Fonte: Mercer LLC (2017) – “European Asset Allocation Survey 2017” – London (UK) – 5 Giugno 2017
Lo studio di Mercer LLC evidenzia come in Italia, per esempio, l’investimento obbligazionario costituisca sempre e comunque la fetta più importante nei nostri portafogli. Col 38% siamo ben 8 punti percentuali sopra la media europea. Al di sotto della media troviamo invece la componente azionaria, ferma al 20%. Stessa percentuale della parte di investimenti fatti sul cosiddetto “mattone”. Se la media europea si attesta intorno al 4% l’Italia si conferma popolo di risparmiatori attaccato alle certezze del passato e alla solidità delle proprietà immobiliari.
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2.3 A.A. Strategica, Tattica e Dinamica: gestione collettiva Vs individuale
In questo paragrafo cercheremo di muoverci dalla descrizione delle Asset Class all’approfondimento delle strategie di asset allocation65. Questo ci darà la possibilità di riprendere il tema della gestione collettiva del risparmio e della gestione individuale per inquadrare quali di queste tecniche sia più efficace per l’una e l’altra. Non è di immediata comprensione come sia possibile distinguere l’AA in funzione della gestione del risparmio di cui parliamo.66 Lo snodo cruciale attraverso cui però è possibile costruire questa trattazione è la considerazione che se nella G.c.del R. abbiamo l’aggregazione degli investitori in categorie omogenee predeterminate, verosimilmente per orizzonti temporali e obiettivi reddituali, nella G.I. possiamo adottare strategie più mirate anche a sovra- performare rispetto il punto di riferimento del mercato. Abbiamo quindi una gestione che, essendo più attenta ai dettagli, più personalizzata, possa fare più scelte, anche più frequenti temporalmente, e quindi cambiare direzione rapidamente in funzione delle necessità e delle occasioni offerte del mercato. Quando, tra poco, avremo definito le tre tecniche67 di A.A. quanto appena detto ci apparirà subito più chiaro. Esistono tre principali strategie legate all’asset allocation:
Ø Asset Allocation Strategica Ø Asset Allocatione Tattica Ø Asset Allocation Dinamica
Potremmo definire l’Asset Allocation Strategica (AAS) come quella strategia per cui si cerca la combinazione proporzionale delle attività sulla base dei tassi di rendimento attesi.
65 Faber M. (2015) – “Global Asset Allocation: A Survey of the World’s Top Asset Allocation Strategies” - The Idea Farm, Londra 66 Degregori & Partners (2016) – “Asset allocation: La gestione del portafoglio” – Edizioni REI
67 Bramato R. (2015) – “L’asset allocation strategica e tattica. Caratteristiche a confronto” – in “www.blog.moneyfarm.com” - 20 Luglio 2015
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In questo modo gli investimenti vengono tendenzialmente organizzati su orizzonti temporali medio-lunghi. Generalmente la AAS implica il Buy and Hold, ossia l’acquisto di strumenti finanziari volto al suo mantenimento in portafoglio. Se si ritiene che un dato strumento sia sottostimato nel suo valore, l’AAS mirerà a comprarlo per detenerlo fin tanto che non abbia raggiunto, anche dopo diverso tempo, una valutazione adeguata e che abbia permesso di ottenere un certo capital gain. Proviamo a fare un esempio di AAS. Supponiamo che il signor Rossi abbia a disposizione un portafoglio di 500,000 € e che la sua propensione al rischio lo porti a voler bilanciarlo con un 40% di equity (azionario), un 40 fixed income (obbligazionario) e la resta parte del 20% con cash or cash equivalent. In Pratica avremo 200,000 € per le prime due AA e 100,000 € per la terza. Alla luce di un rendimento del 10% per l’equity, del 5% per il fixed income e per un 2% del cash avremo una performance globale del 6,4% e un valore complessivo di 532,000 €. La nuova AA risulta essere: 41,3% - 39,5% - 19,2%. Il signor Rossi, in fase di revisione del portafoglio dovrà riequilibrare il mix portando a 212,800 € equity e fixed income mentre a 106,400 € il cash.
