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NARRATIVA SISTEMA PERSONAGG

7. Una triplice eccenticità: ebrea, socialista, artista

7.4. J come Jüdin

Nella lettera del 24 giugno 1959, Veza aggiunge al suo nome una J, Jüdin: «Mrs V. J. Canetti 8 Thurlow road London N. W. 3».

Sappiamo dalle pochissime testimonianze a nostra disposizione che Veza Taubner – Calderon non aveva rapporti stretti con la comunità ebraica, non era ortodossa e, in diverse occasioni (anche nelle lettere), si esprime in modo altamente critico nei confronti della religione.

Se sceglie di sposarsi con Elias Canetti con rito religioso, nel 1934, all'interno della comunità ebraica, sembra sia esclusivamente per motivi pragmatici: il rito im spaniolischen Tempel permetteva tempi abbreviati, grazie alla minore burocrazia richiesta.

Elias Canetti stesso, in una lettera al fratello Georges, spiega i motivi del matrimonio: Veza, ancora cittadina jugoslava, ha rischiato di essere espulsa dall'Austria per il suo impegno politico e costretta a emigrare in Jugoslavia.

Canetti ha pensato così all'unica possibile soluzione, il matrimonio, che avrebbe reso Veza apolide, come il marito, e quindi in grado, in caso di espulsione, di scegliere il paese dove emigrare438.

È di notevole interesse, quindi, la scelta della scrittrice di ribadire la propria appartenenza ebraica nelle lettere a Georges della fine degli anni Cinquanta.

Nell'epistolario sono frequenti, quasi ossessivi, i riferimenti alla Shoah, agli ebrei dispersi, sterminati, al deserto esistenziale che questo scoglio storico ha lasciato nei sopravvissuti e al fatto che non potrebbe essere altrimenti.

D'altra parte, in quanto scrittrice, Veza Taubner – Calderon affronta il tema 434 Lettera del 7 giugno 1937. Ibidem, p. 67.

435 Lettera del 6 luglio 1946. Ibidem, p. 215.

436 Lettera del 16 settembre 1936: «Wir hungerten. Wir hatten keine Kohle. Wir waren krank und

hatten keinen Schilling im Haus. Lange lange Zeit.» Ibidem, p. 64.

437 Lettera del 24 settembre 1937: «Ich hatte sieben andere Operationen, die aus psychischen Gründen

viel ärger waren. Und ich musste in diesem Zustand einen Arzt um Beistand bitten, der mich lange mit seiner Leidenschaft verfolgt hatte.» Ibidem, p. 83.

dell'identità ebraica solo a partire dall'esilio e soltanto, a quanto ci risulta fino ad oggi, nel romanzo Die Schildkröten, proprio a partire dalla persecuzione antisemita.

L'autrice si reimpossessa di una parte della propria identità nel momento in cui questa appartenenza diventa un forte discrimine, lo fa, cioè, come scelta etica e politica, prendendosi carico di questo aspetto della propria identità per stare dalla parte dei vinti.

La posizione eccentrica di Veza Taubner – Calderon, in quanto ebrea critica all'interno di una comunità ebraica tradizionalista, quale quella concentrata nella Leopoldstadt, è ben sottolineata da Dagmar Lorenz, che l'avvicina alle altre scrittrici ebree, in particolare Claire Goll e Gertrud Kolmar:

Aware of the problems inherent in the view of humanity in German classicism and idealism, and in opposition to culturale and ethnic bases, Canetti, Goll, and Kolmar developed strategies to expose the attacks on the Jewish and female body and psyche and to undertake a reexamination of the phenomenoligical world from the point of view of the underpriviliged439.

I genitori di Veza Taubner – Calderon, come tanti altri ebrei viennesi, erano approdati nella capitale da lontani territori dell'impero, il padre un commerciante sefardita ungherese, la madre di origine bosniaca.

