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Il «Politika» e l’idea jugoslava

Nel documento TRIESTE UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI (pagine 182-187)

DALL’ALTRA PARTE DEL MARE: LA QUESTIONE ADRIATICA IN SERBIA NELLE PAGINE DEL «POLITIKA»

2.4 Questioni jugoslave e adriatiche nel processo di sviluppo della stampa serba tra Ottocento e Novecento

2.4.3 Il «Politika» e l’idea jugoslava

Il merito di questo progresso nel panorama editoriale serbo va a un giornale nato a Belgrado nel 1904: il «Politika». Fin dal suo esordio, questo giornale appare completamente diverso da tutti gli altri, tanto da rappresentare un punto di rottura nel giornalismo serbo di inizio secolo. Quotidiano indipendente, lontano dai partiti politici e dalle loro lotte, il «Politika» viene immediatamente apprezzato dal ceto medio e soprattutto dagli intellettuali, per il suo stile pulito, per la pacatezza nei toni e per il linguaggio curato ed elegante. In breve tempo, la testata di Belgrado diventa il quotidiano più prestigioso della Serbia, punto di riferimento anche per gli altri giornali, che iniziano a modellare il proprio stile e il proprio linguaggio su quello del concorrente di successo. Si può affermare, senza dubbio, che il «Politika» rappresenta in Serbia quello che il «Corriere della Sera» significa per la stampa italiana, sia per il tipo di lettore a cui si rivolge, sia per molte altre analogie. La formazione del suo fondatore, Vladislav Ribnikar, non è infatti dissimile da quella di Luigi Albertini: figlio di un fisico sloveno, Franjo Ribnikar, il giovane si laurea a Belgrado in storia della filologia e continua i suoi studi alla Sorbona. Va poi a Berlino per studiare ancora alla Humboldt e lì entra in contatto con diversi giornalisti europei e soprattutto con il concetto occidentale di giornalismo, che Ribnikar ha modo di approfondire ulteriormente collaborando in qualità di corrispondente da Berlino con un giornale francese.

La fine del regime degli Obrenović appare allo studioso, che ancora non ha terminato il suo corso di perfezionamento professionale, come il momento opportuno per rientrare in patria e cercare di portare anche in Serbia quel tipo di giornalismo europeo, moderno e assolutamente indipendente dai partiti e dai gruppo finanziari, che in effetti ancora mancava. Riesce a realizzare il suo progetto grazie alle finanze sue e soprattutto della moglie. Anche il direttore serbo, come Albertini, è affiancato dal fratello Darko nella conduzione del giornale e, così come il grande direttore del «Corriere della Sera», apporta delle novità interessanti nel suo quotidiano, come la rubrica sportiva, la prima in Serbia, una sezione dedicata al mondo femminile e soprattutto valorizza lo spazio dedicato al feuilleton, grazie alla collaborazione di importanti scrittori e intellettuali nazionali e internazionali, che trasformano la rubrica in una fonte inesauribile di riflessioni e dibattiti che, come si vedrà, riguarderanno anche la questione adriatica nel corso del primo anno della Grande Guerra.

Inoltre, anche il «Politika» può annoverare, nella sua redazione, i migliori giornalisti della Serbia poiché, grazie al successo immediato che il giornale ottiene non appena viene dato alle stampe, può permettersi il lusso di corrispondere degli stipendi insolitamente alti per l’epoca. Il quotidiano, nonostante la precoce morte in battaglia dei fratelli Ribnikar a un solo giorno di distanza l’uno dall’altro, tra l’agosto e il settembre del 1914, riuscirà ad essere pubblicato fino al 24 settembre 1915, data a partire dalla quale non uscirà più fino al 1919.

Proprio negli anni in cui nasce e si sviluppa il «Politika», l’idea della Grande Serbia che, come abbiamo visto, è sempre presente nelle intenzioni della classe politica e soprattutto nei progetti di Pašić, conosce un ulteriore momento di sviluppo. Causa scatenante è l’annessione della Bosnia da parte dell’Austria-Ungheria nel 1908, che nasce ufficialmente come risposta alla rivoluzione dei Giovani Turchi. Questa mossa austriaca provoca grande disappunto in tutta la

nazione serba, che si vede usurpata di una regione che sperava di poter annoverare tra i suoi territori.211

Mentre si susseguono disordini in città, con manifestazioni anti-austriache a cui partecipa anche l’erede al trono serbo, Giorgio, un gruppo di personaggi belgradesi particolarmente in vista, tra cui diversi militari, organizza un’associazione paramilitare chiamata Narodna Odbrana (Difesa Nazionale) allo scopo di promuovere azioni sovversive contro l’impero austro-ungarico (come per esempio la guerriglia urbana), per evitare che l’annessione della Bosnia diventi effettiva. Il tentativo, ovviamente, non riesce, l’Austria va avanti nel suo intento e raggiunge l’obiettivo, costringendo la Serbia nel 1909 a prenderne atto, pena l’aggressione militare.

