IL TITOLO ESECUTIVO EUROPEO E LE PROBLEMATICHE DI COORDINAMENTO CON LA NORMATIVA PROCESSUALE CIVILISTICA INTERNA E CON
IL DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE
Roma, 17 novembre 2001
QUADERNI
Consiglio Superiore della Magistratura del
QUADERNI DEL
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Anno 2002, Numero 125
Pubblicazione interna per l’Ordine giudiziario curata dal Consiglio Superiore della Magistratura
NOTA INTRODUTTIVA
Nel corso di questa consiliatura abbiamo avuto la consapevolezza che si cammina speditamente verso una giustizia europea. Per conse- guire questo obiettivo occorre procedere in varie direzioni:
a) omologare, per quanto è possibile, le normative sostanziali e pro- cessuali;
b) agevolare la formazione del giurista europeo, di cui espressione sarà così il giudice come l’avvocato capaci di esercitare le loro pro- fessioni in Europa o nel loro Paese quale parte dell’Europa;
c) organizzare gli uffici giudiziari secondo standard comuni;
d) rendere possibile la circolazione in Europa degli atti e dei provve- dimenti giudiziari a prescindere dal luogo di origine.
Il compito è pieno di difficoltà. In primo luogo c’è il problema del linguaggio che noi giuristi avvertiamo specialmente quando ci trovia- mo di fronte a termini che sono indicativi di una disciplina specifica di un particolare ordinamento. Non sempre è possibile una traduzio- ne sintetica nella nostra lingua: si pensi al significato che noi diamo alle parole sentenza, ordinanza e decreto; parole che non sempre tro- vano nella lingua straniera un esatto corrispondente.
Vi è poi il problema del rapporto tra i diritti nazionali e le norma- tive approvate in sede europea. Ed infatti, tutto il sistema delle fonti si sta riorganizzando di fronte alla nuova realtà che si profila.
Finalmente c’è da considerare quali siano le ripercussioni della disciplina comunitaria sulla disciplina interna tutte le volte in cui le due discipline non siano perfettamente sovrapponibili.
Un problema molto particolare e, se vogliamo, limitato quale è quello della creazione di un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati ha presentato, quasi in misura esemplare, tutte e tre le
richiamate difficoltà. Ciò è particolarmente significativo perché, a ben vedere, davvero si tratta di un intervento settoriale che non sembra comportare, a prima vista, particolari ostacoli. In sintesi, infatti, si tratta di eliminare la procedura di exequatur per i titoli giudiziari ese- cutivi emanati sul presupposto della non contestazione da parte del debitore.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 7 novembre 2001, ha indetto una giornata di studio sul problema del titolo esecutivo europeo per crediti non contestati in base ad una sol- lecitazione dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, rite- nendo tale iniziativa particolarmente opportuna proprio per la consa- pevolezza che oramai anche nel settore del diritto si viaggia verso l’in- tegrazione europea. La fase operativa dell’incontro è stata curata dai Componenti del Comitato Scientifico presso il C.S.M., prof. Bruno Capponi, dottori Alessandro Pepe e Irene Tricomi. L’incontro ha avuto luogo il 17 novembre 2001 ed ha potuto avvalersi della partecipazione di professori universitari, di magistrati e di esponenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio Nazionale del Notariato. E’ interve- nuto anche il dottor Andreas Stein, esperto nazionale presso l’Unità Giustizia Affari Costituzionali della Commissione UE.
Si è trattato di una giornata di lavoro assai intensa, arricchita da pregevoli relazioni e da interessanti interventi che hanno tutti eviden- ziato come, anche in relazione al titolo esecutivo in questione, i pro- blemi da risolvere siano numerosi e come le ripercussioni sull’ordina- mento interno – partire dalla stessa nozione di non contestazione – siano di non poco momento. Si è perciò ritenuto di raccogliere in volu- me il materiale frutto della riunione per lasciarne una traccia duratu- ra e facilmente utilizzabile da quanti avranno ad occuparsi nel futuro del problema.
Roma, luglio 2002
Il Vice Presidente del C.S.M.
prof. Giovanni Verde
INDICE GENERALE
Delibera del C.S.M. in data 7 novembre 2001 . . . Pag. 11 Delibera del C.S.M. in data 14 febbraio 2002 – Relazione di
sintesi. . . » 15
SESSIONE ANTIMERIDIANA
Apertura dei lavori ed intervento del Prof. Giovanni VERDE, Vice Presidente del Consiglio Superiore della
Magistratura . . . » 29 Problematiche processual-civilistiche poste dal progetto di
Regolamento . . . » 33 Prof. Giuseppe OLIVIERI, professore straordinario di diritto
processuale civile presso la Facoltà di Giurisprudenza del- l’Università Federico II di Napoli
Verso il titolo esecutivo europeo per i crediti non conte-
stati . . . » 49 Dott. Giovanni GIACALONE, magistrato componente la
delegazione italiana nel Gruppo per le questioni di diritto civile presso la Commissione U.E.
Intervento della dott.ssa Manuela ROMEI PASETTI, Presi- dente della Nona Commissione del Consiglio Superiore della
Magistratura . . . » 59
Intervento del dott. Andreas STEIN, esperto nazionale presso l’Unità Giustizia Affari Interni della Commissione
U.E. . . » 61
Osservazioni sul progetto preliminare di Regolamento in
tema di titolo esecutivo europeo . . . » 71 Avv. Ugo OPERAMOLLA, componente del Consiglio Nazio-
nale Forense
Intervento del dott. Catello D’AURIA, notaio in Napoli . . . . » 75
Intervento del prof. Federico CARPI, professore ordinario di diritto processuale civile presso la Facoltà di Giurispru-
denza dell’Università di Bologna . . . » 77
Intervento del prof. Giorgio COSTANTINO, professore di diritto processuale civile presso la Facoltà di Giurispru-
denza dell’Università di Bari . . . » 81
Intervento del prof. Paolo BIAVATI, professore straordinario di diritto processuale civile presso la Facoltà di Giurispru-
denza dell’Università di Bologna . . . » 87
SESSIONE POMERIDIANA
Problematiche internazional-privatistiche poste dal pro-
getto di Regolamento . . . » 95 Prof. Tito BALLARINO, professore ordinario di diritto inter-
nazionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova
Intervento del prof. Girolamo Alessandro MONTELEONE, professore ordinario di diritto processuale civile presso la
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo . . . . » 117
Sulla proposta di Regolamento del Consiglio – Titolo ese-
cutivo europeo per i crediti non contestati . . . » 119 Prof. Giuseppe TARZIA, professore ordinario di diritto pro-
cessuale civile presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Uni- versità degli Studi di Milano
Intervento del dott. Franco DE STEFANO, giudice del Tri-
bunale di Salerno . . . » 131 Intervento della dott.ssa Maria Giuliana CIVININI, magi-
strato di tribunale destinato alla Corte di Cassazione . . . . » 135 Intervento del dott. Mario Rosario MORELLI, consigliere
della Corte di Cassazione . . . » 137 Intervento del dott. Giuseppe CELESTE, notaio in Latina » 139 Brevi osservazioni sul testo della proposta di Regolamento
del Consiglio in materia di titolo esecutivo europeo per i
crediti non contestati . . . » 143 Dott. Giacomo OBERTO, giudice del Tribunale di Torino
Il quadro comunitario . . . » 149 Ministro Plenipenitenziario Rocco CANGELOSI, Direttore
generale per l’integrazione europea del Ministero degli Affari Esteri e dott. Alfredo RIZZO, esperto giuridico presso la Dire- zione generale per l’integrazione europea del Ministero degli Affari Esteri
Intervento del dott. Emanuele CALO’, funzionario dell’Uf-
ficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato . . . » 157 Intervento del dott. Raffaele SABATO, giudice del Tribu-
nale di Napoli . . . » 159 Intervento del dott. Andreas STEIN, esperto nazionale pres-
so l’Unità Giustizia Affari Interni della Commissione U.E. » 167
Delibera del C.S.M. in data 7 novembre 2001
“Il Consiglio nella seduta del 7 novembre 2001,
letta la nota in data 26 ottobre 2001 del Ministero della Giustizia – Ufficio Legislativo (all. 1 – omissis) con la quale i magistrati, com- ponenti la delegazione italiana nel Gruppo di lavoro per le questioni di diritto civile presso la Commissione U.E., hanno rappresentato che:
