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2. Gli autor

2.3 Verso El triángulo azul

Nel complesso, sono quindi molti gli elementi che accomunano le opere già citate a El triángulo azul: lo humour negro, l’evasione verso mondi fantastici (che siano giochi infantili, marionette, scherzi, spettacoli di varietà o altro), la presenza dei treni e della radio, l’adozione di registri comunicativi bassi e di lingue diverse, l’amore per l’arte e perfino gli ostacoli. Isabelle Reck (2012: 58) ha definito il teatro della Ripoll un «teatro politico alternativo» e per questa ragione molte

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rappresentazioni, tra cui quelle di Los niños perdidos e Cancionero republicano61, sono state annullate da alcuni comuni, soprattutto se si erano appena svolte le elezioni62: le sue opere incitano al dibattito politico sulle leggi dell’immigrazione o sul recupero della memoria storica ma pongono l’accento anche sulla violenza di genere.

Tutte queste opere dimostrano quindi, ancora una volta, che la critica si è sbagliata a lungo nel sottovalutare il genere del teatro breve, ritenendolo mancante del giusto approfondimento psicologico dei personaggi: Laila Ripoll riesce ad emozionare e allo stesso tempo far riflettere, grazie a quello che Fialdini Zambrano e Sibbald chiamano “efecto de choque” 63, ossia lo shock provocato nello spettatore

che riesce a immedesimarsi nel personaggio sulla scena. Frequentemente l’autrice ricorre ai monologhi perché i personaggi possano svelare i loro pensieri più intimi, che non necessitano risposta dato che la realtà è la risposta più eloquente.

Un ruolo fondamentale è inoltre occupato dalla musica che ispira la creazione e compatta il testo, sia che sia colta, come la musica classica, sia che appartenga al mondo popolare (filastrocche per bambini o canti folclorici), dato che proprio quest’ultimo riesce ad essere intimo, familiare ma allo stesso tempo collettivo, anche per merito dell’identificazione linguistica (Trecca, 2016a: 248):

La frontera, Santa Perpetua, La ciudad sitiada ne sono esempi. Cancionero republicano presenta già tanti dei riferimenti alla musica fondamentali per Laila

Ripoll ma ha anche una delle peculiarità dell’opera che sarà analizzata, ossia la presenza di un’orchestra sulla scena, che ha funzione metateatrale. La musica, come emblema della cultura elevata, da sola, non può salvare l’uomo ma può contrastare sicuramente l’orrore se viene dal popolo (Trecca, 2016a: 256).

61 Uno spettacolo musicale che ripercorreva la storia spagnola dalla Costituzione del 1931 e la

musica che si ascoltava alla radio allora. In RIPOLL, 2011, p. 32.

62 Le opere di Laila Ripoll hanno infatti delle implicazioni ideologiche ben chiare che non sfuggono

né alla critica né alle amministrazioni, paradossalmente anche quando non ci sono. La stessa Ripoll racconta che, sebbene Atra Bilis fosse il testo meno politico della trilogia, la critica di Miami l’ha etichettata come un’opera rivoluzionaria, definendo loro dei sovversivi. In RIPOLL, 2011, p. 30.

63 In realtà, il teatro breve ha ripreso vigore nel XXI secolo, sia per motivi economici (ovviamente

i costi per realizzare questo tipo di opere è inferiore), sia perché è stato, soprattutto per le donne drammaturghe, l’unico spazio in cui ci si potesse far notare. In FIALDINI ZAMBRANO, Rossana-SIBBALD, Kay (2011), El efecto de choque en el teatro breve de Laila Ripoll, in ROMERA CASTILLO, José et alii (coord), El teatro breve en los inicios del siglo XXI, Visor, Madrid, p. 265.

