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INTERPRETAZIONE INTERCULTURALE DI ALCUNI ELEMENTI

2. LA DIMENSIONE NON VERBALE

2.6 LA DIMENSIONE OGGETTEMICA

2.6.2 INTERPRETAZIONE INTERCULTURALE DI ALCUNI ELEMENTI

Prendiamo ora in analisi alcuni elementi della dimensione oggettemica cercando di valorizzare le differenze interculturali nella percezione di ognuno di essi. Si noti infatti che: “tools are imbued with cultural meaning and become key mediators that partially direct the resulting human actions”315 (Bahri Korbi e Chouki 2017, p.1277).

308https://www.ekwee.uni-muenchen.de/vkee_download/artikel_pdf/2001f.pdf Data ultima consultazione: 13/09/2018

309 “it is certainly the visibility and sensuality of material objects and the way human perception functions which explain why in encounters with foreign worlds it is always … the material culture which attracts the visitor’s attention first”

310 “Je nach Wertschätzung und Wertvorstellungen werden den materiellen Artefakten bestimmte Attribute beigemessen”

311http://www.kon.org/urc/v13/rudrow.html Data ultima consultazione: 08/07/2018

312 “Not only in western civilization, but globally, largely due to the tentacles of the globalization of capitalism, the material culture is constantly expanding”

313http://dro.dur.ac.uk/20600/1/20600.pdf?DDD29+hsmz78+d700tmt+hsmz78 Data ultima consultazione: 13/07/2018

314 “An anthropological understanding of culture as “enculturation” or learned patterns of behavior, transmitted over time from generation to generation, shared by people living in groups, and consisting of shared artefacts and symbols, is challenged in the current era”

315 “Gli strumenti (intesi come oggetti) sono pregni di significati culturali e diventano dei mediatori chiave che dirigono parzialmente le azioni umane risultanti”

Leggiamo in Balboni (2014, p.75) che nelle culture arabe e russe “l’esibizione di ricchezza con i gioielli è culturalmente approvata, e chi li indossa può essere un abile e sofisticato uomo d’affari”. L’europeo, quindi, non dovrebbe stupirsi e accusare di poca raffinatezza il suo interlocutore arabo o russo se indossa “un Rolex d’oro al polso, pesanti catene d’oro e grevi anelli di pietra preziosa” (Balboni, Caon 2014, p.75). Di converso, il gusto per i gioielli entici diffuso in Europa viene reputato in particolare nei paesi di cultura araba incomprensibile, quasi offensivo, poiché rimanda al passato “contadino, nomade, miserabile, di cui spesso oggi ci si vergogna” (Balboni, Caon 2014, p.76). Anche scandinavi e ungheresi sembrano apprezzare certi anelli pesanti e se “un anellino all’orecchio di un impiegato o addirittura un manager sarebbe incomprensibile ed inaccettabile in molte culture” (Balboni, Caon 2015, p.70), in Svezia “dove da sempre gli uomini rivendicano la libertà di indossare un orecchino come i loro antenati vichinghi” (Balboni, Caon 2015, p.70) questa scelta è comunemente accettata. Entra in gioco qui il senso di raffinatezza che si configura come assai relativo in base alla cultura di appartenenza. Per un italiano “un pesante anello al dito mignolo di un maschio” (Balboni 2015, p.71) risulta di certo poco raffinato, mentre vale il contrario per molte culture eurasiatiche e latino-americane. Finnegan (2002, p.131) ci rivela che “in contemporary English culture earrings worn by men are interpreted in specific ways, while in West Africa the sex of even the smallest girl baby is immediately conveyed by her earrings”316. Uno status symbol universale è rappresentato dall’automobile, sebbene il suo valore simbolico sia soggetto a variazioni in base alla cultura. Hall (1968, p.191) scrive: “L’automobile è una forma di espressione della cultura di un popolo, proprio come la lingua, e ha anche essa la sua importanza nel complesso biotopo di una civiltà”. In Italia e in Germania, per esempio, “l’automobile è lo status symbol per antonomasia. … In entrambi i paesi i SUV e le marche tedesche (Audi, Mercedes e BMW) sono i più gettonati, con leggere differenze di preferenza. Mentre, però, un italiano tende a evitare i vecchi modelli della Mercedes, per paura di essere scambiato … per uno zingaro (secondo uno stereotipo ben radicato in Italia gli zingari spesso possiedono Mercedes, probabilmente rubate!), un tedesco tende, invece, a evitare modelli particolarmente modificati di BMW, per non essere scambiato per un immigrato (secondo uno stereotipo ben radicato in Germania gli immigrati possiedono BMW, usate ma pur sempre statu symbol!)”. In

