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L'Istituto della Veneria e i primi comizi agricoli ialian

Leopoldo II a ricoprire l'incarico di direttore del nascente Istituto agrario dell'Università di Pisa, sul quale torneremo

IL PROGRESSO AGRARIO IN PIEMONTE VERSO LA META1 DELL*800: GLI ISTITUTI AGRARI DI SANDIGLIANO E DELLA VENERIA

3. L'Istituto della Veneria e i primi comizi agricoli ialian

In Piemonte un decisivo impulso alla sviluppo dell'a­ gricoltura fu rappresentato dall'attività dell'Associazione agra­ ria subalpina, un organismo istituito da Carlo Alberto nel 1842,

ma dotato di una larga base e ben ramificato nelle pronvince. Do­ tata di una fisionomia completamente nuova rispetto alla tradizio­ ne delle accademie di origine settecentesca, l'Associazione agra­ ria, oltre a dare voce e mezzi ai tentativi di miglioramento te­ cnico e civile delle campagne, vide delinearsi al suo interno anche le più importanti correnti della futura vita politica del Piemonte liberale (49)* Come società d'incoraggiamento dell'agri­ coltura essa promosse concorsi a premi per l'allevamento del baco da seta, per la lotta alla mosca olearia, all'epidemia dei cavalli ed al vaiolo; elaborò piani d'intervento in materia di assicurazioni e di credito agrario. Inoltre - ed è questo che a noi più interessa - fece notevoli sforzi per diffondere l'istru­ zione agraria; nell'introduzione al primo numero della "Gazzetta dell'Associazione agraria" si legge infatti che questa

"concentrerà i mezzi per fondare scuole gratuite teori- co-pratiche centrali e provinciali, nelle quali si possono esercitare i giovani destinati a spandersi nelle diverse parti dei Regi Stati per diffondervi ogni miglioramento rurale";

nello stesso tempo si prevedeva anche l'apertura di una scuola forestale e di una veterinaria (50).

In seno all'Associazione agraria risultarono in mino­ ranza le opinioni contrarie alla fondazione di poderi modello, delle quali Cavour era il massimo portavoce. Si decise così di prendere in affitto la tenuta demaniale della Veneria, presso Torino, per istruirvi un podere modello ed un istituto agrario-fo­ restale; nel novembre 1845 fu creata una commissione incaricata di redigere il piano generale dell'istruzione da impartirsi nel nascente istituto della Veneria reale (51). Questo avrebbe dovuto configurarsi come "una scuola normale teorico-pratica, con convitto e con allievi esterni", dotata di terreni sperimentali, della bigattiera per l'allevamento dei bachi da seta e di vivai per

la moltiplicazione delle piante. Il piano formulato prevedeva un cor so di studi della durata di tre anni comprendente gli insegnamenti di geometria, fisica, chimica, botanica, "agricoltura teorico- pratica in tutti gli aspetti", economia rurale, igiene, veterina­ ria, contabilità, tecnologia rurale ed altre materie accessorie, potevano accedervi gli allievi di età superiore ai sedici anni che avessero superato una prova di ammissione; il numero dei con­ vittori era fissato in quarantacinque (trenta agricoltori e quindi­ ci forestali) ripartiti in tre corsi, mentre per l’accesso degli ee? sterni nessun limite venne stabilito. Gli allievi potevano essere inviati alla scuola a spese delle rispettive province, oppure dovevano pagare una retta annuale fissata in 600 lire per gli interni ed in 150 per gli esterni. L'allargamento della frequenza ad "auditori esterni" rivestiva una certa importanza perché mirava "a procacciare la necessaria istruzione a quei proprietari e fitta- voli" che avessero voluto unire una preparazione scientifica alla

loro attività concreta di imprenditori agricoli.

L ’Istituto agrario-forestale fu definitivamente appro­ vato con brevetto regio nel 1846 ed ufficialmente aperto il 14 febbraio 1848; esso era finanziato con denaro pubblico (dipendeva infatti dalla Segreteria di Stato) (52). L ’obiettivo fondamentale della scuola restava la formazione di agronomi da impiegare come direttori di aziende agricole, di ispettori forestali, di periti agrari e di professori di agraria a livello provinciale. I promotori dell'iniziativa si auspicavano infatti che alla fondazione del­ l'Istituto della Veneria potesse far seguito a breve termine anche quella di cinque scuole provinciali (una per ciascuna tipologia colturale del territorio del Regno: asciutta, irrigua, viticola, risicola, olivicola); l'Istituto già operante di Sandigliano sareb­ be passato a far parte di questo piano, diventando una delle

cinque scuole proposte (53).