L’Asset Allocation Tattica invece ha una visione abbastanza complementare a quella strategica. Sebbene possa inserirsi e andare, appunto, a completare i gap dell’AAS, quella tattica è fatta per orizzonti temporali
brevi. L’obiettivo è quello modificare l’asset mix complessivo per riuscire a cogliere delle buone occasioni di
investimento, ottenere nel breve termine un determinato gain, e rimodificare il mix
Figura 2 Le tre categorie di asset allocation
Fonte: Borsa Italiana (2007) – “Che cos’è l’asset allocation?” – in “borsaitaliana.it” – 8 Giugno 2007
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complessivo per ritornare all’impostazione di più lungo termine. Ovviamente una condotta così descritta prevede di essere, innanzitutto, in grado di identificare le occasioni di breve periodo e di saperle effettivamente cogliere, di saper ristabilire poi la condizione di equilibrio precedente alla modifica, il tutto mantenendo comunque la coerenza tra AAS e AAT. L’Asset Allocation Dinamica invece potremmo definirla come la versione estrema di quella tattica. Se in quest’ultima adattiamo il portafoglio gestito a cambiamenti di mix, anche repentini, per singole rapide occasioni di investimento, nella AAD le intere somme sono invece destinate proprio alla ricerca di possibili investimenti vantaggiosi da cogliere nel brevissimo termine. Per poter mettere in piedi tattiche di questo tipo è ovviamente richiesta una notevole conoscenza dell’economia, intesa proprio come capacità di comprensione del contesto e degli sviluppi macroeconomici, oltre un approfondito studio dei meccanismi dei mercati finanziari. In ultimo bisogna tenere in considerazione che l’implementazione richiede di sopportare costi non trascurabili che possono essere meglio ammortizzati se le somme investite sono importanti. Proprio per i differenti orizzonti temporali che si pongono, queste tre strategie verranno implementate anche in maniera non propriamente uguale. I processi di realizzazione presentano, infatti, peculiarità di caso in caso sebbene muovano da considerazioni di fondo in comune per tutte e tre le tecniche. Per esempio, l’AAS prevede un processo di revisione abbastanza costante dell’asset mix. Revisionare periodicamente gli elementi su cui investiamo, tenendo conto obiettivi e contesto economico, è una tappa tanto basilare quanto fondamentale perché si dimostri anche efficace e foriera di risultati. Tutto parte dalla necessaria definizione del rischio – rendimento ricercato dall’investitore. Alla luce di questo elemento verrà definito un rendimento sostenibile, in termini di rischiosità. Lo studio delle correlazioni prospettiche di lungo periodo serve a sincerarsi che l’asset mix sia correttamente diversificato.
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Figura 3 Processo di revisione AAS
Fonte: Cardinale M. (2010) – “Asset allocation dinamica: una strategia vincente” – Aviva Investors. Pagina 7
Una volta che la strategia è stata definita in via teorica, viene raccomandata al cliente e successivamente implementata. Come anticipato il processo di revisione periodico mantiene aggiornato il mix costruito. L’AAT sfrutta una vasta gamma di opportunità essendo in grado di aprire posizioni lunghe e corte sui principali mercati finanziari internazionali. In questo caso il processo di composizione dell’asset mix parte dall’analisi degli scenari economici. Questa fase è cruciale soprattutto quando ci poniamo degli obiettivi temporali ristretti. Non considerare i possibili sviluppi di breve termine potrebbe avere come conseguenza quella di muoversi contro il mercato, portando, inevitabilmente, a chiusura in perdita delle posizioni, difficilmente assorbibili in ottiche periodali limitate. Il secondo passo è la previsione dei rendimenti date le aspettative di prima. Segue l’analisi del portafoglio ottimale, la sua scelta e definitiva implementazione. Schematicamente possiamo raffigurare così il processo appena descritto.
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Figura 4 Processo revisione AAT
Fonte: Cardinale M. (2010) – “Asset allocation dinamica: una strategia vincente” – Aviva Investors. Pagina 19
Non è un caso che il processo di implementazione di una strategia di AA dinamica sia affrontato per ultimo. Prende infatti più di uno spunto dai due procedimenti già illustrati. Da quello strategico attinge prevalentemente lo studio dei fondamentali di lungo periodo e il processo di ottimizzazione costante. Da quello tattico, invece, i benchmark per gli obiettivi di rischio e i continui stress test su scenari di breve termine. Se per tutte e tre le tecniche di AA l’implementazione è un processo continuo che effettivamente riparte non appena raggiunta la fase conclusiva, per quello dinamico il ritmo con cui si viene a riproporre è quasi frenetico.
