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L’intervento possibile

Nel documento Programmazione unitaria (pagine 154-159)

E PROGETTI REAL

3. L’intervento possibile

La necessità di questa fase della storia sociale ed economica del paese è quella di aumentare la capacità d’agire degli italiani, la loro autonomia nelle scelte di vita e di lavoro, attraverso una efficace strategia di qualifi- cazione ed attivazione della forza lavoro (occupati e persone in cerca di occupazione), che risponda ad un decennio che, anche per via delle scelte fatte e delle riforme non fatte, ha contribuito a “disattivare” gli italiani e a renderli per questo motivo meno sicuri, consapevoli delle proprie poten- ziali e più preoccupati per il futuro.

La strategia dell’attivazione impone di accelerare con le riforme avvia- te con il Jobs Act per la parte del mercato del lavoro e delle politiche, ren- dendo questi interventi centrali, come perno di un processo di revisione del sistema della formazione e degli incentivi al lavoro ed allo sviluppo.

In questo senso attraverso il “lavoro di cittadinanza” viene realizzata la garanzia dell’attivazione, come diritto–dovere per tutti gli italiani di poter accedere ad un sistema nazionale di attivazione al lavoro e di accesso alle opportunità, a fronte dei processi di transizione dal lavoro a lavoro. Si trat- ta di promuovere su tutto il territorio la rete dei servizi e delle politiche in grado di:

a) rendere occupabili gli italiani che non lo sono;

b) occupare gli italiani che hanno competenze adatte al mercato del lavoro;

Tra reddito e attivazione al lavoro 155 Le forme di sostegno al reddito vanno effettivamente subordinate alla condizionalità di partecipazione ad iniziative di inserimento al lavoro ed all’accettazione della relativa proposta: il sistema delle forme di sostegno al reddito variamente erogate in ragione delle condizioni del soggetto inoccupato o disoccupato (naspi, reddito di inclusione, etc.) e delle risorse per la remunerazione al servizio che lo colloca (assegno di ricollocazione, assegno di accompagnamento, etc.) viene pertanto denominato “ reddito di attivazione”.

Va inoltre prevista una misura (sul modello già presente in Francia od in Germania) di formalizzazione dei rapporti di lavoro informali e di breve durata, per un valore inferiore ai 7000 euro annui, con parziale contributo per la parte previdenziale.

Questa strategia costituisce lo spostamento sull’asse dell’attivazione delle politiche del lavoro e lo sbocco di quanto già definito dalle misure previste dalle riforme approvate e l’attuazione anche in Italia, dopo anni di riforme contraddittorie o mancate, delle migliori pratiche europee e dei modelli che in questi anni hanno permesso di passare dal finanziamento della disoccupazione alla promozione dell’occupazione. Si tratta di un per- corso che, per essere efficace, deve riuscire a limitare le convenienze dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e che principalmente agisco- no sulla condizione di disoccupazione (a volte persino sul mantenimento nella condizione di disoccupazione) per aumentare invece le convenienze dei soggetti che operano per garantire il risultato occupazionale. Se il mo- dello di riferimento può essere rappresentato dal sistema di occupabilità europeo previsto per i giovani del Programma Garanzia giovani, la logica di intervento prevede l’estensione della ricollocazione e del relativo asse- gno come strumento chiave per l’inserimento al lavoro del disoccupato.

Queste le linee guida della strategia nazionale per l’attivazione. Revisione del sistema degli incentivi, attraverso la definizione di un interven-

to con le seguenti caratteristiche:

a) misura generale di abbattimento del cuneo fiscale sul costo del la- voro sul territorio nazionale (costo 8–10 miliardi) per tutti i nuovi assunti in via strutturale;

b) misura aggiuntiva di sgravio per le assunzioni dei disoccupati al Sud (inferiore agli attuali importi previsti dalla Finanziaria e strutturale);

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collegato al percorso di attivazione al lavoro del programma Garan- zia giovani;

d) incentivi per l’assunzione di disabili ed over 55 nazionale, collegato a percorsi di attivazione e reimpiego e finanziato in parte con il con- corso dei fondi FSE POR regionali;

e) incentivo per l’assunzione di persone titolari del reddito di inclu- sione, collegato al percorso di attivazione e reimpiego e finanziato tramite Fondo per l’inclusione;

f) assegno di ricollocazione come misura ordinaria nazionale e dirit- to/dovere del disoccupato.