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Le opere di Laila Ripoll sono il prodotto di studi approfonditi: documenti, testimonianze, indizi vengono usati per conferire veridicità alle trame dei suoi spettacoli (Ladra, 2014: 277). A partire da Los niños perdidos, l’autrice stabilisce una relazione intrinseca con i fatti storici;il tema delle fosse comuni, evocato con

Un hueso de pollo e Santa Perpetua, offre uno spunto di riflessione sugli oggetti

ritrovati, luoghi di memoria già di per sé. Tra questi spiccano gli orologi, frantumatisi presumibilmente con gli spari, che hanno congelato il tempo esatto della morte, ma anche fotografie, lettere e documenti, che tanto saranno fondamentali per la stesura dell’opera El triángulo azul. «Studiare, conoscere, documentarsi» è fondamentale «per restituire un’esperienza che sia allo stesso tempo teatrale e civica», dichiara la Ripoll a Itziar Pascual (2014: 280).

Un precedente molto importante per l’opera oggetto di questa tesi è stato El

convoy de los 927, esempio di teatro-documento64, che trae origine dall’omonimo

libro di Montse Armengou e Ricardo Belis (2007)65, e di cui la stessa Laila Ripoll aveva realizzato un copione radiofonico per La casa encendida66, sul quale poi Boni Ortiz ha realizzato l’allestimento teatrale: il quotidiano si mescola al paranormale, il tragico con l’ironico nelle brevi scene alternate da frammenti musicali (eseguiti dal violoncellista José Antonio Longo) che descrivono il viaggio di questi repubblicani spagnoli67. L’autrice riesce a ricreare l’ambiente del treno (in realtà destinato al trasposto del bestiame)68 e del campo attraverso suoni e proiezioni

64 La definizione è di HENRÍQUEZ, José (2008), “El convoy de los 927”, de Laila Ripoll. Un teatro indispensable, in «Primer Acto. Cuadernos de investigación teatral», José Monleón, Madrid, 2008,

325, IV, p. 180.

65 Non è stato possibile reperire tale opera, scritta dai due giornalisti dopo il documentario realizzato

per la rete televisiva catalana TV3. In HENRÍQUEZ, 2008, p. 180. L’opera documentava l’odissea del viaggio in treno di uomini, donne e bambini consegnati ai tedeschi il 24 agosto 1940 (giorni interi senza cibo, acqua e fra i loro escrementi) e si basava sulle testimonianze dei sopravvissuti del convoglio. In RODRÍGUEZ, 2015, p. 255-256.

66 Il progetto di radio teatro non è stato un’eccezione per la Ripoll, che ha realizzato per la Radio

Nacional de España anche Gernika: historia de un viaje (2006) e, nel 2007, El guante de hierro, dall’opera omonima di Jorge Díaz.

67 Qui il protagonista è Ángel ormai adulto, personaggio ispirato a Galo Ramos, uno dei

sopravvissuti di Mauthausen ma anche uno tra i 927 spagnoli repubblicani che, insieme alla famiglia, è stato messo su un treno per il bestiame dalla Francia. La famiglia era stata separata alla frontiera francese dal padre, che non è sopravvissuto, e dal figlio maggiore: si riuniranno per finire, con un treno sovrappopolato, a Mauthausen, dove però sarà incarcerato solo il primogenito (agli altri sarà permesso tornare in Spagna, dove vivranno ghettizzati perché comunisti). In HENRÍQUEZ, 2008, pp. 180-181.

68 Già in Los niños perdidos si parla del trasporto dei prigionieri nei treni destinati al bestiame

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(presenti anche nell’opera che da questa deriverà), che avvalorano l’episodio narrato e gli conferiscono anche una certa emozione, utilizzando l’espediente di Piscator, che ricorreva alla scenografia per fare ambientare il pubblico (Rovecchio Antón, 2015:151-152).

Per la prima volta, con El triángulo azul, la compagnia ha avuto la possibilità di disporre di mezzi e assoluta libertà (Pascual, 2014:281).

