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Strategie di resistenza: l'arte e la violazione della legge

NARRATIVA SISTEMA PERSONAGG

5. Personaggi in cerca di eccentricità 1 Agatha, Diana Galatea, Peck

5.3. Strategie di resistenza: l'arte e la violazione della legge

Uno dei temi al centro di Der Tiger è, come abbiamo detto, quello dell'arte, che cosa significhi arte, quale sia, o quale dovrebbe essere, la sua funzione.

Due sono i momenti della commedia nei quali affiora, in tutta evidenza, quanto questa riflessione sia importante per l'autrice.

Nel primo atto, Andrea e Diana discutono proprio di questo.

Diana ci viene presentata come l'immagine speculare, eppure diversa, della madre: «Sie ist das Ebenbild der Mutter, nur ihr Haar ist goldschimmernd, ihr Gesicht leuchtet, ihre Haltung ist stolz.»

Racconta ad Andrea la sua giornata di tentativi falliti di vendere le proprie sculture.

Il primo episodio riguarda una famosa attrice, che aveva richiesto alla giovane scultrice due busti. Diana racconta:

Oh, sie ist mir lange gegessen. Ich mußte zwei Büsten von ihr machen. Sie hat jede probiert wie einen Hut. Dann mußte ich ausbessern. Die Nase war zu breit, die Stirn zu schmal, das Doppelkinn hat sie wegradiert. Zuletzt hat sie den Spiegel genommen und hat gesagt: spöttisch 'Die Köpfe sind sind mir nicht aus dem Gesicht geschnitten.' Ich habe geantwortet: 'Ich bin kein Silhouettenschnitzler, Madame.'

La giovane scultrice, alle insistenze dell'attrice per avere due busti perfettamente identici all'originale, risponde infine lapidaria: «Sie brauchen eine

Totenmaske, Madame».

Anche il secondo incarico, una statua di Afrodite per una fabbrica, fallisce, perché la figura realizzata da Diana è a seno nudo.

All'obiezione, ovvia, di Andrea, «Aber Dian, du kannst doch die Aphrodite nicht in einem Stilkleid modellieren», Diana risponde, con ironia: «Sie (la moglie dell'industriale) meint, ich hätte sie im Badekostüm machen sollen.»

Approfittando dell'argomento del costume da bagno, il direttore della fabbrica ha anche avviato un tentativo di seduzione nei confronti di Diana, invitandola allo Strandbad.

Ciò che Veza Taubner - Calderon introduce, qui, è evidentemente la riflessione sulla differenza tra l'arte in quanto necessità ineludibile dell'artista, necessità di espressione, che diventa condizione imprescindibile di esistenza, e l'arte intesa come mestiere o, per usare la nota distinzione di Loos, contemporaneo dell'autrice, come artigianato, produzione di oggetti belli e pratici, di uso quotidiano, che non hanno altro significato che la loro funzione.

Un' annotazione altrettanto interessante emerge dal dialogo tra Diana e sua madre nel secondo atto.

La giovane scultrice, preoccupata per la presunta ingenuità di Andrea, esclama: «Du siehst nur dich in den anderen wieder».

Andrea risponde: «Das ist mein Halt».

Diana ribatte: «Ich sehe die anderen in mir. Das ist meine Qual, Mutter». Andrea conclude: «Das ist deine Kunst, Dian».

Andrea riconosce nella figlia una vera artista, cioè un individuo che prova un'empatia assoluta con l'altro, che è in grado di diventare l'altro, anche a costo di tormento e dolore.

Se è vero che l'artista ha il dovere di staccarsi dall'oggetto che vuole rappresentare, è altrettanto vero che, contemporaneamente, deve penetrare in quello stesso oggetto, deve fondersi con esso, per poi prenderne le distanze e rappresentarlo con i mezzi propri dell'arte.

Il tormento che prova Diana per questo sdoppiamento, necessario, è sostanziale per la produzione artistica.

In questa visione dell'arte, non c'è nessuna esaltazione dell'artista come individuo staccato dal mondo, anzi, si sottolinea la necessità che l'artista s'immerga nel mondo, senta l'altro dentro di sé, in un'empatia che non si rovescia mai in semplice accettazione acritica.

Emblematico, in questo senso, è lo scambio di battute del terzo atto, tra Pasta e alcuni suoi ospiti.

Il primo a entrare in scena è il giovane regista Nick, che discute con la cantante di un film che sta progettando, finanziato da Mister Smith.