316 “Nella cultura contemporanea inglese gli orecchini indossati da un uomo sono interpretati in modi specifici, mentre nell’Africa occidentale il sesso della più giovane bambina viene indicato proprio dai suoi orecchini” (traduzione nostra)

Giappone, invece, una Mercedes è un indicatore di ricchezza non tanto per il suo valore economico, quanto per le sue dimensioni, dal momento che “un posto macchina (obbligatorio per poter acquistare un’automobile) di quella grandezza è raro e quindi costosissimo” (Balboni, Caon 2015, p.69). Forse proprio per le sue dimensioni e per il suo impatto nel contesto urbano, Hall (1968, p.231) aveva definito l’automobile come “il più grande divoratore di spazio pubblico e personale che l’uomo abbia mai creato” e continua affermando che “se i francesi, per esempio, dovessero guidare le macchine americane, sarebbero costretti a rinunciare a tutta una serie di comportamenti e rapporti spaziali che stanno loro molto a cuore” (Hall 1968, p.191). McLuhan (1964, p.234) pochi anni prima aveva affermato in tono piuttosto critico e, se vogliamo, profetico, che “l’auto ha praticamente plasmato in modo nuovo tutti gli spazi che uniscono e separano gli uomini, e continuerà a farlo ancora per un decennio, in attesa che compaia il suo successore elettronico”. Balboni e Caon (2015, p.71) dedicano una riflessione anche sulla macchina aziendale connessa al concetto di status gerarchico all’interno dell’azienda stessa.

Anche il rapporto delle culture con il denaro è assai delicato. Balboni e Caon (2015, p.70) fanno riferimento al fatto che “se in Italia parliamo ancora di “vil danaro” e la parola “lucrare” è ignobile mentre “senza fine di lucro” è puro, le culture puritane ricordano che l’amor di Dio per la persona buona e giusta si vede anche sotto forma di gratificazione materiale”. Inoltre, l’argomento dello stipendio è da evitare in Italia, salvo eccezioni come parlarne “tra colleghi e per solidarietà sindacale. … Se in Italia non si parla di stipendi, nel mondo ispanico e francese non si accenna neppure al patrimonio personale, alla proprietà di case e così via”. McLuhan (1964, p.140) scrive: “Il denaro parla … e ancora oggi esso è un linguaggio per tradurre il lavoro dell’agricoltore in quello del barbiere, del medico, dell’ingegnere e dell’idraulico”, rappresentando dunque una metafora sociale. In relazione al denaro, Schugk (2014) e Balboni e Caon (2014) spiegano che anche i biglietti da visita possono avere un valore specificamente culturale. Entrambi gli autori attuano una distinzione tra l’uso del biglietto da visita in Europa e America e in Giappone. “Per gli europei e gli americani il biglietto da visita è un semplice appunto che garantisce i contatti futuri” (Balboni, Caon, 2014, p.82). “Quindi viene data un’occhiata veloce ai biglietti da visita scambiati e al tempo stesso il biglietto scompare in una tasca”317, afferma Schugk (2014, p.120). In Giappone, al contrario, il biglietto da

