• Non ci sono risultati.

Ispirazioni mazziniane nel progetto jugoslavo

Nel documento TRIESTE UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI (pagine 152-156)

DALL’ALTRA PARTE DEL MARE: LA QUESTIONE ADRIATICA IN SERBIA NELLE PAGINE DEL «POLITIKA»

2.2.2 Ispirazioni mazziniane nel progetto jugoslavo

Un ulteriore motivo di interesse, rappresentato dalla stesura del progetto di Garašanin, ai fini di questa ricerca, è il suo intreccio con la cultura italiana, dal momento che il progetto di un’unione dei popoli slavi meridionali trova un convinto sostenitore, un precursore addirittura, nella figura di Giuseppe Mazzini.190 Da sempre interessato al mondo slavo ed estimatore soprattutto dei fermenti culturali presenti in Serbia, Mazzini, già negli anni Trenta dell’Ottocento, aveva auspicato una confederazione degli Stati slavi in seno però all’Ungheria, arrivando poi a modificare e definire meglio il suo pensiero dichiarando, in un articolo del 1847,191 che una confederazione comprendente Serbia, Montenegro, Croazia e Bulgaria avrebbe risolto brillantemente la questione dell’influenza dell’impero ottomano nella regione. La collaborazione tra questi popoli, cementati dall’affinità dell’elemento linguistico (con l’eccezione del bulgaro), che anche per Mazzini è fondamentale nella formazione nell’identità di una nazione, si sarebbe poi facilmente estesa anche alla Bosnia, alla Dalmazia e alla Carinzia.

190

Cfr. D’Alessandri, L’europeismo mazziniano tra teoria e realtà: il caso degli slavi del Sud, consultabile sul sito: www.rastko.net/rastko/delo/12798

191 L’articolo si intitola On the Slavonian National movement e viene pubblicato sul Lowe’s

A rafforzare ancora le ipotesi sul legame tra Italia e Serbia nel quadro dell’idea jugoslava, contribuisce la suggestiva annotazione fatta da Nikša Stipčević,192

secondo cui proprio nella stesura del progetto di Garašanin sono riscontrabili idee di stampo mazziniano, di cui l’uomo politico serbo era venuto a conoscenza tramite i suoi contatti con gli emissari del principe Czartoryski. Mazzini, dal canto suo, desidera entrare in contatto con i giovani serbi, per poter coordinare un’azione antiturca che possa, in seconda istanza, dare il via anche alla disgregazione dell’impero austriaco. Dopo molti anni, l’occasione finalmente si verifica quando il patriota italiano entra in contatto con Vladimir Jovanović, appartenente alla gioventù serba, che ha condotto i suoi studi all’estero ed è l’uomo di punta della corrente liberale, in aperto contrasto con la politica sostenuta dal principe Michele Obrenović che nel frattempo è giunto al potere. È proprio a causa della sua attività politica che Jovanović viene prima mandato in esilio e poi, nel 1862, si reca a Londra per conto del partito liberale, per fare in modo che l’opinione pubblica e soprattutto il governo inglese, che sostiene la politica ottomana nei Balcani, vengano a conoscenza delle sofferenze patite dal popolo serbo, schiacciato tra la presenza ancora invasiva dei turchi e il regime di Michele. Durante il soggiorno a Londra, Jovanović conosce Mazzini tramite la mediazione di Bakunin, come verrà poi raccontato dal figlio, il famoso storico Slobodan Jovanović.

Il giovane rimane a tal punto impressionato dalle idee e dalla puntuale analisi della situazione internazionale del politico italiano, da impostare tutta la sua azione sulla base del pensiero mazziniano, a partire della sua concezione del principio di nazionalità e della solidarietà fra popoli contro la tirannide, fino alla gestione del potere politico, che deve essere riservato al popolo e non al sovrano. Anche Mazzini è entusiasta del dinamismo e dei progetti dell’élite intellettuale rappresentata da Jovanović, tanto da riporre molte speranze in un’azione

192 Cfr. Stipčević, Serbia e Italia nel XIX secolo, consultabile anche sul sito www.rastko.net/italia/delo/12265

combinata con il partito liberale serbo contro l’Austria,con il duplice scopo di liberare lo Stato slavo e di portare l’Italia alla riconquista del Veneto. Progetto che anche Jovanović approva, tanto da mantenere un rapporto epistolare pure con il massone livornese Adriano Lemmi, al fine di coordinare un’azione serbo-italiana. L’ipotesi poi non si concretizzerà, ma in ogni caso è innegabile che non solo il pensiero liberale, ma anche l’idea jugoslava che esso rielabora siano in qualche modo debitori proprio verso il grande ideologo italiano. Il fermento intellettuale e politico dei liberali trova nella stampa la sua migliore cassa di risonanza; il centro dell’azione di propaganda, però, non è Belgrado, ma Novi Sad, capitale della Vojvodina.