Tutto il dialogo ruota attorno al tema dell’arte, intesa da un lato come espressione autonoma e, soprattutto, non finalizzata a un uso utilitaristico e, dall'altro, come prodotto da vendere.

Pasta, conscia dei desideri del pubblico, consiglia di evitare ogni intento didascalico, un film, secondo la sua logica mercantile, deve soltanto divertire e far guadagnare soldi all'artista.

Quando entra infine in scena Tell, il giovane poeta, ein hinreißendes lebhaftes Knabengesicht, che propone due storie per il film, Pasta commenta «Nur keine Psychologie», «Die Welt ist gar nicht so schlecht wie du sie darstellen möchtest.»

Non soltanto l'arte non deve avere alcun intento didattico o educativo, ma non deve neppure offrire una lettura troppo profonda o troppo pessimistica del mondo.

D'altra parrte, anche una visione aperta e anticonvenzionale può nuocere al successo commerciale di un prodotto artistico; così, quanto Tell propone la storia di una giovane donna che va a vivere con un uomo senza sposarlo, Pasta obietta, fintamente scandalizzata, che il pubblico ne sarebbe inorridito.

Tell, allora, propone, ironicamente, uno scontato personaggio dalla doppia personalità: «Laßt ihn eine Doppellrolle spielen, nachts treibt er sich herum und lebt sein eigentliches Leben… ist das banal genug?»

Smith mette in scena una visione intermedia, di compromesso tra queste due opposte concezioni dell'arte, rappresentate da Diana e Tell, da un lato, e da Pasta, dall'altro.

Il misterioso americano funziona, infatti, da catalizzatore per tutti coloro che fanno arte per ottenere denaro o potere (è la stessa Pasta a definirlo Welt – Manager in Kunst, riunendo in un brillante conio la sua doppia funzione, quella di incentivare la produzione di arte facilmente vendibile e di lanciarla sul mercato).

Diana, da parte sua, inserisce nel dialogo col pittore Beran, un ulteriore argomento di riflessione, quello della sottomissione intellettuale dell'artista: «Aber wenn man gezwungen ist nach Aufträgen zu… modellieren… wenn man dem Auftraggeber auch noch… danken muß… ist das keine Preisgabe?»

Beran risponde con calore: «Was soll ich Ihnen darauf antowrten, gnädiges Fräulein, Sie bringen mich in Verlegenheit. Den alten Griechen ist es besser erlangen als uns».

La giovane scultrice non ha ancora accettato le regole del mercato artistico, non riesce a convincersi che un artista possa essere veramente libero di esprimersi se lavora su commissione.

È ancora la cantante a dare una risposta pragmatica alla questione: «Wie können Sie das sagen, wo wir einen Mister Smith haben! Den hätte es im alten Griechenland nie geben können».

L'arte su commissione, l'arte fatta solo ed esclusivamente per il pubblico e, conseguentemente, per il successo commerciale, è vantaggiosa anche per l'artista, che si trova così sollevato da ogni responsabilità di ordine politico ed etico.

Illuminante, nella chiusa di questo atto, lo scambio di battute tra Diana e Tell. La giovane scultrice, dopo aver raccontato al poeta un increscioso incidente occorsole proprio con Mister Smith, che l'ha fatta cadere in disgrazia anche con Pasta, riflette sul proprio carattere, rimproverandosi la durezza con la quale ha trattato l'americano: «[...] Meine Mutter sagt immer, den härtesten Stein hab ich noch nicht bearbeitet. Der bin ich selbst. Aber ich mag nicht in mich hineinhauen. Und ich mag mich nicht ducken».

Tell, le risponde, con una battuta illuminante: «Wenn wir Künstler nicht Haltung haben, wer sollte es sonst?»

L'impegno etico, la responsabilità morale della propria arte, rappresentati dai personaggi di Diana e Tell, risultano, nella commedia, isolati, quasi anacronistici, ma è evidente che ad essi va tutta la simpatia dell'autrice.

Il quarto atto ci propone una divertente variante di questa riflessione estetica col dialogo tra Tiger e Smith.

Sebbene entrambi siano fermamente convinti che l'arte non debba essere altro che un mezzo per raggiungere il successo economico, non sono però concordi sul

mezzo.

È in questo atto che Smith viene smascherato come aiutante di Tiger, incaricato di comprare, sottocosto, oggetti d'arte da rivendere poi a prezzo più alto.

Tiger ha parlato di Galanterieware, termine tradotto da Smith, che ha difficoltà con la lingua tedesca, con galante Ware.

Lo scambio di battute che segue è un divertissement costruito sulla nota figura dello slittamento linguistico:

Smith: «Galante Ware haben Sie gesagt. Urnen, Bronzen. Das habe ich gesagt.» Tiger: «Bronzen. Was denn ist das. Ein Vogel auf einer Aschenschale ist eine

Bronze. Ein Vogel, der einen Leuchter hält. Das ist Galanterieware.» Smith: «Und wenn er ein Kind hält?»

Tiger: «Meinen Sie einen Storch!»

Entrambi vogliono usare l'arte per fare i soldi, ma mentre Tiger, rozzo uomo d'affari, ha in mente prodotti di artigianato artistico352, Smith intende trasformare

oggetti d'arte in oggetti d'artigianato.

Diana si fa portavoce della posizione dell'autrice, chiudendo il quarto atto con queste parole: «Ganymed und der Storch! Und die Aschenschale! (Sie lacht) Bin ich froh, dass ich mich nicht entschuldigt hab!»

Nel Palankin, Agatha e Peck costituiscono una sorta di doppio personaggio paradigmatico di resistenza a una visione miseramente pragmatica dell'esistenza, l'una in quanto artista, l'altro in quanto delinquente.

Agatha Valorbes, artista che scolpisce solo alligatori, separata, madre di due bambini, è talmente ossessionata dall'oggetto che ritrae, da allevare veri alligatori nello stagno del giardino.

L'amica Clare non la capisce, soprattutto perché i progetti artistici di Agatha non hanno successo commerciale.

Nel primo atto, quando l'amica le mostra il modellino di una scultura, un alligatore a fauci spalancate, Clare commenta: «Ein offener Schlund! Wer wird das ins Zimmer stellen! Warum modellierst du nicht Engel - oder Bengel! Deine Kinder!»

Agli occhi di Clare, l'arte dell'amica è solo una perdita di tempo e la causa dei suoi fallimenti sentimentali e familiari; è evidente che per lei l'arte ha senso soltanto in quanto è in grado di procurare dei vantaggi pratici (non è un caso che, quando entra in scena, porti appuntata sul vestito una spilla che riproduce un alligatore, esempio manifesto di arte trasformata in artigianato).

Nella sua attività di artista senza successo e senza soldi, assurda agli occhi della maggior parte dei personaggi della commedia, Agatha si trova a costituire una sorta di alter ego, o di doppio, di Peck, che compie atti criminali senza nessun tornaconto personale, anzi, col dichiarato e unico intento di finire in prigione353.

Nel primo atto, Agatha ha uno scambio di battute con Sophie, giovane attrice teatrale.

Sophie chiede a Agatha: «Habe ich Talent?»

La scultrice risponde, in modo significativo: «Wenn du unbedingt spielen 352 Nel riferimento all'uccello che si trasforma in candeliere potremmo leggere una bonaria ironia

sull'arte della Sezession.

353 Nella prima scena del secondo atto, Peck, spazientito, esclama, rivolto a Agatha: «Sie laufen mir

musst, hast du Talent».

Il talento artistico è presente là dove si manifesta una coazione inarrestabile a fare arte, là dove l'arte è condizione necessaria all'esistenza.

Il mondo esterno, le condizioni storiche e politiche contingenti spingono a prendere decisioni dal sapore pragmatico, nelle quali non c'è posto per l'immaginazione, da un lato, e la responsabilità etica, dall'altro.

L'unica resistenza possibile è attuabile per strade laterali, nascoste, poco percorse (l'arte di Agatha) o pericolose (come quella scelta da Peck), ma che offrono l'innegabile vantaggio di dare spazio alla scelta individuale.

D'altra parte, la posizione eccentrica dell'autrice rispetto al concetto comunemente accettato di crimine è evidente anche nelle battute di Christina Evans, la domestica, nella prima scena del primo atto.

La donna confessa a Agatha, che si trova in difficoltà economiche, che ruberebbe volentieri per aiutarla, ma che non può farlo:

Agatha: «Natürlich nicht. Das ist verboten!»

Christina: «Nicht deshalb, aber man kommt in die Zeitung. Wenn man erwischt wird.»

Agatha: « Ins Gefängnis kommt man.»

Christina: « Das ist nicht so arg, aber in die Zeitung!»

Essere scoperte per aver tentato un furto non è terribile perché si finisce in prigione, ma, semplicemente, perché si può finire sul giornale: è evidente come in questa posizione sia assente ogni condanna di tipo morale.