– è stato di recente predisposto dalla Commissione U.E. un pro- getto preliminare di Regolamento del Consiglio in tema di Titolo ese- cutivo europeo per i crediti non contestati, su cui in data 17 ottobre 2001 è stata richiesta la formulazione da parte di ciascuno Stato mem- bro di osservazioni scritte in brevissimo termine;
– ai fini della formulazione delle predette osservazioni è necessa- rio acquisire le valutazioni degli operatori giudiziari italiani (magi- strati impegnati nell'esecuzione di sentenze straniere e nell'applica- zione delle convenzioni di Bruxelles e Lugano ed esponenti della clas- se forense esperti nei medesimi settori) nonché di docenti di diritto processuale civile e di diritto internazionale privato e processuale, in quanto la disciplina ipotizzata pone significativi problemi di coordi- namento con le norme processuali civilistiche interne e con il diritto processuale civile internazionale;
– sarebbe stata opportuna l'organizzazione di una giornata di stu- dio sul tema del titolo esecutivo europeo;
rilevato che la nota predetta è stata trasmessa anche alla Nona Commissione che, condividendo la valutazione di opportunità dell'ini- ziativa, ha richiesto al Comitato Scientifico uno schema di program- ma dei lavori che si allega (all. 2 – omissis);
ritenute l'urgenza e l'importanza dell'iniziativa sollecitata anche dal Ministero della Giustizia e ritenuto di procedere pertanto all'orga- nizzazione di un seminario della durata di un giorno presso il Consi- glio Superiore della Magistratura con la partecipazione di docenti uni- versitari, magistrati esperti in materia, oltre a rappresentanti dell'Av- vocatura e del Notariato;
delibera
di effettuare l'incontro di studio in oggetto nella giornata del 17 novembre 2001, secondo l'allegato programma (all. 2 – omissis), pre-
disposto dai componenti del Comitato Scientifico prof. Bruno Cappo- ni, dott. Alessandro Pepe e dott.ssa Irene Tricomi e di nominare i rela- tori ivi indicati, (omissis);
di prevedere la partecipazione quali invitati dei seguenti docenti universitari:
prof. Italo Andolina, dell'Università di Catania;
prof. Tito Ballarino, dell'Università di Padova;
prof. Paolo Biavati, dell'Università di Bologna;
prof. Fausto Capelli, Direttore del Collegio Europeo di Parma;
prof. Federico Carpi, dell'Università di Bologna;
prof. Claudio Consolo, dell'Università di Padova;
prof. Giorgio Costantino, dell'Università di Bari;
prof. Umberto Leanza, dell'Università di Roma Tor Vergata;
prof. Francesco Paolo Luiso, dell'Università di Pisa;
prof. Giuseppe Miccolis, dell'Università di Lecce;
prof. Girolamo Alessandro Monteleone, dell'Università di Palermo;
prof. Renato Oriani, dell'Università di Napoli;
prof. Nicola Picardi, dell'Università di Roma;
prof. Romano Vaccarella, dell'Università di Roma;
prof. Gustavo Visentini, dell'Università di Roma nonché dei seguenti magistrati:
dott.ssa Maria Giuliana Civinini, magistrato di tribunale destinato al Massimario presso la Corte di Cassazione;
dott. Arrigo De Pauli, Presidente del Tribunale di Gorizia;
dott. Franco De Stefano, Giudice del Tribunale di Salemo;
dott. Luigi Di Nanni, Consigliere della Corte di Cassazione;
dott. Lucio Di Nosse, Consigliere della Corte di Appello di Napoli;
dott. Mario Rosario Morelli, Consigliere della Corte di Cassazione;
dott. Giacomo Oberto, Giudice del Tribunale di Torino;
dott. Raffaele Sabato, Giudice del Tribunale di Napoli;
dott. Gerardo Sabeone, Consigliere della Corte di Appello di Roma;
dott. Antonio Saggio, Presidente di sezione della Corte di Cassazione;
dott.ssa Marina Tavassi, Consigliere della Corte di Appello di Milano;
dott. Paolo Vittoria, Consigliere della Corte di Cassazione
di invitare, inoltre, 5 esponenti del Consiglio Nazionale Forense e 5 esponenti del Consiglio Nazionale del Notariato o loro delegati; non- ché il dott. Mario Tenreiro, Capo Unità Giustizia Affari Interni della
Commissione responsabile della cooperazione giudiziaria civile, il dott. Andreas Stein, esperto nazionale presso l'Unità Giustizia Affari Interni della Commissione U.E. e l'ambasciatore Rocco Cangelosi, Direttore generale Integrazione Europea;
di affidare ai componenti del Comitato Scientifico prof. Bruno Capponi e dott.ssa Irene Tricomi, magistrato addetto all'Ufficio Studi e Documentazione del C.S.M., il coordinamento dell'incontro e la redazione del documento di sintesi, prevedendo la registrazione degli interventi anche al fine della pubblicazione degli atti della giornata di studio in un Quaderno del Consiglio Superiore della Magistratura.
. . . . omissis
Delibera del C.S.M. in data 14 febbraio 2002 – Relazione di sintesi
Il Titolo esecutivo e le problematiche di coordinamento con la normativa processuale civilistica interna e con il diritto
processuale civile internazionale
Roma 17 novembre 2001
Relazione di sintesi dei lavori
Il Consiglio Superiore della Magistratura, su iniziativa della VI Commissione presieduta dal Consigliere dott. Agnello ROSSI e della IX Commissione presieduta dalla dott.ssa Manuela ROMEI PASETTI, aderendo all’invito del Ministero della Giustizia, ha promosso una giornata di studio avente ad oggetto “Il titolo esecutivo europeo e le problematiche di coordinamento con la normativa processuale civili- stica interna e con il diritto processuale civile internazionale”.
Si è inteso così offrire un contributo di riflessione su un tema di grande interesse ed attualità, che investe l’amministrazione della giu- stizia.
Ed infatti, come rappresentato dal Ministero della Giustizia, si è pervenuti alla predisposizione, da parte del Consiglio dell’Unione europea, della proposta di Regolamento recante disciplina del Titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati.
L’incontro si è tenuto in Roma presso la sede del Consiglio Supe- riore della Magistratura il 17 novembre 2001 ed è stato presieduto dal prof. Giovanni VERDE, Vice-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha tenuto la relazione introduttiva.
Hanno aderito all’iniziativa del Consiglio, curata per gli aspetti scientifici dal prof. Bruno CAPPONI, dal dott. Alessandro PEPE, com- ponenti del Comitato Scientifico e dalla dott.ssa Irene TRICOMI, magistrato dell’Ufficio Studi e Documentazione del C.S.M. designato nel Comitato Scientifico, partecipando ai lavori e intervenendo con attenzione sulle questioni in esame docenti universitari nelle materie processual-civilistiche e internazionalistiche, magistrati, notai desi- gnati dal Consiglio nazionale del notariato e avvocati designati dal Consiglio nazionale forense, esperti del Ministero egli Esteri.
L’intervento del dr. Andreas STEIN, esperto nazionale presso l’U- nione Giustizia Affari Interni della Commissione U.E. a Bruxelles ha
consentito di approfondire e chiarire preliminarmente la ratio com- plessiva ed alcuni specifici passaggi del testo del progetto.
Sono intervenuti i Consiglieri del C.S.M., dott. Gianfranco GILAR- DI, dott.ssa Manuela ROMEI PASETTI, prof. Eligio RESTA.
Brevi linee introduttive sono state tracciate dal prof. Giuseppe OLI- VIERI, dal dott. Giovanni GIACALONE, dal prof. Tito BALLARINO.
La relazione di sintesi è stata curata dal prof. Giuseppe TARZIA.
I temi trattati durante lo svolgimento dei lavori sono stati molte- plici e nella presente relazione si riportano in sintesi alcune delle indi- cazioni emerse, rinviando, per una compiuta valutazione complessiva dell’incontro di studio, al testo dei singoli interventi, di cui sarà cura- ta la pubblicazione dal C.S.M., ed al programma e alla scheda orga- nizzativa che si allegano (all.ti n. 1 e 2 – omissis).
Il Progetto predisposto dal Consiglio UE tende a realizzare un tito- lo esecutivo europeo al fine di evitare ulteriori procedimenti nello Stato richiesto per procedere all'esecuzione.
L'art. 3 rubricato "Abolizione dell'exequatur" prevede: «Ogni sen- tenza relativa ad un credito pecuniario liquido non contestato emessa in uno Stato membro ed esecutiva in tale Stato membro è riconosciu- ta e resa esecutiva negli altri Stati membri senza che sia necessaria alcuna procedura speciale nello Stato membro in cui deve avvenire l'e- secuzione, se la sentenza è stata trasformata in titolo esecutivo euro- peo nello Stato membro in cui è stata resa».
