• Non ci sono risultati.

NARRATIVA SISTEMA PERSONAGG

4. Donne alla finestra

4.4. Non luogh

Se l'extra – luogo, sospendendo i rapporti interpersonali codificati, mette in discussione i ruoli ad essi connessi, il non – luogo sospende ogni funzione sociale del soggetto, decostruendo lo schema in cui è inserito.

In questo senso, entrambi hanno un effetto disgregante dell'identità intesa come costruzione monolitica, granitica, ma costituiscono anche un punto di partenza per una possibile ricostruzione del sé.

Com'è noto, per Foucault, i non – luoghi svolgono la doppia funzione di fornire al soggetto nuovi elementi per la costituzione dell'identità proprio nel momento in cui essa viene sospesa, togliendole il suo spazio solito di esistenza (una funzione che si potrebbe definire «soggettiva») e di rompere gli schematismi di inserimento sociale, attraverso i quali il soggetto vede se stesso, indicando come illusorio ogni spazio reale (funzione «sociale»).

Extra – luoghi e non – luoghi, con la loro esistenza fianco a fianco dei luoghi riconosciuti e codificati, frantumano lo spazio e i frammenti rimandano, specularmente, tasselli di realtà che si ricompongono in innumeri unità flessibili, suscettibili di nuovi mutamenti.

Questi luoghi altri, che moltiplicano uno spazio immaginato, e istituito, dalla filosofia occidentale come integro e unico, aprono fratture, lasciando intra – vedere realtà altre e intuire un tempo altro.

Uno dei tanti personaggi eccentrici del romanzo Die Gelbe Straße326 è Pilatus

Vlk327, un solitario metodico, talmente nevrotico, da incaricare un ufficio

investigativo di redigere rapporti su di lui.

Dopo aver letto i rapporti che lo riguardano, Vlk allarga le nere narici (il suo modo di mostrarsi soddisfatto, una reazione che lo assimila a un cavallo), va in bagno e, in un accesso maniacale di pulizia, si lava ogni parte del corpo con estrema cura e, infine, si pulisce le unghie.

La sua natura di ibrido, anticipata dal paragone col cavallo, viene sottolineata ancora dall'istanza narrativa che lo descrive con capelli radi e regolarmente divisi "wie die Grasköpfe in den Blumenhandlungen", i baffi radi e regolari "wie Gras", le unghie, staccate dalle dita "wie Schlünde": l'uomo partecipa della natura animale di un cavallo, ma anche di quella vegetale dell'erba ed è munito di fauci.

Al caffè dove si reca ogni giorno, Herr Vlk lava meticolosamente il cucchiaio prima di usarlo, soffia via un'invisibile briciola dal pollice, mangia con le dita rigide per non sporcarsi, immerge ogni fragola nel bicchiere prima di mangiarla e, ossessionato e affascinato dalla sporcizia, «betrachtete befriedigt den Schmutz im Glas.»328

Anche al Prater329, dove si dirige subito dopo, il suo comportamento è insolito;

davanti alla teca del gorilla che tiene in braccio una donna nuda, non degna di uno sguardo la donna, ma concentra la sua attenzione sull'animale, osservandolo come se fosse vivo.

Il lato sadico del suo carattere si rivela chiaramente nel Panoptikum330, di fronte

alle statue di personaggi storici: alla vista di Napoleone in esilio e di Luigi XV sul letto di morte, le sue narici si dilatano per la gioia.

La sua ossessione per lo sporco, in particolare per i gialli escrementi dei cani sulla Gelbe Straße, lo porta a somatizzare e ad ammalarsi di itterizia331 e, per

reazione difensiva, a indossare sempre un paio di occhiali gialli, in modo da rendere tutti gli altri uguali a lui.

326 Op. cit., seconda parte del primo capitolo e terza parte del quinto capitolo.

327 Se il nome rimanda evidentemente alla figura biblica di Pilato, colui che, per incertezza e ignavia,

condanna a morte Gesù, il cognome ricorda il termine tedesco Ulk, letteralmente: «scherzo» o «buffo».

