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Fusion Sageuk

3.5. K-Dramaland , dramaworld o drama kingdom ; un mondo a sé

Quello che viene chiamato affettuosamente dai fan con diversi soprannomi, tra cui

K-Dramaland, è un vero e proprio universo di possibilità narrative, di mondi

d’illusione in cui anche le storie più eccentriche, inverosimili e singolari possono trovare posto accanto a quelle più oscure, seriose o più aderenti alla realtà.

Tra i fan, sui forum online, nelle community, nelle sezioni di commento o sui social network, emerge spesso l’idea comune che solo in un mondo come quello dei K-

Drama certi tipi di storie possano prendere vita e certe tematiche possano essere

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che tali argomenti siano ridicoli o che non rappresentino delle problematiche reali. Prendiamo il caso esemplare della tragicommedia/thriller Kill Me, Heal Me (MBC, 2015). Il protagonista Cha Do Hyeon è affetto da un disturbo dissociativo della personalità sviluppato in seguito agli abusi subiti da piccolo. Le sue sette personalità, che emergono in circostanze di particolare stress, sono portate sullo schermo dall’attore Ji Sung con momenti di toccante serietà ma anche con una buona dose di leggerezza e di comicità, il che rende il racconto esilarante in alcuni segmenti, e proprio questo aspetto di comicità è ciò che accentua il coinvolgimento emotivo dello spettatore quando emerge più chiaramente e in maniera più seria la sofferenza del protagonista, che nonostante i toni piuttosto giocosi che corrono lungo tutto lo show è sempre presente e latente; messa in contrasto con la chiave di “leggerezza”, l’espressione del dolore e delle difficoltà del personaggio nel non riuscire a vivere una vita normale arriva dritta al cuore degli spettatori e colpisce ancora di più. Le sette personalità hanno un nome e caratteristiche fisiche ben definite, anche caricaturali se vogliamo, cosa che rende evidente per lo spettatore quale di esse emerga in un dato momento e soprattutto come il personaggio veda se stesso quando una delle personalità prende il sopravvento. La prima personalità è proprio quella di Cha Do Hyeon, molto intelligente ma goffo e introverso, mentre le altre rappresentano la sua rabbia, la sua profonda tristezza, l’innocenza dell’infanzia, il suo lato femminile ed eccentrico che incarna il desiderio di rompere con le aspettative della società, la personalità creata per essere accettato dal padre, e infine la personalità più misteriosa, che viene rivelata alla fine della serie, come fosse stata sviluppata da Cha Do Hyeon per aiutarsi a guarire tenendo sotto controllo tutte le altre. C’è anche, oltre a quelle elencate, la figura di una bambina simbolo dei ricordi che lui non vuole accettare ed elaborare, la quale non costituisce una vera e propria personalità. Lo show, senza pretese di una qualità tecnica al pari

di blockbuster come Goblin e Mr. Sunshine, con la rappresentazione tragicomica di una tematica tanto delicata e non semplice da affrontare e con la drammaturgicamente problematica scelta di rendere la donna che Cha Do Hyun ama la sua psicologa nel corso della serie, è stato comunque acclamato[215][216],

anche perché è stato il primo K-Drama a trattare di un argomento simile e a farlo in modo che lo spettatore non si senta diffidente nei confronti di qualcosa di cui non si parla spesso, soprattutto in Corea, ma che possa capire il personaggio protagonista e seguire empaticamente il suo complicato percorso psicologico. Secondo molti fan, se questo show vedesse un remake in Occidente prenderebbe una piega molto più dark e la forma più aderente possibile ai codici del realismo, con una maggiore preoccupazione per le possibili critiche che forse non lascerebbe spazio a una rappresentazione simile per tono e registro a quella che ha invece portato sul piccolo schermo Kill Me, Heal Me.

Screenshot tratti dal trailer di Kill Me Heal Me217

La K-Dramaland si è fatta spazio nella visione degli spettatori come un territorio in cui tutto è possibile, dal racconto dei disturbi dissociativi di personalità nel modo che abbiamo appena visto, alle importanti licenze artistiche nei sageuk, alla scelta

215 Soompi, Kill Me Heal Me writer receives touching fan letter from America,

https://www.soompi.com/article/715421wpp/kill-me-heal-me-writer-receives-touching-fan-letter-from- america, ultimo accesso il 22 agosto 2019.