Si è osservato come appare opportuno per una reale integrazione che vi sia armonizzazione anche nel processo di accertamento del cre- dito, in modo che non si verifichi che sia più facile per il creditore pro- curarsi il titolo in un paese dell'Unione piuttosto che in un altro.
E ciò, si è ulteriormente rilevato, richiama anche l'esigenza che nel nostro ordinamento trovi piena attuazione l'art. 111 della Cost.
sulla durata ragionevole dei processi.
Il Progetto collega il titolo esecutivo europeo non solo alle senten- ze di cui all'art. 4, ma anche alle conciliazioni giudiziarie, agli atti autentici, alle convenzioni in materia di obbligazioni alimentari stipu- late davanti alle autorità amministrative o autenticate da queste ulti- me (artt. 23 e 24), prevede la individuazione dei crediti ammessi alla tutela privilegiata (Capo II, Capo V) e le norme minime di garanzia per l’esecuzione nello Stato richiesto (Capo IV).
Integra poi la parte concernente la individuazione dei crediti (non contestati) ammessi alla tutela privilegiata il Capo III, che stabilisce il contenuto irrinunciabile – norme minime – perché un credito possa essere considerato non contestato o, più esattamente, le condizioni
minime richieste a un processo perché la sentenza che lo conclude possa aspirare al rango di titolo utilizzabile liberamente in qualsiasi Stato dell'Unione.
Si è osservato come meritevoli di particolare attenzione paiano le nozioni comunitarie autonome di "sentenza", di credito "non contesta- to", di sentenza "passata in giudicato".
Quanto al primo punto, si è osservato che la nozione corrisponde sostanzialmente a quelle che si rinviene nella C.B. (art. 25) nel Reg.
44/2001 (art. 32) e nella Direttiva 35/2000 (art. 5).
Non è stato tuttavia ritenuto apprezzabile l'uso di una espressione diversa ("sentenza" anziché "decisione") (art. 2 punto 1) che esclude di conseguenza dalla esemplificazione proprio quel provvedimento che prende il nome di "sentenza" nell'ordinamento interno: che pure può essere emesso, almeno in alcuni ordinamenti, sulla base del ricono- scimento della domanda (cfr. S 313 ZPO tedesca) o sull'accordo delle parti (judgement by consent).
Qui si è osservato come quindi si imponga peraltro un primo rilie- vo, che è stato formulato a titolo esemplificativo, giacché potrebbe essere ripetuto numerose altre volte: e cioè quello della divergenza tra il testo italiano e – a seconda dei casi – quello inglese e francese. Ed infatti nel testo inglese, si parla sì di judgement, ma nell'esemplifica- zione, tra l'altro, di decisione, in luogo della nostra ordinanza. Nel testo francese, al contrario, si riprende la nozione comunitaria di déci- sion, e tra gli esempi si ritrovano arrêt, judgement, ordonnance.
L'armonizzazione dei testi, sotto il profilo dell'impiego di termini corrispondenti nelle varie lingue dell'Unione (sia per la nozione comu- ne che per il richiamo alle denominazioni interne), costituisce, per gli intervenuti alla giornata di studio, il primo compito che la Commis- sione deve affrontare.
Quanto al credito "non contestato", è stato ricordato, per il rac- cordo con la nuova proposta, quanto voluto dall'art. 5 della Direttiva e cioè "che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, indipendentemen- te dall'importo del debito, di norma entro 90 giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato il ricorso o ha proposto una domanda dinanzi al giudice o altra autorità competente, ove non siano contestati il debito o gli aspetti procedurali"; tenuto conto che "il perio- do di 90 giorni di calendario ... non include i periodi necessari per le notificazioni né qualsiasi ritardo imputabile al creditore, come i ter- mini necessari per regolarizzare il ricorso o la domanda".
Vi è ora una ben più larga apertura alla "non contestazione", v. art.
2. Occorre peraltro segnalare le incertezze interpretative legate alle
fattispecie dell'art. 2, n. 3, lett. b) e c): il debitore "non l'ha contestato nel corso del giudizio" appare "non è comparso o non si è fatto rap- presentare in giudizio in un'udienza relativa a tale credito".
Qui due vie sono, in astratto, aperte:
– considerare queste come fattispecie comunitarie autonome, indipendenti dal regime interno: così ad es. per il tempo della non- contestazione e per il tempo della comparizione, dando rilievo a que- sti comportamenti, attivi od omissivi, quale che sia il momento in cui si sono verificati;
– ovvero cogliervi un rinvio ai diritti nazionali al riguardo, ad es.
sulla non contestazione o la non opposizione all'ingiunzione di paga- mento e, laddove esista, alla sentenza contumaciale.
Non è sembrato che la proposta normativa comunitaria sia idonea a sovrapporsi a quelle nazionali, che fissano tempi e modi per la non- contestazione e la comparizione (o meglio, per il nostro ordinamento, la costituzione) in giudizio.
Questo compito, d'altronde, richiederebbe una normativa ben più specifica; richiederebbe, precisamente, una "costruzione" europea uniforme della struttura del processo, per stabilire come e quando possano ravvisarvisi gli eventi che permettono di considerare "non contestato" il credito.
La nozione di "credito non contestato" deve forgiarsi dunque sulla base delle norme interne, come lasciano intendere le lettere a) e d) del punto 3 dell'art. 2, riferite rispettivamente ad una “transazione appro- vata dal giudice”e alla accettazione “n un atto redatto secondo le forme prescritte” Alla medesima conclusione conduce l'interpretazio- ne del capo III sulle “orme minime” (art. 10 ss.), che devono rinvenir- si o introdursi nei diritti interni “per i procedimenti relativi a crediti non contestati”.
Altro è fissare le condizioni alle quali il procedimento interno può dar luogo alla non-contestazione, nella prospettiva della piena tutela del diritto di difesa del debitore, altro sarebbe immaginare che queste
“norme minime”, integrate con l'art. 2, disegnino un modo o un pro- cedimento autonomo per la formazione della “non contestazione”, del tutto svincolato dal diritto interno.
La mancata contestazione o la mancata comparizione – secondo questa interpretazione – acquistano dunque rilevanza, sul piano del Regolamento proposto, se e nei limiti nei quali sono già ad altri fini definite e rilevanti nel diritto interno, purché il procedimento osservi le “garanzie” volute dagli artt. 11 ss.
Sarebbe tuttavia opportuno eliminare ogni dubbio al riguardo,
completando i punti b) “non l'ha contestato nel corso del giudizio” e c) “non è comparso” con la precisazione “nei termini fissati dalla legge del foro”.
Il rinvio al diritto interno è poi inconfutabile per quanto concerne il “passaggio in giudicato”: nel senso che solo alla stregua di quel dirit- to si può stabilire se “non è possibile proporre alcuna impugnazione ordinaria” contro la “sentenza” ovvero “il termine per proporre un'im- pugnazione ordinaria contro di essa è scaduto e l'impugnazione ordi- naria non è stata proposta” (art. 2, punto 4, a) e b). La normativa è pie- namente applicabile alla nostra “ingiunzione di pagamento”, che passa in giudicato se non è proposta l'opposizione al decreto (ex art.
645 c.p.c.) e se non ha luogo la costituzione del contumace ingiunto con ordinanza (ex art. 186-ter, 5° comma, c.p.c.).
Si è altresì osservato come le condizioni richieste per ottenere un titolo esecutivo europeo sono così indicate dal progetto:
a) un credito pecuniario liquido ed esigibile (non dipendente da
«contropartita»), che non riguardi una delle materie indicate dal 2°
comma dell'art. 2;
b) da qualsiasi giurisdizione accertato [il che sembrerebbe signifi- care che anche il giudice amministrativo, nelle materie di giurisdizio- ne esclusiva, è abilitato al rilascio del titolo esecutivo europeo; questa possibilità richiede che si precisi l'espressione crediti in materia amministrativa contenuta nel 1° comma dell'art. 1 del Prog., come limitata alla applicazione di sanzioni e o pene pecuniarie inflitte dal- l'amministrazione];
c) un credito non contestato, situazione che si verifica in presen- za di una delle seguenti fattispecie: c.1) «il debitore l'ha espressamen- te accettato nel corso del giudizio per ammissione o tramite la con- clusione di una transazione approvata dal giudice» (art. 2, 3° comma, lett. a); c.2) «non l'ha contestato nel corso del giudizio» (art. 2, 3°
comma, lett. b); c.3) «non è comparso o non si è fatto rappresentare in giudizio in un'udienza relativa a tale credito» (art. 2, 3° comma, lett.
c); c.4) «l'ha espressamente accettato in un atto redatto secondo le forme prescritte o registrato come autentico» (art. 2, 3° comma, lett.
d);
d) un credito che abbia queste caratteristiche può diventare titolo esecutivo europeo se: d.1) la sentenza che lo contenga sia passata in giudicato (e cioè non sia impugnabile nei modi ordinari) e d.2) sia stata emessa all'esito di un procedimento che soddisfi i requisiti pro-
cedurali minimi indicati nel Capo III del Progetto; d.3) la notificazio- ne dei documenti sia avvenuta in conformità con l'art. 29 del Progetto (che richiama, ma solo in parte, il regolamento 1348/2000); d.4) non sia in contrasto con le sezioni 3 (competenza in materia di assicura- zioni), 4 (competenza in materia di contratti conclusi da consumato- ri) e 6 (competenze esclusive dei giudici di uno Stato indicate dell'art.
