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1. Dagli studi gay e lesbici alla teoria queer: identità plurali in cerca d

1.6 Judith Butler e la performatività di genere

Gli anni Novanta dello scorso secolo portano al centro del panorama accademico lo studio delle tematiche relative al genere e alla sessualità. Uno dei contributi più prestigiosi al campo dei gender studies è quello fornito dalla femminista e filosofa post- strutturalista americana Judith Butler.

I primi passi verso una vera e propria teoria sul genere vengono compiuti con la pubblicazione della prima opera Gender Trouble36, in cui Butler si interroga e pone molte delle questioni che saranno poi sviluppate in maniera esaustiva all‘interno dell‘opera Bodies That Matter37

, pubblicata qualche anno dopo.

Il punto di partenza da cui Butler intraprende la sua critica è il femminismo tradizionale, accusato di assumere il genere femminile acriticamente e quindi di ―fomentare‖ paradossalmente il rapporto di subordinazione femminile:

Avendo assimilato la lezione di Foucault, in Gender Trouble Butler rifiuta invece il progetto freudomarxista della rivoluzione sessuale e muove severe critiche al pensiero femminista quando sottoscrive tale progetto. Secondo Butler, infatti, l‘identità femminile è necessaria alle donne per costituirsi come soggetti politici del femminismo, però le femministe rischiano di essere giocate dalle stesse strutture di sapere- potere da cui desiderano emanciparsi se non prendono in considerazione la genesi del loro autorappresentarsi come donne. [...] Se, come insegna Foucault, le minoranze sessuali non sono un prodotto del dispositivo di sessualità, assumere acriticamente il genere femminile come identità politica comporta il rischio di una riproduzione surrettizia degli effetti di verità indotti da quello stesso regime di sapere-potere che stabilisce la

36

Judith BUTLER, Gender Trouble: feminism and subversion of identity, New York, Routledge, 1990. 37

subordinazione delle donne agli uomini38.

Butler evidenzia quindi come buona parte delle ―verità‖ prodotte sul genere e sulla sessualità altro non sono che prodotti all‘interno di ―un‘economia eterosessuale dominante‖39, in cui ―l‘egemonia maschilista non è che la conseguenza di un‘egemonia eterosessuale che dispone e rende stabili le posizioni sessuate, ossia definisce il maschile e femminile rispetto a una norma‖40

.

Butler mette in luce anche i connotati culturali di cui il genere è carico, e che fanno sì che il concetto di femminilità e mascolinità vari non solo nel corso delle varie epoche, ma anche da cultura a cultura all‘interno di una stessa epoca. Mettendo in luce la vulnerabilità del genere, Butler apre nuove strade verso una completa autodeteminazione, lontana dalle categorizzazioni eteronormative fisse, regolate dal potere eterosessuale e, a parere di Butler, eterosessista dominante:

Il genere non è né una verità squisitamente psichica, concepita come ―interna‖ e ―nascosta‖, né è riducibile a un‘apparenza superficiale. Al contrario, la sua indecidibilità deve essere ricondotta alla partita che viene giocata tra psiche e apparenza (dove quest‘ultimo ambito comprende ciò che appare nelle parole). Si tratta di un ―gioco‖ regolato da regole eterosessiste, che, tuttavia, non si riduce completamente a esse41.

Vagliando la realtà degli individui intersessuati, che dimostra come non esistano soltanto due sessi definiti, Butler teorizza il concetto di performatività di genere, che trova nel drag42 e nelle pratiche di cross-dressing43 l‘emblema della fluidità e delle molteplici possibilità di ―fare e disfare‖ il proprio genere:

Secondo Butler, «imitando il genere, il drag rivela implicitamente la struttura imitativa del genere stesso nonché la sua contingenza»: esso «rivela che l‘identità originaria in base alla quale il genere modella se stesso è un‘imitazione senza origine». La performance parodistica del

drag mostra, insomma, che il genere stesso è una performance, il cui

carattere non è comico né tragico, ma drammatico: nella modernità, il

38

Lorenzo BERNINI, Maschio e Femmina...., cit., pp. 25-26. 39

Judith BUTLER, Corpi che contano. I limiti discorsivi sul “sesso”, Milano, Feltrinelli, 1996, p. IX. 40

Ivi. 41

Ibidem, p. 176

42 Il termine drag è un termine generico utilizzato per indicare le due realtà del drag queen e drag king. Questi sono due termini inglesi che designano attori o attrici e cantanti che si esibiscono in performance vestendo gli abiti del genere opposto, spesso rappresentandolo in maniera esagerata e iperbolica.

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genere è una recita creduta reale, in cui gli attori si giocano la propria sopravvivenza culturale. I protagonisti delle «narrazioni naturalizzanti dell‘eterosessualità obbligatoria», vale a dire l‘uomo e la donna, non sono, quindi, altro che una ripetizione stilizzata di atti, modellata su un ideale che nessun essere umano potrà mai incarnare pienamente44.

Con le parole della stessa Butler:

[...]l‘ipotesi ricorrente nella mia precedente teoria del genere è che esso sia prodotto in maniera complessa attraverso pratiche identificative e performative e che la sua natura non sia così chiara o univoca come si è talvolta portati a credere. Il mio tentativo era quello di combattere quelle forme di essenzialismo che considerano il genere come una verità in qualche modo interna al corpo, una sorta di centro o essenza interiore, qualcosa di innegabile e che, naturale o no che sia, è dato per scontato. [...] Come conseguenza di un essere che è in divenire, e che vive sempre con la sostanziale possibilità di diventare qualcosa d‘altro, il corpo rappresenta ciò che può occupare la norma in una miriade di modi, che può eccederla, rielaborarla e rivelare come le realtà entro cui si pensava confinati siano invece aperte alla trasformazione45.

La proposta di Butler è quindi una proposta aperta, che attacca le basi della struttura fondante della società, in cui il potere è intervenuto e ha normato nei secoli, lasciando poco spazio libero al singolo, all‘autodeterminazione, all‘autorappresentazione identitaria e alla fluidità di identità plurali in cerca di riconoscimento:

―to do and undo one‘s gender‖ significa quindi fare e disfare il genere sessuale non come se si trattasse di un prodotto fatto e finito, di cui ci si appropria o ci si sbarazza, ma come se nell‘attività stessa del fare e del disfare fosse in gioco la riconfigurazione costante dei parametri di intelligibilità che il gender produce. Detto altrimenti, il gender non è una fredda categoria di normalizzazione, ma un ambito di azione individuale e collettiva che può e deve costantemente essere occupato e contestato da soggetti e da pratiche a un tempo decostruttive e ri-costruttive46.

Il contributo che Butler offre con le sue teorizzazioni sul genere alla nascente queer

theory è smisurato. Butler attraverso l‘esemplificazione del genere, offre una tesi post-

strutturalista che mina le basi dei binarismi sulle quali la modernità si fonda. Butler ci invita infatti ad uscire dall‘opposizione binaria fra eterosessualità-omosessualità, maschile e femminile, uomo-donna, in quanto risultano essere definizioni restrittive e

44 Lorenzo BERNINI, Maschio e Femmina..., cit., p. 28. 45

non rappresentative delle identità plurali che compongono la società contemporanea. Il prossimo paragrafo approfondisce la rivalutazione del termine queer e la nascita della teoria queer, che proprio in Butler vede una delle sue maggiori esponenti e teorizzatrici.