Figura 5 Processo di revisione AAT
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Considerazione che trova riscontro proprio nell’orizzonte temporale, di breve e brevissimo termine, tipico di questa tecnica. Riportiamo, a titolo esemplificativo di quanto appena asserito, un esempio di asset allocation dinamica.
Tabella 6 Esempio AAD 68
Il grafico mostra l’evoluzione, in termini di AA, del Diversified Strategy Fund a partire dal suo lancio nel 2007. Per capire la brevità degli orizzonti temporali in gioco, basta notare che già alla seconda rilevazione utile, quella del Dicembre 2007, la composizione del fondo aveva subito una modificazione apprezzabile con la riduzione della parte cash in favore dell’ingresso nell’asset mix dei convertible box.
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In conclusione: abbiamo visto come le tre strategie, sebbene poggino le basi su elementi comuni, siano tra loro abbastanza differenti e sia soprattutto il diverso orizzonte temporale a dettare i principali punti di distacco. Ad orizzonte più lungo corrisponde una più lunga periodicità di controllo e adeguamento. Parallelamente, ad orizzonte molto ristretto farà da contraltare un rapido adeguamento. Più sarà contratto il lasso di tempo in cui l’investitore si auspica di realizzare un guadagno, maggiore sarà il rischio che deve essere disposto a sopportare, più ampio sarà di conseguenza l’universo investibile a disposizione del gestore. Sarà proprio su questi punti che proveremo ora a tracciare le nostre considerazioni relativamente alla gestione del risparmio. Come abbiamo anticipato introducendo questo paragrafo la chiave di lettura che deve essere applicata per poter collegare i due temi, quello dell’AA e quello delle gestioni patrimoniali, è il concetto di obiettivo temporale-reddituale ricercato dal nostro investitore/cliente. Sappiamo che ad un alto rendimento deve corrispondere un’alta rischiosità. Sappiamo che se i nostri orizzonti temporali sono di breve termine allora la strategia proposta deve essere in linea con essi, quindi, per esempio, eviteremo un Buy and Hold, tipico della AAS. Cercheremo, quindi, di ottimizzare i tempi a disposizione ottenendo un rendimento alto in un circoscritto lasso temporale. Perché però questo possa effettivamente compiersi è necessario che cresca la rischiosità degli strumenti in portafoglio e quindi maggiore sarà anche la complessità della strategia. Più essa sarà elaborata e più strumenti finanziari rischiosi verranno coinvolti, più sarà a valore aggiunto l’implementazione, quindi più centrale sarà il ruolo del professionista che la dovrà realizzare per il cliente. Vista la possibilità di veicolare un maggior valore per l’investitore, attraverso la fornitura di una consulenza più mirata e cucita sulle specifiche necessità del caso di specie, una gestione individuale, piuttosto che collettiva, sembra essere la gestione patrimoniale più indicata nella tipologia di scenari ipotizzati. La conoscenza approfondita del cliente, dei suoi obiettivi, nonché la possibilità di fornire un supporto più tempestivo, identifica questo di
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gestione patrimoniale come la più adatta a creare valore. Ovviamente con l’allargarsi dell’orizzonte temporale considerato sarà più possibile considerare anche strategie meno tortuose e che quindi possono rivelarsi idonee anche per una gestione di tipo collettivo, che preveda l’aggregazione dei clienti per fasce-obiettivo. Le due grandi variabili, come abbiamo ormai capito, sono legate ai tempi con cui vogliamo realizzare un capital gain e la propensione a rischiare che abbiamo. Proviamo a fornire uno schema di sintesi. La parte veramente cruciale che vi sta dietro è la chiave di interpretazione, così riassumibile:
1. Alto rendimento significa alto rischio
2. Un orizzonte temporale breve esclude le strategie più statiche e passive come AAS 3. Se la propensione al rischio è alta le strategie praticabili sono di più che nel caso di
una propensione bassa. Questo perché, in combinazione ad un orizzonte temporale lungo anche quella strategica deve essere tenuta di conto per completare l’aset mix. 4. Una strategia rischiosa richiede maggiori capacità di implementazione e una cura più
puntuale. Ciò tende a rendere migliori le gestioni individuali su quelle collettive 5. Da quanto detto appena sopra consegue che un orizzonte temporale lungo è più
vicino alle gestioni collettive, mentre un orizzonte temporale a breve termine richiede preferibilmente una gestione individuale.