22) del Capo II del regolamento 44/2001 (art. 4 Prog.);
e) il debitore sia residente o «abitualmente domiciliato» in uno Stato membro della Unione Europea.
È importante sottolineare che un credito pecuniario liquido non contestato (cfr. supra, lett. c) che soddisfi tutte le condizioni dell'art. 4 (appena indicate alla lett. d), ma che sia sancito da una sentenza non passata in giudicato (che in altri ordinamenti potrebbe non essere neppure esecutiva) può far ottenere al creditore il titolo esecutivo europeo per misure cautelari.
Infine, il titolo esecutivo europeo può assistere un credito pecu- niario liquido risultante:
a) «da una transazione ... omologata da un giudice nel corso del procedimento e che sia esecutiva nello Stato membro nel quale è stata conclusa» (art. 23, 1 ° comma), oppure da
b) un «documento redatto secondo le forme prescritte o registra- to come atto autentico e che sia esecutivo in uno Stato membro», se il debitore è stato debitamente informato dell'esecutorietà diretta del documento ... e detta informazione è provata dalla presenza nel docu- mento di una clausola firmata dal debitore» (art. 24). Il secondo comma dell'art. 4 (nella condivisibile esigenza di evitare attese non indispensabili) stabilisce che la richiesta per l'emanazione di un titolo esecutivo europeo – ricorrendo le altre condizioni stabilite dal 1°
comma (conformità alle norme minime del procedimento) – possa essere avanzata «in qualsiasi momento durante e dopo il procedimen- to da cui trae origine la sentenza».
Questo significa, a voler ben intendere la disposizione, che: a) la richiesta di un titolo esecutivo europeo in corso di causa non è inam- missibile, né è inammissibile la richiesta presentata in un (qualsiasi) momento successivo alla definizione del procedimento; b) il giudice del procedimento dovrà allora dichiarare che la sentenza, una volta passata in giudicato, può diventare titolo esecutivo europeo e dovrà (salva naturalmente l'attestazione del passaggio in giudicato) inserire tutte le indicazioni richieste dall'art. 6; c) la sentenza così formulata
potrà essere titolo esecutivo europeo con la semplice attestazione del passaggio in giudicato.
Quando ricorrono le condizioni indicate, «la sentenza è, su domanda del creditore, trasformata in titolo esecutivo europeo nello Stato membro d'origine dal giudice che ha emesso la sentenza» (art. 4, 2° comma), tale trasformazione è operata dal giudice, il quale «redige il titolo esecutivo europeo secondo il modello uniforme riportato all'allegato I del presente regolamento, a mezzo del quale certifica ... » quanto stabilito dall'art. 6.
Tali disposizioni hanno portato a sollevare una serie di osserva- zioni e precisamente:
a) l'opportunità che sia un giudice (come indicato nel Progetto) a redigere (rectius: a rilasciare) il titolo esecutivo europeo, considerato che gli accertamenti che deve compiere (quali l'osservanza delle norme minime per i procedimenti relativi a crediti non contestati con- tenute nel Capo III del progetto) hanno natura giurisdizionale, coin- volgendo i diritti del creditore e del debitore;
b) il giudice competente sembra individuato nel giudice dello Stato d'origine che ha emesso la sentenza (rectius: il provvedimento):
il rilascio del titolo esecutivo europeo pertanto potrebbe essere effet- tuato (oltre che dai giudici di primo grado), anche dai giudici di appel- lo e perfino (nelle ipotesi collegate alla possibilità della pronuncia nel merito) da parte della Corte di cassazione. L'individuazione di tale giudice non sembra in grado di far sorgere particolari problemi, ponendo altresì i medesimi interrogativi del diritto interno sulla scel- ta del cancelliere che deve procedere alla spedizione in forma esecuti- va del provvedimento giudiziale a norma dell'art. 475 c.p.c., ovvero del capo dell'ufficio giudiziario cui rivolgere la richiesta di rilascio di altre copie del provvedimento in forma esecutiva (art. 476 c.p.c.);
c) la previsione secondo cui il giudice che redige il titolo esecuti- vo europeo deve certificare, oltre all'importo del credito portato dalla sentenza (o dall'atto pubblico), anche «gli interessi e il periodo di tempo in cui sono dovuti interessi» (art. 6, lett. c, Prog.); poiché il cal- colo degli interessi non è sempre agevole, forse si dovrebbe precisare che il giudice è tenuto (non a calcolare gli interessi, ma soltanto) a indicare il periodo per il quale sono dovuti interessi e il tasso degli interessi per quel periodo.
Merita poi particolare attenzione la disposizione dell'art. 24, 1°
comma, Prog., secondo cui, quando il credito sia indicato in un atto
«redatto secondo le forme prescritte o registrato come atto autentico e che sia esecutivo in uno Stato membro», la sua trasformazione in titolo esecutivo europeo» è operata, su richiesta del creditore, «dal- l'autorità che ha conferito autenticità all'atto» (in Italia notaio, o altro pubblico ufficiale autorizzato, ovvero organo autorizzato a ricevere le conciliazioni).
Occorre osservare come in relazione al testo dell’articolo 24 i rap- presentanti del Notariato abbiano rilevato come potrebbe essere con- siderato opportuno che il riferimento agli atti autentici, contenuto nel- l'art. 24, possa arricchirsi dell'esperienza che deriva dalla sentenza della Corte di Giustizia del 17 giugno '99, nella causa 260 del '97, che ha trattato proprio la materia in questione e nella quale sono stati ben definiti i confini, i limiti e la natura degli atti autentici.
Tra gli aspetti più delicati posti da un titolo esecutivo europeo vi è certamente quello del controllo che andrebbe conservato (se si deve conservare) al paese destinatario del titolo e perciò al debitore.
La naturale conseguenza del titolo esecutivo europeo è rappresen- tata dal suo inserimento negli ordinamenti interni e quindi nel proces- so esecutivo regolato dal nostro codice di procedura civile. In altri ter- mini, tra gli atti e provvedimenti idonei a costituire il titolo esecutivo ai sensi dell'art. 474 c.p.c. deve essere inserito il titolo esecutivo europeo.
Questa è sembrata essere la prospettiva del Progetto, il cui art. 22 sancisce l'obbligo per gli Stati di fornire «sufficienti informazioni» sui
«metodi e procedure di esecuzione negli Stati membri» e sulle «auto- rità competenti per l’esecuzione», al fine di «facilitare l'accesso dei creditori in possesso di un titolo esecutivo europeo ai procedimenti esecutivi».
Peraltro – proprio sulla base di quanto stabilito dal Progetto – sembra esclusa la necessità della spedizione in forma esecutiva del titolo (europeo), perché incompatibile con le previsioni relative al suo contenuto esposte dall'art. 6.
Resta invece la necessità del precetto e delle ulteriori attività descritte dal libro III del codice, conseguente al fatto che la scelta del creditore straniero di eseguire in Italia il titolo comporta che egli debba naturalmente assoggettarsi alle regole del processo esecutivo italiano.
Molta attenzione richiede invece la tutela del debitore, giacché per questo aspetto numerose norme del Progetto intervengono sul con- trollo di merito del titolo europeo.
Poiché, come appena detto, il titolo esecutivo europeo deve essere considerato un titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. – perciò affatto equi- valente, anche in vista delle opposizioni, al titolo esecutivo interno – è
stato rilevato come le opposizioni alla esecuzione (oltre che quelle di terzo all'esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi) sono affidate al giudice italiano (il che non sacrifica la posizione del debitore, non costretto a proporre opposizione all'estero).
La possibilità dell'opposizione all'esecuzione (controllo giurisdizio- nale) è del resto esplicitamente sancita dall'art. 19 del Prog. quando il debitore sostenga di aver adempiuto o quando la sentenza per la quale si chiede l'esecuzione sia incompatibile con altra resa sullo stesso ogget- to fra le stesse parti, sempre che la relativa eccezione non avrebbe potu- to essere sollevata nel procedimento svoltosi nello stato di origine.
