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LA COMPOSIZIONE DEI CONFLITTI NEI CONFINI DEL SISTEMA PENALE “PERIFERICO”

3) LE IPOTESI ISPIRATE ALLA RIPARAZIONE

All’interno del sistema penale troviamo poi degli istituti incentrati principalmente sull’idea della riparazione del danno che hanno poco in comune con le logiche del perdono o della riconciliazione.

Sebbene in questa sede non sia possibile compiere un’analisi esaustiva di tali istituti, conviene ugualmente soffermarsi brevemente sugli stessi, al fine di porre in risalto lo spazio accordato dal legislatore a strumenti di tipo riparativo.

In particolare, si fa riferimento da un lato, all’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, dove il legislatore ha innestato in seno al procedimento innanzi al giudice di pace un’ipotesi di estinzione del reato che si giustifica per l’eliminazione delle conseguenze negative dell’illecito, attraverso una condotta riparatoria ad esso successiva e, dall’altro lato, al d.lgs. n. 231 del 2001, che ha introdotto una forma di responsabilità amministrativa della persona giuridica ex crimine; ovvero per illeciti amministrativi derivanti dai reati commessi da dipendenti o da soggetti che rivestono nella organizzazione della persona giuridica una posizione apicale, prevedendo altresì un autonomo sistema sanzionatorio.

460V. per approfondimenti G. Mannozzi, Mediazione e diritto penale. Dalla punizione del reo alla

Orbene, partendo dall’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, la norma offre all’imputato la possibilità di dimostrare di aver proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento del danno e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato. Qualora, poi, l’imputato provi di non aver potuto procedere alla riparazione del danno (prima dell’udienza di comparizione), egli potrà chiedere al giudice una sospensione del processo a tale scopo.

La sospensione è rimessa alla valutazione del giudice, il quale potrà concederla per un periodo massimo di tre mesi, anche imponendo specifiche prescrizioni, verosimilmente attinenti alle modalità della condotta ripartiva. L’avvenuta riparazione, se idonea a soddisfare le esigenze di riprovazione dell’illecito e quelle di prevenzione, estingue il reato.

Anche in questo caso, il legislatore ha costruito lo strumento della riparazione innestandolo all’interno della fase processuale quando, invece, specialmente per i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, avrebbe potuto collocarlo già nella fase delle indagini, assegnando tale compito al pubblico ministero. Ciò, sulla falsariga di quanto accade nel sistema francese, dove ai sensi dell’art. 41-1 c.p.pén. è prevista come forma di archiviazione “condizionata”, ispirata alla logica della graduazione dell’intervento penale, la possibilità per il pubblico ministero di domandare all’autore dei fatti di provvedere alla riparazione del danno.

Più da vicino, l’istituto di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, presenta una spiccata componente “mite” rinvenibile nella circostanza che, una volta cancellati gli effetti sensibili del reato e soddisfatta l’eventuale persona offesa con l’equivalente monetario o naturale del bene giuridico implicato, l’ordinamento reputatosi soddisfatto abbandona la prospettiva di una pena che, come ricordato dalla dottrina, rappresenterebbe una inutile superfetazione retributiva461.

Pertanto è condivisibile l’opinione secondo cui l’obiettivo della giustizia mite non è solo quello di ottenere una riconciliazione tra la vittima e l’autore del reato, peraltro non sempre possibile, ma anche quello di dare al reato risposte veloci e significative, facilmente comprensibili dai singoli e dalla collettività. In tale ottica, la riparazione è una delle strategie a disposizione del legislatore per far sì che l’autore del fatto si faccia carico della propria condotta, eliminandone gli effetti negativi, in tempi brevi e senza l’ingresso

nel circuito giudiziario462. In altre parole, anche attraverso le forme di riparazione è possibile intravedere la funzione pedagogica che tali strumenti possono contribuire ad infondere nel procedimento penale, ancor prima e, meglio, di quanto potrebbe accadere a processo avviato.

Per quanto riguarda, invece, il d.lgs. n.231 del 2001, occorre ricordare brevemente che gli strumenti punitivi previsti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato commessi dalle persone giuridiche, sono le sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive, la confisca e la pubblicazione della sentenza463.

Innanzitutto, bisogna precisare che a prescindere dal tipo di responsabilità e dell’ inquadramento sistematico delle sanzioni previste dal d.lgs. n.231 del 2001, ciò che rileva ai fini del presente lavoro è verificare la struttura degli strumenti riparativi presenti nel modello punitivo creato per l'ente.

La prima condotta riparativa é quella prevista dall'art. 12, c.2 d.lgs. n. 231/2001, secondo cui la sanzione pecuniaria irrogabile può essere ridotta da un terzo alla metà se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado “l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si é comunque efficacemente adoperato in tal senso”464.

La seconda ipotesi riparativa é disciplinata dall'art. 17 del d.lgs. 231 del 2001. Tale articolo prevede che l'ente possa non subire le sanzioni interdittive qualora, congiuntamente alle ipotesi di cui all'art.12, n. 2, ricorrano due ulteriori condizioni: l'adozione dei c.d. “protocolli preventivi” e la messa a disposizione, da parte dell'ente, del profitto conseguito ai fini della confisca.

In generale é possibile osservare come l'art. 12 ha introdotto una previsione conosciuta dal diritto penale, essendo dal punto di vista sistematico ascrivibile al paradigma del diritto penale premiale465. Basti pensare, infatti, all’attenuante codicistica di cui all’art. 62 n.6 c.p., la quale tuttavia si differenzia dagli articoli 12 c.2 e 17 d.lgs. n. 231/2001 per il fatto che in questi ultimi le condizioni del risarcimento del danno e della riparazione delle conseguenze dannose della condotta, sono richieste cumulativamente e non

462C. Cesari, op. cit. pag. 95.

463Le letteratura in materia è vastissima. In particolare, v. De Vero, La responsabilità dell’ente collettivo

dipendente da reato: criteri di imputazione e qualificazione giuridica, a cura di Garuti, Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, Padova, 2002; R. Guerrini, La responsabilità da reato degli enti e la loro natura, Il Leccio, 2005; Pulitanò, La responsabilità “da reato” degli enti: i criteri di imputazione, in Riv.it. dir. proc. pen., 2002, p. 415.

464V. G. Mannozzi, Mediazione e diritto penale. Dalla punizione del reo alla composizione con la vittima, Giuffrè, Milano, 2004, pp. 31 ss; V. Folla, Le sanzioni pecuniarie, in La responsabilità amministrativa

degli enti: d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Giuffré, Milano, 2002, a cura di Alessandri.

465Per approfondimenti, v. R. Lottini, Il sistema sanzionatorio, in Responsabilità degli enti per illeciti

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