Questa è una regione a maggioranza serba, che nel 1860 perde anche la poca autonomia che le era stata concessa all’interno della monarchia asburgica e viene annessa definitivamente all’Ungheria. Il regime assolutista magiaro, però, invece di mortificare la popolazione, risveglia l’orgoglio della classe colta e dà l’avvio alla formazione di una borghesia liberale che trasforma Novi Sad nel punto di riferimento culturale non solo della Vojvodina, ma anche di tutta la Serbia e dei serbi residenti a Fiume e in altre città della Dalmazia. Il clima che si respira nella città è molto diverso da quello rigido, oppressivo, burocratico di Belgrado. I liberali di Novi Sad lottano, come i loro compagni in Serbia, per ottenere voce in capitolo nelle decisioni del governo e una maggiore autonomia, avvalendosi anche dell’apporto proveniente dalle idee mazziniane. A guidare questa battaglia è un giornalista, Svetozar Miletić, che collabora con il più importante giornale locale del tempo, il «Srbske dnevnik» (Notiziario serbo), una testata di carattere informativo guidata da Danilo Medaković che, prima fra tutte quelle serbe, aveva raggiunto una tiratura impressionante, oltrepassando i confini della Vojvodina.193

193

Occorre ricordare che all’epoca il numero di copie di molti giornali, soprattutto non quotidiani, veniva stampato sulla base di una sorta di abbonamento (pretplata) sottoscritto dai lettori per coprire i costi di tipografia.

Quando il governo ungherese sequestra il primo giornale di Novi Sad, Miletić si impegna a fondarne uno nuovo, «Zastava» (Bandiera), nel 1866.

Nello stesso anno, sull’esempio della Giovine Italia di Mazzini, Jovanović e Marković decidono di riunire nella capitale della Vojvodina i movimenti studenteschi e culturali della zona, dando vita alla “Gioventù serba unita” (Ujedinjena omladina srpska). L’associazione, che all’inizio dovrebbe essere solo di carattere culturale, si impegna quasi subito anche in ambito politico, diventando espressione della protesta liberale contro l’assolutismo sia di Michele sia dell’impero austro-ungarico. Anche la “Gioventù serba”, che trova la sua guida intellettuale in Miletić, crede nella necessità di unire gli Stati slavi contro il dominio dell’impero turco, avendo però come obiettivo non una Grande Serbia, ma una confederazione di Stati jugoslavi con pari diritti. Infatti, il nazionalismo manifestato soprattutto dal giornalista e dal suo foglio è indicato dagli storici come un nazionalismo liberale, che pone al centro delle proprie teorie non tanto l’individuo di etnia serba ma, principalmente, il cittadino, con i suoi diritti e soprattutto con i suoi doveri, situando dunque l’idea jugoslava e della “Gioventù serba unita” su un piano molto lontano dal mero desiderio di primato della Serbia sugli altri popoli slavi, che caratterizzerà altri movimenti in particolar modo durante la Prima Guerra Mondiale.

Per quanto riguarda i legami culturali e ideologici tra Serbia e Italia, inoltre, è importante ricordare che non è solo Mazzini a intersecare la sua opera con l’idea di un’unione degli jugoslavi, poiché alla sua figura si affianca anche quella di Tommaseo, che al mondo slavo è legato fin dalla nascita a Sebenico, nel 1804. In uno dei suoi innumerevoli scritti, che hanno come oggetto la vita e la cultura slava, e precisamente nell’opera Ai popoli slavi (conosciuta anche come Scritti

d’un vecchio calogero) che i critici fanno risalire agli anni Quaranta, Tommaseo

Dalmazia avrebbe rappresentato il traino intellettuale, mentre la Serbia quello politico e militare.194

Nonostante l’immenso successo che il Tommaseo scrittore e intellettuale trova nella cultura slava, a tal punto che i serbi e i croati se ne contendono addirittura l’appartenenza nazionale, il suo pensiero politico stenta a essere preso in considerazione in Serbia, anche a causa dello spiccato cattolicesimo del pensatore di Sebenico, che certo non può penetrare in una cultura ortodossa. L’unica regione in cui Tommaseo esercita una grandissima influenza è la Dalmazia, dove tra i suoi estimatori ci sono sia gli italiani sia i serbi, cattolici e anche ortodossi. La riflessione sulla situazione dalmata rende, però, obbligatorio fare un breve cenno alla nascita e all’evoluzione dell’idea jugoslava in Croazia e in Dalmazia, con particolare riferimento ai quotidiani che la esprimono.

Nel documento TRIESTE UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI (pagine 152-156)