della Magistratura
ROMEI PASETTI: Il mio intervento sarà brevissimo, a compensa-re i tempi utilizzati dal collega Giacalone. Vorcompensa-rei soltanto – approfit-tando della presenza dei rappresentanti del Ministero, dei professori, dei magistrati, degli avvocati e dei notai che sono stati indicati dal Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio del Notariato, che hanno reso possibile questo nostro seminario, ed in particolare con un rin-graziamento anche alla presenza di un osservatore indicato dalla Pre-sidenza della Repubblica – fare il punto su quelle che sono oggi le nostre problematiche in relazione alla formazione dei magistrati. Due i parametri, si è detto dal professor Verde. Il problema di una cultura giuridica comune. Noi stiamo cercando di dare il nostro contributo al problema della formazione del magistrato europeo, che, evidentemen-te, è una sottospecie della formazione del giurista europeo. Vorrei sol-tanto segnalarvi che in questo ambito, proprio per quanto riguarda le prossime iniziative, il 15 dicembre a Laeken, in Belgio, si terrà il Con-siglio Europeo dei Capi di Stato e di Governo, che sarà chiamato a valutare lo stato di attuazione delle conclusioni del Consiglio di Tam-pere del 1999. Questo invito che ci è stato fatto dal Ministero, di tro-varci oggi è altamente significativo perché sarebbe importante porta-re anche un contributo per questo vertice, che si terrà il 15 dicembporta-re, e questo è un argomento che secondo noi potrebbe formare uno dei punti da sottoporre in quella sede. Cosa sta facendo il Consiglio? Io sono molto contenta che oggi si sia fatto riferimento alle problemati-che del linguaggio, perché, a nostro avviso, senza una comunanza di linguaggio non è possibile cercare di attuare uno spazio comune, sia che si voglia affrontare le problematiche del diritto sostanziale, sia quelle processuali. Oggi ne abbiamo avuto la prova, perché già nelle prime tre/quattro osservazioni importanti si è visto che il problema del linguaggio non è irrilevante. Perché? Perché dobbiamo passare dalla fase della comparazione dei sistemi alla fase dell’individuazione di un sistema unitario che possa parlare un linguaggio comune. Cosa stia-mo facendo noi come Consiglio? Noi abbiastia-mo proposto due seminari di formazione, sia in penale che in civile, che riguardano il linguaggio.
Per quelli finanziati dalla Comunità Europea, ci è stato approvato quello del penale e siamo stati messi in lista di attesa per quello del
civile. Questo per dire che ancora, forse, quella che dovrebbe essere la base della nostra comune operatività non è altrettanto ritenuta in sede europea. Voglio significarvi che uno sforzo in questo senso dovrebbe essere fatto non soltanto dal Consiglio, che si sta adoperando concre-tamente per la formazione del magistrato europeo, ma da tutte le altre rappresentanze che sono qui riunite e che hanno interesse alla forma-zione di un giurista europeo. Credo che il problema di individuare ter-minologie che possano avere una valenza unitaria, e soprattutto che possano avere effetti in relazione alla terminologia usata, sia il pre-supposto principale di cui non possiamo non tener conto. Io, quindi, a proposito delle segnalazioni che sono state fatte questa mattina, pen-serei che, al di là di individuare i dati che in questo regolamento non sono coerenti al nostro sistema e cercare di capire se è il nostro siste-ma che deve adeguarsi o se debbono essere fatte richieste perché gli altri sistemi si adeguino alla proposta di Regolamento europeo, dovrebbe essere importante dedicare una prima parte all’individua-zione di quelle tematiche del linguaggio che non sono universali.
Abbiamo sentito il problema della “sentenza”; abbiamo sentito il pro-blema del “giudice” e non è di poco conto nell’applicazione degli effet-ti di un effet-titolo esecueffet-tivo. Credo, quindi, che anche noi oggi dovremmo dare una minima risposta a questo fatto che non è terminologico ma è assolutamente sostanziale. Noi stiamo cercando di farci carico di questo problema nella formazione dei magistrati. Crediamo e auspi-chiamo che sia molto importante che tutti, le Università, l’Avvocatura, il Notariato, che è stato chiamato a buon diritto nella programmazio-ne di questo incontro proprio per le implicazioni che si possono avere in campo europeo, possano e vogliano fare altrettanto. Questa è quin-di l’annotazione che voglio far presente, perché, al quin-di là del fatto quin-di considerare che il testo sia espresso in terminologia burocratica o meno, si tratta proprio di individuare quelle che sono le modalità espressive e comuni di istituti che diventino a loro volta istituti gene-ralizzati. Il punto potrebbe essere inverso. Si potrebbe dire: partiamo dall’unificazione degli istituti e poi otteniamo un linguaggio comune.