328 Op. cit. p. 20.

329 Un evidente non – luogo. 330 Ancora un non – luogo. 331 In tedesco Gelbsucht.

Alla fine del romanzo, Vlk, rinchiuso in manicomio, pretende che gli forniscano della vernice gialla, con la quale copre le pareti e gli oggetti della sua stanza e, una volta che lo privano della vernice, usa i suoi escrementi per rendere tutto giallo:

Hier verlangte er mit der ihm eigenen Zähigkeit eine gelbe Farbe und gab nicht Ruh, bis man sie ihm brachte. Dann aber begann er die Wände anzustreichen, die Tischfläche und sogar auch den angenagelten Kasten, so sehr ärgerte er sich, daß alles in den Raum weiß war (man hatte ihm die Brille weggenommen). Man war gezwungen, den Farbtopf zu bescghlagnahmen und seither stiehlt Herr Vlk, wo er kann, ein Stück von seinem Kot und farbt damiti das Zimmer gelb332.

Il manicomio offre a Vlk uno spazio senza tempo e senza perdite di tempo, dove, finalmente, può concentrarsi sulle proprie ossessioni, senza inutili distrazioni.

Da un punto di vista narrativo, il non – luogo manicomio assolutizza i luoghi precedenti del romanzo e focalizza la nostra attenzione su una sorta di sintesi del personaggio, di una sua astrazione che sospende gli elementi accessori e esaspera quelli fondamentali.

Anche Maja/Draga333 finisce in una casa di cura, dopo essere stata sottoposta ad

ogni tipo di violenza, fisica e psicologica, da parte del marito, Iger.

Maja, ricoverata in una clinica psichiatrica, è protagonista di un monologo, mentre per tutto il romanzo non ha pronunciato che pochissime frasi.

Sentire la sua voce è il primo effetto del non – luogo su questo personaggio: lontana dal marito, ma anche dai figli, dal ruolo che queste relazioni comportano, Maja ritrovata la voce, è finalmente libera di parlare.

È in grado di vedere la propria realtà, sebbene attraverso la modalità dell'allucinazione (come le era già successo sulle scale di casa): ogni mattina vede una tigre attraversare il parco, metafora della minaccia del marito, che ancora incombe su di lei.

È convinta di aver peccato contro Dio per aver maledetto i propri figli e che, per questo, a Natale, moriranno.

Maja ha intuito che la religione è uno degli strumenti che permettono a Iger di mantenere il dominio su di lei e cerca di rompere questa prigione assumendo personalmente il ruolo di sacerdote; un giorno, in clinica, solleva dei panini che rappresentano il bambino e la bambina e pronuncia poi le frasi rituali «questo è Gesù», «questa è Maria», poi li mangia.

Nell'inscenare questo rituale, Maja attua inconsciamente un transfert che l'aiuta ad accedere alle vere modalità del suo assoggettamento consolidato da un'educazione basata su religione, obbedienza passiva e senso di colpa.

Anche il quinto atto del dramma Der Oger si svolge in una stanza della clinica dove Draga, variante teatrale di Maja, è stata ricoverata.

Le sbarre alla finestra trasformano la sua stanza in una prigione e, quando Draga vede nel parco la tigre, abbiamo il curioso rovesciamento di un animale libero osservato da un essere umano in gabbia, rispecchiamento metaforico della situazione in cui si trova.

Come Maja, anche Draga parla molto più che in tutte le scene precedenti, quasi 332 Ibidem, p. 166.

333 Ricordiamo che Maja è la protagonista del capitolo Der Oger nel romanzo Die Gelbe Straße,

si sentisse finalmente libera, e compie il rituale religioso, anche se con qualche variante rispetto al romanzo (due ciliegie sostituiscono i panini):

Auf dem Teller waren zwei Kirschen, ich zeigte auf die eine und sagte: das ist mein Söhnchen. Ich zeigte auf die andere und sagte: das ist meine Tochter. Plötzlich nahm ich die eine, die mein Söhnchen war334 und sagte: das ist Jesus.

Und ich steckte sie in den Mund und zerkaute sie rasch. Darum müssen sie sterben.

Sulla scena sono presenti anche il giovane dottore, la sorella di Draga (Milka), Iger e Bogdan Stoitsch, amministratore dei beni di famiglia e sorta di angelo custode di Draga.

La posizione assunta dai personaggi, col dottore e Draga al centro, evoca il processo che viene istituito contro Iger per costringerlo a firmare il divorzio che, finalmente, renderà libera Draga dalle violenze del marito su di lei e sui figli.

