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LA RIPARAZIONE COME SOLUZIONE ALTERNATIVA ALLA

IL REGIME DELL’ “ACTION PUBLIQUE”

6) LA RIPARAZIONE COME SOLUZIONE ALTERNATIVA ALLA

POURSUITE

Proprio in applicazione del principio di opportunità dell’azione penale alcune procure negli anni Ottanta avevano immaginato, in alternativa al classement “secco” (archiviazione), delle pratiche di classement sans suite “condizionate” (sous conditions). In altre parole, l’idea era di superare la banale alternativa tra esercizio dell’azione penale/archiviazione, per cercare delle alternative adattate alle situazioni concrete.

Iniziava cosi a svilupparsi, nelle varie procure, la cosiddetta “terza via” attraverso la quale si dava spazio a forme di archiviazione “condizionata” alla riparazione del danno causato alla vittima, alla mediazione penale o ancora, al collocamento presso strutture sanitarie, sociali o professionali.

Pertanto nella prassi nascevano e si diffondevano forme di archiviazione “meritata”139 in grado di offrire un intervento penale rapido ed efficace di fronte a forme di criminalità di lieve o media gravità.

Il Ministero della Giustizia140 e il legislatore, preso atto del frequente utilizzo di tali “pratiche”, hanno finito per consacrare in legge alcune di esse141.

persona offesa ha inizialmente scelto la strada penale. La regola “electa una via” soffre tuttavia di alcune eccezioni, tra le quali una in particolare merita di essere segnalata. Nel caso in cui la vittima ha preferito seguire la via civile quando il pubblico ministero ha già esercitato l’azione penale, il giudice civile è tenuto a sospendere il giudizio e ad attendere la decisione penale definitiva, poiché la chose jugée au

pénale a autorité sur le civil. In tale ipotesi si riconosce alla vittima la possibilità di scegliere la strada

penale trasferendo la sua azione innanzi al giudice penale. L’azione civile diviene cosi accessoria a quella penale. Per approfondimenti si rinvia in generale alla manualistica; S. Guinchard, J. Buisson, Manuel de

procédure pénale, 5ed., Litec, Paris, 2009; Coralie Ambroise-Castérot, La procédure pénale, 2 ed.

Gualino, Paris, 2009 e F. Fourment, Procédure pénale, Paradigme, Paris, xéd., 2010.

138Resta ferma, ovviamente, l’ipotesi in cui è la legge stessa (ex art. 6 c.p.p) ad impedire al pubblico ministero di esercitare l’azione penale, richiedendo la presenza di una querela della persona offesa; la

plainte. L’art. 6-3 c.p.p. stabilisce, poi, che l’action publique s’éteint (si estingue) par le retrait de la plainte de la victime, lorsque celle-ci est une condition nécessaire de la poursuite. Tale regola riguarda

tutte le infrazioni tutelanti gli interessi particolari dei privati che non turbano l’ordine pubblico generale. 139Espressione utilizzata da J. Pradel, “La rapidité de l’instance pénale. Aspects de droit comparé”, in

Orbene, come già precisato, talune di queste misure presentano un carattere “punitivo” altre, invece, si pongono come delle alternative alla poursuite di natura “riparatrice”. In altri termini, il pubblico ministero privilegia con queste ultime l’aspetto della riparazione del danno, largamente inteso, piuttosto che la strada della repressione penale.

La legge del 23 giugno 1999 n. 515, completata poi dalla legge del 9 marzo 2004 n. 204, ha introdotto nell’art. 41 c.p.p. alcune misure alternative alla poursuite142.

Iniziando l’analisi con quelle privilegianti il momento della riparazione, occorre ricordare che prima di tale legge esisteva già un meccanismo alternativo all’esercizio dell’azione penale; si tratta dell’injonction thérapeutique creata con legge del 31 dicembre 1970 n. 1320.

Questa misura permette al procureur de la République di proporre al tossicodipendente l’assoggettamento a una cura di disintossicazione, in “cambio” del non esercizio dell’azione penale. Essa si avvicina alle misure consacrate nel codice di procedura penale, poiché mira a trovare un regolamento del conflitto giudiziario prima dell’esercizio dell’azione penale. Tuttavia, anche se l’injonction thérapeutique rappresenta una concreta alternativa all’esercizio dell’action publique, essa si distacca dalle altre misure introdotte dalla legge del 23 giugno 1999, perché non è in alcun modo ispirata alla volontà di riparare un potenziale danno causato alla vittima o di mettere fine al “turbamento” risultante dall’infrazione.

