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L’INFLUENZA DELL’AMBITO SOCIALE E CULTURALE

2. LA DIMENSIONE NON VERBALE

2.5 LA DIMENSIONE VESTEMICA

2.5.2 L’INFLUENZA DELL’AMBITO SOCIALE E CULTURALE

In generale, in un’ottica di relazioni interpersonali, è utile tenere a mente che: “Nei primi incontri, è spesso il caso che una persona sia osservata prima che qualsiasi parola venga pronunciata”289 (Stillman e Hensley 1980, p.31) e che quindi ciò che una persona indossa influenza il nostro giudizio su di essa. Inoltre: “I giudizi iniziali fatti dai riceventi nei confronti delle persone con cui interagiscono possono avere un’influenza sul corso e

287 “clothing on moving bodies becomes signs and symbols of a communication system as complex and precise, as most verbal language”

288 “The language of fashion as a carrier of personal information”

i risultati delle interazioni sociali”290 (Greenlees et al. 2005, p.39)291. È necessario considerare in aggiunta a quanto finora affermato che il linguaggio vestemico segue delle norme culturali. Sebbene al giorno d’oggi i mass media tendano a stabilire “le tendenze culturali del momento e soprattutto gli standard estetici e di valore”292 (Todorović et. al 2014, p.324)293, vi sono comunque delle differenze culturali che non vanno affatto trascurate. Alcune di esse vengono descritte da Balboni (2014, pp. 72-75), il quale, nel caso di incontri di matrice interculturale, afferma in riferimento al modo di vestire che “l’unica strategia per non commettere errori è costituita dal parlarne chiaramente, esplicitamente con chi ci invita e nell’essere molto chiari con le persone che invitiamo” (Balboni, Caon 2014, p.74). Dalla Vecchia (2016)294 mette ad esempio in evidenza l’importanza attribuita all’abbigliamento dagli italiani e dai tedeschi: “Possiamo notare una differenza tra italiani e tedescofoni, e cioè la preferenza di questi ultimi per la praticità e la comodità, anche a scapito della moda”. Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer (2011, p.148) approfondiscono quanto affermato da Dalla Vecchia in merito ai tedescofoni: “C’è chi, ad esempio, per stare più comodo, indossa sandali tipo Birkenstock anche in ufficio o c’è chi, addirittura, andando a lavoro in bicicletta, opta per un abbigliamento da ciclista, che continua a indossare in ufficio tutto il giorno”. Le autrici sottolineano che agli occhi degli italiani “questa forma di lassismo è impensabile …. Sandali o calzoncini, per gli italiani, vanno bene in vacanza (in montagna, al mare o in campeggio) o nel tempo libero, ma sul posto di lavoro, clienti o non clienti, visto che si va per lavorare, sono del tutto inadguati” (Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer 2011, p.148). Agli occhi dei tedeschi, al contrario, “l’attenzione degli italiani all’abbigliamento viene ritenuta davvero eccessiva e prova della loro superficialità” (Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer 2011, p.123). In riferimento a quanto affermato nelle ultime righe, Balboni ci spiega anzitutto che la scelta del vestiario comunica due aspetti: il rispetto che portiamo all’interlocutore e l’atteggiamento relazionale che si intende instaurare. Pone l’accento sul discorso della formalità, “essenziale per comunicare rispetto” (Balboni, Caon 2014, p.72), portando degli esempi concreti, ai quali accenneremo qui solo brevemente. Un esempio è il

290 “Initial judgements perceivers make of the people with whom they interact can have an influence on the course and outcomes of social interactions”

291https://www.researchgate.net/publication/229366311_The_impact_of_opponents%27_non-

verbal_behaviour_on_the_first_impressions_and_outcome_expectations_of_table-tennis_players Data ultima consultazione: 13/09/2018

292 “the current cultural trends, and above all, valuable and aesthetic standards”

293 http://www.tekstilec.si/wp-content/uploads/2014/12/321-333.pdf Data ultima consultazione: 05/07/2018

294 http://edizionicafoscari.unive.it/media/pdf/article/elle/2016/1numero-monografico/art-10.14277-2280-

seguente: mentre “in Italia un vestito formale include camicia, cravatta e giacca, negli USA è sufficiente la cravatta (il cui uso è invece culturalmente vietato in Iran) …. In Cina il vestito formale è sempre scuro, con camicia rigorosamente bianca” (Balboni, Caon 2014, p.73). Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer (2011, pp.150-151) riflettono sul concetto di vita sociale, sebbene strettamente in riferimento alle differenze tra Italia e Germania: “In Italia, la vita sociale … si svolge ogni giorno e ogni volta che si esce di casa. La cura dela propria immagine pubblica non è, quindi, limitata a occasioni particolari d’incontro, ma fuori casa è importante sempre …. In Germania, invece, uscire un momento a prendere il pane con gli abiti da casa o da lavoro è visto solo come una scelta di praticità … che comunque non ha niente a che vedere né con la dignità né con il decoro della persona”. Le autrici spiegano inoltre che “In Germania la vita sociale sembra essere più circoscritta a occasioni particolari d’incontro, il che crea negli italiani l’impressione che le situazioni per vestirsi meglio siano davvero rare” (Brogelli Hafer e Gengaroli-Bauer 2011, pp.150). Un ulteriore aspetto di rilievo nel discorso sulla vestemica viene presentato da Balboni e Caon (2014). L’autore ci fa infatti riflettere sul valore comunicativo delle grandi firme nell’abbigliamento, che se sfoggiate in presenza di membri di culture emergenti possono essere interpretate come mancanza di rispetto (vedi Balboni e Caon 2014, p.74). In conclusione si può affermare che “la scelta del giusto outfit in base alle circostanze è uno degli elementi chiave del savoir vivre ed indica la conoscenza di specifici norme e principi”295 (Kosowska-Ślusarczik 2014, p.171).

Abbiamo visto in questo capitolo che la competenza vestemica riveste un ruolo talvolta implicito ma assai rilevante nel quadro della comunicazione non verbale. Tramite l’abbigliamento, la scelta di determinati capi e determinati colori, si possono comunicare all’interlocutore la propria identità in termini di personalità, il proprio stato d’animo, l’appartenenza ad un dato gruppo sociale, professionale, nonché l’appartenenza ad un determinato ceto sociale. Il comportamento vestemico è comunque un frutto culturale che viene appreso a partire dal periodo di socializzazione di un individuo e segue diverse tappe, fino all’acquisizione della codificazione vestemica consapevole. Se si prende in considerazione il fatto che all’inizio di un’interazione, ancora prima di parlare siamo visti, il nostro vestiario genera dei giudizi preliminari da parte dell’interlocutore, i quali possono interferire positivamente o negativamente sullo svolgimento della conversazione

295 “choosing the right outfit according to the circumstances is one of the key elements of savoir vivre, indicating knowledge of specific principles and regulations”

e sul raggiungimento di un potenziale obiettivo comunicazionale. Data la natura culturale del linguaggio vestemico, ne deriva che, in particolare durante le interazioni di natura interculturale, i soggetti interagenti sono chiamati ad avere consapevolezza ed una sensibilità maggiori atti ad evitare eventuali conflitti o fraintendimenti. Una possibile soluzione suggerita consiste nel comunicare esplicitamente potenziali aspetti problematici.