Credo che sia difficile in questo taglio fare un ragionamento del gene-re, perché siamo già arrivati alla formulazione di un testo. Quindi dob-biamo cercare di ricavare dal testo quali sono le possibilità di comune indicazione. Vi ringrazio! Questo era quello che volevo far presente, cercando di capire se sia utile dedicare una parte di questo “parere”
anche all’individuazione di quelle terminologie che non sono di comu-ne acceziocomu-ne o comunque di comucomu-ne esperienza rispetto agli spazi giuridici degli altri Paesi.
Intervento del dott. Andreas STEIN, esperto nazionale presso l’Unità Giustizia Affari Interni della Commissio-ne U.E.
STEIN: Lasciatemi innanzitutto ringraziare per l’invito ad essere qui oggi, sono molto onorato di essere a Roma soprattutto alla presen-za di molte persone esperte nel campo che andremo ad analizpresen-zare. Sono anche molto dispiaciuto per il fatto che la mia conoscenza dell’italiano non sia adeguata alla precisione con cui dovremo analizzare questi argomenti. Ringrazio comunque l’organizzazione per l’invito e per la presenza dei traduttori che sono qui oggi. Forse è il caso che io vi indi-chi alcuni punti guida di cui vi parlerò cercando di essere il più breve possibile, ma cercherò anche di analizzare molti dei punti che sono emersi dagli interventi precedenti. Ho anche portato con me una ver-sione inglese e francese della bozza di proposta preliminare in modo che tutti coloro che vorranno, potranno farne delle fotocopie. Per iniziare, la mia analisi è essenzialmente divisa in due parti: la prima è una più generale introduzione sul Titolo Esecutivo Europeo; la seconda è una più specifica analisi riguardante le fondamentali norme della bozza di proposta che abbiamo discusso con specialisti degli stati membri lo scorso mese in Bruxelles. Credo che sia necessario fornirvi un maggio-re inquadramento contestuale della proposta di cui stiamo discutendo.
Ciò perché il titolo esecutivo europeo non è un termine nuovo. Esiste da molto, è stato oggetto di molti seminari o gruppi di lavoro nell’Unione Europea. Credo che la modalità con cui noi utilizziamo il titolo esecuti-vo in questa bozza di proposta non sia esattamente conforme a come è stato considerato nei precedenti lavori compiuti, creando quindi un po’
di confusione. Perché sto dicendo questo? Perché se analizzate le due possibili interpretazioni del titolo esecutivo europeo, una delle due non riguarda solamente le problematiche del riconoscimento e dell’esecu-zione. Credo che dal gruppo di lavoro creato dall’Unione Europea, il concetto di titolo esecutivo europeo indichi la creazione di una proce-dura europea uniforme di raccolta dei crediti non contestati che signifi-ca la creazione della “ingiunzione di pagamento”. Utilizzo questo ter-mine perché mi è molto più familiare. L’obiettivo è quindi quello di crea-re una procedura europea uniforme; in altcrea-re parole un’armonizzazione delle leggi in Europa per arrivare ad una decisione identica nei vari paesi membri dell’Unione Europea. Certamente, se si arriva ad una tale armonizzazione, non ci sarà necessità di una procedura dell’exequatur.