La conferma della piena compatibilità dell'opposizione all'esecu- zione (secondo le regole del diritto interno italiano) con l'esecuzione europea è poi data dal divieto di «riesame nel merito del titolo esecu- tivo o della sentenza su cui si fonda nello Stato dell'esecuzione» (art.
19, 2° comma, Prog.); la disposizione va necessariamente integrata – per le esecuzioni europee fondate su «atti autentici e transazioni giu- diziarie» – con gli artt. 23, 3° comma e 24, 6° comma, secondo cui il controllo giurisdizionale deve essere garantito almeno «nei casi in cui sostenga di aver proceduto in tutto o in parte all'adempimento del cre- dito oggetto dell'accordo». Comunque si tratta di un profilo delicato su cui potrebbe intervenire un utile chiarimento. Si è osservato come resti sullo sfondo il problema del controllo circa la legittimità del rila- scio del titolo esecutivo europeo, non sembrando sufficiente, al fine di renderne affatto incontrollabile la redazione (rectius: il rilascio), la previsione dell'art. 19, 2° comma, Prog., secondo cui «in nessun caso è possibile il riesame nel merito del titolo esecutivo europeo ... ». Con tale espressione, e in tale senso appare più esplicito il testo inglese («Under no circumstances may the European Enforcement Order ...
be reviewed as to their substance in the Member State of enforce- ment»), sembrerebbe corretto intendere l'esclusione di ogni possibilità di controllo sull'effettiva esistenza del credito consacrato nel titolo e non quella (diversa e più limitata) sull'osservanza delle disposizioni relative al rilascio del titolo esecutivo europeo.
Poiché si tratta di un aspetto non eliminabile, si è proposto di inserire all'art. 19, 1° comma, Prog, una lett. c) con la quale si garan- tisca il controllo giurisdizionale circa l'osservanza delle condizioni sta- bilite nei capi I e II.
Il Prog. stabilisce, all'art. 20, la possibilità di sospensione dell'ese- cuzione (ovvero di limitarla alle misura cautelari) o di subordinarla alla prestazione di una cauzione. La disposizione – tenuto conto che, avvenuto il pignoramento, la sospensione della esecuzione svolge
comunque, rispetto al diritto del creditore, funzione cautelare – assi- curativa è apparsa compatibile con l'art. 624 c.p.c..
L'art. 20 appena indicato consente la sospensione dell'esecuzione
«se il debitore ha presentato domanda di risarcimento ai sensi dell'art.
17 nello Stato membro d'origine ... »: poiché tale domanda risarcitoria (rectius: di rimessione in termini) è alternativa rispetto alle impugna- zioni in grado di introdurre un controllo giurisdizionale pieno nello Stato di origine e poiché tale situazione ricorre in Italia in virtù del- l'art. 327, 2° comma, c.p.c. è stato osservato che sarebbe forse oppor- tuno sancire esplicitamente la possibilità della sospensione della ese- cuzione anche in questa eventualità.
L'angolo visuale italiano pone in primo luogo l'esigenza di evitare la esclusione del decreto ingiuntivo (e degli altri provvedimenti a cognizione sommaria divenuti immutabili) dalla possibilità di acqui- stare l'efficacia esecutiva europea (per i decreti ingiuntivi, tenuto conto dell'attuale presenza dell'art. 633, ult. comma, c.p.c., la questio- ne diventa rilevante quando il debitore abbia residenza o domicilio in Italia, mentre i suoi beni si trovino all'estero).
In particolare per il decreto ingiuntivo sarebbe opportuno inseri- re una previsione (modellata sull'art. 16), in cui si afferma la equiva- lenza del decreto ingiuntivo alla sentenza passata in giudicato, quan- do il debitore abbia ricevuto una valida notificazione del provvedi- mento, con l'indicazione del termine e delle modalità per la proposi- zione dell'opposizione e abbia lasciato scadere tale termine senza pro- porre opposizione.
Ciò stabilito, a parte il profilo (del resto già in rilievo in riferimento al reg. 44/2001) della indispensabilità del passaggio in giudicato ai fini del rilascio del titolo esecutivo europeo, rispetto al quale il creditore ita- liano è sfavorito, a es., rispetto al creditore francese, attesa la diversa col- locazione – fra i mezzi d'impugnazione – del ricorso per cassazione, i problemi principali ruotano intorno alle espressioni concernenti la non contestazione e l'assenza – contumacia – nel giudizio all'esito del quale è stata pronunciata la sentenza e intorno alle norme del Capo III, conte- nenti le norme minime dei procedimenti per i crediti non contestati.
La rilevanza delle risposte appare non tanto riferita al titolo ese- cutivo europeo, giacché il suo collegamento con la sentenza passata in giudicato sembrerebbe rendere irrilevanti l'assenza o la non contesta- zione tacita, quanto piuttosto al titolo esecutivo per le misure cautela- ri, particolarmente incisivo e collegato a una sentenza (anche di primo grado) non passata in giudicato.
Si è sostenuto quindi come potrebbe allora proporsi la possibilità
di ottenere il titolo cautelare, in presenza di sentenza esecutiva nelle ipotesi di credito non contestato individuato dalle lett. a) e d) dell'art.
2, 3° comma del Prog..
Premesso che il Prog. non sembra accontentarsi della regolarità della notificazione del documento introduttivo del procedimento secondo la legge nazionale, ma richiede anche la osservanza della altre condizioni poste dall'art. 11, 3° e 4° comma, non sono apparse condi- visibili, per la insufficienza delle garanzie, quella della notificazione
«ad un adulto impiegato nello stesso luogo», ovvero nella «cassetta delle lettere».
Per quanto concerne le norme minime potrebbe porsi in rilievo l'opportunità di eliminare la necessità che nell'atto introduttivo si indi- chi il tasso d'interesse quando corrisponda a quello legale.
L'art. 17, 1° comma, del Progetto prevede poi il diritto del debito- re «ad essere risarcito» se il provvedimento risulti emesso nella sua contumacia involontaria, come qualificata nelle lett. a, b e c del 1°
comma dello stesso art. 17 e se lo stesso alleghi delle difese di merito prima facie non infondate. L'articolo rischia di apparire criptico se non soccorresse il testo inglese (e qui si richiama il tema della neces- sità di una maggior precisione linguistica), il quale è chiarissimo nel far comprendere come nella specie in realtà sia stabilita una rimes- sione in termini (sicché la previsione del risarcimento sembra essere conseguenza della traduzione): «if a judgement on an uncontested liquidated pecuniary ... has been converted in European Enforcement Order, the debtor shall be entitled to be rielieved from the effects of the expiration of the time for appeal against the judgement upon applica- tion if the following conditions are fulfilled: ...». La norma, essendo alternativa alle possibilità di «controllo giurisdizionale pieno in caso di impugnazione nello Stato membro di origine», sembrerebbe peral- tro inapplicabile all'Italia, operando l'art. 327, 2° comma, c.p.c..
Per la redazione di questa breve nota di sintesi si è tenuto conto degli attenti interventi dei partecipanti, che consentono di acquisire il punto di vista dei diversi saperi e delle diverse professionalità che ope- rano nel mondo del diritto su un tema di tanto rilievo e di porre in luce come il tema della effettività delle pronunce giurisdizionali in cui si inscrive il progetto di un’esecuzione che superi l’exequatur, oggetto di riflessione nella parte dedicata alla giurisdizione civile della Relazione al Parlamento sullo stato dell’amministrazione della giustizia appro- vata dal C.S.M. con la risoluzione in data 2 ottobre 2001, sia seguito con attenzione in uno al Ministero della Giustizia dal Ministero degli Esteri, per quanto di competenza.
SESSIONE ANTIMERIDIANA
Apertura dei lavori ed intervento del Prof. Giovanni VERDE, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura
– Marciamo rapidamente verso l’integrazione europea. Il processo è molto più rapido di quanto si potesse immaginare. Ci stiamo anche rendendo conto che “integrazione europea” non significa soltanto integrazione monetaria e nel mondo degli affari, ma significa anche integrazione a livello giuridico, perché si tratta di processi tra loro strettamente collegati e interdipendenti.