Ebbene, è proprio la volontà di “riparazione” a rendere originali le misure create con la suddetta legge; anche se, a ben vedere, esse vengono utilizzate di fronte a reati di debole o media gravità, ove il desiderio di ottenere la riparazione del torto subito è avvertito principalmente dalla sola vittima.

Occorre precisare, inoltre, che ci sono altre misure che vengono ricomprese all’interno del “classement sous condition”, ma che in sostanza rappresentano forme di classement

sans suite (ovvero di archiviazione) subordinate al compimento di una particolare azione

(o comportamento) da parte dell’autore dell’infrazione.

Il procuratore della Repubblica, nel mettere in atto queste particolari modalità di intervento ha, a propria disposizione, diversi strumenti che può utilizzare lui stesso,

140V. Circolare del 2 ottobre 1992 e nota di orientamento, “Un mode d’exercice de l’action publique: le

classement sous condition et la médiation en matière pénale”, Multigraph., p.16, 17 e 13.

141Aurore Bureau, “Etat de lieu d’un dispositif procédural atypique: la composition pénale”, in Archives

de politique criminelle, éd. A. Pedone, 2003, n. 27 ; M. G. Aimonetto, op. cit. pp. 13 ss.

affidare ad un mediatore, ad un ufficiale di polizia giudiziaria o delegare ad un suo sostituto o a un délégué (cd. délégué du Procureur)143.

Ai sensi dell’art. 41-1 c.p.p., il pubblico ministero può avvalersi delle misure che andremo ad analizzare, qualora ritenga che esse siano suscettibili di assicurare la riparazione del danno causato alla vittima, di mettere fine al turbamento risultante dall’infrazione o di contribuire al reinserimento dell’autore dei fatti.

La prima misura è chiamata “rappel à la loi”. Essa è senza dubbio una delle misure più anziane e più praticate, poiché consiste in un semplice richiamo “alla legge” dato dal pubblico ministero o da un suo sostituto (o più spesso da un ufficiale di polizia giudiziaria o dal délégué du procureur), mediante il quale egli informa la persona convocata dell’obbligo di ogni cittadino di osservare e rispettare la legge e, in particolare, quella da essa violata (richiamandone gli articoli). Lo scopo è di far prendere coscienza all’autore dell’infrazione l’illegalità del fatto commesso e i rischi in caso di recidiva. Infatti, oltre a ciò, viene reso noto all’interessato che in caso di reiterazione del comportamento vietato o di ulteriori inosservanze della legge, potrà darsi luogo alla poursuite immediata sia per la nuova che per la vecchia infrazione. In genere, tale misura è utilizzata quando non ci sono vittime e il fatto è di lieve entità. La misura del rappel à la loi, non essendo una condanna, non viene iscritta nel casellario giudiziale.

Sempre all’interno di tali forme particolari di classement troviamo “l’orientamento dell’autore dell’infrazione presso una struttura sanitaria, sociale o professionale”, attraverso il quale il pubblico ministero indirizza il soggetto verso strutture specializzate in grado di aiutare la persona a uscire dalla situazione che aveva determinato o agevolato la commissione dell’infrazione. Il classement è subordinato all’accettazione e all’ottenimento dei risultati cui tende la misura. Nel 2003 è stata aggiunta con legge del 12 giugno n. 495, per i casi d’infrazioni commesse al volante di veicoli terrestri a motore, la facoltà di sottoporre l’autore, a sue spese, ad uno stage di sensibilizzazione sulla

143A causa dell’imprecisione legislativa, le misure in esame non conoscono un campo di applicazione specifico; esse, in teoria, potrebbero essere utilizzate per tutte le infrazioni. Tuttavia è evidente che esse sono impiegate in caso di delitti e di contravvenzioni, e non logicamente per i crimini.

Inoltre, al fine di una migliore comprensione, occorre precisare brevemente che il cd. délégué du

Procureur e il médiateur, rientrano nella categoria dei “collaborateurs de la justice pénale”. Il primo è un

soggetto (abilitato dal tribunale e generalmente formato direttamente dal Parquet) delegato dal procureur

de la République a mettere in atto, sotto il suo controllo, una delle misure alternative alla poursuite. Il

secondo è una persona fisica indipendente (o un’associazione) incaricata dal pubblico ministero a mettere in relazione l’autore di un’infrazione e la vittima, al fine di trovare un accordo sulle modalità di riparazione del pregiudizio sofferto da quest’ultima, cercando altresì di responsabilizzare il primo in merito a quanto accaduto, in modo da evitare la reiterazione del fatto. Entrambe le figure devono rispettare le seguenti condizioni: di non esercitare un’attività giudiziaria a titolo professionale; di non essere stata oggetto di una condanna o di un’incapacità (menzionate nel bollettino n.2 del casellario giudiziale) e di rispettare le garanzie d’indipendenza, imparzialità e competenza.

