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La situazione in Dalmazia

Nel documento TRIESTE UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI (pagine 161-168)

DALL’ALTRA PARTE DEL MARE: LA QUESTIONE ADRIATICA IN SERBIA NELLE PAGINE DEL «POLITIKA»

2.3 L’idea jugoslava in Croazia e in Dalmazia: il ruolo della stampa

2.3.2 La situazione in Dalmazia

In questi anni si pone anche il problema, che diventerà centrale durante il conflitto mondiale, del destino della Dalmazia. I croati, com’è naturale, la rivendicano per sé, forti della maggioranza slava che abita in quella regione, mentre gli italiani, che al momento detengono ancora la supremazia culturale e soprattutto economica della zona, non sono intenzionati a permettere che la Croazia se ne impadronisca. Il fermento che agita la Dalmazia è testimoniato dalla nascita di numerosi giornali, tra cui il più incisivo è un giornale di Dubrovnik che reca in sé un’interessante contraddizione: è scritto in italiano, si chiama «L’Avvenire», ma auspica l’unione della Dalmazia alla Croazia. Sopravvive solo un anno, dal 1848 al 1849 e vi collaborano intellettuali del calibro di Matija Ban e Medo Pucić, quest’ultimo conosciuto anche come Orsatto Pozza.199

Essendo scritto in italiano, il quotidiano viene aspramente criticato dalle «Notizie croate, dalmate e slavoniche», un altro giornale redatto in croato, il quale ritiene inadatta una lingua straniera, come quella italiana, per esprimere i concetti dello jugoslavismo.

In verità, la scelta di scrivere un giornale in italiano sembra rispecchiare la realtà linguistica della Dalmazia, dal momento che alcuni storici ritengono che

fossero in pochi gli abitanti in grado di leggere correntemente il croato, come del resto testimoniano le parole apparse sull'«Avvenire», in risposta all’attacco del foglio rivale:

“Salvo poche eccezioni, la universalità di quelli che leggono giornali nella Dalmazia ha bisogno di apprendere dall’italiano le verità slave e che infine l’«Avvenire», bene o male, si assumeva questo doloroso forse, ma praticamente necessario incarico”.200

Questa dicotomia tra nascente sentimento nazionale slavo e fortissima influenza italiana è uno degli elementi costitutivi di quella che è destinata a divenire la questione adriatica. In queste prime fasi della crisi tra le due componenti della Dalmazia, quella italiana riesce a far valere il suo peso politico, notevole grazie a una legge elettorale che privilegia solo gli individui più abbienti che in questo momento storico non sono certo numerosi nella maggioranza slava della popolazione. In questo, la minoranza italiana viene aiutata dalla politica dell’impero austriaco, che tradizionalmente tende sempre a mantenere lo status

quo delle province che amministra e che, nel caso specifico della Dalmazia, non

ha il minimo interesse a favorire un ingrandimento del territorio croato, che tra l’altro sarebbe gradito anche agli ungheresi.

Negli anni Sessanta la battaglia per il predominio politico della regione esplode con la lotta tra il partito nazionale, che desidera l’unione della Dalmazia alla Croazia, e il partito degli autonomisti, che invece mirano all’indipendenza, rimanendo però nell’ambito della Corona austriaca. Gli autonomisti sono chiamati anche il partito dei filoitaliani, perché, in effetti, la lotta tra i due schieramenti politici si configura come una lotta tra borghesia italiana e la nascente borghesia slava, quest’ultima destinata a imporsi alle elezioni per la Dieta dalmata nel 1870. Prima di giungere a questo risultato, nel 1862 nasce a Zara, città in cui la popolazione italiana rappresenta ancora la maggioranza, un quotidiano dal nome

200 Cfr G. Gaeta, Atteggiamenti dottrinari e giornalistici del Risorgimento slavo di fronte

«Il Nazionale»; anche questo foglio è scritto in italiano, ma è accompagnato da un supplemento in lingua croata dal titolo «Narodni List». Questa piccola appendice in lingua nazionale, per ammissione dello stesso quotidiano,201

può essere letta inizialmente da un ristretto numero di lettori di umile estrazione. Il giornale principale, invece, redatto in italiano, è rivolto soprattutto allo strato colto della società e, come l’«Avvenire» di Dubrovnik, incarna il paradosso di parlare in una lingua “altra” di unione dei serbi e dei croati in seno però a un’Austria che dovrebbe diventare federalista, e soprattutto di introduzione della lingua croata nella scuole, nei tribunali e nelle istituzioni ufficiali.