L’integrazione, poi, passa attraverso alcune scelte di fondo neces- sarie e che ancora non sono state compiute. Gli Stati dovranno darsi una Carta fondamentale comune, eventualmente partendo da quella sottoscritta a Nizza il 7 dicembre 2000. Bisognerà, poi, procedere ad una non facile opera di omologazione dei diritti sostanziali dei singo- li Stati, che non significa unificazione del diritto – operazione forse impossibile e neppure auspicabile –, ma condivisione di un nucleo di principi o di dati fondanti che siano a base delle singole discipline e dei singoli istituti. Sarà, inoltre, necessario uniformare nella misura maggiore possibile le procedure e, soprattutto, creare una cultura giu- ridica comune, che è il presupposto indispensabile perché questo enorme sforzo di omologazione possa essere tradotto in una corretta azione concreta.
Tutto passa, insomma, per la formazione del giurista europeo. Il C.S.M. si sta occupando, nei limiti delle sue competenze, della forma- zione del giudice europeo, ma, approfittando della presenza di profes- sori universitari, avvocati e notai, colgo l’occasione per esortarli a porre sul tappeto il problema di una formazione giuridica di base che sia una formazione culturale europea.
In questo contesto si inserisce l’iniziativa, che ci è stata suggerita dal Ministero della giustizia, di organizzare una giornata di studi sul proget- to concernente il titolo esecutivo europeo e sulle problematiche di coor- dinamento con la normativa processuale civile interna e con il diritto processuale civile internazionale, con la partecipazione non solo di magi- strati e di studiosi delle discipline interessate, ma anche di avvocati, di notai e di rappresentanti dei Ministeri che si occupano del problema.
– Non resisto alla tentazione di aprire la discussione con talune considerazioni tecniche che sono inevitabilmente superficiali in quan- to frutto di una lettura affrettata e incompleta del progetto.
Comincio da un aspetto che mi sta particolarmente a cuore: quel- lo del linguaggio. Parlo con l’abituale franchezza anche a costo di esse- re sgarbato con chi è qui presente e che, forse, ha concorso alla stesu- ra del testo. Il problema non riguarda soltanto questo documento; è un problema più generale che riguarda tutti i testi normativi dell’UE, i quali sono redatti in un linguaggio burocratico, quale si ritrova, di solito, nelle nostre circolari ministeriali. E’ in uso una sorta di “buro- cratese”, che traduce per iscritto la maniera di pensare e una “forma mentis” che sono molto lontane dalla nostra cultura. Vengono fuori formulazioni sovrabbondanti, spesso lacunose nei punti essenziali e minuziose nei dettagli e tali da non lasciare comprendere quale è la regola-base e quale è la disciplina attuativa; peggio ancora, tale da indurre a pensare che la disciplina di dettaglio sovrapponendosi alla regola-base finisca con il condizionarla.
Cerco di spiegarmi con riferimento ai soli titoli giudiziali, non avendo avuto modo di valutare la disciplina dei titoli stragiudiziali. Se lo scopo della disciplina è quello di rendere del tutto agevole la circo- lazione dei titoli esecutivi formatisi in uno Stato negli altri Stati del- l’Unione, il primo punto da stabilire è se si deve trattare di decisioni giudiziarie non più impugnabili o se si possa dare libera circolazione anche a decisioni che nei singoli Stati sono ancora “provvisoriamente esecutive”. La scelta del progetto è prudente e non voglio discuterla.
Si tratta di una scelta coerente con le disposizioni che escludono rimedi contro il provvedimento che forma il titolo esecutivo europeo (art. 8) e che riducono la possibilità di rimedi oppositivi nel processo esecutivo iniziato in base a tale titolo (art. 19, comma 2°). Ma se que- sta è la scelta, non è facile comprendere perché il titolo in questione debba avere per oggetto crediti non contestati, potendo essere suffi- ciente che si tratti di crediti oggetto di una decisione non più impu- gnabile (qualunque sia stata la ragione per la quale la decisione è stata emessa).
In questo modo, ho tuttavia superato un altro rilievo che ho fatto istintivamente leggendo l’art. 3. A una prima affrettata lettura avevo avuto l’impressione che ci fosse un’antinomia tra l’art. 3, secondo il quale per ottenere il titolo esecutivo europeo è necessario essere in possesso di una sentenza esecutiva, e il precedente art. 2 e soprattutto il successivo art. 4 che invece parlano di sentenza passata in giudica- to. Il coordinamento delle varie disposizioni e una lettura del testo in lingua inglese consentono di risolvere l’antinomia nel senso che pre- supposto per ottenere il rilascio del nostro titolo è una qualsiasi deci- sione di condanna, normalmente emessa in un processo a contraddit-
torio pieno, contro la quale nel paese di origine non siano più eserci- tabili rimedi impugnatori.
Se così è, appare evidente che – come ho anticipato – non ha senso parlare sull’art. 2 di non contestazione e dei requisiti della non conte- stazione, così come finisce con l’essere fuorviante elencare nel 2°
comma, lett. a) la transazione approvata (?) dal giudice o nella lettera b) l’espressa accettazione di un atto redatto secondo le forme prescrit- te e registrato come autentico. Sono, queste ultime due, ipotesi che si collegano evidentemente ai titoli esecutivi stragiudiziali.
– Va notato, benché il rilievo finisca con l’essere assorbito dalla mia pregiudiziale osservazione, che noi italiani dobbiamo porci il pro- blema della compatibilità con il nostro ordinamento degli artt. 2 e 10 che danno valore di ammissione alla contumacia. Delle due l’una: o non possiamo accettare il regolamento ovvero dobbiamo uniformarci alla disciplina europea e ammettere che il giudice possa condannare la parte per la sola circostanza che è rimasta contumace.
Aggiungo che l’art. 11 prevede una disciplina della notificazione non totalmente sovrapponibile alla nostra per cui bisogna anche qui fare un attento controllo di conformità tra le due discipline, dovendo a mio avviso renderle uniformi.
Ho letto più volte gli artt. 12 e 13; non li riesco a coordinare com- pletamente e mi sembra che soffrano di quel “burocratese giudiziario”
di cui vi ho parlato all’inizio.
Infine sul piano sostanziale, l’art. 2 mi pone un po’ di dubbi. Il primo: se noi parliamo di crediti pecuniari, che senso ha parlare di proprietà, come leggo nell’art. 2? Il secondo: per quanto riguarda le procedure concorsuali, a me sembra che il problema non è tanto quel- lo di un titolo esecutivo non rilasciabile se sono in corso delle proce- dure concorsuali, quanto il fatto che il titolo esecutivo europeo non è spendibile nel paese nel quale è in corso una procedura concorsuale.
La differenza non è di poco conto, se si pensa all’ipotesi in cui venga emesso un titolo esecutivo europeo e successivamente in uno degli Stati membri sopravvenga una procedura concorsuale: questo titolo esecutivo è spendibile o non è spendibile? Appare, se si pensa a questa ipotesi, che il problema appunto non è quello della rilasciabilità del titolo, ma quello della sua utilizzabilità nei paesi in cui è in corso una procedura esecutiva concorsuale che dovrebbe avere carattere per così dire assorbente.
Infine, e qui è un problema di uniformità tra la disciplina europea e la disciplina italiana, si esclude “tout court” la possibilità di rilascio di un titolo esecutivo europeo nel caso di arbitrati. La formulazione
della norma è del tutto generale. Si parla di arbitrato. Non si tiene conto del fatto che nel nostro sistema il lodo rituale ormai ha un’effi- cacia che è equiparata al giudicato, per cui, forse, sarebbe il caso in questo settore di far presente in sede europea la particolarità della nostra disciplina.
Problematiche processual-civilistiche poste dal progetto di Regolamento
Prof. Giuseppe OLIVIERI, professore straordinario di diritto processua- le civile presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli
1. – Il progetto di regolamento per la realizzazione del titolo esecu- tivo europeo nasce con il dichiarato intento di far circolare i titoli ese- cutivi nell’ambito dell’unione senza che sia necessaria alcuna proce- dura di riconoscimento o di esecutività nello Stato di esecuzione e senza che vi sia alcuna possibilità di impugnazione della «decisione relativa alla richiesta di titolo esecutivo europeo» (art. 8).
Il progetto, come noto, trova le sue ragioni giustificative (nell’art.
65 del Trattato di Amsterdam e): a) nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Tampere (15 – 16 ottobre 1999); b) nel Parere del 1° marzo 2000 del Comitato economico e sociale sulla proposta di Regolamento per realizzare l’obbiettivo della «istituzione di un titolo esecutivo europeo in grado di produrre effetti, immediatamente dopo la sentenza, sull’intero territorio comunitario» (4.1.3.3); c) nella Comuni- cazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 24 marzo 2000, il cui § 3.2 pone, quale azione necessaria, l’avvio di lavori su un titolo esecutivo europeo, poiché si «deve assicurare la cer- tezza del diritto ai cittadini in genere e agli operatori economici. A tal fine le sentenze e le decisioni devono essere rispettate ed eseguite in tutta l’u- nione».
