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Il riferimento legislativo di pianificazione urbanistica e territoriale in Italia risulta essere la “Legge Urbanistica” n. 1150 del 194223.

Tale legge era stata voluta per dotare il Paese di un’organica legislazione in materia di urbanizzazione e aveva l’obiettivo di mettere un freno all’urbanizzazione incontrollata in un territorio ancora per lo più di matrice agricola oltre che di disciplinare l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo generale del territorio.

Il provvedimento, oltre a prevedere nuove norme per l’esproprio24 e l’autorizzazione ad edificare25, introduceva nuovi strumenti urbanistici codificati a vari livelli di governo come i Piani Territoriali di Coordinamento26, di iniziativa ministeriale ma di attuazione comunale tramite i quali venivano designate zone da riservare a specifiche destinazioni e tutele, e venivano designate le località da scegliere come nuovi nuclei edilizi. A livello comunale (anche se non per tutti i comuni) venivano istituiti i Piani Regolatori27 di livello generale o particolareggiato i quali dovevano effettuare una zonizzazione del territorio individuando anche le zone da destinare all’espansione urbanistica. Per quanto riguarda il territorio extraurbano esso non veniva interessato da alcun vincolo di tutela e vi era la possibilità di edificare su aree agricole senza alcuna necessità di licenza.

Negli anni seguenti si sono susseguite leggi e decreti ministeriali volti a regolare l’attività edilizia sul territorio come la Legge n. 1402/5128. Tale legge fu emanata nel primo decennio dopo il secondo conflitto mondiale, in un momento storico in cui l’Italia si trovava ad affrontare l’emergenza legata ai danni provocati dal

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L.1150 del 17.08.1942 “Legge urbanista generale italiana”

24 art.18 L.1150/42 25 art.31 L.1150/42 26

Capo II L.1150/42

27 Capo III L.1150/42

conflitto, in un contesto in cui a livello nazionale risultavano distrutte il 5% delle abitazioni, percentuale che saliva al 40% in numerose città del centro-nord (Monti, 2008).

Il provvedimento, che consisteva in una deroga alla Legge n. 1150/42, prevedeva

Piani di Ricostruzione, con validità decennale e con efficacia pari ai Piani

particolareggiati che si connotavano per massima permissività urbanistico-edilizia. Tali piani hanno permesso l’edificazione di grandi quartieri residenziali che hanno contribuito alla formazione delle attuali periferie dei centri urbani di maggiori dimensioni. Tale opera di ricostruzione è stata vittima della speculazione edilizia ed è possibile dire che i segni e le conseguenze del grande sviluppo urbanistico degli anni ’50, avvenuto senza alcun controllo legislativo, sono tuttora visibili sul territorio italiano.

Negli anni ’60 vi sono state proposte per una riforma globale della legislazione urbanistica ma la situazione politica che stava vivendo l’Italia costrinse a rimandare il problema e a trovare altresì uno strumento per limitare gli effetti più gravi del dissesto territoriale in atto.

Nel 1967 fu approvata quindi la Legge n. 76529 chiamata “Legge Ponte” in quanto doveva essere transitoria e di collegamento tra la “Legge Urbanistica” del 1942 e la nuova Legge urbanistica nazionale, mai emanata.

Tale legge aveva l’obiettivo di estendere l’applicazione degli strumenti urbanistici esistenti, ma poco utilizzati, e di porre un freno allo sviluppo edilizio incontrollato e speculativo attraverso il concetto vincolistico di “zona di espansione” e “zone di completamento” oltre all’introduzione di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria che permettevano il coinvolgimenti dei privati alle spese di urbanizzazione diminuendo il carico economico sui Comuni.

Successivamente il Decreto Ministeriale n.1444 del 2 Aprile 196830 dà applicazione alla sopracitata legge introducendo inoltre lo strumento degli “standard

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L.765 del 6.08.1967 “Modifiche e integrazioni alla Legge Urbanistica 17 Agosto 1942, n.1150”

30 DM n.1444 del 2 Aprile 1968 “ Limiti inderogabili di densità Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di

distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765.

urbanistici” da applicare in modo differenziato per zone omogenee31 nelle quali viene suddiviso l’intero territorio italiano. Tali zone risultano essere le seguenti:

A. Centri storici B. Edilizia residenziale C. Espansione residenziale D. Attività produttive E. Zone agricole F. Servizi

È da notare come le zone “E”, definite come quelle “destinate ad usi agricoli”32 , ai sensi di tale legge, non subiscono alcuna ulteriore differenziazione sulla base delle loro caratteristiche, cosa che però venne fatta in applicazione del decreto dai piani regolatori comunali.