Azioni di sistema nazionali per l’attivazione, coordinate da Anpal e realizzate nel raccordo tra Ministero del Lavoro e Regioni, con finanziamento da Program- mazione nazionale PON FSE e FESR, con cofinanziamento regionale, attraverso la previsione di un intervento con le seguenti caratteristiche in ragione delle di- verse condizioni:

a) attivazione dei giovani under 29 inoccupati, attraverso la struttura- zione come intervento ordinario del programma Garanzia giovani;

b) attivazione dei disoccupati attraverso un programma nazionale di diritto dovere alla condizionalita’ tra naspi e politica attiva ed il di- ritto alla ricollocazione (sul quale le regioni possono, su loro risorse, aggiungere incentivi specifici ed ulteriori per le imprese nel caso di assunzione di disoccupati di lunga durata od altre categorie o per reimpiego in aree di crisi);

c) attivazione delle persone in condizione di povertà e titolari del red- dito di inclusione (con percorsi obbligatori coordinati tra servizi per l’impiego e servizi sociali e specifico bonus di ricollocazione per di- soccupati di lunga durata che non accedono alla misura di cui al precedente punto B).

Queste le scelte da compiere, a legislazione vigente, per permettere l’avvio del sistema nazionale di attivazione:

1. rivedere nella manovra finanziaria e con specifico provvedimento la struttura del sistema degli incentivi;

Tra reddito e attivazione al lavoro 157 riequilibrare il sistema di finanziamento per consentire la promo- zione delle politiche attive nazionali tramite azioni di sistema affida- te ad Anpal (sull’esempio spagnolo che prevede che le risorse siano affidate per il 50 % allo stato per misure nazionali di sistema ed il rimanente 50% alle regioni per le ulteriori misure di integrazione) 3. subordinare le risorse per la formazione del sistema pubblico al fi-

nanziamento di formazione strettamente mirata allo sbocco occu- pazionale e legata ai percorsi di politica attiva, verificata da anpal e dalle regioni in virtu’ di interventi specifici di verifica dell’impatto e di rilevazione dei fabbisogni delle imprese;

4. attribuire alle regioni ed alle citta’ metropolitane il sistema dei servi- zi per l’impiego sulla base dei seguenti interventi di coordinamento e di rafforzamento:

a) finanziamento e promozione di una azione di sistema nazionale PON FSE per la garanzia dell’erogazione dei livelli essenziali del- le prestazioni e per la formazione del personale, in collaborazio- ne con le regioni;

b) finanziamento di un piano di assunzioni di personale laureato che preveda la stabilizzazione del personale precario laureato at- tuale e l’assunzione a tempo indeterminato di circa 3000 unità di personale aggiuntivo entro il 2020, sulla base di un avviso pubbli- co nazionale coordinato e gestito da Anpal con le regioni (spesa complessiva di 120 milioni di euro all’anno);

c) previsione di un sistema di finanziamento a regime e struttura- le dell’intervento di rafforzamento dei servizi per l’impiego che non gravi sui bilanci delle regioni.

d) prevedere che il personale dei servizi pubblici per l’impiego sia at- tribuito ad Agenzie regionali di diritto pubblico (a cui si possono aggiungere agenzie di area metropolitana), coordinate dall’Anpal sulla base di una specifica convenzione quadro nazionale;

e) prevedere che la remunerazione a risultato per le assunzioni e gli interventi promossi dal sistema pubblico vada a costituire ed implementare uno specifico fondo regionale che alimenta lo svi- luppo e la qualificazione del sistema dei servizi pubblici per l’im- piego.

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1. Premessa

Il dibattito politico che ha preceduto l’introduzione in Italia del “Reddito d’Inclusione”, inteso come provvedimento utile per assicurare il sostegno economico in modo progressivo a tutte le famiglie che si trovino al di sotto della soglia di povertà assoluta, ha rilanciato la “campagna” di “disin- formazione sul Reddito di Cittadinanza (“RdC”), spargendo su quest’ul- tima forma di reddito valutazioni e giudizi che sono del tutto estranei al discorso degli economisti che ne hanno definito e formalizzato in termini compiuti il concetto, collocandolo all’interno di un’analisi coerente con i principi della teoria economica. Esempi di disinformazione recente sono offerti da un articolo di Raoul Kirchmayer, apparso su L’Espresso del 30 aprile scorso, dal titolo “Una trappola contro i poveri. Non fidatevi del reddito di cittadinanza: è la vittoria culturale del neoliberismo”, e dall’in- tervista concessa dal tedesco Henning Meyer, docente alla London School of Economics, a Carlo Bordoni, il cui testo è apparso sul periodico dome- nicale del Corriere delle Sera, “La Lettura”, col titolo “Il reddito garantito umilia le persone”.

Kirchmayer afferma d’aver sentito parlare per la prima volta del “RdC” dal filosofo Jean–Mark Ferry, uno degli studiosi che, a partire dalla fine de- gli anni Ottanta, ha contribuito a diffonderne la conoscenza e l’attuazione. Il nesso che si sosteneva esistesse tra la cittadinanza e una base economica garantita dall’introduzione del “RdC” era sembrata a Kirchmayer «una forma di protezione sociale capace di mettere al riparo dalle incertezze di quella che, di lì a poco, sarebbe stata chiamata società del rischio».

Il Reddito di Cittadinanza

Nel documento Programmazione unitaria (pagine 154-159)