L'impresa andò però incontro a notevoli difficoltà, soprattutto nella conduzione della tenuta, dove si praticarono da subito consistenti interventi migliorativi. Prima ancora che la scuola venisse ufficialmente aperta ci si rese conto che, no­ nostante il sussidio governativo, l'Associazione agraria non era in grado di far quadrare il bilancio economico del podere della Veneria e l'assemblea generale del febbraio 1847 dovette registrare il pesante deficit di oltre 17.000 lire (54). L'Istitu­ to fu cosi privato del "podere di coltura perfezionata" e il contratto di affitto della tenuta fu rilevato dal marchese Emilio di Sambuy. Decurtata dei terreni destinati alla sperimentazione, la scuola non poté conoscere quello sviluppo che i suoi promotori avevano immaginato; nel 1849, mentre una commissione della quale facevano parte anche Emilio di Sambuy e Rocco Ragazzoni studiava un ulteriore progetto per l'organizzazione dell'istruzione agraria in Piemonte, si valutava l'opportunità di trasferire la scuola nel centro di Torino (55). Il precipitare della situazione politi­ ca verificatosi in quegli anni ostacolò ancor più una rivitalizza- zione dell'impresa di istruzione agraria e forestale avviata alla Veneria; la scuola venne definitivamente chiusa nel 1853 per la scelta di Camillo di Cavour, ormai inserito nel Governo, che l'aveva sempre avversata e che vi sostituì alcuni corsi rela­ tivi a discipline ausiliarie dell'agricoltura.

L'Associazione agraria subalpina, ideatrice e promo­ trice dell'Istituto agrario-forestale, conobbe comunque il suo più alto e durevole successo con l'istituzione dei comizi agricoli, cioè di riunioni agrarie operanti con regolarità in vari centri del territorio, sostenute da società locali di proprietari, affit­ tuari ed agronomi impegnati per il miglioramento dell'agricoltura.

Nell'organizzazione dei comizi fu ripresa ed imitata soprattutto l'esperienza della Francia , dove la pratica dei comices agricoles era in vigore in alcuni dipartimenti da almeno un paio di decenni (56).

Nel 1843 erano già una trentina i comizi agricoli locali che l'Associazione agraria aveva promosso a cominciare da Mondovi, Casale Monferrato, Voghera, Ivrea, Pinerolo e proseguendo l'operazione in molti altri centri dello Stato piemontese; nel giro di pochi anni il loro numero fu triplicato, mentre aumentaro­ no considerevolmente anche gli iscritti all'Associazione. L'atti­ vità di ogni comizio era rivolta in primo luogo all'istruzione tecnica dei contadini attraverso lezioni gratuite impartite dagli stessi membri del comizio e la coltivazione, sempre con forze proprie, di un fondo sperimentale. La sperimentazione di metodi e colture nuove veniva incoraggiata anche commissionando alle aziende private la realizzazione delle prove e degli esperimenti, offrendo loro un indennizzo in denaro nel caso di risultati negati­ vi. Ciascun comizio avrebbe dovuto inoltre impegnarsi nella compi­ lazione di statistiche agrarie della propria zona di intervento, nella costruzione e nella diffusione di strumenti rurali perfezio­ nati, nella promozione di esposizioni annuali di bestiame e di prodotti agricoli. Lo scopo principale dei comizi era insomma quello di "trasportare le questioni dell'agronomia dalla sfera delle accademie in quella del mondo pratico" (57). In effetti, i comizi agricoli piemontesi furono, nel periodo preunitario, la massima espressione di quel fenomeno di crescita dell'interesse per i problemi concreti dell'agricoltura che si era andato deli­ neando ed approfondendo in tutta 1'Italia durante la prima metà del XIX secolo. La ripresa dell’esperienza piemontese relativa ai comizi agrari costituirà, tra l'altro, uno dei primi atti

dello Stato postunitario in materia di legislazione agraria, nel tentativo di incoraggiare la razionalizzazione produttiva nelle campagne ed il coordinamento rappresentativo degli interessi della borghesia agraria (58).

Studiare le vicende di alcuni comizi, in rapporto alla realtà agraria circostante potrebbe forse fornire utili indi­ cazioni su quanto le innovazioni proposte potevano attecchire e su come gli interventi degli agronomi potevano modificare il panorama tecnico dell'agricoltura. E' comunque difficile pensare che la presenza sul territorio dei comizi, come delle prime scuole agrarie e delle aziende coltivate con criteri più moderni e razio­ nali, non abbia prodotto fin dall'inizio stimoli ed opportunità innovative per tutto l'assetto dell'agricoltura, cioè anche per quel diffuso tessuto di piccoli e medi produttori sui quali le fonti sono purtroppo molto avare di informazioni, ma che rivesti­ vano una notevole importanza specialmente nell'economia agraria della collina e della pianura asciutta del Piemonte.

Note al capitolo III

1. ARM, Lettere, F, ins. 2, E. Sambuy a C. Ridolfi, 16 aprile 1841. Nel 1843 il Sambuy invitava Ridolfi alla costruzione di uno "sgra- natore di formentone"; Ivi, H, ins.1,Sambuy a C. Ridolfi Lesegno febbraio 1843. Fabbrica di strumenti rurali a Lesegno, RdA, XX, 1844, pp. 126-128.

2. ARM, Lettere, f. D, ins. 4, G. Sacchi a C. Ridolfi (Milano,