Gradatamente, comunque, la pagine del «Nazionale» e del «Narodni List», iniziano a diventare equivalenti, fino a quando nel 1869 i ruoli si invertono ed è il «Nazionale» a divenire supplemento del foglio principale in croato. Con l’affermazione, lenta ma inesorabile e definitiva dei croati in Dalmazia, anche il quotidiano zaratino si adegua, annunciando, nel numero del 28 dicembre del 1878, l’eliminazione anche di “una sola riga, che non sia scritta nella lingua nazionale”202

e quindi la cancellazione supplemento in italiano. Questa evoluzione degli slavi della Dalmazia è, certo, anche il riflesso dell’intensa attività che si svolge in Croazia a partire dagli anni Sessanta nell’ambito del progetto di realizzazione dell’idea jugoslava. In effetti, a Zagabria, l’idea di annettere la Dalmazia non era mai stata sopita, tanto che, proprio in questi anni, il partito nazionale croato si spacca in due fazioni, una capeggiata da Ivan Mažuranić che è pronto a collaborare con l’Austria pur di ottenere la Dalmazia, e l’altra influenzata dalla grande personalità del vescovo Josip Strossmayer che, riprendendo le idee di Gaj e dell’Illirismo, crede fortemente nella possibilità di creare una coalizione tra tutti i popoli slavi del Sud, anche se questo avrebbe significato distaccarsi dall’Austria e nonostante a questa terra il prelato sia legato da ragioni familiari e culturali e dall’amicizia con l’imperatore. Sono proprio questi vincoli a fare di

201 Cfr. ibid.

Strossmayer una figura in qualche modo sospetta agli occhi degli storici serbi in età recente,203

che tendono a distinguere i due “jugoslavismi” di Gaj e Strossmayer, attribuendo a quest’ultimo finalità soltanto politiche e avanzando l’ipotesi che il vescovo mai avrebbe veramente agito ai danni dell’Austria e che, quindi, non fosse completamente sincero nel suo desiderio di unire le genti slave.

Quello che è interessante ai fini di questa ricerca è, in ogni caso, l’immenso impegno culturale profuso dal religioso e dal suo amico Franjo Rački, a sua volta uomo di chiesa e letterato, per fare raggiungere ai popoli balcanici una consapevolezza prima intellettuale e poi anche politica, tale da favorirne l’unione. A questo scopo, nasce nel 1866 l’Accademia jugoslava delle arti e delle scienze, ma soprattutto la prima università nei Balcani, fondata a Zagabria nel 1874. Anche il movimento culturale di Strossmayer ha il sostegno di un giornale, il «Pozor», che nasce a Zagabria nel 1860 con lo scopo di diffondere e sostenere l’idea di una rinascita culturale e politica slava, che era sorta grazie al movimento illirico. Per questo motivo, la testata non esita a schierarsi dalla parte del vescovo promotore dell’idea jugoslava, e già nel 1861 diventa organo ufficiale del partito nazionale. Il giornale riscuote successo soprattutto presso la nascente borghesia liberale e gli impiegati statali, forte della collaborazione di intellettuali come lo stesso Rački e letterati provenienti da Fiume e dalla Dalmazia, tra cui Mihovil Pavlinović, il già citato Medo Pucić, Erazmo Barčić e Marijan Derenčin.

Il «Pozor» si distingue per il suo carattere serio, colto, che riflette lo stile austero di Strossmayer, ma si rivela anche piuttosto intransigente nel promuovere le proprie idee, tanto che entra in forte polemica con l’altra ala del partito nazionale, capeggiata da Mažuranić. Il sogno di un’unione tra serbi e croati sembra concretizzarsi nel 1866, quando l’Austria vacilla in seguito agli scontri con l’Italia e con la Prussia; in quest’occasione Strossmayer entra in contatto con

203 Cfr. Dučić, Jugoslovenska ideja: istina o “jugoslavizmu”, 1941, consultabile sul sito: www.ratsko.rs

il solito Garašanin per cercare una coalizione contro monarchia asburgica e impero ottomano. Ma ancora una volta l’onda prepotente degli avvenimenti storici spazza via le prospettive jugoslave: alla fine della crisi austriaca, la Croazia, con un’autonomia che è solo sulla carta, si trova in realtà ancora più vincolata alla Corona di Santo Stefano, in questo accomunata ma divisa da Fiume, che è nello stesso tempo soggetta all’Ungheria ma separata dal resto della Croazia, mentre la Dalmazia e l’Istria passano sotto il controllo di Vienna. L’esasperazione del popolo croato dissipa qualsiasi desiderio di solidarietà con gli altri Stati slavi e soprattutto con i serbi, con cui i rapporti si fanno sempre più tesi sotto il governo del bano ungherese in Croazia, Héderváry, che tende a favorire la componente serba della nazione croata proprio per creare malumore tra i due popoli ed evitarne lo sforzo comune contro l’impero austro-ungarico. Nonostante tutto, però, l’idea di una collaborazione tra i popoli slavi riappare dopo il 1893, anno in cui, in seguito all’ennesima umiliazione da parte degli ungheresi, i giovani croati insorgono bruciando in piazza, a Zagabria, la bandiera magiara. A causa di questo atto di ribellione, la maggior parte di loro, studenti universitari, viene allontanata dal Paese e costretta ad andare a studiare all’estero. La punizione si rivela una fortuna per la vita intellettuale croata, poiché gli studenti entrano in contatto con altri colleghi appartenenti alle maggiori università europee, soprattutto nelle capitali dell’Europa centrale. In particolare, come ricorda Pirjevec,204

molti giovani vengono favorevolmente impressionati dal pensiero politico di Tomaš Masaryk, professore dell’università di Praga, tanto da decidere di liberarsi da ideologie fini a se stesse per impegnarsi materialmente presso la popolazione. A questo scopo, i croati decidono di recuperare la solidarietà con i serbi, fondando nel 1896 la “Gioventù croata e serba unita”.

