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Introduzione a Epitteto

Nel documento Marco Aurelio: filosofia e potere (pagine 61-65)

2 2.2 Il rischio nella Stoa romana

3. L’INFLUENZA DI EPITTETO

3.1. Introduzione a Epitteto

In questo capitolo cercherò di dimostrare il notevole influsso che esercitò la figura di Epitteto sull’imperatore filosofo, prendendo a modello le teorie in proposito di Pierre Hadot. Proporrò quindi un confronto con altre interpretazioni di studiosi più o meno concordi con la suddetta lettura, allo scopo di perfezionare la conoscenza della filosofia di Marco Aurelio.

Innanzitutto possiamo dire che, secondo tutta la letteratura del II secolo, Epitteto rappresentò effettivamente il “grande filosofo” dell’epoca, degno di essere ricordato per l’imponenza della propria personalità e della propria dottrina “per tutta l’Antichità”1. Riguardo invece alle sue origini, possiamo dire che c’è qualche incertezza sui dati biografici: nacque a Ierapoli, in Frigia, nell’attuale Turchia (Pammukale) nel I secolo d.C., presumibilmente attorno al 55 d.C., e morì circa nel 125-135 d.C2. La parola Epiktêtos significa letteralmente ‘acquisito’, perciò possiamo supporre che questo nome gli venne assegnato conseguentemente al suo arrivo a Roma, quando, ancora ragazzo, venne assegnato in qualità di schiavo ad un ricco e potente liberto di Nerone, Epafrodito3. Questi lo lasciò seguire le lezioni dello stoico Musonio Rufo, il quale ebbe su di lui una notevole influenza4; infatti, “as we might expect, the teachings of Epictetus display a distinct affinity with those of his own teacher”5. A quanto pare ciò che maggiormente impressionò il giovane Epitteto

1 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 2, p. 61.

2 Ivi, p. 62, e cap. 5, § 3, p. 83; cfr. anche Seddon [2005], p. 3.

3 Ivi, p. 4; cfr. anche Hadot [2006], cap. 4, § 2, p. 62, ed infine Erler [2003], p. 756. 4 Cfr. Hadot [2006], cap 4, § 2, p. 62.

della scuola di Musonio fu l’esser venuto a contatto con “la lieta novella della libertà interiore, che dà felicità anche a chi è nato in catene e lo rende signore di tutte le cose”6. Dallo studio critico di Keith Seddon ricaviamo inoltre che è possibile che in gioventù egli abbia incontrato Seneca7.

Insieme ad Epafrodito, Epitteto inaugurò a Roma una nuova scuola filosofica, ma venne esiliato insieme a tutti gli altri filosofi da Domiziano (93-94 d.C.). Si spostò allora a Nicopoli, città sulla costiera greca dell’Epiro utilizzata come sponda per l’Italia, ove finalmente stabilì la sua scuola.

Nonostante egli in vita non abbia mai scritto nulla, è proprio grazie ad un seguace delle lezioni a Nicopoli che possiamo conoscere qualcosa della sua dottrina: si tratta di Lucio Flavio Arriano di Nicomedia (86-160 d.C.)8, uomo di stato che appunto seguì alcuni dei suoi corsi (attorno al 108 d.C.) pubblicandoli in seguito sotto forma di “appunti” presi durante le lezioni9. Sulla reale paternità di tali scritti vigono, però, alcuni dubbi, così come sull’astenersi dalla scrittura di Epitteto: “Dobbin (1998), though, holds the view that the Discourses and the Handbook were actually written by Epictetus himself; the Suda does say, after all, that Epictetus wrote a great

deal”10.

Ad ogni modo, i contemporanei di Arriano dipingono questi come un filosofo: lo stesso storico Cassio Dione sembra aver scritto una Vita del filosofo Arriano11. Presumibilmente dai suoi appunti derivano quindi le Diatribe di Epitteto (“a diatribê is a short ethical treatise or lecture, and ‘Discourses’ translates the plural Greek

6 Cfr. Pohlenz [1978], p. 104. 7 Cfr. Seddon [2005], p. 5. 8 Ivi, p. 6. 9 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 2, p. 62. 10 Cfr. Seddon [2005], p. 6. 11 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 2, p. 63.

diatribai”12), alle quali va affiancato l’ancor più fondamentale Manuale (in greco

Encheiridion), databile attorno al 104-107 d.C13.