216 The Korea Herald, “Kill Me, Heal, Me” wins Houston drama awards,

http://www.koreaherald.com/view.php?ud=20160420000807, ultimo accesso il 22 agosto 2019. 217 YouTube, Kill Me Heal Me – Trailer, https://www.youtube.com/watch?v=jkLlJk2hsoc.

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come personaggio principale di una giovane donna con alle spalle secoli di vita, che gestisce un hotel per fantasmi con ancora qualche conto in sospeso. Quello dei K-

Drama è un mondo eccentrico, vivace, caotico, in cui ogni tipo di trama e di

mescolanza di generi può prendere vita e che proprio per questo ha qualcosa in serbo per tutti.

I drama sudcoreani, inoltre, seguono di anno in anno dei veri e propri trend; il 2017, ad esempio, è stato l’anno dei fantasy: commedie romantiche, legal, e altri generi e temi con cui il fantasy si ibrida facilmente, come quello della reincarnazione (While You Were Sleeping, The Bride of the Water God, The

Legend of the Blue Sea, Goblin, Black Knight); hanno poi invaso la scena anche i

viaggi nel tempo (Tunnel, The Greatest Hit, Tomorrow With You) e le commedie romantiche con elementi legali o thriller (Strong Woman Do Bong Soon,

Suspicious Partner, Melo Holic). La fine del 2017 è stata invece il periodo in cui i

robot hanno fatto il loro ingresso nel mondo dei K-Drama, con Are You Human

Too? e I Am Not A Robot, così come nel 2018 il paranormale e l’esorcismo hanno

bussato alle porte degli spettatori con Hand:The Guest, Priest e Possessed, mentre per la prima volta la realtà aumentata diventava il fulcro tematico di una serie sudcoreana, Memories of the Alhambra. Il 2017, 2018 e 2019 sono stati anche densi di drama in cui uno degli attori ricopre due ruoli, come in alcuni lavori già menzionati, a cui si aggiungono Duel, Black, The Crowned Clown, Your Honor e

Switch.

I cliché, declinati nelle sfumature più diverse, sono all’ordine del giorno e se ne trova una simpatica raccolta in chiave ironica in Why Do Dramas Do That?218, un

ebook ad opera delle autrici e responsabili di uno degli hub a cui i fan delle serie sudcoreane si rivolgono, il sito Dramabeans. In questo testo le autrici rispondono,

con lo stile irriverente che le contraddistingue, ad alcune delle domande più frequenti che ruotano attorno al mondo dei drama ma che sono anche strettamente connesse con la cultura coreana. Tali dubbi da sciogliere possono riguardare il linguaggio; molti personaggi si rivolgono ad altri con domande o frasi come “Hai appena parlato in banmal con me?” e “Non abbiamo una confidenza tale da poter parlare in banmal”, dove banmal indica il livello di linguaggio informale. La società coreana è infatti gerarchicamente strutturata e conoscere il proprio “grado di distanza” da un’altra persona, rispettare le persone più grandi, i superiori a scuola o al lavoro, è un fattore fondamentale che si manifesta sia con la gestualità che con la lingua parlata, la quale prevede diversi livelli di cortesia per cui parole e verbi possono assumere molte forme differenti a seconda del grado di formalità che si sta usando. Ogni relazione è definita da uno specifico modo di rivolgersi reciprocamente, come denota l’utilizzo di coppie di termini che nei drama ricorrono sempre, quali oppa/eonnie, hyung/noona oppure sunbae/hoobae e

ahjussi/ahjumma219.

Altre questioni possono riguardare i setting associati a specifiche tipologie di personaggi, come il ragazzo o la ragazza povera che spesso vivono all’ultimo piano di palazzi da cui però possono godere della vista sulla città (Rooftop Rooms: You

Might Be Poor But At Least You Have A View); possono inoltre riguardare cibi che

ricorrono spesso nei drama, come l’immancabile kimchi (cavolo fermentato) o il

ramyeon istantaneo, ma anche le cene aziendali o dipartimentali a base di

219 Oppa e eonnie, letteralmente “fratello maggiore” e “sorella maggiore”, sono le parole con cui una ragazza si rivolge a un ragazzo più grande o a una ragazza più grande di lei.

