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2. LA DIMENSIONE NON VERBALE

2.4 LA DIMENSIONE CINESICA

2.4.3 IL VOLTO

Anolli (2012, p.165) scrive che “è fuor di dubbio che i movimenti del volto costituiscano un sistema semiotico privilegiato, poiché il volto è una regione elettiva del corpo per attirare l’attenzione degli interlocutori, a partire dal periodo neonatale. Tali movimenti servono per manifestare certi stati mentali (certezza, dubbio, confusione, ecc.), le esperienze emotive, nonché gli atteggiamenti interpersonali”. Prima di Anolli, anche Argyle (1992, p.118) afferma che: “Il volto è il canale più rilevante della comunicazione non verbale. È particolarmente importante per l’espressione delle emozioni e degli atteggiamenti verso gli altri”. Konrad Ehlich (in Müller et al. 2013, p.651) indica, dalla più libera alla più ristretta, le parti del volto che costituiscono la comunicazione della mimica facciale: “Gli occhi e la bocca sono i mezzi essenziali. L’utilizzo di fronte e mento per scopi comunicativi è più ristretto. Naso e orecchie hanno solamente un piccolo repertorio di movimenti che potrebbe essere usato per scopi comunicativi”203. Ciò viene in parte condiviso da Fiorino Tessaro che scrive: “L’espressione del viso è caratterizzata in particolare dagli occhi e dalla bocca” (in:

201kinesics has evolved from an anthropological inquiry to a psychological one as well

202 “it is clear to see that an understanding of the meanings behind body language and gestures is an advantage for those in public relations and business realm”

203 “The eyes and the mouth are the essential means. … Forehead and chin are more restricted with regard to their usability for communicative purposes. Nose and ears have only a small repertoire of movement that may be used for communicative purposes”

Padoan 2014, p.130). Minascurta (2016, p.146)204 cita Bonaiuto (2010, p.49) per sottolineare l’importanza delle espressioni derivanti dal volto: “Non soltanto il volto è il canale privilegiato per l’espressione delle emozioni, ma esso partecipa attivamente agli scambi interpersonali in combinazione con in linguaggio”. In riferimento alla relazione tra movimento del volto ed espressioni verbali Argyle cita nel suo saggio Non-verbal

communication in human interaction (in Hinde 1972, p.248) gli “quando un tratto del

comportamento di A è seguito da un cenno di capo di B, A tende ad aumentare la frequenza di quel comportamento”205. Hans e Hans (2015, p.48) accennano ad un altro movimento del capo, questa volta innato e universale: “La scossa del capo da destra a sinistra per significare “no”. Questo segnale non verbale si manifesta dalla nascita, addirittura ancor prima che il bambino conosca il suo significato corrispondente”206. Kappas, Krumhuber e Küster (in Hall, Knapp 2013, p.131) aggiungono che “i neonati sono sostanzialmente attratti da esposizioni visuali del volto dalla nascita e reagiscono per mezzo della mimica facciale solo poche ore dopo”207.

Gli elementi espressivi del volto sono stati classificati da Birdwhistell, ad esempio, come abbiamo visto in precedenza con il suo sistema di notazione (vedi capitolo 2.4.2) che giunge alla distinzione di 32 diversi cinemi che indicano le espressioni del viso. Tuttavia, come ci indica Argyle (1992, p.119), Ekman, Friesen e Tomskin (1971) hanno svolto uno studio più sistematico delle espressioni facciali con lo sviluppo dell FAST (Facial Affect Scoring Tecnique), “in base al quale tre diverse aree del volto vengono analizzate separatamente, confrontandole con fotografie campione”. Tale metodo ha messo in luce che “esistono otto posizioni per le sopracciglia e la fronte, diciassette per gli occhi e le palpebre e quarantacinque per la parte inferiore del volto” (Argyle 1992, p.119). Argyle ritiene che si tratti di un lavoro molto dispendioso in termini di tempo, ma di successo per lavori di comparazione culturale (cfr. Argyle 1992, p.119). Argyle (1992, p.120), spiega inoltre la fisiologia delle espressioni facciali, citando il nervo facciale come attivatore dei vari muscoli che generano espressioni. Tale nervo può essere attivato in due modi, a seconda che l’espressione sia di natura emotiva o intenzionale. Nel primo caso

