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La tripartizione della filosofia per gli stoic

Nel documento Marco Aurelio: filosofia e potere (pagine 69-73)

2 2.2 Il rischio nella Stoa romana

3. L’INFLUENZA DI EPITTETO

3.3. La dottrina dei tre tópo

3.3.1. La tripartizione della filosofia per gli stoic

Già nella Antica Accademia platonica pare si considerasse una particolare distinzione della filosofia in più sezioni, ovvero la dialettica, la fisica e l’etica. La dialettica, nella misura in cui rispecchiava il rinvenimento delle Idee in Platone tramite una metodologia propriamente argomentativa, incarnava la parte più elevata della filosofia. La fisica invece rappresentava senza dubbio la sezione più modesta di

36 Cfr. Barnes [1997], cap. 3, § B, pp. 34-35. 37 Cfr. Long [2002], cap. 4, § 4, pp. 112, 117 e 126. 38 Cfr. Hadot [2006], cap. 4, § 4, pp. 71-72.

studi, in quanto indagava il mondo visibile. Infine l’etica era reputata di un gradino ancor più basso, poiché si incaricava di scrutare le azioni (spesso riprovevoli) degli uomini. A sua volta tale suddivisione filosofica rifletteva, secondo Platone, una concezione della realtà per gradi.

Gli stoici si rifecero a loro volta alla suddetta tripartizione, riconfigurandola però da cima a fondo: la terminologia utilizzata di per sé non cambia, tranne che per l’identificazione con i gradi della realtà, che avvalorano invece la visione “dinamica e unitaria” del mondo nella prospettiva stoica39.

“Panezio, nella sua teoria dei doveri, aveva sostenuto che ogni virtù racchiude in sé tre elementi: il giudizio teoretico sulle cose, il dominio degli istinti per mezzo del

logos e il corretto comportamento verso i nostri simili”. Allo stesso modo Seneca

presenta una simile suddivisione dell’etica, “certamente influenzata da Panezio”, e la medesima situazione si riscontra anche nel platonico Eudoro, il quale tripartisce l’etica secondo “l’orientamento teoretico del valore delle cose”, “la dottrina degli istinti” e “la dottrina delle azioni”40.

Ebbene tra fisica, etica e dialettica non è più possibile stabilire una primazia, dato che ciascuna di esse si rapporta alla stessa Ragione divina ugualmente immanente nel mondo fisico, sociale e razionale umano, senza più distinzioni: tali tre discipline si richiamano perciò l’un l’altra nell’ottica dell’azione perfetta da parte del saggio, coniugate dal medesimo logos universale che emerge rispettivamente nella natura, nella comunità e nella ragione individuale. Quindi, di per sé, il semplice esercizio di una qualunque di queste implica necessariamente tutte le altre, andando a sostituire “la rappresentazione di un’unità organica in cui tutto si compenetra” al modello platonico ed aristotelico delle classi di conoscenze e dei livelli di realtà41.

Secondo questo modo di vedere le cose, l’esercizio vissuto della fisica, dell’etica e della dialettica è in effetti un praticare tre virtù che confluiscono in un unico

39 Cfr. Hadot [2006], cap. 5, § 2, p. 79. 40 Cfr. Pohlenz [1978], p. 106.

comportamento, ovvero quel sintonizzarsi con il logos della Natura universale, della natura razionale o del discorso umano.

Ma se gli stoici discernevano con chiarezza ognuna delle tre sezioni della filosofia, non c’era però un comune accordo sull’ordine da stabilire tra la fisica, l’etica e la dialettica o logica. È risaputo infatti che utilizzavano le metafore degli insiemi organizzati per indicare i rapporti tra le tre parti, come il giardino, l’uovo, o l’essere vivente, ma, se la logica occupava sempre il ruolo di salvaguardia del tutto, la fisica e l’etica si contendevano il primato di parte egemone e più importante42.