317 “So wird auf ausgetauschte Visitenkarten ein kurzer Blick geworfen, sogleich verschwindet dann die Karte aber in einer Tasche” (traduzione nostra)

visita “viene offerta quasi con le mani a coppa, con un lieve inchino, e ci si attende che venga osservato e riposto nel taschino sul cuore, non in tasche che poggiano su parti meno nobili del corpo. Il biglietto da visita infatti rappresenta l’attestazione che il rapporto che si è creato è sincero” (Balboni, Caon, 2014, p.83). Schugk (2014, p.120) conclude infatti che “se l’evento accuratamente orchestrato della consegna del biglietto da visita non viene ponderato con la rispettiva attenzione, i giapponesi potrebbero interpretare ciò come disinteresse o mancanza di rispetto”318. Il contributo di Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer (2011) ci permette di creare un raccordo tra il tema del denaro e degli oggetti da regalare, di cui si parlerà nelle righe che seguono. “In Germania, in varie occasioni, si regalano soldi, anche ad amici, se questi ne hanno espresso il desiderio per comprarsi poi qualcosa di più costoso …. In questo caso è importantissima anche la presentazione, per cui molti tedeschi fanno quasi a gara per approntare quella più originale: dal collage agli origami fatti con i soldi, piante ornate con rotolini di banconote, ecc. Il denaro quindi viene spesso messo in bella vista” (Brogelli Hafer, Gengaroli Bauer 2011, p.142). Di certo non si può affermare lo stesso per gli italiani, per i quali “regalare soldi esibendoli in modo esplicito sembra … una plateale e imbrazzante dimostrazione di ricchezza da parte di chi li dona, oltre ad essere, soprattutto tra amici, quasi offensivo per chi li riceve, come si trattasse di un’elemosina” (Brogelli Hafer, Gengaroli Bauer 2011, p.142).

Balboni e Caon (2015, p.73) ci spiegano che anche offrire e/o rifiutare oggetti offerti può essere una mossa più o meno positiva in base alle circostanze: “In culture dove il rispetto interpersonale ha molto valore (Africa, Asia ma, in parte, anche America Latina) il rifiuto può essere considerato uno sgarbo” o addirittura un’offesa, come nel caso del mondo arabo. L’insistenza rappresenta un ulteriore aspetto che potrebbe causare malintesi. Un inglese quasi si imbarazza di fronte ad un italiano del meridione o ad un greco che lo invita ininterrottamente ad accettare l’oggetto offerto, come si può leggere in Balboni e Caon (2015, p.73). Bisogna inoltre porre attenzione al tipo di oggetti offerti: “Oggi offrire una sigaretta in America può essere un insulto … così come offrire alcol a un arabo” (Balboni, Caon 2015, p.73). Riferendosi alla Cina, i medesimi autori ci spiegano che “non si regala un orologio, che richiama il passare del tempo, è un memento mori ed ha una pronuncia simile alla parola “fine, conlcusione”, né si regalano scarpe (si pronuncia come “sventura”) o ombrelli (la cui pronuncia è come quella di “separare,

318 “wird der „carefully orchestrated event“ der Übergabe der Visitenkarten nicht mit entrsprechender Aufmerksamkeit bedacht, so könten Japaner dies als Desinteresse oder gar Respektlosigkeit interpretieren” (traduzione nostra)