Anche questa vicenda trae origine da un documentario degli stessi Armengou e Belis. In RIPOLL, 2011, pp. 31-32.

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3. L’opera

El Triángulo azul nasce all’interno della compagnia Micomicón, dalla

scrittura a quattro mani di Laila Ripoll e Mariano Llorente; la prima ne cura anche la regia, mentre il secondo interpreta il ruolo di Brettmeier. È stato rappresentato per la prima volta al teatro Valle-Inclán, nella sala Francisco Nieva del Centro Dramático Nacional69 ed è stato insignito del Premio Nacional de Literatura

Dramática nel 2015 «por su calidad literaria, una sólida estructura dramática y la relevancia del tema: la experiencia vivida por los republicanos españoles en el campo de exterminio de Mauthausen, su resistencia y su testimonio», del Premio Max a la mejor autoría teatral e quello al mejor diseño de espacio escénico (Amo Sánchez, 2016: 2). Con oltre trenta rappresentazioni nella sala Francisco Nieva del Centro Dramático Nacional (dal 25 aprile al 25 maggio 2014), alla fine delle quali il pubblico si metteva sempre in piedi ad applaudire, l’opera è stata messa in scena in moltissimi teatri di Spagna, ma anche in Italia (è stata rappresentata a Reggio Calabria in spagnolo con sovratitoli in italiano)70: El triángulo azul ha dimostrato di aver trasceso lo spazio teatrale, arrivando ad essere un vero e proprio fenomeno sociologico.

Avvalendosi di sette attori e tre musicisti sulla scena, l’opera racconta uno degli episodi trascurati dalla storia ufficiale: la deportazione di 7000 repubblicani spagnoli a Mauthausen, privati della loro cittadinanza da Francisco Franco per la loro ideologia politica, catalogati con il triangolo blu che, cucito sulle loro divise71,

69 Rappresentata nelle sale del CDN, come era già accaduto per Los niños perdidos, è la prima

opera teatrale la cui autrice (donna) è ancora in vita, come precisato da García Pascual (2018:448): ciò conferma il riconoscimento da parte del mondo del teatro a questa grande autrice.

70 Come si evince in https://www.citynow.it/el-triangulo-azul-lorrore-dei-campi-di- concentramento-nazisti-in-prima-nazionale-al-globo-teatro-festival/ [ultima consultazione 09/01/19].

71 Ogni prigioniero giunto al campo veniva classificato dalla Politische Abteilung (ufficio di Polizia

della Gestapo nel campo) con un triangolo che doveva collocare, con la punta verso il basso, nella giacca o nei pantaloni. In alcune campi predominavano certe categorie, ma in generale esse erano mescolate. Sebbene il triangolo blu venisse applicato a tutti i prigionieri di guerra senza patria, in pratica caratterizzava solo i repubblicani spagnoli e alcuni russi denazionalizzati e, nel caso degli spagnoli, solo quelli di Mauthausen, perché a Dachau e Buchenwald lo portavano rosso. In PIKE, David Wingeate (2004), Españoles en el Holocausto: Vida y muerte de los republicanos en

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li etichettava come apolidi (come spiegato nella stessa opera a p. 17)72. L’opera nasce

por el hecho de ser española. Es suficiente. En mi familia directa no hubo desaparecidos ni prisioneros en campos nazis, pero tengo muchos compatriotas que sí lo sufrieron y es una injusticia que todavía no se pueda hablar de ello ni se les rinda homenaje ni se les trate como en el resto de Europa.73