Attualmente la necessità di una ampia procedura dell’exequatur è dovuta alla mancanza di conoscenza delle procedure che possono essere applicate negli stati membri. Se un giudice finlandese riceve una sentenza dal Portogallo, non sa e non può sapere se il diritto di difesa è stato propriamente osservato in virtù delle leggi del Portogal-lo stesso. Quindi deve verificare se questo diritto di difesa sia stato effettivamente osservato. Se la procedura viene uniformata a livello europeo ed il giudice finlandese conosce che tipo di norma quello por-toghese può avere applicato, abbiamo una maggiore garanzia che abbia applicato la norma appropriata e non c’è necessità di un con-trollo aggiuntivo. Credo che questo sia il concetto del titolo esecutivo europeo così come analizzato dagli esperti in materia e che è stato invece mal compreso dalla nostra proposta in quanto essa è limitata esclusivamente alla soppressione dell’exequatur. Essa non crea la pro-cedura europea dell’ingiunzione di pagamento, ma lascia la procedu-ra nazionale sui reclami non contestati completamente intatta. Anche le norme che sono contenute nel capitolo 3, gli standard minimi pro-cedurali, implicano la non necessità di armonizzare queste norme a livello europeo. Tali norme non vincolano il legislatore italiano ad adattare le leggi italiane a questo standard minimo; il legislatore ita-liano è completamente libero di farlo o non farlo. L’unica conseguen-za nel non farlo sarà che la decisione, non conforme a questo minimo livello standard, non è rispondente ai requisiti richiesti per il titolo esecutivo europeo. Alcuni stati membri hanno capito che la non armo-nizzazione priverebbe, per esempio, il creditore italiano della possibi-lità di far osservare la sentenza all’estero. Ma anche per i creditori che non ottengono il titolo esecutivo europeo, è possibile applicare la pro-cedura in virtù del Regolamento cosiddetto Bruxelles I che entrerà in vigore da marzo 2001. Pertanto, se il legislatore italiano ha problemi con tutte queste norme, egli può decidere di mantenere tutte le sue norme con l’unica conseguenza che il titolo esecutivo europeo, in que-sto modo, non sarà disponibile per molti dei suoi creditori. Queque-sto è uno dei principi basilari della proposta e cioè che sia solamente una opzione addizionale, per gli Stati membri e per i creditori. Non è asso-lutamente obbligatorio armonizzare gli standard minimi. Che cosa si intende per titolo esecutivo europeo? E’ quello che io ho chiamato “un passaporto”. Se armonizziamo le procedure legislative e fissiamo gli standard minimi, abbiamo due livelli legislativi. Se un giudice italiano applica le leggi italiane, arrivando così ad una decisione, non necessi-ta quindi di snecessi-tandard minimi per il titolo esecutivo europeo. Il che significa, che prima di ottenere il titolo esecutivo europeo, ci dovrà
essere un controllo caso per caso. Ecco la funzione di passaporto. Il Tribunale che emette il titolo esecutivo europeo, facendolo, certifica che tutte le condizioni relative al titolo sono state raggiunte nella pro-cedura nazionale. Perché questo approccio? Perché non si è diretta-mente istituita l’ingiunzione di pagamento, che da un punto di vista legale sarebbe stata molto più auspicabile? Lasciatemi dire due cose in merito. La prima è che il contesto di questa proposta non è l’ultimo livello di sviluppo e che, parallelamente, la Commissione sta cercando le possibilità per armonizzare le procedure con la creazione di una ingiunzione di pagamento europea. Quindi abbiamo deciso di frazio-nare la discussione per preparare l’eventuale armonizzazione delle procedure legislative. L’obiettivo è di arrivare al 2002 con l’inizio di un processo di consultazioni su quando e come ciò sarà possibile.