Le AA vengono indicate in ordine di preferibile realizzazione. L’uso delle parentesi sta invece ad indicare che quella strategia, sebbene non propriamente in linea, potrebbe essere considerata valida. Tale situazione si presenta in casi che potremmo definire di conflitto. Ossia quando una variabile ne prevede l’impiego ma l’altra no.
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Tabella 7 AA e tipo di gestione patrimoniale praticabile
Propensione al rischio
Orizzonte Temporale
Asset Allocation
Praticabie Gestione Patrimoniale
Bassa
Breve AAT GC (GI)
Medio AAS (AAT) GC, GI
Lungo AAS GC
Media
Breve AAT (AAD) GI
Medio AAT, AAD, AAS GI, GC
Lungo AAS, AAT, AAD GC, GI
Alta
Breve AAD GI
Medio AAT, AAD GI (GC)
Lungo AAS, AAT, AAD GI, (GC)
Fonte: personale elaborazione di una sintetica rappresentazione dei concetti espressi.
In conclusione di paragrafo propongo un commento ulteriore alla tabella sopra riportata. In particolare, vorrei evidenziare il verificarsi delle condizioni 4 e 5 del precedente elenco. Ogni volta che abbiamo l’aumento della rischiosità della strategia, attribuibile alla contrazione delle tempistiche o all’aumentare della propensione al rischio, la gestione individuale (GI) viene ritenuta più indicata (Punto 4). Vediamo a tale scopo la netta prevalenza di queste gestioni nel caso dell’alta propensione al rischio. Facciamo inoltre notare la relazione tra orizzonti brevi e gestioni individuali, riportata al punto 5. Unico caso più discusso è quello di bassa propensione al rischio unita ad orizzonte temporale breve. In questo frangente una soluzione anche collettiva potrebbe essere sufficiente, grazie alla standardizzazione offerta dalla bassa rischiosità. Riporto, tra parentesi, la gestione individuale, come vorrebbe la variabile tempo.
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2.4 Modelli e Indici di misurazione delle performance
L’obbiettivo ultimo di chiunque investa il proprio denaro, siano essi risparmi o somme destinate a generare un profitto, è proprio quello di ottenere un ritorno economico, un cosiddetto capital gain. È quindi chiaro che la valutazione della performance del fondo in cui abbiamo investito o quella realizzata dal gestore a cui abbiamo affidato le nostre somme sia una fase cruciale del processo di investimento nel suo complesso. Costituisce, di fatto, il momento in cui si esprime un giudizio sulla bontà delle scelte che abbiamo compiuto sino a quel momento. Come abbiamo più volte ribadito, una delle prime cose che devono essere chiarite è la propensione al rischio dei soggetti coinvolti. Da essa, infatti dipenderà, in sintesi, l’ampiezza dell’universo investibile. A questo punto però le scelte fatte precedentemente devono essere nuovamente prese in considerazione e, alla luce di queste, valutate le performance. Sarebbe infatti illogico, oltre che sbagliato, voler confrontare i risultati ottenuti da due fondi che sottoscrivono rischi completamente differenti, un obbligazionario, magari, con un azionario. Anche in questo verso quindi esisteranno strumenti di misurazione che rapportano la performance ottenuta e il rischio a cui hanno esposto il denaro. Tali mezzi si chiamano misure RAP, risk adjusted performance: performance aggiustate, o ponderate, per il rischio sopportato. In questo paragrafo il nostro obiettivo sarà proprio quello di dare una panoramica delle principali metodologie e degli indici fondamentali impiegati a tali fini. I primi passi verranno fatti analizzando in maniera generale il rendimento di un fondo di investimenti capendo quali sono le grandezze che entrano in gioco. Ci soffermeremo distinguendo il caso in cui i flussi di cassa afferenti al fondo siano ritenuti importanti, tipicamente assumeremo quindi l’ottica del singolo investitore e dei suoi individuali flussi, approfondendo il metodo Money Weighted Rate Return, e il caso in cui si voglia solo valutare l’apporto dato dal gestore e prescindendo quindi dalle decisioni prese dall’individuo in termini di disinvestimento e reinvestimento. Questo ultimo metodo, definito Time Weighted
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Rate Return, è immune alle variazioni dei flussi di cassa. Successivamente focalizzeremo la nostra attenzione sui già anticipati RAP. A tale riguardo troverà spazio l’indice di Sharpe69. Più avanti, in conclusione, chiuderemo con l’indice di Sortino, quello di Modigliani e la Tracking Error Volatility.