Draga riuscirà anche a dire queste violenze, a dare loro una forma linguistica, portandole, così, alla coscienza: «Er hat mich ermordet.Er hat die Kinder geschlagen, die kleinen Kinder! Mit dem Stock! Mit der Schaufel! Mit dem Messer!»

Di fronte alle accuse e all’importanza dei testimoni intervenuti, Iger soccombe e firma la richiesta di divorzio.

La scena si chiude col commento di Bessarovitsch: «Wie Sie das «I» bei Ihrem Namen schreiben. Ganz rund und geschlossen. Es sieht wie ein «O» aus. Sie schreiben ja Oger335

Prima che cali il sipario, la didascalia ci avverte che «Alle gehen auf Draga zu und umarmen sie.»

Ancora una volta, è in un non – luogo che la donna riesce a comprendere il proprio ruolo e prova a cambiarlo; dall'altra, in questo non – luogo si possono riscoprire inedite o dimenticate modalità di relazione quali la solidarietà, l'ascolto, l'umanità.

Frieda Runkel336, il mostro che dà il titolo al primo capitolo del romanzo Die

Gelbe Straße337, subisce un incidente, nel quale trova la morte la fidata domestica

Rosa, e viene ricoverata in ospedale.

Il carattere unmenschlich della donna, introdotto da termini quali Unhold e Hampelmann, raggiunge in ospedale il suo acme.

Il dottore che la sottopone a un controllo la definisce, genericamente, Wesen, qualcosa priva di sesso e di identità, e si stupisce che possa avere un nome.

Descrive poi così il suo pianto: «von zwei leeren Scheiben Tropfen über ein Dreieck liefen.»

Queste parole ci portano a immaginare una maschera o un elementare disegno di bambino, un triangolo per il viso senza bocca e due fessure per gli occhi, dalle quali cadono lacrime.

Nel riferirsi alla donna, il medico usa anche termini quali Mißgeburt e Űbertriebenheit, invece di curare ricorre al verbo reparieren.

Se all'interno del suo appartamento e del suo negozio, luoghi sociali, Frieda 334 Qui si realizza la sostituzione attraverso cui la metafora diventa realtà, la ciliegi a è il bambino;

questo elemento stilistico non può non ricordarci Kafka e l’uso che l’autore fa della metafora.

335 Un lapsus che rivela la vera natura di Iger. 336 «barbabietola».

Runkel può ancora tentare di nascondere la propria deformità e la propria alterità dietro a un ruolo, nel non – luogo ospedale queste maschere cadono e l'orrore della sua esistenza di Mißgeburt si manifesta nella sua interezza.

In ospedale, sotto lo sguardo del medico, che la riduce a oggetto di osservazione, la donna perde ogni residua connotazione umana e si riduce a una creatura difettosa e alla lista dei suoi possedimenti, un Seifengeschäft e una Trafik.

La funzione del non – luogo, tuttavia, non si esaurisce nell'esaltazione dei tratti essenziali della personalità; il non – luogo, come ci insegna Foucault, assolutizzando la perfezione di un sistema, mostrando, per contrasto, l'assurdità del Luogo, le sue mancanze.

Sia il povero Mäusle di Geduld bringt Rosen338 che Felberbaum del romanzo

Die Schildkröten339 trovano all'interno dell'ospedale una realtà e un insieme di

relazioni opposte a quelle del loro mondo abituale: Mäusle mangia tutti i giorni e dorme in vere lenzuola pulite; Felberbaum si sente al sicuro dalle persecuzioni dei nazisti, che prima gli hanno tolto il cinema, poi l'appartamento e, infine, lo hanno arrestato due volte.

Nell'ospedale dove è stato ricoverato, i malati sembrano sani e i visitatori malati, perché temono il momento in cui l'ora della visita finirà: questo tempo è infatti, per loro, «die einzige Zeit in ihrem Leben, in der sie sicher sind vor Schimpf, Verhaftung und Mord.»

La umgekehrte Ordnung di cui parla l'istanza narrativa è, in realtà, proprio quella fuori dall'ospedale.

Non solo, in questo non – luogo, sia Felberbaum che Mäusle vivono in una sospensione del tempo e dei ruoli che permette loro di guardare lucidamente alla propria condizione esistenziale e materiale.