Riporto alcuni tra i brani che ritengo più significativi in proposito, ricavati dai frammenti degli stoici antichi. Il primo appartiene a Sesto Empirico:

Di conseguenza, in modo convincente [gli stoici] paragonano la filosofia a un orto fertile, dove la fisica è simboleggiata dalle piante d’alto fusto, l’etica dai frutti gustosi, la logica dalle salde mura di cinta. Altri invece la paragonano ad un uovo: il tuorlo, che per alcuni altro non è che il pulcino, corrisponde all’etica, l’albume, in quanto nutrimento del tuorlo, alla fisica. La logica sarebbe invece il guscio esterno. Tuttavia Posidonio, sulla base della considerazione che le parti della filosofia sono inseparabili tra di loro, e che invece le piante alla vista sono diverse dai frutti e dalle mura, ritiene migliore il paragone della filosofia con l’organismo vivente, per cui la fisica si rapporterebbe alla carne e al sangue, la logica alle ossa e ai nervi, e l’etica all’anima43. Il seguente è invece di Plutarco:

Crisippo è convinto che i giovani debbano seguire per prime le lezioni di logica, poi quelle di etica e da ultimo quelle di fisica [...]. Sono numerosi i luoghi in cui ribadisce tali punti, ma basterà proporre questo passo tratto dal quarto libro delle Vite: “In primo luogo a me pare che, attenendosi al parere degli antichi filosofi, ci siano tre generi di speculazione filosofica: logica, etica e fisica. In secondo luogo bisogna metterli nel seguente ordine: prima la logica, poi l’etica e infine la fisica [...]44.

42 Cfr. Hadot [2006], cap. 5, § 2, p. 81. 43 Cfr. von Arnim [1998], 2.38, pp. 307-309. 44 Ivi, 2.42, pp. 309-311.

Tali esitazioni sono spiegabili di per sé in relazione alle diverse tipologie di programma d’insegnamento per cui si può optare. Se dovessimo cioè seguire l’ordine logico dell’esposizione, l’etica ha bisogno di essere fondata dalla fisica; se invece dovessimo badare all’ordine psicologico della formazione filosofica, sarà la fisica a posporsi all’etica, poiché è grazie all’etica stessa che ci prepariamo alla manifestazione del cosmo divino in quanto Natura universale45.

Scrive Christoph Horn: “Epitteto [...] concepisce la classificazione – apparentemente solo teorica – della filosofia negli ambiti della fisica, dell’etica e della logica non da un punto di vista teoretico, ma pedagogico-morale: ci si dovrebbe sforzare di disciplinare in primo luogo i propri istinti naturali, in secondo luogo le intenzioni e in terzo luogo il proprio pensiero [...]. Un’ulteriore difficoltà, per la quale si può trovare una soluzione grazie alla tesi di Hadot, è data dalla forma con cui i testi filosofici antichi si presentano e forniscono argomentazioni, spesso estremamente dettagliata e ricca di presupposti, talvolta anche contraddittoria; in questi termini la loro forma sarebbe da spiegare in virtù del loro carattere

pedagogico”46.

Effettivamente Hadot suggerisce che, per oltrepassare queste divergenze di vedute, alcuni stoici consigliavano di considerare contemporaneamente le singole parti della filosofia: in effetti il metodo pedagogico deve consistere proprio in questo, cioè nell’essere presente in ciascuno dei suoi momenti. Non si tratta perciò di assimilare tre diversi saperi teoretici diversificati gli uni dagli altri, bensì di allenarsi nell’unico atto della saggezza, inseparabilmente legata alla pratica della fisica, dell’etica e della logica.

Gli stoici insomma asserivano che le tre discipline non erano di fatto partizioni della filosofia, bensì piuttosto partizioni del discorso che si richiama alla filosofia: “logica, fisica ed etica si distinguono quando parliamo di filosofia, ma non quando la

viviamo”47.

45 Cfr. Hadot [2006], cap. 5, § 2, p. 81. 46 Cfr. Horn [2005], cap. 1, p. 31.

Nel documento Marco Aurelio: filosofia e potere (pagine 69-73)