dividere”); al contrario oggetti a forma di pesce o elefante portano fortuna”. (Balboni, Caon 2015, p.74). (Schugk 2014, p.120) aggiunge che in Cina “non si dovrebbero regalare forbici perché potrebbero simboleggiare che una relazione viene tagliata”319. In merito ai portafortuna, Kerschbaumer (2014)320 ci rivela che alcuni simboli portafortuna in Germania traggono le loro origini dalla fede cristiana, come “das Kleeblatt” (il quadrifoglio) e “die Marienkäfer” (la coccinella). Il primo deriverebbe dal fatto che “Eva aveva portato con sé un quadrifoglio dopo l’espulsione dal paradiso, per potersi ricordare più tardi del bel periodo trascorso in paradiso”321(Kerschbaumer 2014)322. La coccinella, invece, viene attribuita alla Vergine Maria. Kerschbaumer (2014)323 scrive infatti: “L’ha mandata presumibilmente sulla terra come regalo che giovava soprattutto ai contadini, dal momento che la coccinella si nutre di pidocchi e altri parassiti delle piante”324. Ricordiamo che nei tempi antichi un raccolto prospero rappresentava una grande fortuna. Vi sono poi simboli di matrice diversa da quella cristiana, come lo “Schwein”, il maiale. Ciò è dato dal seguente motivo: “Nel Medioevo, avere molti maiali era un segno di benessere e ricchezza”325 (Kerschbaumer 2014)326. Un ulteriore simbolo di fortuna nei paesi germanici è rappresentato dal ferro di cavallo, o “Hufheisen”, “perché nei tempi precedenti al telefono e agli SMS le lettere d’amore arrivavano tramite la diligenza postale, trainata dai cavalli. Rimediare il ferro di cavallo di un tale cavallo portava ancora più fortuna della lettera d’amore in sé”327 (Kerschbaumer 2014)328.

Torniamo per un momento alla questione degli oggetti da regalare. Essi, secondo Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer (2011, p.139), sono quelli che “nascondono più insidie nella comunicazione non verbale” e il regalare viene definito dalle stesse come “uno degli atti interculturali più difficili. All’interno di culture diverse, infatti, alcuni regali possono risultare inefficaci, perché non comunicano il messaggio voluto o l’impressione di sé che ci si era prefissati di dare, o rivelarsi inappropriati, perché disattendono le aspettative

319 “sollten Scheren … nicht verschenkt werden, denn Scheren könnten symbolisieren, dass eine Bezieuhung zerschnitten wird”

320https://www.goethe.de/de/kul/mol/20395873.html Data ultima consultazione: 11/07/2018

321 “Eva bei der Vertreibung aus dem Paradies ein vierblättriges Kleeblatt mitnahm – um sich später an die schöne Zeit im Paradies erinnern zu können”

322https://www.goethe.de/de/kul/mol/20395873.html Data ultima consultazione: 11/07/2018 323https://www.goethe.de/de/kul/mol/20395873.html Data ultima consultazione: 11/07/2018

324 “Sie schickte ihn angeblich als Geschenk auf die Erde – ein Geschenk, das vor allem den Bauern nutzte. Denn der Marienkäfer frisst Läuse und andere Schädlinge von den Pflanzen”

325 “Viele Schweine zu haben, galt im Mittelalter als Zeichen von Reichtum und Wohlstand” 326https://www.goethe.de/de/kul/mol/20395873.html Data ultima consultazione: 11/07/2018

327 “denn in Zeiten vor Telefon und SMS kamen Liebesbriefe per Postkutsche. Und die wurde von Pferden gezogen. Das Hufeisen eines solchen Pferds zu ergattern, galt als noch größeres Glück als der Liebesbrief selbst”