La vita nella Leopoldstadt, un microcosmo provinciale, potremmo dire arcaico, all'interno della, per molti aspetti, modernissima Vienna, l'esposizione alla rigidità delle tradizioni, spesso assunta come difesa nei confronti dell'aggressività della metropoli, della povertà, della disperazione, costringe la giovane ebrea, accanita lettrice, frequentatrice delle lezioni di Kraus, nella difficile posizione della pariah.

È austriaca, ma anche ebrea; non è ricca, ma la sua formazione e i suoi interessi sono chiaramente borghesi; d'altra parte, il suo credo politico la porta a interessarsi del proletariato e sottoproletariato, che osserva senza il filtro omogeneizzante dell'ideologia socialista.

Come abbiamo visto attraverso la lettura dei suoi testi, Veza Taubner – Calderon indaga singoli aspetti della democrazia, mettendo in discussione quelli comunemente accettati, tra gli altri la solidarietà a priori con le vittime e la saggezza dell'opinione pubblica: «the collective is shown to be in constant danger of turning into a mob whenever there is a potential instigator440

Questo «stare - al - di - fuori - di - tutti - i - legami - sociali, questa totale mancanza di pregiudizi441» permette alle intellettuali ebree di guardare in modo

disincantato il mondo in cui vivono, forniscono loro strumenti in più per un'analisi della realtà, il punto di vista, cioè, dell'outsider che ha provato, però, la posizione dell'insider.

La finestra, la scala, il balcone, allora, sono certo luoghi di passaggio ma anche, se li guardiamo da un altro punto di vista, di uno stare, un so – stare diverso, un'attesa che da anonimo punto di unione tra passato e futuro diventa presente decisivo, scelta, accettazione di responsabilità.

Due tragiche cesure minano la fede nell'assimilazione e ne mostrano tutta la 439 Dagmar C. G. Lorenz, Keepers of the motherland, op. cit. p. 87.

440 Ibidem, p.108.

441 H. Arendt, La lingua materna. La condizione umana e il pensiero plurale. Mimesis, Milano 1993,

fragilità: la prima, la recrudescenza dell'antisemitismo, a partire dalla fine dell'Ottocento, in particolare a Vienna, Berlino e Monaco, fino alla persecuzione sistematica dei nazisti (le Leggi di Norimberga, nel 1935, e la Kristallnacht, nel 1938); la seconda, Auschwitz:

Vede, ciò che è stato decisivo non è il 1933, in ogni caso non per me, ma il giorno in cui sapemmo di Auschwitz. […] Nel 1943. […] Questo fu il vero trauma. In precedenza, ci dicevamo che tutti hanno dei nemici. E' naturale. Perché un popolo non dovrebbe avere dei nemici? Ma questo era completamente diverso. Davvero, era come se si fosse spalancato un abisso442.

La conoscenza di ciò che è successo nei campi di sterminio costringe le intellettuali ebree a confrontarsi con la propria identità, in un corpo a corpo che non ammette vie di fuga o facili esiti.

Come mostra Lion Feuchtwanger nel suo libro Die Geschwister Oppenheim, l'antisemitismo e la vittoria dei nazisti resero insostenibile la doppia identità tedesca e ebrea443 e, se essa era ancora accettabile, lo era esclusivamente nella lingua.

Veza Taubner – Calderon, a partire dal marzo del 1938, registra nelle lettere il crescendo di attività antisioniste, che la costringono in uno stato di costante angoscia. Lettera del 2 marzo 1938 (Veza e Elias si sono già trasferiti a Grinzing, nella casa con giardino che la scrittrice definisce Schlaraffenland444):

Wir hatten hier eine aufregende Zeit, weil wir doch Juden sind und es so aussah als würde Hitler 'seine schwere Hand auf Österreich legen' wie es in den Zeitungen steht. […] Wir haben einen braven Kanzler, aber bekanntlich haben die Wahnsinnigen Riesenkräfte445.