Inoltre, il progetto vede il suo precedente più immediato e signifi- cativo nel Regolamento 44/2001, essendone pressoché identici gli ambiti di applicazione (entrambi non operano per i crediti derivanti dal regime patrimoniale fra coniugi, da testamenti o da successioni, dalla sicurezza sociale, dall’arbitrato); i provvedimenti (sentenza, decreto, ordinanza, ingiunzione di pagamento, mandato d’esecuzione) e gli atti (atti pubblici e transazioni giudiziarie) suscettibili di esecu- zione, per così dire, europea.
È bene tenere presente che il Regolamento 44/2001 – la cui entra- ta in vigore è prevista per il 1° marzo 2002 – ha introdotto una proce- dura particolarmente semplificata per la dichiarazione di esecutività, giacché l’istanza, accompagnata da una «copia della decisione che pre- senti tutte le condizioni di autenticità», non consente alcuna verifica diversa da quella dell’esecutività della sentenza (art. 41), né la instau-
razione del contraddittorio («la parte contro cui l’esecuzione viene chie- sta non può, in tale fase del procedimento, presentare osservazioni»: art.
41) e deve essere immediatamente accolta, con la conseguente dichia- razione di esecutività della decisione.
È importante rilevare che il Regolamento 44/2001, a differenza di quanto stabilito dal Progetto in esame, ai fini della dichiarazione di ese- cutività in altro Stato di una sentenza, non ne richiede il passaggio in giudicato, ma soltanto l’esecutività (art. 38).
Le possibili complicazioni (e perciò l’esigenza di superare anche il sistema del Regolamento del 2001) conseguono alla impugnabilità, mediante ricorso da proporre (per l’Italia) sempre davanti alla corte d’appello, della «decisione relativa [perciò positiva o negativa] all’i- stanza intesa a ottenere una dichiarazione di esecutività» e lo svolgi- mento in contraddittorio del procedimento da esso indotto (art. 43, 1°
e 3° comma). A sua volta, la decisione (per l’Italia) della corte d’appel- lo può formare oggetto di ricorso per cassazione (art. 44) privo di effetto sospensivo, le cui forme (in particolare termini e procedimen- to) – non stabilite dal regolamento – sono da ritenere individuate dalla legge nazionale.
La cognizione del giudice (corte d’appello) chiamato a decidere sulla dichiarazione di esecutività è limitata, giacché il rigetto della richiesta o la revoca della dichiarazione di esecutività sono consentiti soltanto per uno dei motivi, indicati dagli artt. 34 e 35 (1), che impe-
(1) Art. 34: «Le decisioni non sono riconosciute : 1) se il riconoscimento è manife- stamente contrario all’ordine pubblico delle Stato membro richiesto; 2) se la domanda giudiziale o atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contuma- ce in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione; 3) se sono in con- trasto con una decisione emessa tra le medesime parti in un altro Stato membro o in paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché tale decisione presenta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato mem- bro richiesto». Art. 35: «Parimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni delle sezioni 3 [competenza in materia di assicurazioni], 4 [competenza in materia di contratti conclusi da consumatori], e 6 [competenze esclusive] sono state violate, oltre- ché nel caso contemplato dall’articolo 72 [accordi di non riconoscimento di una deci- sione ai sensi dell’art. 59 della convenzione di Bruxelles]» (1° comma); «Nell’accerta- mento delle competenze di cui al paragrafo 1, l’autorità richiesta è vincolata dalle consta- tazioni di fatto sulle quali il giudice dello Stato membro d’origine ha fondato la propria competenza» (2° comma); «Salava l’applicazione delle disposizioni del paragrafo [comma] 1, non si può procedere al controllo della competenza dei giudici dello Stato membro d’origine. Le norme sulla competenza non riguardano l’ordine pubblico contem- plato dall’art. 34, punto 1».
discono anche il riconoscimento della decisione (art. 45, 1° comma).
Alla corte è poi inibito, in ogni caso, qualsiasi riesame nel merito della decisione straniera (art. 45, 2° comma).
Particolarmente significativo appare, invece, il potere, attribuito al giudice davanti al quale è stato proposto un ricorso ai sensi degli articoli 43 o 44 (in Italia: corte d’appello o corte di cassazione) di sospensione del procedimento di esecutività (art. 46, 1° comma), che in realtà – come dimostra il fatto che può essere pronunciato soltanto
«su istanza della parte contro la quale è chiesta l’esecuzione» – può significare anche la sospensione dell’esecuzione o della esecutività che fosse stata concessa ai sensi dell’art. 41. Questo potere, appare (discre- zionalmente) esercitabile se la decisione straniera è stata impugnata, nello stato d’origine, con un mezzo ordinario, o se il termine per pro- porre l’impugnazione non è scaduto (art. 46, 1° comma).
Pertanto, in base al regolamento 44/2001, il passaggio in giudica- to – pur non costituendo condizione per la concessione dell’esecuti- vità, essendo necessaria e sufficiente la semplice esecutività della deci- sione nel paese d’origine – assume rilievo in sede di opposizione alla dichiarazione di esecutività (e perciò su iniziativa del debitore).
Altra conseguenza dell’esecutività concessa a norma del regola- mento del 2001 è che il provvedimento giurisdizionale (o l’atto stra- giudiziale) europeo – ottenuta la dichiarazione di esecutività – diven- ta titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., sicché, entrando nella circolazione italiana, resta soggetto (quanto alle modalità concrete di attuazione e al regime delle opposizioni) alla disciplina del libro III del codice di procedura civile. Infatti, a parte la disposizione conte- nuta nell’art. 45, 2° comma, circa l’impossibilità di ogni controllo di merito sulla sentenza – titolo esecutivo (del resto coerente al nostro sistema di controllo da parte del giudice della esecuzione), nel rego- lamento non vi è alcun’altra disposizione concernente il processo ese- cutivo.
Infine, per quanto concerne i rapporti fra il Progetto e il Regola- mento del 2001, è previsto che la possibilità di ottenere un titolo ese- cutivo europeo non esclude la facoltà per la parte di utilizzare (vuoi si tratti di sentenza, vuoi di atto pubblico o di conciliazione giudiziaria) le procedure di esecutività stabilite dal Regolamento. Peraltro, ricor- rendo le condizioni di cui al Progetto, tutte le previsioni (per le esecu- tività) contenute nel Regolamento divengono inapplicabili (art. 28 prog.).
La immaginabile concorrenza tra un titolo esecutivo europeo e una sentenza divenuta titolo esecutivo in altro Stato dell’Unione a norma
del regolamento del 2001 pone l’esigenza di evitare la possibile dupli- cazione di titoli esecutivi transnazionali per lo stesso credito.
In via preventiva, potrebbe chiedersi al creditore che voglia munirsi del titolo esecutivo europeo di dichiarare espressamente (con la previsione della indicazione di tale rinuncia nel titolo esecutivo euro- peo redatto dal giudice a norma dell’art. 6 prog.) di rinunciare ad avva- lersi del procedimento di esecutività previsto dal Regolamento 44/
2001, ovvero a rinunciare al procedimento già instaurato o al provve- dimento emesso. Ciò potrebbe avvenire inserendo una lettera e) al 1°
comma dell’art. 4 prog. con l’indicazione della dichiarazione richiesta al creditore.
In via successiva – nell’angolo visuale dell’ordinamento italiano – poiché anche il titolo esecutivo europeo sarà sottoposto al controllo del giudice dell’esecuzione, la duplicazione del titolo potrà essere fatta valere con lo strumento dell’opposizione alla esecuzione (art. 615 c.p.c.), che come si vedrà, è perfettamente compatibile con il titolo ese- cutivo europeo.
2. – Il Progetto – sia pure con molta prudenza, richiedendosi (per i titoli giudiziali) non solo la sentenza passata in giudicato, ma anche la non contestazione del credito – assume il dichiarato intento di costi- tuire un progetto – pilota per una vera e propria esecuzione europea e si inserisce nella realtà normativa indicata, trovando la sua ratio nell’esi- genza di evitare, una volta ottenuta (dal giudice dello Stato di origine) la qualificazione di titolo esecutivo europeo, ulteriori procedimenti nello Stato richiesto per l’esecuzione.
In questa direzione è esplicito l’art. 3 (significativamente rubrica- to “Abolizione dell’exequatur”): «Ogni sentenza relativa ad un credito pecuniario liquido non contestato emessa in uno Stato membro ed ese- cutiva in tale Stato membro è riconosciuta e resa esecutiva negli altri Stati membri senza che sia necessaria alcuna procedura speciale nello Stato membro in cui deve avvenire l’esecuzione se la sentenza è stata tra- sformata in titolo esecutivo europeo nello Stato membro in cui è stata resa».