dell’altro. Sono proprio i regali inappropriati a causare spesso imbarazzo … e a lasciare impressioni durature, se non addirittura a minacciare le relazioni sociali” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.139). Le medesime autrici evidenziano in un’ottica contrastiva le differenze tra la concezione di regalo per gli italiani e per i tedeschi. Nell’atto di fare un regalo si considerano a loro avviso due componenti: quella materiale, ossia il “denaro, (il) tempo impiegato nella preparazione” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.139), quella cognitiva, ovvero la “creatività, (il) gusto, (l’) empatia e (l’) abilità di anticipare i gusti e le aspettative dell’altro” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.139). Su queste due dimensioni si riscontrano delle differenze sostanziali dal momento che, per quanto riguarda la prima delle due componenti, “in Italia si tende spesso a dare più peso al valore in denaro del regalo, mentre in Germania sembra prevalere l’importanza data al tempo e alla fatica impiegati nella preparazione. Spesso gli italiani tendono a prevedere un budget quasi doppio rispetto a quello previsto dai tedeschi nella stessa occasione” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.139). Per questo motivo molto spesso tale aspetto fa passare un italiano, che ci tiene a fare una bella figura grazie al valore economico del regalo, come “esagerato agli occhi di un tedesco” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.140). Per quanto riguarda invece la seconda componente sopraccitata, ossia quella cognitiva, “In Germania è importante che il regalo riveli creatività e impegno nella realizzazione, oltre a mostrare una certa nota personale. Per questo motivo è piuttosto diffuso, in Germania, regalare, anche per vere e proprie ricorrenze, cose fatte a mano, in quanto un regalo fatto a mano dal donatore stesso comunica unicità e impegno” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.141). Risulta piuttosto evidente che un italiano che riceve tale tipo di regalo, magari per una grande occasione, potrebbe non apprezzarlo adeguatamente. Emerge dunque che “anche in questo caso l’equivoco è totale: il tedesco, con il suo impegno nell’ideazione e il tempo materiale impiegato nella realizzazione, vuole comunicare affetto e interesse personale, invece rischia di fare brutta figura e che il suo regalo venga considerato addirittura una mezza schifezza!” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.141-142). Trattiamo ora di che cosa regalare. Citando l’esempio dei libri, se “in Germania al primo posto nella classifica dei regali di Natale vengono i libri …, molti italiani sono dell’opinione che regalare un libro, oltre a poter sembrare una sorta di ripiego …, possa essere piuttosto rischioso, soprattutto quando non si conosce bene una persona e quindi non si sa se ama leggere o no” Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer 2011, p.143). Per quanto riguarda i capi di abbigliamento, essi sono uno dei regali privilegiati presso gli italiani, mentre non si può affermare lo stesso per la

Germania (vedi Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer, p.143). Estendendo il discorso sui regali ad altri paesi, Schugk (2014, p.120) ci rivela che “nei paesi islamici dell’Arabia non si deve assolutamente regalare bevande alcoliche né fare regali alle donne”329; piuttosto, “regali con un orientamento intellettuale, come ad esempio libri impegnativi e sofisticati”330 (Schugk 2014, p.120) sono molto più apprezzati come regalo maschile. Infine, Schugk (2014, p.120) ci fa notare che “nelle culture collettiviste dell’America Latina sono indicati regali che possano essere adatti a tutta la famiglia”331. Balboni e Caon accennano inoltre alla questione rischiosa di regalare fiori e piante. Questi ultimi possono acquisire un valore altamente simbolico differente in ogni cultura. “Mentre in Italia i fiori bianchi in generale sono simbolo di purezza (quindi adatti a nascite e matrimoni), in Germania, soprattutto i gigli e le calle, ma, se bianchi, anche garofani, crisantemi e ortensie sono consideraiti fiori da morto” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer, p.144). Riferendosi all’ambito funebre, afferente alla morte, Balboni e Caon (2015, p.74) citano “i fiori bianchi in Oriente, i crisantemi in Italia, i fiori gialli in Messico, i fiori non ancora sbocciati in Russia, le corone d’alloro in Germania” e continuano chiarendo che “se non di morte, i fiori possono parlare di malattie” (Balboni, Caon 2015, p.74), come nel caso di fiori bianchi e rossi in Inghilterra, i quali richiamano rispettivamente “il bianco lenzuolo” e il “ sangue sparso” (vedi Balboni, Caon 2015, p.74). In Germania gli “auguri di pronta guarigione (da parte di un italiano) accompagnati da un mazzo di gigli bianchi, considerati da morto, potrebbero essere male interpretati: il messaggio comunicato dai fiori prevale su quello verbale, come si volese augurare al malato di non guarire affatto!” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer, p.144). Vi sono inoltre degli accorgimenti per quanto riguarda le confezioni dei regali e le situazioni in cui scartarli o meno. “In Giappone esiste una vera e propria cultura della confezione dei regali e chi riceve il regalo, in Giappone come in Corea e in Cina, lo posa senza aprire la confezione e fa un breve e generico ringraziamento che lascia interdetti gli occidentali che l’hanno portato” (Balboni, Caon 2015, p.75). Tale comportamento viene confermato da Schugk (2014, p.122) quando scrive che “In culture come quella giapponese i regali hanno un valore elevatissimo e servono fondamentalmente a costruire e coltivare buone relazioni personali”332. Una