Il termine stesso Encheiridion (letteralmente, “ciò che si tiene in mano”) richiama una necessità della vita stoica assai sentita da Marco Aurelio nei suoi Pensieri: si tratta di “avere cioè «a portata di mano» in ogni circostanza della vita i princìpi, i «dogmi», le fondamentali regole di vita, le formule che gli permetteranno di mettersi nella giusta disposizione d’animo per agire bene e per accettare il proprio destino”14. Il Manuale consiste in una composizione di testi scelti dalle Diatribe di Epitteto, i quali dovevano descrivere l’azione propria del filosofo; infatti, per gli Antichi, filosofo era chi viveva come tale, non chi scriveva di filosofia. Scrive al riguardo Christoph Horn: “La filosofia antica sembra essere caratterizzabile, nel complesso, in virtù del suo orientamento alla vita pratica”15, come una “guida del comportamento”, una “disciplina di orientamento, formativa e normativa”. Tale è anche il pensiero in proposito di Pierre Hadot, il quale definisce l’oggetto della filosofia antica proprio come “un’arte della vita, una tecnica di vita o una forma di vita”16.

Dobbiamo perciò arrivare alla conclusione che, seppur nella sua veste di uomo di stato, Arriano, come Rustico per Marco Aurelio, cercò di vivere da filosofo, volendo generare nei suoi lettori la stessa influenza che Epitteto infondeva nel suo uditorio: cioè elevarli al bene. Il riconoscimento dell’intimo legame che intercorre tra l’insegnamento vivo di Epitteto e le opere di Arriano risulta perciò essere di fondamentale importanza.

Ma di cosa si occupava propriamente Epitteto nelle sue lezioni, in cosa consisteva il cuore della sua dottrina? In ciascuno dei suoi corsi filosofici, com’era ormai in voga a partire dal I sec. d.C., il nucleo fondamentale consisteva nel leggere e nell’interpretare i testi canonici degli illustri fondatori della scuola stoica: dunque

12 Cfr. Seddon [2005], p. 7. 13 Ivi, p. 6.

14 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 2, p. 63. 15 Cfr. Horn [2005], cap. 1, p. 30. 16 Ibidem.

Zenone e Crisippo17. Tale affermazione sembra essere avvalorata anche da Adolf Bonhöffer: “[Epictetus] is completely free of the eclecticism of Seneca and Marcus Aurelius; and, compared with his teacher Musonius Rufus [...] his works reveals a considerably closer connection to Stoic doctrine and terminology as developed mainly by Chrysippus”18.

Tuttavia è indispensabile ricordare che le Diatribe ci presentano in maniera piuttosto frammentaria le vere e proprie lezioni tenute da Epitteto, poiché Arriano ha seguito per al massimo uno o due anni i suoi corsi presso Nicopoli, laddove invece il filosofo frigio vi ha insegnato per circa trent’anni... inoltre ci sono stati tramandati soltanto i primi quattro libri dell’opera. È accreditata infatti l’ipotesi dell’esistenza di uno o più libri non pervenutoci: “It is possible that not all of the Discourses have survived: Aulus Gellius informs us that once a fellow traveller brought out and read from the fifth book of the Discourses [...], whereas today all we have are four books”19. Non possiamo perciò permetterci, afferma con fermezza Pierre Hadot, di credere di avere in nostro possesso una mappatura chiara del pensiero di Epitteto; tanto più dobbiamo essere cauti nel valutare cosa egli non avrebbe detto.20

Ad ogni modo sappiamo dal primo libro dei Pensieri21 che Marco Aurelio venne a conoscenza di Epitteto tramite Giunio Rustico, il quale gli passò una copia degli

hypomnémata di Epitteto, ovvero degli appunti presi a lezione. Hadot propone due

interpretazioni: la prima suppone che si trattasse di un esemplare dell’opera di Arriano, la quale era effettivamente impostata come raccolta di promemoria; la seconda (avanzata da Farquharson) suggerisce invece che fossero appunti presi dallo stesso Rustico durante i corsi di Epitteto. Effettivamente è possibile che Rustico sia stato suo allievo circa attorno al 120 d.C.; inoltre Marco Aurelio vede tale opera portagli dal suo amico come un dono senza pari.

17 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 2, pp. 63-65. 18 Cfr. Seddon [2005], p. 8.

19 Ivi, p. 7.

20 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 2, pp. 66-67. 21 Cfr. Marco Aurelio [2008], 1.7, p. 129.

Ciò che è certo è che l’imperatore filosofo abbia letto l’opera di Arriano, viste le numerose citazioni rivenute nei Pensieri, così come il fatto che avesse sotto agli occhi più testimonianze di Epitteto di quante ne abbiamo noi oggi: grazie a lui ne conserviamo infatti dei frammenti che sarebbero altrimenti rimasti ignoti22.

Nel documento Marco Aurelio: filosofia e potere (pagine 61-65)