Cerco di farvi capire che non abbiamo molta altra scelta nel fare questo perché secondo noi l’armonizzazione dell’ingiunzione di paga-mento è un tentativo veramente complesso. Nell’Unione Europea ci sono vari modelli di ingiunzioni di pagamento. Alcuni stati membri non hanno affatto questa procedura, quindi per loro è completamente un nuovo argomento. E’ il caso, per esempio, della Gran Bretagna, del-l’Olanda, dell’Irlanda. Il secondo gruppo di stati membri è quello che ha, come modello di ingiunzione di pagamento, quello che io definirei latino; voglio dire tutti i paesi che hanno le loro peculiarità, ma sono simili: Italia, Francia e Spagna per esempio. Voglio darvi due distinte tipologie di questo modello di ingiunzione di pagamento. Prima, que-sti Stati richiedono dei rilievi documentali del reclamo perché senza questi rilievi non è applicabile l’ingiunzione di pagamento. La secon-da distinzione è che il debitore ha un termine stabilito per opporsi al reclamo. Ha un tempo limitato per agire, due o quattro settimane, periodo variabile da un paese ad un altro; se non agisce, l’ingiunzione diventa inoppugnabile ed è definitiva, allo stesso tempo. Non c’è nes-sun’altra possibilità di appellare una ingiunzione di pagamento; è una decisione definitiva. Molto in antitesi con questo modello, è quello tedesco e scandinavo. Non si necessita di alcun rilievo documentale, solo una breve descrizione dell’azione – per esempio “contratto con-cluso l’11 novembre per un frigorifero; 2 mila Euro”. Queste sono tutte le informazioni necessarie per dire che non ha pagato. Nessun rilievo documentale è necessario, nessun esame del Tribunale nemmeno sulla natura concludente del reclamo, ma dall’altra parte il debitore ha due possibilità di opposizione. Ha due settimane per agire secondo il modello tedesco; se non lo fa, il Tribunale emette un’altra decisione, cioè l’ingiunzione di pagare, che viene notificata al debitore e che
diventa esecutiva se non fa appello. Quindi ha un’altra possibilità, in altre due settimane, di opporre l’ingiunzione stessa. E’ pertanto una procedura in due tappe, in opposizione al modello latino che ha inve-ce un’unica tappa nella quale il debitore ha una sola possibilità di dire
“no, voglio contestare il reclamo”. Tutto ciò solamente per introdurvi alcune delle difficoltà che dovremo incontrare per armonizzare la pro-cedura dell’ingiunzione di pagamento in Europa.
Lasciatemi parlare anche di un altro punto che rende questo obiet-tivo ancora più complicato e che è strettamente legato alla notifica degli atti. Credo che l’ingiunzione di pagare nell’ambito dei crediti non contestati è il caso in cui la notifica degli atti assume una rilevanza par-ticolare. Perché? Se consideriamo la procedura di ingiunzione che porta ad una decisione inoppugnabile solo se il debitore non partecipa mai al processo, come si arriva a dire che sia un reclamo non conte-stato? Se uno va al processo e espressamente ammette: “sì, il reclamo è giustificato, non avevo il denaro per pagare”, per esempio, è chiaro che in questo modo ha espresso la sua opinione con un consenso espresso. Se non partecipa, come normalmente avviene nelle procedu-re di ingiunzione, l’unica giustificazione per asseriprocedu-re che il procedu-reclamo è non contestato è che c’è un tacito consenso, che il debitore non è stato adeguatamente informato sul reclamo dalla notifica dell’atto ed ha scelto di non agire per una qualsiasi ragione. Ecco il motivo per cui si può asserire che si tratti di un reclamo non contestato. Quindi le leggi che esistono per garantire che abbia ricevuto l’ingiunzione e che abbia avuto la possibilità di opporsi sono veramente molto importanti in tale ottica. E se guardate nella parte dei possibili rifiuti contenuti nell’arti-colo 27 della Convenzione di Bruxelles e nell’artinell’arti-colo 34 del Regola-mento di Bruxelles I che entrerà in vigore a marzo prossimo, l’unica ragione di rifiuto che è rilevante in pratica è l’osservanza appropriata del diritto di difesa. E’ l’articolo 27, paragrafo 2 della Convenzione: l’os-servazione del diritto di difesa. Per essere più concreti, se vogliamo armonizzare le leggi procedurali in modo da creare una ingiunzione di pagamento europea, credo che sia inevitabile armonizzare anche le norme che regolano la notifica degli atti almeno per essere sicuri che le eventuali ragioni per il rifiuto, come emerge dall’articolo 27, non si siano palesate. Se ho detto precedentemente che credo che l’armoniz-zazione delle leggi procedurali, che governano l’ingiunzione di paga-mento stessa, sia difficile, al contrario è relativamente facile se parago-nata all’armonizzazione delle norme relative alla notifica degli atti. Vi darò un esempio mostrandovi gli estremi che abbiamo nei possibili sistemi di notifica degli atti. Nel Regno Unito un atto introduttivo è
notificato ad un difensore con posta ordinaria senza avviso di ricevi-mento. Quello che viene fatto è spedire con posta ordinaria e, se la posta non torna al Tribunale, si presume che il destinatario abbia rice-vuto il documento. Lo stesso succede per le decisioni, per le sentenze.