Da un punto di vista narrativo, l’opera ha origine dal ricordo di Paul Ricken, un sottoufficiale nazista, che ripercorre la terribile vicenda per spiegare questa macchia del suo passato ai figli, e si basa su un fatto reale e importante: il salvataggio pericoloso, ad opera degli spagnoli, delle fotografie (e dei negativi) del campo di concentramento, che documentavano quanto avvenisse lì in quegli anni e che hanno costituito prove schiaccianti nei processi contro le SS. Lo spettacolo teatrale narra quindi la vita degli spagnoli deportati a Mauthausen dall’arrivo dei primi convogli (1940) fino alla liberazione del campo (maggio 1945)74, ma questo spazio temporale non è lineare, dato che gli eventi scaturiscono dai ricordi di Ricken, allora capo del laboratorio del servizio d’identificazione fotografica del campo; nell’anno 1965, dalla sua casa di Colonia evoca i detenuti, che come fantasmi75 appaiono sulla scena. Nei loro riguardi, il senso di colpa sarà così insopportabile da condurlo al suicidio, alla fine dell’opera. Attraverso la memoria si apre una biforcazione temporale, e tra una dimensione soggettiva (quella di

72 Per questo e per il capitolo successivo, si citerà l’opera indicando solo il numero di pagina.

L’edizione di riferimento è RIPOLL, Laila-LLORENTE, Mariano (2018), El triángulo azul, Artezblai, Bilbao (si ricordi che la traduzione con testo a fronte non corrisponde a tale impaginazione).

73 Si veda l’intervista di Patricia Campelo del 30 marzo 2015 in http://www.rivasciudad.es/portal/contenedor_ficha.jsp?seccion=s_fnot_d4_v1.jsp&contenido=255 14&nivel=1400&tipo=8&codResi=1&language=es&codMenuPN=36&codMenu=99 [ultima consultazione 10/01/19]. Infatti, come ricorda Montserrat Roig (2017) in Los catalanes en los

campos nazis (pp. 83-84), solo nel 1978 la Casa Reale ha fatto depositare una corona di fiori al

monumento dedicato ai deportati repubblicani, il Memoriale di Mauthausen, e la prima nota ufficiale sui morti nei campi risale al 1968; le associazioni sarebbero state legalizzate nel 1978.

74 L’evento è ricordato da numerose fotografie, scattate dagli americani ma anche da Francisco Boix.

Tuttavia, gli spagnoli, non avendo un posto in cui tornare, sarebbero rimasti nelle zone per diverse settimane finchè molti di loro avrebbero deciso di recarsi per conto proprio a Parigi, ma non prima di giugno. In ROIG, 2017, pp. 466-467.

75 I fantasmi polverosi che suonano il violino sono una scena ricorrente nelle opere di Ripoll, che,

prendendo spunto da Kantor, rappresentano il mondo dei morti e forniscono quindi il pretesto per parlare del passato. In realtà in Los niños perdidos si tratta di soldati. In HENRÍQUEZ, 2005, p. 124.

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Ricken) e una collettiva (il gruppo degli spagnoli) che corrisponde a una divisione spaziale ben definita76 - la casa a Colonia di Ricken e i vari luoghi all’interno del campo (laboratorio, postribolo, ufficio di Bretttmeier, latrine, revier77 ecc.). Inoltre,

El triángulo azul è caratterizzato da un’alternanza di momenti tragici (fucilazioni,

impiccagioni, torture, violenze) e momenti musicali, di cabaret.

Ricken è praticamente sempre presente sulla scena, dato che funge sia da protagonista, sia da narratore, un narratore onnisciente che all’inizio dell’opera narra anche fatti a cui non può aver assistito (il viaggio in treno che avrebbe condotto gli spagnoli a Mauthausen): la sua presenza costante serve per unire passato e presente, dato che spesso, dalla prospettiva del 1965, interviene all’interno del campo, ad esempio per sistemare la posizione dei cadaveri, esattamente per come le ricorda (e per come sono state immortalate nelle fotografie).

