• Non ci sono risultati.

4. Commento traduttivo

4.2 Questioni semantiche

4.2.1 Ironia e modism

La porzione di testo concernente gracia è esemplificativa, oltre che della colloquialità, anche dell’ironia che pervade l’intero testo, perché si vuole “alleggerire” la drammaticità dell’ambientazione. Per questo, ad esecuzioni, punizioni, lavori gravosi da sostenere, si alternano anche momenti di varietà e di musica.

Si prenda ora in considerazione una battuta, pronunciata da uno dei prigionieri, nel testo a p. 45: «A ver: ¿qué hace un pescado en un teatro? ¡Ser un mero espectador!». La comicità nasce dal fatto che mero in spagnolo significa sì

mero ma anche cernia: se ne deduce quindi che in italiano non avrebbe avuto lo

stesso effetto, e per questo essa si è trasformata in: «Vediamo, che fa un pesce su un palco? Scena muta!» Come sostiene Tierno (2016: 122) infatti, «Un gioco di parole mal tradotto è un effetto emozionale perso. Per sempre». In questi casi, più che mai, «la violenza etnocentrica della traduzione è inevitabile (Venuti, 1995: 310)», perché è essenziale che l’espressione figurata venga compresa e trasferita nella sua portata comunicativa, evitando di utilizzare il corrispettivo immediato (Faini, 2004: 98).

Appare chiaro che il principio di reversibilità191, enunciato da Umberto Eco, non può quindi essere del tutto rispettato quando ci si trova in presenza di frasi idiomatiche o modi di dire, ma anche con i giochi di parole, perché in questi casi lo scopo principale del traduttore diventa quello di trovare qualcosa di equivalente (anche a costo della perdita dell’equivalenza lessicale) nella lingua d’arrivo. Si tratta quindi di casi in cui la reversibilità non è esatta ma il senso è mantenuto e quindi il rifacimento è parziale, ossia locale, adattato alla lingua d’arrivo. Come sostiene Gadamer,

l’imperativo della fedeltà […] non può sopprimere le fondamentali differenze che sussistono tra due lingue. Anche quando ci proponiamo di essere scrupolosamente fedeli ci troviamo a dover operare difficili scelte. Se nella traduzione vogliamo far

191 Nel già citato Dire quasi la stessa cosa, l’autore introduce tale concetto grazie al quale una

traduzione, anche se è sbagliata, permette di tornare in qualche modo al testo di partenza. ECO, 2003, pp.57-68 e 138.

94 risaltare un aspetto dell’originale […], ciò può accadere solo, talvolta, a patto di lasciare in secondo piano o addirittura eliminare altri aspetti pure presenti192.

È il caso, ad esempio, di «con muy mala leche (p. 59): che era una carogna», «a ciencia cierta (p. 63): con assoluta certezza», «medias tintas (p. 72): mezze misure», «miran por encima del hombro (p. 75): guardano dall'alto in basso», «No me gusta que me dejen con la palabra en la boca (p. 81): Non mi piace essere piantato in asso», e «ya que me voy a jugar mis huesos…(p. 97): dato che rischierò la pelle…»; si tratta di espressioni colloquiali, le cui traduzioni sono equivalenti sul piano semantico al testo originario, ma che sicuramente sono di più immediata ricezione per un lettore italiano. È anche presente, a p. 27 «…si me cuentan lo que allí se cuece» che è stato reso con un calzante modo di dire: la traduzione è quindi diventata «… se mi raccontano ciò che bolle in pentola».

4.3. La musica

Si sa già che l’opera presenta numerose canzoni. Alcune risuonano in sottofondo, altre sono rappresentate sulla scena, accompagnate anche da danze. Ci sono state alcune canzoni immediatamente riconoscibili dal titolo, mentre per altre il lavoro di ricerca è stato più complesso: occorre infatti distinguere tra canzoni create appositamente per l’opera e canzoni già esistenti. Ci si soffermerà al momento su queste ultime, il cui titolo in spagnolo sembra non dire nulla di già noto, anche se la ricerca e, soprattutto, la visione dell’opera ha portato a conclusioni differenti. Ci si riferisce in particolare a La polka del Barril de cerveza che, dalla musica, si è rivelata essere una canzone conosciuta con il titolo italiano di

Rosamunda (la versione originaria è ceca) e a J’attendrai. Per queste due canzoni

sono però state adottate strategie differenti: se per la prima, infatti, si è scelto in traduzione il titolo con cui era nota in Italia, per rendere lo stesso effetto di immediatezza avuto in prima persona, per la seconda la decisione è stata un po' più ardua. J’attendrai ha sia una versione originaria italiana, incisa dal trio Lescano,

95

che una versione francese, di Rina Ketty; proprio quest’ultima ha reso il brano celebre nel mondo, tale da farlo diventare una delle colonne sonore della guerra nell’immaginario collettivo. Per questa ragione, ma anche perché si pensa che tale versione non sia totalmente sconosciuta a un italiano medio, si è deciso di lasciare, in questo caso, il titolo in francese.