Lettera del 3 marzo 1938:

Wir bekommen jeden Brief “zollamtlich geöffnet”! Daraus entnehmen wir, dass irgend jemand aus Paris uns Geld geschickt hat, bestimmt auch unser geliebter Freund aus Strassburg, dass wir aber nicht bekamen. Bitte schickt nur auf erlaubte Weise Geld, auch Mark. Was erlaubt ist, weiss ich nicht, denn in der Tram ist es nicht eralubt zu sitzen, wenn ein Arier steht. […] Die Bolschewiken, sie nützen den Umsturz aus und gehen in jüdische Häuser ”requirieren”446.

La vita quotidiana si trasforma in paura costante, estenuanti pellegrinaggi attraverso la burocrazia per ottenere i documenti necessari a lasciare l'Austria, dolore per il futuro lontano dal proprio paese, dal proprio mondo:

[...] ich brauche wie gesagt nur die Dokumente, dass ich reinrassig bin. Ich zerbreche mir den Kopf, weil ich's richtig machen soll […] und möchte wenigstens Matratzen, Bettzeug und Geschirr mitnehmen. […] Man muss ja viel

augfgeben, aber doch bleibt man sich treu. […] Und's Belvedere möcht ich

halt nochmals sehen im Leben. […] Ja, Angst hab ich immerfort. Immer 442 Ibidem, p. 43.

443 Querido, Amsterdam 1933.

444 E. Canetti, V. Canetti, Briefe an Georges, Op. cit. p. 102. 445 Ibidem, p. 101.

Angst. Wenn ich dann weg bin, wird die Angst vorbei sein und die Sehnsucht nach dem Vaterland wird bleiben. […] Das ist schrecklich, bis man die Dokumente von 4 Grosselternteilen zusammen kriegt, ich war eine Woche lang bei der Pfarr angestellt447.

Il 13 aprile, Veza scrive a Georges che se fossero come il ragno non avrebbero da temere lo strappo della tela, Aber wir!: in questa breve esclamazione, il “ma” e il pronome personale, inclusivo di tutti gli esseri umani, si esprime completamente l'esperienza di quanto sia fragile l'esistenza umana, anche se messa a confronto con quella pur così precaria di un ragno, appeso a una costruzione quasi invisibile e delicata.

Dopo il 1944, dopo essere venuta a conoscenza, senza possibilità di dubbi, di ciò che è successo nei campi di sterminio, il destino, storico, degli ebrei pesa anche sul suo essere scrittrice: non c'è futuro possibile per una donna perseguitata dall'immagine di una montagna di cadaveri che bruciano.

[...] denn ein Mensch, der von seinen Hausfrauen so erniedrigt wurde, kann zu keinen Höhen mehr aufsteigen, dafür gibt's in der Literatur keine Beispiele), verfolgt von dem Gedanken an einen Haufen verbrannter Leichen in Belsen und an die lebenden Gerippe, die einen Teil der Kadaver fressen, und an die Gegenwart und die Zukunft der Welt, seh ich als eine Ehre an, wenn irgendein Mensch mit mir spricht448.

Eppure, l'assunzione dell'identità ebraica non le impedisce, anche questa volta, di sfoderare la sua ironia e il suo sguardo acuto quando si trova gomito a gomito con i parenti sefarditi, ortodossi, di Canetti, gli Arditti.

Ecco che cosa scrive del funerale del vecchio capofamiglia:

Denn die feindliche Familie hier hasst mich derart, dass sie mich selbst nicht zu einem Begräbnis zuliessen, wie der alte Arditti starb, das war gestern und man liess mich draussen warten, in tropischer Hitze, weil die Sephardim keine Frauen zur Leich' lassen. Ich ging daher zwischen den Grabsteinen und spuckte auf alle männlichen Gräber, nein, nicht spukte, spuckte, und ich nahm nur schöne Namen aus, wie Spinosa und Aphtalion449.