Quest’opera nasce da una riflessione che Ripoll e Llorente condividono con altri drammaturghi coevi, secondo la quale «bisogna confrontare un’esperienza reale e storica concreta con la percezione delle finzioni ideologiche o religiose soggiacenti e, tuttavia, offerte come un’espressione incontestabile della “realtà”», come dichiarato a José Monleón (2011: 4). Lo scopo di tale riflessione non è però quello di far sorgere rancori o invitare all’immobilità, ma è uno stimolo a interrogarsi sul presente e sul futuro attraverso un processo di metamemoria che inciti lo spettatore a partecipare in modo attivo alla costruzione di una memoria collettiva che trascenda la storia ufficiale. Come indica Reyes Mate (2008: 176) infatti «memoria e storia sono due sguardi distinti diretti al passato […] sguardo interno, la prima, e sguardo esterno, la seconda. La storia incentrata

76 Tale divisione spaziale viene resa in scena grazie alla tristemente nota “scala della morte”, una

scalinata di 186 gradini che è stata causa del decesso di molti deportati: nella sua parte inferiore, a sinistra, viene collocato il postribolo, a destra la casa di Ricken nel 1965 che è anche il suo studio all’interno del laboratorio fotografico del lager negli anni ’40. È l’intervento dei musicisti, originati dalla mente di Ricken, che permette agli spettatori di organizzare e comprendere la sovrapposizione di spazi e tempi. In AMO SÁNCHEZ, Antonia (2016), El triángulo azul, de Laila Ripoll y Mariano

Llorente, in «Don Galán, revista de Investigación teatral», Centro de Documentación Teatral,

España, 2016, 6, p. 6, in

http://teatro.es/contenidos/donGalan/donGalanNum6/analisis.php?vol=6&doc=5_1 [ultima consultazione 08/01/19]

77 Questo temine tedesco ha significato di «infermeria», ma Pike (2004: 488) in nota 24, lo

definisce semplicemente come «dispensario», indipendentemente dalla sua grandezza. A Mauthausen, tuttavia, è diventato un ospedale, e nello specifico, un ospedale da campo, originariamente chiamato Russenlager, perché destinato ai sovietici nel 1942-1943, ma anche

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prevalentemente nella ricostruzione dei fatti, e, la memoria nella costruzione del senso presente; una lavora con i testimoni e l’altra con gli archivi». Ad accrescere l’interesse degli autori teatrali è stata l’approvazione della Legge 52/2007 del 26 Dicembre, la cosiddetta Legge della memoria storica, grazie alla quale il Ministero della Giustizia ha digitalizzato i documenti ceduti dalla Francia negli anni ’50, con i quali sono stati resi pubblici i nomi di tutti i caduti spagnoli nei vari campi di concentramento nazisti. La responsabilità di questi morti, tuttavia, non va attribuita solo al dittatore Franco ma anche alla Francia, che non aveva concesso asilo e protezione alle famiglie spagnole esiliate. La pubblicazione di questi documenti ha reso evidente che ci sono molte lacune nella storia ufficiale che l’arte ha cercato di colmare in qualche misura.

A dimostrazione di come spesso memoria e storia non vadano di pari passo, mentre ci sono strade importanti intitolate ai repubblicani spagnoli all’estero, «ancora ci sono vie con i nomi degli aguzzini e in Spagna non esiste un museo della deportazione o un memoriale come quelli esistenti in Francia, Germania, Ungheria…» denuncia la Ripoll a Pascual (2014: 80), «Provo una vergogna insopportabile». Gli autori vogliono quindi ricordare, rendere giustizia, denunciare fatti nascosti, permettere il dialogo fra passato e presente, in un’epoca in cui «in Europa si sta tornando al fascismo e in Spagna il Nacional Catolicismo è più vivo che mai»78, come se il XX secolo non avesse insegnato nulla, perché «El triángulo

azul […] no es solamente teatro. Para mí, para nosotros, no está siendo solamente

teatro» (Ripoll, 2014: 117).