Nei casi appena trattati, la ricostruzione ha riguardato la ricerca di tali canzoni e la resa già data del loro titolo, poiché esse sono risultate appartenenti anche al patrimonio musicale italiano: la priorità era quindi quella di veicolare i ricordi che tali canzoni evocano. Tuttavia, se è vero che tali canzoni sono presenti sulla scena, è pur vero che esse lo sono in maniera “marginale” nell’opera da tradurre, perché sono solo nominate con il loro titolo, al contrario di altre che, invece, sono riportate con il loro testo. Tra queste figurano Árboles lloran por lluvia (p. 89) e Le chant des partisans (p. 112-113): la prima è una traduzione, come già indicato nel testo, di una canzone sefardita, non esistente in versione italiana e riportata pedissequamente con tutte le sue imprecisioni, ma la cui resa non ha presentato problemi rilevanti; la seconda è, nel testo originario, in francese nelle prime tre strofe (in realtà è frutto di un rimaneggiamento del testo originario ma è stata fedelmente riportata, anche perché nella rappresentazione solo le prime due strofe sono presenti), in spagnolo nell’ultima, (quindi si tratta a sua volta di una traduzione) e, per questa ragione, è stata resa in italiano senza particolari problemi.

Tutti i testi presenti delle altre canzoni sono invece stati creati appositamente per l’opera dagli autori con la collaborazione di Pedro Esparza193: tra questi

figurano il pasodoble de “El triángulo azul” (pp. 16-18 dell’opera edita), la

Canción de la cantera de Wienergraben (pp. 38-39), il Chotis del crematorio (pp.

59-61), la Canción de la supremacía de la raza aria (pp. 70-71), la Canción del

revier y el banderillero (pp. 76-77) e la Canción de la alambrada electrificda

(p. 103). Quest’ultima, insieme alla Canción de la supremacía de la raza aria e alla

Canción del revier y el banderillero, non ha creato particolari problemi traduttivi,

ma la resa italiana è stata leggermente modificata per questioni di ritmo, mediante

193 In realtà, una di queste (la Canción del revier y el banderillero) è presente nel testo pubblicato

ma non nella rappresentazione scenica per esigenze sceniche di tempo, come riferito da Laila Ripoll in una personale corrispondenza.

96

compensazione, sfalsamento o sostituzioni omologhe (terminologia di Berman, 1997).

La traduzione sicuramente più problematica è stata quella del pasodoble El

triángulo azul: tale motivetto è molto ritmico e, per questa ragione la resa italiana

si discosta molto dal testo originale, più di quanto sia fatto per le altre canzoni. A seguire, si riportano le parti dei testi in spagnolo e in italiano ritenute più rilevanti e non ancora trattate nei paragrafi precedenti:

Triángulos de colores

para niños y mayores. [...]

Y para los mariposa triangulitos color rosa. [...]

Yo, que soy republicano quiero un triángulo encarnado.

Yo, como soy mariquita, y eso nadie me lo quita, quiero un triángulo rosita.

[...] Chimpón.

Triangoli di colori per grandi e pargoli. [...]

E a tutti i finocchi, il rosa sta coi fiocchi. [...]

Io, che son repubblicano voglio un triangolo rosso.

Io, che sono un frocetto e ciò è stato detto,

il triangolo rosa mi metto.

[...] Zan-zan.

La canzone parla dell’assegnazione dei colori ai detenuti di Mauthausen; a ogni categoria apparteneva infatti un colore specifico che sarebbe stato quello cucito sul triangolo della propria divisa.

In questa canzone, come si può vedere, la priorità è stata la ricerca della rima, anche a costo di soluzioni non del tutto ottimali che hanno tuttavia mantenuto il significato della canzone. Ne sono esempio il verso 2, dove non si è trovata una rima ma si è almeno mantenuta un’assonanza, scegliendo grandi e pargoli, invece di grandi e piccini o altre soluzioni simili. Al rigo 6, invece si è dovuto rendere necessariamente encarnado con rosso. Per mariposa e mariquita, sinonimi per

97

omosessuale ma il cui significato originale deriva dalla classe animale degli insetti e, come si vede, molto simili anche nel significante, purtroppo, alla fine, non si è potuto trovare niente di meglio di un’allitterazione resa da finocchi e frocetto, termini comuni come i loro analoghi spagnoli per denotare negativamente gli omosessuali. Infine, chimpón è la parola usata in spagnolo per terminare le canzoni, soprattutto quelle per bambini e, dopo svariate ricerche, l’unica corrispondenza italiana trovata è stata zan-zan, anche se non molto diffusa.

La difficoltà nella Canción de la cantera de Wienergraben è stata, oltre a rendere le rime e il ritmo, quella di cercare di mantenere il registro colloquiale e le metafore: