate poco più avanti, il nostro obiettivo sarà proprio quello di simulare un caso, o meglio tre casi, di una situazione reale. Ci porremo nei panni di un soggetto qualificato chiamato ad elaborare una strategia di gestione individuale per alcuni soggetti, aventi differenti necessità e richieste. Sceglieremo quindi un asset allocation che risponda alle necessità e i relativi strumenti finanziari. Cercheremo di dare, dove fattibile, stime di redditività ma ovviamente non sarà possibile fornire una conclusione sulle performance future dei portafogli elaborati. In sintesi: questo ultimo capitolo nasce col preciso obiettivo di provare concretamente un esercizio di gestione

94

patrimoniale. Come nella realtà non sarà possibile valutare ex ante le performance future. Tuttavia, la parte da apprezzare sarà proprio l’applicazione pratica di diversi aspetti teorici. Lo scopo, in altre parole, non è costruire un portafoglio perfetto con pretese di redditività, ma mettere in pratica la teoria e tentare di mettere appunto una soluzione a determinate richieste che sia teoricamente funzionante e corretta. La finalità del paragrafo che stiamo per affrontare è quello di tratteggiare le linee guida che mi hanno condotto nell’elaborazione pratica del capitolo. Se i singoli obiettivi di analisi verranno introdotti e chiariti via via, adesso forniamo gli elementi per comprendere il quadro generale. Soffermeremo la nostra attenzione su tutti quegli elementi che, per fluidità argomentativa, non possono trovare spazio più avanti, ma che devono essere esplicitati per poter veramente portare a termine un lavoro lineare e metodologicamente completo. Iniziamo subito chiarendo come si sviluppa il capitolo. Il lavoro verrà diviso sulle esigenze espresse da tre ipotetici investitori che decidono di affidare la propria liquidità alla gestione di una figura professionista, al fine di raggiungere diversi obiettivi reddituali. Il Sig. A, il Sig. B e il Sig. C investiranno tutti una somma stimata in 500.000€. La loro propensione al rischio verrà quantificata in una variabilità di risultato sempre crescente e che troverà il suo valore massimo per le somme impiegate dall’investitore C. Gli obiettivi temporali in cui si prefiggono di ottenere determinati risultati sono rispettivamente 10 anni, 10 anni e 5 anni. Il motivo dell’orizzonte ridotto nel terzo caso apparirà chiaro quando nel dettaglio verranno illustrati gli obiettivi fissati. Chiarito il quadro generale possiamo addentrarci nel dettaglio dell’analisi dei presupposti metodologici.

Il programma utilizzato.

Per tutte le analisi che ho svolto, buona parte dei grafici, ad esclusione di quelli riguardanti l’analisi tecnica, il programma impiegato è la piattaforma online Quantalys

95

(www.quantalys.it). Si tratta di una società indipendente, creata nel 2007, che aiuta gli investitori e i promotori a costruire i migliori portafogli di fondi in funzione dei propri obiettivi finanziari. Permette di analizzare e di comparare i fondi grazie a numerosi indicatori statistici e di costruire portafogli in fondi, in funzione di un'asset allocation e di un controllo del rischio. L’altro strumento impiegato è sito 4-Traders

(https://www.marketscreener.com). Questo strumento è stato fondamentale per poter svolgere tutta la parte delle indicazioni di analisi tecnica. Ha fornito i dati, elaborando quelli provenienti da Thomson Reuters, sulle situazioni finanziarie. Tramite un’analisi preliminare ha indicato schematicamente alcuni punti di forza e debolezza dei titoli in modo da facilitare la scelta. Infine, tramite lo strumento del market screener, ha permesso di selezionare i tioli inseriti in portafoglio sulla base di alcuni filtri impostati e che indicherò più avanti. Il diverso approccio dei due strumenti può essere sintetizzato dicendo che Quantalys è stato fondamentale nella creazione dell’asset allocation e nello studio dei fondi. 4-Traders, invece, nella parte dei fondamentali finanziari delle aziende, nei grafici di borsa e in tutto il processo di ricerca e selezione dei titoli.