sicurezza stradale. La legge del 9 marzo 2004 ha previsto poi anche la possibilità di far seguire uno stage o una formazione all’autore dell’infrazione, presso un organismo sanitario, sociale o professionale, o uno stage di “citoyenneté” (si tratta di una sorta di sensibilizzazione al rispetto delle regole di educazione civica). Inoltre, il pubblico ministero può chiedere all’autore dei fatti di “regolarizzare” la propria situazione, rispetto ai testi di legge o di regolamento da esso violati. Il magistrato, quindi, al posto di esercitare immediatamente l’azione penale, fissa in termine entro il quale il soggetto deve provvedere a tale regolarizzazione (ad esempio può trattarsi di uno straniero senza documenti di soggiorno, o di un soggetto sprovvisto di patente).

Infine, con la legge n. 399 del 2006 il legislatore ha introdotto tra le misure ex art. 41-1

c.p.p., anche la possibilità per il pubblico ministero di intimare al soggetto responsabile di

un’infrazione commessa contro il coniuge, il convivente o il partner legato ad esso da un patto civile di solidarietà o nei confronti della prole, di lasciare l’abitazione familiare e di risiedere fuori dal luogo di residenza abituale, astenendosi dal presentarsi presso la stessa o nei luoghi ad essa adiacenti. A ciò può essere aggiunto, se necessario, l’obbligo per il soggetto di sottoporsi a una cura sanitaria, sociale o psicologica. Tale disciplina è applicabile anche nei confronti dell’ex coniuge, convivente o partner legato ad esso da un patto civile di solidarietà. In quest’ultimo caso il domicilio nel quale è fatto divieto di rientrare è quello della vittima.

A questo punto è possibile affrontare più da vicino i meccanismi alternativi all’esercizio immediato dell’azione penale, ispirati all’idea di riparazione del danno.

In particolare, troviamo due misure riparatrici all’interno dell’art. 41-1 c.p.p.

La prima prevede la possibilità per il pubblico ministero di proporre direttamente al responsabile dell’infrazione di riparare il danno causato alla vittima (art. 41-1, 4° c.p.p.). La seconda, particolarmente interessante, è quella di mettere in moto una procedura di mediazione tra l’autore dei fatti e la vittima (art. 41-1, 5° c.p.p.)144.

Come anticipato, tutte le misure alternative alla poursuite, possono essere utilizzate in presenza di tre condizioni145: l’idoneità della misura ad assicurare la riparazione del

144La quale, a causa delle notevoli peculiarità, verrà trattata separatamente.

145Dal tenore letterale del codice, sembra che le tre condizioni siano alternative e non cumulative, contrariamente a quanto previsto dal codice penale francese che, per quanto attiene alle condizioni richieste per ottenere una dispensa di pena, fa riferimento ai medesimi requisiti utilizzando però la congiunzione “et” piuttosto che “ou” , impiegata nel codice di procedura penale. V. anche B. Paillard, La

danno causato alla vittima; a mettere fine al turbamento sociale causato dall’infrazione o a contribuire ad una risocializzazione (reclassement) dell’autore dei fatti146.

Si tratta di una sorta di “negoziazione” tra il parquet e il responsabile, poiché quest’ultimo è tenuto ad accettare e ad eseguire la misura che gli viene proposta. Infatti, in caso di non esecuzione, il pubblico ministero, tenuto conto del comportamento dell’autore dei fatti, potrà attivare una procedura di composizione penale oppure esercitare l’azione penale, salvo nuovi elementi.

Occorre evidenziare poi che nella norma in esame non è prevista alcuna modalità specifica di riparazione, ciò lascia intendere la volontà del legislatore di lasciare ampio spazio al parquet nel determinare lo strumento più appropriato per riparare il danno (ad esempio, risarcimento monetario più interessi oppure restituzione o rimessa in pristino). In conclusione, questa disposizione non è altro che l’espressione tangibile della filosofia di fondo che ispira tutto l’articolo; ovvero assicurare la riparazione del pregiudizio risultante dall’infrazione, cercando altresì di ricomporre adeguatamente i dissidi con lo Stato, la comunità e la vittima147.

146Un aspetto merita di essere segnalato. L’art. 41-1 c.p.p parla di « auteur des faites », piuttosto che di « coupable » ; ciò si spiega perché, in realtà, queste misure non implicano una decisione sulla colpevolezza del soggetto. Anche se dietro le stesse c’è la volontà del procureur di reclasser l’individuo. 147V. B. Paillard, La fonction riparatrice de la répression pénale, ed. L.G.D.J, Paris, 2007, pp. 157 ss.

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