204 https://www.unistrapg.it/sites/default/files/docs/university-press/gentes/gentes-2016-3-145.p.pdf Data ultima consultazione: 13/09/2018

205 “head-nods”, i cenni del capo, che assolvono ad esempio alla funzione di rinforzo, nel senso che “when a piece of A’s behavior is followed by a head-nod from B, A tends to increase the frequency of that behavior”

206 “The headshake back and forth to signal “no”. This nonverbal signal begins at birth, even before a baby has the ability to know that it has a corresponding meaning”

207 “infants are drawn to face-like visual arrays basically from birth, and they react with facial mimicry only hours thereafter”

“c’è attività nell’ipotalamo e nel sistema limbico nella parte inferiore del cervello, che agiscono sul nucleo del nervo facciale attraverso le vie extra-piramidali” (Argyle 1992, p.121); nel secondo caso “gli impulsi hanno inizio nella corteccia motoria e vanno direttamente al midollo allungato e al nucleo del nervo facciale attraverso il tratto piramidale” (Argyle 1992, p.121).

Müller et. al (2013, p.104) evidenziano l’importanza del volto nell’interazione, affermando che “c’è un’ampia linea di ricerca sulle funzioni sintattiche e semantiche del volto in combinazione con il parlato”208 e citando come esempi le ricerche di Bavelas e Chovil 1997, Birdwhistell 1970, Chovil 1991, Ekman, Sorenson e Friesen 1969. Müller et. al (2013, p.105) mettono in luce inoltre che la faccia può essere usata come “mezzo di regolazione del dialogo e altre attività interazionali”209. I medesimi autori citano uno studio di Kendon (1990), che fa notare che un “un sorriso femminile a labbra chiuse invita ad un bacio, mentre uno a denti esposti no”210 (Müller et. al 2013, p.105). Infine, riferendosi ad un più recente studio, Müller et al. (2013, p.105) scrivono: “Pillet-Shore (2012) nota che, all’inizio di una conversazione, una faccia particolarmente sorridente in concomitanza con dei saluti è usata per esprimere cordialità nella fase iniziale di un incontro e invita ad un’ulteriore interazione”211.

Infine, Kappas, Krumhuber e Küster (in Hall, Knapp 2013, pp.131-133) rimarcano la significatività del volto in sé, partendo dal presupposto che “la faccia è il portale dell’identità e dell’anima”212. Non a caso riprendono delle espressioni dal linguaggio comune come la Gesichtverlust, dal tedesco, ovvero la perdita della faccia e il faire face, dal francese, ovvero affrontare qualcosa e portano il lettore a riflettere sull’esempio concreto rappresentato dal più noto social network attualmente in uso: Facebook, dove l’utente solitamente seleziona una sua immagine profilo che la maggior parte delle volte corrisponde al proprio volto, curata in modo più o meno cosciente (cfr. Kappas, Krumhuber e Küster in: Hall, Knapp 2013, pp.132-133).

Vediamo dunque in dettaglio nei paragrafi successivi il significato delle espressioni facciali e alcune osservazioni sullo sguardo.

208 “there is a rich line of research into the syntactic and semantic functions of the face in conjunction with speech”

209 “means of regulating talk and other interactional activities”

210 “closed-lip smile by the woman invites kissing, while a teeth-exposed smile does not”

211 “In conversational openings, Pillet-Shore (2012) notes that the face, particularly smiling in conjunction with greetings, is used to “do being warm” at the outset of an encounter and invites further interaction” 212 “the face is the portal to identity and soul”