Hyung e noona hanno gli stessi significati e indicano lo stesso tipo di relazioni, ma sono i termini che

vengono utilizzati dagli uomini.

Sunbae e hoobae significano rispettivamente “persona con più esperienza” e “persona con meno

esperienza”, e sono termini utilizzati in ambito scolastico o lavorativo sia dagli uomini che dalle donne.

Ahjussi e ahjumma indicano un uomo e una donna maturi, molto più grandi oppure sposati, gli

equivalenti di Mr. e Mrs., ma ahjumma è considerato un termine molto informale che può risultare rude quando ci si riferisce a persone con cui non si è in confidenza, per cui si preferisce usare il termine ahjumeoni, più formale, oppure imo (zia).

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barbecue alla coreana e tavolate ricche di piatti di contorno; altre curiosità riguardano il consumo di soju, alcol coreano versato incessantemente in piccoli bicchieri e responsabile dell’ubriachezza del 99% dei personaggi che popolano il K-

Dramaland, o ancora i noraeabang, le sale da karaoke sparse in tutta Seoul che

fanno parte della cultura coreana e che spesso appaiono nelle serie.

L’ultima parte del volume è dedicata ad altri cliché che hanno contraddistinto per decenni la produzione di drama e che ad oggi rientrano nelle storie in modo più lieve oppure più in chiave comica rispetto al passato. Si parla della linea sottile tra nobiltà e idiozia (The Thin Line Between Nobility And Idiocy), riferendosi al fatto che molti personaggi benestanti che vivono nel lusso rasentano il limite della stoltezza, oppure a incidenti e traumi cerebrali che causano amnesie temporanee aggiungendo drammaticità al racconto (Forget Me Not: What Is So Romantic

About Head Trauma?), o ancora ai segreti di nascita che a un certo punto dello

sviluppo della serie saltano fuori e sconvolgono i protagonisti (If You Don’t Have A

Birth Secret, You Just Haven’t Discovered It Yet). Una scena tra quelle più

ricorrenti è quella della wrist-grab, ovvero il momento in cui un uomo afferra il polso della protagonista e quasi certamente lo fa per attirarla a sé e poterla abbracciare, magari con una canzone di sottofondo ed effetti di dilatazione temporale, oppure perché desidera che lei lo segua da qualche parte, o magari perché l’ha salvata da una situazione pericolosa e l’aiuta a scappare. Molti dei cliché e dei tropi che hanno sempre popolato i racconti dei drama vengono oggi presi in giro o rovesciati dalle serie stesse, e gli spettatori più assidui sono coinvolti in un gioco di rimandi e di connessioni dal quale traggono piacere nel riconoscere e intercettare il modo in cui certi elementi tipici quasi onnipresenti vengono tradotti di serie in serie, stravolti oppure anche abbandonati.

bene o nel male, è il triangolo amoroso, presente in innumerevoli drama che coinvolgono l’amore come linea narrativa principale. Alcuni dei triangoli “indimenticabili”220 includono le serie Reply 1988, Don’t Dare To Dream, Moon

Lovers: Scarlet Heart Ryeo, She Was Pretty, The Heirs, Boys Over Flowers, Cheese in the Trap, Fated To Love You, Please Come Back Mister e moltissimi altri,

tanto che Viki ha creato una raccolta dedicata proprio a quei drama che ergono a protagonista, o che quantomeno includono, un triangolo amoroso.

Nella sua configurazione più comune esso vede due uomini che si contendono l’amore di una donna, e lo spettatore può trovarsi a non sapere se fare il tifo per il protagonista o per quello che viene definito second male lead, il co-protagonista maschile; quest’ultimo spesso finisce per attirare l’attenzione degli spettatori tanto da dar vita alla second lead syndrome, quella “sindrome” per cui lo spettatore desidera che sia il co-protagonista a conquistare il cuore del personaggio principale femminile, pur sapendo che non succederà. Cercando su Google si incontrano numerosi e spassosi articoli, elenchi e classifiche dedicate a questi personaggi221,

che spesso sono “ragazzi della porta accanto”, gentili, simpatici, ma che possono essere anche, al contrario, duri, freddi e apparentemente arroganti per via di conflitti interiori o di contingenze esterne che hanno formato il loro carattere; ciò che li accomuna è il rivelarsi disposti a tutto quando si tratta della donna per cui nutrono dei sentimenti, i quali vengono rifiutati in favore di quelli del protagonista,

220 Soompi, 15 K-Drama Love Triangles That We Still Can’t Get Over,

https://www.soompi.com/article/1268375wpp/15-k-drama-love-triangles-still-cant-get, ultimo accesso il 23 agosto 2019.