Mäusle, ogni notte, sogna il figlio dalla grossa testa che gli si posa addosso fino a togliergli il respiro:

Er sah im Dunkeln den groβen schwarzen Kopf seines Sohns, des Krüppels, sah seinen breiten Brustkasten, sah, wie er im Dunkeln immer näher kam, wie er sich auf ihn legte, auf seine Brust, bis Herr Mäusle ersticken muβte. Gerade da wurde er geweckt340.

È in ospedale, nell'unica pausa dalla miseria e dalle preoccupazioni in tutta la sua vita, che l'uomo riconosce nel figlio, disgraziato, malato, la causa della sua infelicità.

Il sogno anticipa la morte di Mäusle, che avverrà pochi giorni dopo.

La moglie, tornando a casa dall'ospedale, subirà anch'essa una metamorfosi e proverà per la prima volta rabbia nei confronti dei Prokop, che proprio in quel momento stanno dando una festa per il fidanzamento della figlia Tania:

Es waren alle Zimmer beleuchtet, ganze Sonnensysteme hingen von der Decke der fünf Zimmer, von den Wänden strömte Licht, strahlendes Licht, alle strahlten, man feierte die Verlobung Tamaras341.

338 Op. cit. 339 Op. cit.

340 Geduld bringt Rosen, op. cit. pp. 36 - 37. 341 Ibidem, p. 38.

La donna non guarda più allo sfarzo esibito dei Prokop come a un evento naturale, ineluttabile, ma lo vede, finalmente, come uno sfacciato gesto di sprezzo nei confronti del suo lutto.

Felberbaum, da parte sua, dopo aver praticato per tutta la vita l'ottimismo, in ospedale cede all'orrore della visione della morte di Werner, raccontata da Hilde, e accusa il Führer di usare Revolversätze, frasi veloci e violente come spari, che causano vittime come una pistola.

Felberbaum non pratica più l'arte della speranza cieca, dell'ostinazione di non vedere, ma apre gli occhi e guarda in faccia l'orrore, come se l'ospedale, questo non – luogo, avesse stracciato d'un colpo i veli che gli nascondevano la realtà.

Il rovesciamento dell'ordine all'interno dei non – luoghi è messo in scena in modo esemplare anche nel racconto London. Der Zoo342.

L'incipit («Gleich beim Eintreten in den Zoo kommen einem Kamele und Elephanten entgegen. Das ist kein Mißverständnis, es sind wirkliche Kamele und Elephanten...») stabilisce le coordinate del non – luogo, dove gli animali di uno zoo sono e non sono animali: lo sono perché ne hanno l'aspetto, ma, insieme, non lo sono, perché sono animali perfetti in condizioni perfette, da manuale, senza l'imprevisto e l'imprevedibile dell'ambiente naturale.

Inoltre, lo zoo è regolato da un ordine estraneo a quello naturale al quale gli animali, di solito, sono assoggettati.

La condizione stessa degli animali, che sembrano girare liberi per lo zoo, in diretto contatto con gli esseri umani, è in realtà solo un'impressione di libertà («dieser Eindruck der Freiheit der Tiere.»)

Lo zoo rappresenta il tentativo umano di rendere identica la differenza, di ridurla fino ad azzerarla: Jack, lo scimpanzé, sa comportarsi come un essere umano (fuma, mangia il gelato) e i serpenti convivono con camaleonti e lucertole.

Gli uomini si interessano agli animali proporzionalmente alla somiglianza che riconoscono con se stessi.

La volontà umana di creare un luogo naturale perfetto, non naturale, anzi, un non – luogo dove la natura sia totalmente sotto controllo e sotto osservazione, viene sottolineata decisamente dall'istanza narrativa con questo commento: «Die Engländer werden demnächst alle Tiere in eine so erträgliche Gefangenschaft übersiedeln. Der Neue Zoo wird ein Paradies der Käfigtiere sein.»

L'autrice sottolinea con un corsivo l'aggettivo alle, gettando una luce quantomeno inquietante su questa parte del racconto e sul significato reale dello zoo.

Il non – luogo mette in scacco gli schemi percettivi abituali e, con questi, la stessa rappresentazione della realtà.

Il senso di disorientamento che prende il visitatore, una volta superato, può costituire, d'altra parte, il punto di partenza per un nuovo sguardo sul mondo.