Questa organizzazione, che si troverà a fronteggiare il partito dei “puristi” capeggiato da Josip Frank, di avviso completamente opposto, ultranazionalista e

quindi antiserbo, sarà molto attiva soprattutto all’inizio del Novecento. Frattanto in Dalmazia, a Dubrovnik, nel 1891 il gruppo degli appartenenti al partito del diritto fonda una rivista settimanale dal titolo «Crvena Hrvatska» (Croazia Rossa) che, grazie al prestigio che raggiunge nel giro di poco tempo, fa emergere la figura del suo brillante redattore: Frano Supilo, un uomo politico che, insieme con Ante Trumbić, giocherà un ruolo fondamentale nella crisi adriatica che si aprirà tra Italia e popoli slavi dopo la Prima Guerra Mondiale.

Il giornale dalmata, sotto la guida dell’intelligente giornalista, rappresenta uno degli esempi più fulgidi di tutto il giornalismo croato del tempo, in grado di influenzare considerevolmente l’opinione pubblica. Sono soprattutto i toni moderati e l’apertura a collaborare con l’opposizione a contraddistinguere la testata. Nel 1895 Supilo si sposta a Fiume, lontano dal regime di Khuen Héderváry e lì assume la direzione del quotidiano «Novi List» (Nuovo foglio), dalle cui pagine muove un’accesa protesta contro la censura e i metodi di governo imposti dal repressivo bano ungherese. A partire dal 1904, il giornalista dalmata opera una rivoluzione, trasformando il «Novi List» da giornale dai contenuti prettamente politici e ideologici a testata informativa; ma Supilo non si limita a questo, crea una rete di telecomunicazioni con Zagabria, Budapest e Trieste e, soprattutto, è il primo a intuire il vantaggio di far uscire il giornale al mattino, in modo da battere la concorrenza delle altre testate, fornendo notizie più “fresche” degli altri. Grazie alla rete ferroviaria, particolarmente efficiente all’epoca e relativamente economica, il «Novi List» arriva anche a Zagabria dove, grazie al successo ottenuto, spinge anche gli altri quotidiani zagabresi ad apportare delle novità nelle proprie redazioni. Supilo, come si è detto, intreccia la sua storia e la sua carriera politica anche ai destini dell’Italia e in particolare degli italiani che popolano la sponda orientale dell’Adriatico.

Con Trumbić e altri giovani dalmati, Supilo fonda nel 1905 il gruppo politico detto del “Nuovo corso” che mira a riunire croati, serbi e slavi nella comune lotta contro l’Austria e soprattutto contro la pericolosa espansione della Germania

verso la penisola balcanica. Supilo coltiva anche rapporti con diversi intellettuali italiani, tra cui Guglielmo Ferrero a cui, in diverse lettere205 scambiate nel 1914, manifesta la sua convinzione di un necessario accordo tra popoli slavi e Italia al fine di una chiara definizione dei confini della tanto contesa zona adriatica. Supilo, in realtà, sarà poco trasparente in questo senso, cercando di accaparrarsi, per la futura nazione jugoslava, anche delle terre nettamente appartenenti al territorio italiano. In ogni caso, l’opera culturale di Supilo nel primo Novecento è tanto più interessante poiché rappresenta, purtroppo, un caso isolato in una realtà come quella croata, schiacciata dal governo dell’Austria-Ungheria che, soprattutto dopo le guerre balcaniche vinte in maniera energica dalla Serbia, tende a stringere ancora il cappio intorno al collo dei desideri di autonomia croati, promettendo invano la creazione di una monarchia trialista che, come sappiamo, non solo non si realizzerà mai, ma che non è mai stata realmente nelle intenzioni dell’imperatore asburgico.

Gli avvenimenti croati di questi anni chiariscono, a mio avviso, non solo la situazione presente in un’importante regione balcanica, ma rendono maggiormente comprensibile anche l’atteggiamento che il quotidiano serbo «Politika» assumerà nel corso della lunga neutralità italiana tra 1914 e 1915 - soprattutto in merito alla Dalmazia - e che andremo ad analizzare tra qualche pagina.

205 Cfr. Enciclopedia Treccani, consultabile anche all’indirizzo web: http://www.treccani.it/enciclopedia/frano-supilo/

2.4 Questioni jugoslave e adriatiche nel processo di sviluppo della stampa

Nel documento TRIESTE UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI (pagine 161-168)