221 Dramabeans, Top 10 Most Virulent Cases of Second Lead Syndrome,

http://www.dramabeans.com/2017/01/top-10-most-virulent-cases-of-second-lead-syndrome/

Soompi, 7 Actors Who Gave Everyone Major Second Lead Syndrome,

https://www.soompi.com/article/878797wpp/7-actors-gave-everyone-major-second-lead-syndrome

Soompi, Actors Who Make Viewers Experience Major Second Lead Syndrome With Their Unrequited

Love, https://www.soompi.com/article/1291419wpp/actors-make-viewers-experience-major-second- lead-syndrome-unrequited-love?fbclid=IwAR3RsAFuprOVz3WWCc65rSuGHPWSoVcLlqZXxUSXN4CRn- O2fi1N43zJlGw, ultimo accesso il 23 agosto 2019.

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oppure non vengono mai apertamente confessati.

Tuttavia, ci sono altrettanti drama che, per quanto dotati di carismatici co- protagonisti e interessanti personaggi secondari, non lasciano spazio a tale “sindrome”222, come accade con The K2, Helaer o Descendants of the Sun, e la

variante più comune del triangolo amoroso sembra essere un “quadrato”: normalmente la coppia protagonista è affiancata da una coppia di co-protagonisti e le rispettive linee narrative si intrecciano e si nutrono a vicenda.

Sempre più spesso tra i personaggi principali figurano degli antieroi, situati in una terra di mezzo tra il bene e il male, non completamente “bianchi” o totalmente “neri”, ma piuttosto grigi, che si fanno amare e odiare allo stesso tempo; è il caso della donna presentata da subito come l’antagonista in The K2, che non è una benefattrice ma ha alle spalle un contesto crudele che fa comprendere allo spettatore il perché dei suoi atteggiamenti e delle sue azioni riprovevoli e che, alla fine, risulta un personaggio molto più complesso e sfaccettato e anche più interessante rispetto all’innocente protagonista femminile; è inoltre il caso del quarto principe Wang So, protagonista di Moon Lovers: Scarlet Heart Ryeo, allontanato da bambino dalla sua stessa famiglia e il cui passato di sofferenze e rifiuti ha reso freddo e crudele, vendicativo, spigoloso, incapace di amare normalmente ma disposto a tutto pur di difendere ciò che considera suo; è un personaggio che si odia per il suo non saper essere come gli altri, ma che al tempo stesso si sostiene e si finisce per amare grazie alla sua forza e a tutti quei momenti in cui dimostra di essere umano.

La tendenza a includere personaggi come questi o a renderli protagonisti fa

222 Soompi, 9 Dramas That Leave No Room For Second Lead Syndrome,

https://www.soompi.com/article/1283839wpp/9-dramas-leave-no-room-no-second-lead-syndrome, ultimo accesso il 23 agosto 2019.

risultare meno accattivante la classica distinzione tra il bene e il male: personaggi nettamente e chiaramente appartenenti allo schieramento del “bene”, spesso innocenti e ingenui per via del loro modo di essere buoni e giusti e del loro voler dare fiducia all’umanità, e personaggi semplicemente malvagi, che sono cattivi per il gusto di esserlo senza una caratterizzazione più approfondita, possono talvolta risultare meno interessanti rispetto agli antieroi, che invece sono assillati da domande su se stessi, da conflitti interiori risultanti dalle loro abitudini non esattamente “giuste”, dal loro passato, dalle loro azioni e da quello che invece a un certo punto della loro vita si trovano a voler essere. Sono molto più simili agli uomini di quanto non lo siano i personaggi totalmente buoni o totalmente cattivi: a volte riescono a cambiare per il meglio, altre volte rimangono incastrati tra ciò che sono e ciò che vorrebbero diventare.