2.4.1 Time Weighted Rate of Return VS Money Weighted Rate of Return
Quando vogliamo valutare le performance di un portafoglio gestito e in special modo di un fondo comune di investimento, dobbiamo tenere in considerazioni alcuni elementi specifici della natura contrattuale di questi investimenti. In particolare, di cruciale rilevanza sarà, come abbiamo anticipato, i flussi di cassa in entrata e in uscita, con cadenza pressoché quotidiana, determinati dalle richieste di sottoscrizione e rimborso di quote del fondo. L’importanza di questi elementi è da identificare nella centralità dell’ammontare del capitale investito. Solo conoscendo questo elemento possiamo, ed ha senso, domandarci quanto ha reso come performance. Ovviamente se questo è soggetto a continui cambiamenti dobbiamo fare le opportune scelte in termini di indici utilizzati. Inoltre, se siamo interessati a conoscere soltanto una valutazione della capacità del gestore del fondo di remunerare adeguatamente il capitale investito dovremo utilizzare un metodo che sia immune alle variazioni causate dai flussi di cassa. Come anticipato il metodo del Time Weighted Rate of Return, fa al caso nostro. Si supponga che il periodo di valutazione del rendimento sia compreso tra t0 e T, ossia [t0;T]. Questo intervallo a sua volta si composto da una serie di sotto periodi t0, t1, t2, t3,…,tn = T
Il rendimento realizzato nel sotto periodo “i” sarà:
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Equazione 1 rendimento nel sotto-periodo i-esimo
Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 4
Dove il rendimento del periodo i-1 esimo è dato dal rapporto tra il valore del patrimonio del fondo al momento “i”, è il valore del patrimonio netto del fondo prima dello scattare del periodo i-esimo, e prima dell’effetto del flusso F(ti). Come espresso nella formula 1. Estendendo il ragionamento a tutti i sotto periodi che vanno da t0 a T avremo perciò:
Equazione 2 rendimento complessivo in tutti i periodi
Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 5
Il metodo TWRR è il metodo standard per il confronto dei rendimenti tra fondi comuni di investimento o benchmark indicato anche nelle linee guida del GIPS (Global Investments Performance Standards). La sua grande utilità, come abbiamo detto è quella di permettere il confronto dei risultati maturati indipendentemente dalle dinamiche dei flussi di cassa che sono indipendenti dalle scelte di gestione e che quindi nulla dicono sulle capacità del gestore di ottenere buone performance reddituali. In contrapposizione a questo metodo troviamo il Money Weighted Rate Return. Questo, dal punto di vista del singolo cliente, è molto più indicato perché prende in considerazione gli apporti e le sottrazioni di capitale che l’investitore mette in atto. In altri termini si unisce, alla valutazione sulla gestione effettuata
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dal gestore del fondo, le scelte fatte dai singoli tenute conto delle tempistiche. Con riferimento alle grandezze che abbiamo definito già in precedenza siano:
Equazione 3 Somma flussi di cassa
Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 6
La somma dei flussi di cassa durante il periodo di valutazione [t0, T], e
Equazione 4 Patrimonio medio investito dal cliente
Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 6
Il patrimonio medio investito dal cliente, o anche detto giacenza media, nel medesimo periodo. Ciò detto il MWRR si calcola come:
Equazione 5 MWRR
Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 6
A differenza del TWRR che richiede presuppone un regime di capitalizzazione degli interessi composto, il MWRR, presupponendolo semplice, non richiede che siano noti i
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valori del portafoglio gestito alle scadenze intermedie. I due indici saranno tanto diversi tanto:
• Eterogenei saranno i flussi di cassa che si realizzano. Quindi le decisioni di investire o disinvestire del singolo.
• Maggiori saranno i tassi di rendimento realizzati dal fondo nei singoli sotto periodi.
Per meglio comprendere proviamo a concretizzare quanto detto con un esempio.
Tabella 8 Schema dell'investimento in un fondo comune
Fonte: Assogestioni – “Misurazione dei rendimenti: una rassegna delle tecniche più diffuse" – tratto da "assogestioni.it" Pagina 5
L’ammontare di capitale investito alla fine del 1998 è V(ti) che equivale a 1000€. Alla fine dell’anno successivo abbiamo avuto Flussi in entrata, quindi nuovi investimenti, per altri 1000€. Ecco che V(ti-1) + F(ti) è pari a 2000€. Con un rendimento del 20% chiudiamo l’anno