Se il debitore non agisce, viene istruito un processo in contumacia. In questo caso non si ha alcuna prova che il debitore o il difensore abbia-no realmente ricevuto il documento. Dall’altra parte, posso citare il modello francese che utilizza gli ‘huissiers de justice’, che sono giuristi, per notificare i documenti, per spiegare verbalmente al difensore il significato del documento ed i diritti e doveri procedurali che esso ha.
Quindi non c’è soltanto qualcuno che bussa alla mia porta portandomi un atto, ma anche che mi spiega di che cosa si tratta, che cosa posso e devo fare se voglio evitare una sentenza a me sfavorevole. E’ sicura-mente un modello che protegge il difensore molto accuratasicura-mente, ma che sicuramente costa molto. Il costo del servizio di notifica degli atti è veramente alto se paragonato a quello di altri stati membri dell’Unio-ne Europea. Se guardiamo a questi due estremi e a tutti i modelli che si trovano nel mezzo possiamo vedere quanto l’armonizzazione delle norme che regolano la notifica degli atti sia un compito difficile. Sono convinto che dobbiamo affrontare questo problema quando ci avvici-niamo alla creazione di una ingiunzione di pagamento europea. Que-sta armonizzazione non può avvenire senza un’adeguata preparazione anche perché richiede attività di ricerca e consultazioni e non è una cosa che può essere attuata al momento senza questa preparazione.
Ecco perché il “green paper”, che consente queste consultazioni, questi contributi da parte di altri Stati membri, è lo strumento atto a prepa-rare questa armonizzazione.
Credo che la gamma di azione da noi scelta in questa bozza di pro-posta sia ampia; non copre solamente le procedure dell’ingiunzione di pagamento. Se vogliamo creare un ordine europeo parallelamente ad una procedura europea di ingiunzione, sarà solo questa ingiunzione di pagamento europea l’oggetto di un Titolo Esecutivo europeo. Nel nostro modello, l’applicazione di decisioni nazionali è molto di più di questo. La gamma di applicabilità include gli strumenti autentici, le decisioni in contumacia, per esempio. In alcuni Stati membri c’è la possibilità di emettere una sentenza anche se il difensore, per esem-pio, arriva in Tribunale e dice: “sono d’accordo con il reclamo”. In Gran Bretagna c’è l’istituto della sentenza su consenso che è contem-plata da questo modello. Non mi voglio addentrare nel dettaglio, ma voglio soltanto sottolineare che la gamma di applicabilità della nostra proposta è relativamente ampia.
Un argomento che ha suscitato qualche dubbio e perplessità è la seguente questione: che cosa è esattamente un reclamo incontestato?
Credo che ci sono delle incomprensioni basate su differenze linguisti-che. Cercherò di chiarire, per quanto mi è possibile, che cosa inten-diamo per reclamo incontestato. Se inten-diamo uno sguardo alle varie parti dell’articolo 2, vediamo che cosa si intende. Cominciamo dall’articolo 2, paragrafo 1: la definizione di sentenza. Ho tenuto conto delle diffi-coltà linguistiche correlate al termine sentenza. Questo articolo 2, paragrafo 1, intende fare riferimento alla stessa prospettiva di appli-cazione del Regolamento Bruxelles I. Per esempio, se è chiamata deci-sione o qualcosa di simile in italiano e nel regolamento di Bruxelles I, sarà così anche in questa bozza di proposta. Questo punto credo sia stato sollevato dal signor Giacalone. Non ci deve essere alcun dubbio
Credo che ci sono delle incomprensioni basate su differenze linguisti-che. Cercherò di chiarire, per quanto mi è possibile, che cosa inten-diamo per reclamo incontestato. Se inten-diamo uno sguardo alle varie parti dell’articolo 2, vediamo che cosa si intende. Cominciamo dall’articolo 2, paragrafo 1: la definizione di sentenza. Ho tenuto conto delle diffi-coltà linguistiche correlate al termine sentenza. Questo articolo 2, paragrafo 1, intende fare riferimento alla stessa prospettiva di appli-cazione del Regolamento Bruxelles I. Per esempio, se è chiamata deci-sione o qualcosa di simile in italiano e nel regolamento di Bruxelles I, sarà così anche in questa bozza di proposta. Questo punto credo sia stato sollevato dal signor Giacalone. Non ci deve essere alcun dubbio