Emozioni e sentimenti: i timonieri dei K-Drama

Nel secondo capitolo si è parlato del fatto che i concetti fondamentali di han, heung e jeong pervadono la produzione di musica e drama, conferendo a questi prodotti una forte connotazione emotiva sia quando si tratta di tristezza e senso di ingiustizia, sia quando si tratta di pura gioia o dell’accento posto sullo spirito di aggregazione che caratterizza la società coreana.

Nel “regno dei drama” è sempre riscontrabile una forte emotività che emerge soprattutto quando i personaggi soffrono, rimangono delusi o rivelano i propri sentimenti. La macchina da presa indugia spesso sul volto degli attori, su primi e primissimi piani che riversano sullo schermo ogni loro minima espressione, ogni lacrima che scende dai loro occhi, ma al contrario anche ogni accenno di sorriso e di gioia o di imbarazzo. A rafforzare questo elemento chiave dei K-Drama c’è sicuramente la dilatazione della temporalità attraverso la ripresa della stessa scena da più angolazioni e/o a rallentatore; le scene in cui due personaggi si tengono la

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mano o si baciano per la prima volta sono spesso enfatizzate da questo tipo di soluzione, con l’ausilio della musica over in chiave empatica, e rendono momenti di questo genere, come anche scene in cui un personaggio viene ferito o vede qualcosa che lo scuote, notevolmente amplificati. Se usate sapientemente, soluzioni come questa raggiungono il loro scopo, cioè avere una presa sull’emotività dello spettatore tale da evocare in lui emozioni reali e un forte attaccamento ai personaggi. I K-Drama, più che attenersi al realismo e imitare la realtà, preferiscono utilizzare gli elementi a loro disposizione per creare un mood, per far provare delle emozioni allo spettatore che lo inducano a simpatizzare con i personaggi e a seguirne le vicende fino alla fine. Questo, naturalmente, è vero anche per gli altri prodotti di finzione audiovisivi, ma nel caso in esame anche a una prima visione si nota da subito che i dettagli sono “esagerati” per ottenere il massimo impatto emotivo possibile; anche i flashback, data la lunghezza limitata e la singola stagione delle serie coreane, non servono soltanto a ricordare cosa è successo in precedenza; più spesso, accanto a questa e alla funzione pratica del “riempire” l’episodio, c’è quella di aggiungere tasselli mancanti alla narrazione e soprattutto quella di ricordare come il personaggio si senta a proposito di quei ricordi, o come cambi la sua percezione degli stessi con il procedere della serie. Anche in questo caso emerge perciò la ricerca di un impatto emotivo forte sullo spettatore. Per quanto certe serie scelgano di essere più realistiche di altre, soprattutto quelle che rispondono a generi come il thriller, il poliziesco e il legal drama, o quelle in cui l’ambiente di lavoro è il setting predominante, la maggior parte di loro abbracciano appieno l’artificialità, l’uso delle tecniche di ripresa, di editing e la recitazione degli attori per massimizzare la tensione emotiva e l’immersione dello spettatore nella vicenda. Del resto, come si è detto nel primo capitolo a proposito dei mondi illusivi e del coinvolgimento spettatoriale, il realismo non è l’unica strada per raccontare

storie; se la coerenza interna al testo cui ci si trova di fronte (cioè la verosimiglianza aristotelica) è sufficiente, pur sapendo e notando che si sta fruendo un prodotto di finzione il quale, per di più, non nasconde affatto di essere tale, allora nulla impedisce allo spettatore di lasciarsi coinvolgere. Se poi si riesce a stabilire una connessione emotiva con i personaggi grazie anche all’aiuto del testo audiovisivo stesso, saranno proprio le emozioni a guidare nell’esplorazione del mondo diegetico e a permettere di soprassedere ai difetti di una serie, che possono spaziare da scelte stilistiche discutibili, a evidenti errori di raccordo tra le inquadrature, effetti speciali non esattamente spettacolari ma anche a lacune nella narrazione o elementi di disturbo che fanno storcere il naso allo spettatore; per la tenuta dei mondi illusivi è infatti fondamentale anche la flessibilità, l’adattabilità dello spettatore, che riesce a rapportarsi con mondi distanti da quello reale, incoerenti o comunque “problematici” su vari livelli:

“Il privilegio spontaneamente accordato dallo spettatore al narrativo