Il popolo serbo, umiliato ancora una volta sulla scena internazionale, coltiva in maniera ancora più grande il suo sentimento di orgoglio nazionale, acuito anche dalla momentanea tregua tra i partiti politici che, nel momento della crisi bosniaca, si stringono intorno alla propria identità etnica. Schiacciata dal potere austriaco, anche la Narodna Odbrana rinuncia, almeno apparentemente, al suo carattere politico e rivoluzionario, per assumere dei connotati prettamente culturali. Una trasformazione solo formale, dal momento che l’associazione continua a tessere una trama di intrighi e spionaggi soprattutto al di fuori della Serbia; un’attività sotterranea che sfocia, nel 1911, nella creazione di un nuovo gruppo clandestino, l’Ujedinjenje ili smrt (Unione o morte), che verrà poi meglio conosciuta con il nome di Crna Ruka (Mano nera), capeggiato dal colonnello Dimitrijević, che ha chiari intenti militari e ammette anche l’uso della violenza e dell’omicidio pur di raggiungere l’obiettivo di una Grande Serbia. Nuovamente, l’impresa sembra possibile in seguito ai successi conseguiti durante le guerre balcaniche del 1912-1913 grazie a cui la Lega Balcanica che si è formata con la

partecipazione di Serbia, Montenegro, Grecia e Bulgaria riesce a debellare completamente la presenza dell’impero ottomano in tutta la regione.

La Grande Serbia deve però attendere ancora per vedere la sua nascita: l’ingerenza non solo dell’Austria ma anche delle altre nazioni europee che temono un’influenza russa nei Balcani, gli scontri nati tra Serbia e Bulgaria per il dominio sulla Macedonia, pongono un limite a questo progetto.

La vittoria della Lega, però, che è soprattutto una vittoria dei serbi che hanno schierato l’esercito più forte, accresce a dismisura il senso di orgoglio nazionale, il desiderio da parte della Serbia di affermarsi come grande potenza e quindi la consapevolezza della necessità di spezzare, dopo il dominio ottomano, anche quello asburgico nei Balcani, liberando (e, di fatto, assoggettando a Belgrado) anche la Bosnia, la Vojvodina, la Dalmazia. Una determinazione che, com’è noto, spingerà Gavrilo Princip a premere il grilletto della sua Browning il 28 giugno del 1914.

Da questo momento, acuito dall’ultimatum austriaco prima e dell’inizio delle ostilità poi, il sentimento nazionale e l’idea grandeserba non conoscono più limitazioni, tanto che il 7 dicembre del 1914, a Niš, con una dichiarazione ufficiale del Parlamento serbo, l’obiettivo di liberare tutti le popolazioni slave tenute ancora sotto il giogo austriaco per riunirle in un’unica nazione esce per la prima volta dai confini delle associazioni culturali o paramilitari per diventare progetto concreto ratificato da un governo.

L’idea jugoslava, quindi, che già aveva trovato in passato, come si è visto, parecchio spazio sulla stampa serba e dei territori abitati dai serbi, diventa una presenza fissa dei giornali, incoraggiati dalla legittimazione che essa riceve dal governo e fomentati dagli orrori di una guerra che diventa sempre più cruenta con il passare delle settimane. Anche un giornale di solito lontano dai facili entusiasmi e dalle dichiarazioni altisonanti come il «Politika», con lo scoppio della guerra inizia a cambiare la sua fisionomia e si lascia trascinare dal fervore jugoslavo che invade ormai tutti gli strati della società serba.

Esiste un lavoro di estremo interesse scritto da Branka Prpa,212 che si è occupata in maniera approfondita della presenza e della promozione dello jugoslavismo da parte del «Politika». Il programma che il quotidiano belgradese segue in questo periodo è, infatti, quello di un appoggio incondizionato al governo di Pašić, poiché grazie ad esso vengono promulgate leggi ed emessi provvedimenti a difesa dell’idea jugoslava.

I temi esposti sono, in fondo, sempre gli stessi dai tempi di Karadžić in poi: la stessa eredità culturale e morale condivisa tra i popoli slavi, testimoniata anche dell’identità linguistica, la solidarietà tra Stati “fratelli”, il desiderio di riunirsi in un’unica grande nazione. Il «Politika», a supporto di queste idee, ricorre ad articoli scritti non solo dai suoi giornalisti (decimati dalle partenze per il fronte), ma anche dai più importanti intellettuali serbi che lavorano all’estero e riporta anche editoriali tratti da illustri giornali europei. Questi articoli di propaganda vengono proposti in tutte le forme previste dalla scrittura giornalistica: feuilleton, editoriali, reportage, lettere ecc. Nell’entusiasmo di propugnare l’idea jugoslava, il «Politika» passa oltre gli effettivi problemi e diversità anche gravi tra le differenti etnie che popolano gli Stati slavi meridionali, soprattutto quelli esistenti tra serbi e croati.

Un errore, come si è già ripetuto, commesso non solo dal foglio belgradese ma da molti altri giornali dell’epoca. Prova tangibile ne è il fatto che perfino la stampa socialista, da sempre molto critica verso l’idea jugoslava, nel momento in cui l’Austria decide di ricorrere alle armi, accetta l’idea della guerra, che viene considerata, date le circostanze, difensiva, e diventa anche più flessibile circa l’idea di una riunione di tutti i popoli slavi, ferma restando la condizione imprescindibile che essa avvenga nel rispetto dei diritti di tutte le popolazioni.

Analogamente all’indagine della Prpa, che conta circa sessanta articoli, nel solo 1915, in cui il «Politika» espone la questione jugoslava, è possibile condurre

212 Cfr. B. Prpa-Jovanović, Jugoslavenska ideja u listu Politika 1915 godine, Belgrado, “Istoriski Institut, Zbornik radova 1986”, pp.133- 152

una riflessione sull’atteggiamento del quotidiano serbo di fronte alle scelte diplomatiche dell’Italia, riguardanti la neutralità prima e la richiesta di compensi territoriali in cambio dell’intervento in guerra poi, con l’obiettivo di capire quali sentimenti si nutrono in Serbia verso la Penisola soprattutto in relazione alla questione adriatica.

Nel documento TRIESTE UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI (pagine 182-187)