329 “in islamisch geprägten Ländern Arabiens sollte auf keinen Fall Alkohol verschenkt werden und Frauen sind grundsätzlich nicht zu beschenken”

330 “Geschenke mit einer intellektuellen Ausrichtung, etwa anspruchsvollere Bücher”

331 “in den kollektivistisch geprägten Kulturen Lateinamerikas sind jene Geschenke besonders angebracht, die für die gesamte Familie geeignet sind”

332 “in Kulturen wie Japan haben Geschenke also einen sehr hohen Stellenwert und dienen direkt und grundlegend zum Aufbau bzw. zur Pflege guter persönlicher Beziehungen”

peculiarità tedesca, invece, consiste nell’incartare interamente un mazzo di fiori con della normale carta da regalo; se al contrario li si regala “con il cellophane intorno è offensivo” (Balboni, Caon 2015, p.75). In Germania, infatti, “visto che un regalo senza degna confezione non è apprezzato, si tende a incartare tutto, anche buste di caramelle o scatole di cioccolatini” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer, p.123). Di fronte a tale usanza un italiano, per esempio, potrebbe provare una grande delusione “perché all’interno del pacchetto si aspetta sempre un regalo e mai caramelle o cioccolatini, che in genere in Italia non vengono incartati (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer, p.123). In generale, continuando con il raffronto tra Germania e Italia: “Per fare bella figura in Germania conta, molto di più rispetto all’Italia, la cura con cui viene preparata la confezione e, magari, l’aggiunta di qualche tocco personale …. Nonostante gli italiani riescano ad apprezzare il gusto e la creatività delle confezioni tedesche, a volte hanno l’impressione che sia “tanto fumo e poco arrosto”, giacché la confezione pomposa può non corrispondere all’effettivo valore del regalo” (Brogelli Hafer, Gengaroli-Bauer, p.121). Per quanto riguarda il momento di apertura dei regali, Balboni e Caon (2015, p.75) ci riferiscono che “la tendenza internazionale è sempre di più quella di aprire il regalo, soprattutto se si tratta di un pacchetto, per comunicare il fatto che è stato gradito; ma in Germania la gestione del regalo è un po’ peculiare: arrivare a una cena con vino o dolci è in qualche modo poco educato e sembra indicare il timore che l’ospite non abbia preparato dolci o predisposto vino: quindi i regali culinari non verranno aperti”. Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer (2011, p.146) sottolineano inoltre che “mentre in Italia il bon ton consiglia di aprire subito i regali davanti a chi li ha dati, per poter mostrare apprezzamento e ringraziare subito, in Germania, invece, i regali, soprattutto in occasioni in cui se ne ricevono molti tutti insieme, generalmente non vengono aperti subito, per non portar via del tempo agli ospiti”.

Abbiamo accennato all’inizio di questo capitolo che nell’ ambito dell’oggettemica, oltre agli oggetti indossati, utilizzati e scambiati, rientrano anche gli oggetti e i complementi di arredo di una casa, di ufficio, ecc. Tali oggetti hanno un significato intrinseco che spesso deriva dai valori, dalle norme, dagli usi e costumi di una cultura. Uno dei primi studiosi ad attribuire un significato rilevante a tale aspetto, seppur non attribuendogli un nome specifico ma riferendosi in generale all’ordine degli oggetti nello spazio, è stato Hall (1968). Egli, parlando del rigoroso concetto di sfera privata dei