Prima di cercare di tracciare il quadro d’insieme del Progetto sem- bra opportuna, anche dall’angolo visuale della tutela, una premessa. È chiaro che l’esigenza di un titolo esecutivo europeo nasce per garanti- re ai creditori (di paesi a economia forte, che operano in più nazioni) una tutela privilegiata, tale da non far loro subire i ritardi propri dei sistemi giurisdizionali di altri paesi.
In epoca di globalizzazione e di liberalizzazione dei mercati è inne-
gabile, se non meritevole di tutela, l’esigenza del creditore (imprendi- tore o meno) di ottenere le stesse possibilità di soddisfazione di un cre- dito indipendentemente dal fatto che il suo debitore sia cittadino di una stato o di un altro. Questo non deve però farci dimenticare la necessità di evitare che paesi a economia più forte si trovino in posi- zione di vantaggio rispetto a paesi a economia più debole.
Detto altrimenti, occorre vigilare affinché vi sia armonizzazione anche nel processo di accertamento del credito, in modo che non si verifichi che sia più facile per il creditore procurarsi il titolo in un paese (come avviene nei paesi a economia forte, in cui prevalgono le esigenze di tutela del creditore) piuttosto che in un altro. Il che, oltre a creare una non giustificata disparità, si tradurrebbe in uno svantag- gio per i creditori dei paesi deboli, costretti a sopportare più rigorose procedure di accertamento del credito.
C’è poi un secondo aspetto, il quale – più che indurci nella tenta- zione di rifiutare l’armonizzazione del titolo esecutivo (che, sia ben chiaro, è una strada che ritengo si debba percorrere) – deve sollecitar- ci a mettere, per così dire, ordine in casa nostra.
Mi riferisco – come appare chiaro – ai tempi dei nostri processi, tanto insopportabili, da indurre il legislatore costituzionale a imporne una ragionevole durata (art. 111, 2° comma, Cost.).
Ecco allora che l’introduzione del titolo esecutivo europeo deve presupporre la eliminazione della irragionevole durata dell’accerta- mento del credito, perché la lunghezza dei nostri processi, oltre a esporci al rischio di esclusione dell’Unione Europea (come noto, per questo profilo siamo sotto controllo) e a far subire allo Stato italiano una serie di condanne, nell’immediato si risolverebbe in un grave pre- giudizio per i nostri concittadini creditori, costretti comunque a mag- giori attese per ottenere il titolo esecutivo, con evidente generale pre- giudizio.
In questa prospettiva, un significativo (non tanto per il numero delle controversie, quanto piuttosto per la tendenza di cui appare manifestazione) passo in tale direzione è rappresentato dall’art. 12 della l. 3 ottobre 2001, n. 366 (delega al Governo per la riforma del dirit- to societario), secondo cui nelle materie relative a: a) diritto societario, comprese le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali; b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e successive modificazio-
ni, il «Governo è delegato a dettare regole processuali, che in particolare possano prevedere: a) … ; b) … ; c) la mera facoltatività della successi- va instaurazione della causa di merito dopo la emanazione di un prov- vedimento emesso all’esito di un procedimento sommario cautelare in relazione alle controversie nelle materie di cui al comma 1, con la con- seguente definitività degli effetti prodotti da detti provvedimenti, ancor- ché gli stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri eventuali giu- dizi promossi per finalità diverse; d) un giudizio sommario non cautela- re, improntato a particolare celerità, ma con il rispetto del principio del contraddittorio, che conduca alla emanazione di un provvedimento ese- cutivo, anche se privo di efficacia di giudicato; … » (art. 12, 2° comma).
Nel cercare allora di porre in rilievo le problematiche processualci- vilistiche poste dal progetto di regolamento l’interprete italiano – pro- prio nella prospettiva di favorire il processo di consolidamento dell’U- nione europea – deve considerare, accanto alle esigenze di tutela del debitore domiciliato nel nostro paese, anche quelle del creditore ita- liano. Questo significa che dobbiamo essere attenti a far in modo che il regolamento per il titolo esecutivo europeo offra al creditore italiano di un cittadino domiciliato in un altro Stato dell’Unione le stesse pos- sibilità di (rapida) soddisfazione del credito offerte al creditore (a es.
francese o tedesco) di un cittadino domiciliato in Italia.
3. – Il Progetto, il quale collega il titolo esecutivo europeo non solo alle sentenze di cui all’art. 4, ma anche alle conciliazioni giudiziarie, agli atti autentici, alle convenzioni in materia di obbligazioni alimen- tari stipulate davanti alle autorità amministrative o autenticate da queste ultime (artt. 23 e 24), prevede la individuazione dei crediti ammessi alla tutela privilegiata (Capo II, Capo V) e le norme minime di garanzia per l’esecuzione nello Stato richiesto (Capo IV). Integra poi la parte concernente la individuazione dei crediti (non contestati) ammessi alla tutela privilegiata il Capo III, che stabilisce il contenuto irrinunciabile (norme minime) perché un credito possa essere consi- derato non contestato o, più esattamente le condizioni minime richie- ste a un processo perché la sentenza che lo conclude possa aspirare al rango di titolo utilizzabile liberamente in qualsiasi Stato dell’Unione.
Il Progetto prevede: a) il titolo esecutivo europeo, in virtù del quale qualsiasi decisione (o atto pubblico o conciliazione giudiziaria) a ciò idonea in base al futuro regolamento resa in un qualsiasi Stato è rico- nosciuta e resa esecutiva in tutti gli altri Stati dell’Unione senza alcu- na ulteriore procedura (art. 3 Prog.); b) il titolo esecutivo europeo par- ziale, limitato cioè «solo ad alcune parti di una sentenza» (art. 5, 2°
comma, Prog.), operante quando – in base al futuro regolamento – «la sentenza sia stata emessa in relazione a diverse materie e non si possa rilasciare un titolo esecutivo per l’insieme di tali materie» (art. 5, 2°
comma, Prog.); c) il titolo esecutivo europeo per le misure cautelari (art. 9, 1° comma, Prog.), ottenibile quando la sentenza, pur soddi- sfacendo tutte le altre condizioni richieste, non sia ancora passata in giudicato.
Prima di considerare la natura del credito che può essere conte- nuto in questi titoli – considerato che per tale aspetto la tipologia appena indicata non manifesta sostanziali differenze – può essere opportuno guardare (un poco) più da vicino le ultime due categorie di titoli esecutivi.
Il titolo esecutivo europeo per le misure cautelari. Il creditore, quan- do delle condizioni richieste per la concessione del titolo esecutivo europeo manchi soltanto quella del passaggio in giudicato della sen- tenza, mantiene una posizione privilegiata, potendo ottenere tale tito- lo, il quale «dà diritto a porre in essere tutte le misure cautelari previste dalla legislazione dello Stato membro dell’esecuzione». Questo potrebbe comportare che il creditore utilizzi provvedimenti cautelari, non solo conservativi (sequestri), senza la necessità di alcuna ulteriore autoriz- zazione e senza dover dimostrare più nulla, secondo il meccanismo già introdotto dal regolamento del 2001, all’art. 47, 2° comma (nel quale però è collegato alla dichiarata esecutività) (2).
A ben considerare, più che di un titolo esecutivo, in questo caso ci troviamo in presenza di un provvedimento cautelare (dai contorni non definiti) operante in un ordinamento diverso da quello nel quale è destinato a produrre i suoi effetti, provvedimento addirittura più forte di quello che il creditore avrebbe potuto ottenere ai sensi dell’art. 9, 4°
comma nell’ordinamento interno, considerati i problemi di compati- bilità con la disciplina del procedimento cautelare uniforme: disappli- cazione del termine per l’esecuzione del sequestro imposto dall’art.
675 c.p.c.; inapplicabilità della revoca o del reclamo cautelare (3). Seb- bene il rilievo non debba sorprendere, visto che un titolo siffatto si col- lega a una sentenza esecutiva, sembrerebbe opportuno (se non è una imprecisione conseguente alla traduzione) limitare ai provvedimenti
(2) Su cui MERLIN, Riconoscimento ed esecutività della decisione straniera nel regolamento «Bruxelles I», in Riv. dir. proc. 2001, 458 s.
(3) Per i quali v. DE CRISTOFARO, Exequatur di sentenze comunitarie e straniere e tutela interinale dell’istante, in Giur. it., 1998, 715 ss.