Parlare di questo tema a distanza di oltre cinquant’anni è utile secondo la teoria del Fifty-Year Effect di Stephen Greenhart (2001), in accordo con la quale Etkind afferma che:

Fifty years, or two cultural generations, is how much is needed to make of work of mourning cultural productive. I would speculate that the historical processes of catastrophic scale traumatize the first generation of descendants, and it is their

78 In PASCUAL, Itziar (2014), Laila Ripoll: la dignidad y la palabra, in «Primer Acto. Cuadernos

de investigación teatral», José Monleón, Madrid, 2014, 346, I, p. 281. In un suo articolo, Algunas

notas sobre “El triángulo azul”, a p. 117, Laila Ripoll dichiara che «El triángulo azul surge de una

44 daughters and sons- the grandchildren of the victims, perpetrators, and onlookers- who produce the work of mourning for their grandfathers (Etkin, 2013: 3)79.

Tuttavia, Reyes Mate (2008: 119-121) sostiene che il problema della memoria è la sua estrema fragilità. Per guarire dai traumi, gli psicoterapeuti consigliano di dimenticare e spesso hanno ragione. Anche Auschwitz (come gli altri campi di concentramento) aveva lo stesso scopo: dimenticare, senza lasciare traccia. Per poter ricordare, serve quindi la parola dei testimoni ma bisogna distinguere tra testimoni imparziali (teste) e testimoni che hanno vissuto quell’esperienza sulla propria pelle (superstiti). Questi ultimi sono rare eccezioni nel progetto di sterminio che effettivamente è stato portato a termine e, per tale ragione, bisogna tenere in considerazione il silenzio di chi non ce l’ha fatta. E tra i sopravvissuti occorre ulteriormente distinguere tra coloro che pensano che quell’esperienza ha cambiato irrimediabilmente le loro vite, cancellando perfino chi erano precedentemente, e coloro - e si tratta di casi straordinari - che accettano il loro destino perché lo hanno rielaborato come una battaglia interiore: Francisco Boix (il Paco dell’opera) è proprio uno di queste eccezioni.

Realtà e finzione si mescolano ne El triángulo azul, dialogando continuamente tra loro, generando un’opera polifonica il cui scopo è l’acquisizione e l’elaborazione di quell’esperienza tragica. Infatti, secondo una prospettiva freudiana (Murias Carracedo, 2017: 402), dopo un’iniziale negazione della perdita (perché provoca troppo dolore) occorre acquisire un certo distanziamento che ne permetta la convivenza, anche a livello sociale: le strategie di canalizzazione del dolore sono necessarie per il recupero, altrimenti si precipita nella melanconia, proprio come succede al personaggio di Paul Ricken, il cui percorso nel viale nei ricordi di vent’anni prima nasce per la necessità di chiedere, attraverso la registrazione di un magnetofono, il perdono dei figli, ma che non ottiene i risultati sperati; probabilmente è ormai passato troppo tempo per fare finta che nulla di quanto viene rappresentato sulla scena sia successo.

79 Citato in MURIAS CARRACEDO, Rosana (2017), Recuperando la memoria. Dos propuestas:

El triángulo azul de Laila Ripoll y Mariano Llorente y Ligeros de equipaje de Jesús Arbués, in ROMERA CASTILLO, José, El teatro como documento artístico, histórico y cultural en los inicios

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Dopo il colpo di stato e la guerra civile, molti spagnoli hanno dovuto abbandonare le loro case e, attraversando i Pirenei, erano convinti sarebbero tornati presto: mai avrebbero immaginato che la Francia, la nazione della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità li avrebbe prima mandati nei campi per i rifugiati e poi li avrebbe lasciati nelle mani dei tedeschi. La storia di questi 7000 spagnoli è stata quindi avvolta nel silenzio per anni, eppure, oltre che per la drammaticità del fatto, questi repubblicani deportati sarebbero dovuto passare alla storia per la solidarietà, il coraggio, l’intelligenza, l’organizzazione e la generosità con cui si sono distinti dagli altri gruppi nazionali a Mauthausen: non hanno mai perso il