Il profilo di rischio e obiettivi

La creazione del profilo di rischio avviene scegliendo tra profili già predeterminati da Quantalys. La variabilità sta nel poter scegliere l’intensità del rischio da associare. La scelta ricade quindi su cinque variabili (Molto prudente/prudente/Equilibrato/Aggressivo/Molto Aggressivo). Su questa divisione di base delle figure si va ad affinare l’orientamento del cliente in base all’obiettivo di redditività che viene indicato e all’orizzonte temporale impostato. In questo caso possiamo fare questi compromessi:

96

Figura 6 Profilo di rischio

Fonte: www.quantalys.it

A seconda delle 3 risposte che vengono fornite nel secondo riquadro, varia il profilo dell’investitore. Al termine di questo percorso il programma suggerisce una variabilità massima, la linea rossa verticale che vediamo intersecare la frontiera efficiente dei portafogli, e un’asset allocation che ottimizzi la rischiosità. In nessuno dei tre casi mi sono servito dell’asset allocation fornita dal sistema. Ho modificato la proposta e, con davanti la frontiera efficiente, studiato una combinazione ottimale in base a come volevo impostare il lavoro. Tutti i portafogli presentati rappresentano una combinazione che ottimizza il rapporto rischio-rendimento.

La frontiera efficiente

Quando parliamo di frontiera efficiente facciamo riferimento al modello di Markowitz70. L’intenzione del modello è quella di identificare un panel di asset class e di trovare il modo ottimale per combinare gli investimenti di queste classi. Ogni classe apporta al portafoglio

97

una certa rischiosità e un certo rendimento. Quest’ultimo sarà la media ponderata dei rendimenti delle classi impiegate. La rischiosità invece deve tenere pure conto delle correlazioni tra asset class. La logica alla base è che se sussiste un indice di correlazione inferiore a 1, allora la rischiosità complessiva del portafoglio deve essere inferiore alla rischiosità media ponderata per effetto della diversificazione. Quantalys prende in considerazioni le seguenti asset class con relativi rischi e rendimenti.

Tabella 9 Asset class considerate nella frontiera efficiente

98

I portafogli che costituiscono la frontiera sono efficienti, ovvero ex-ante non esiste una combinazione che possa batterli in termini di trade off rischio-rendimento. Tutti i portafogli che giacciono al di sotto della frontiera sono sub-ottimali, in quanto è possibile trovarne uno che a parità di rischio offra un rendimento atteso superiore oppure uno che a parità di rendimento atteso, abbia rischio inferiore.

Il rating di Quantalys

Tutti gli indicatori di un fondo utilizzano dati storici e fanno riferimento a performance passate per esprimere un giudizio e quantificarlo in un rating. Questo in un certo senso potremmo definirlo un paradosso: quando un investitore utilizza un indicatore sintetico come la misurazione del rating lo fa perché spera di ricevere una qualche indicazione prospettica, utile per fare scelte con effetti sul suo futuro livello di benessere. L’innovatività del metodo di calcolo del rating promosso da Quantalys sta proprio in questo. Nell’esprimere un giudizio dando più peso possibile a quelle variabili di fondo che rimangono costanti nel tempo e che quindi possono essere valide anche in futuro. La variabile che, in un fondo, resta quasi sempre costante è il gestore del fondo. L’abilità del gestore è stata calcolata confrontando la performance del fondo con quella ottenuta da un paniere di benchmark che meglio replicasse l’asset allocation del fondo stesso. La valutazione copre un lasso temporale di 3 anni. Il risultato ottenuto pesa, nel valore finale del rating per il 50%. Il restante 50% del peso del rating viene diviso tra due indicatori: l’alfa e il beta del fondo. L’alfa di un fondo è l’intercetta (X;0) sul grafico che mette in relazione il rendimento del fondo con quello del benchmark. Il beta invece è il coefficiente angolare, la pendenza della retta formata dall’origine degli assi e dall’intercetta.

99