La “Legge Ponte” prevedeva però dei limiti a quello che ora chiamiamo “consumo dei suoli agricoli” introducendo una riduzione degli indici di densità fondiaria per le abitazioni nelle zone agricole (0.03 mc/mq33 rispetto ai 5 mc/mq previsti per le Zone “A”) e in applicazione di tale legge molti piani introdussero ulteriori vincoli come l’obbligo di disporre di una minima superficie (lotto minimo) per la costruzione in zone agricole o l’istituzione di “zone di rispetto” degli abitati seguendo il modello delle Green Belt inglesi. Tali innovazioni derivano in parte anche dal rinnovato interesse per le tradizioni contadine scaturito in quegli anni e una nuova visione dell’attività agricola che si propone di valorizzarne la funzione produttiva e definendone la natura di risorsa limitata da salvaguardare e valorizzare (Monti, 2008)

Nel 1977 con il D.P.R. n. 61634 vi è stato il trasferimento di alcuni dei poteri dello Stato alle Regioni su alcune materie35 tra le quali vi è l’assetto e l’utilizzazione del territorio36. In particolare, per quanto riguarda l’Urbanistica, sono state delegate alle Regioni “le funzioni amministrative che concernono la disciplina dell’uso del

territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali

31 Art. 2 DM 1444/68 32 Art 2 comma E 33 Art.7 comma 4 DM 1444/68 34

D.P.R. n.616 del 24.07.1977 “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della L.22.07.75 n.382”

35 Art.3 D.P.R. 616/77 36 Titolo V D.P.R. 616/77

riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente” 37

Da quel momento la competenza in materia di pianificazione divenne di carattere regionale, sulla base della Legge Urbanistica di riferimento (L. 1150/42).

Analizzando a livello generale la normativa regionale a partire dagli anni ’70, le leggi emanate hanno confermato un interesse crescente per il territorio extraurbano. In tutte le Regioni vi è una limitazione delle possibilità di edificazione nelle aree agricole valorizzando il patrimonio esistente ed alcuni enti, come la Regione Emilia-Romagna, consentirono l’edificazione solo sulla base degli obiettivi di produzione riportati in “Piani di sviluppo pluriennali”.

Alcuni provvedimenti sovra-ordinati a carattere centrale hanno però indirizzato il governo del territorio come la Legge n.10 del 197738 che ha introdotto e regolamentato la separazione fra il diritto di proprietà e il diritto di edificazione introducendo lo strumento della concessione edilizia.

Nel 1978 la Legge n. 45739, detta “Piano decennale per l’Edilizia” ha previsto

l’attuazione di una programmazione edilizia a lungo termine introducendo norme che si avvalgono del principio di recupero del patrimonio edilizio esistente.

Gli anni ’80 presentavano un quadro legislativo in materia urbanistica quasi completo ma sempre più vi era la richiesta di una qualità di vita urbana maggiore e una maggiore attenzione all’ambiente. Quest’ultimo aspetto ha caratterizzato la legislazione degli anni successivi con l’intento di salvaguardare gli aspetti fisici e culturali dell’ambiente naturale e costruito.

Nel 1985 vi è stata l’emanazione della Legge n. 4740 la quale regolava l’attività urbanistico-edilizia contrastando l’abusivismo edilizio, un grande problema per l’intero territorio nazionale.

Sempre nello stesso anno ha visto la luce anche un provvedimento di forte interesse territoriale, la Legge n. 431. Tale norma ha apportato importanti e significative modifiche al concetto di tutela paesaggistica del territorio introducendo con una veste rinnovata lo strumento del “Piani territoriali

paesistici” tramite i quali applicare e rendere operative le politiche di protezione

37 Art. 80 DPR 616/77

38 L.10 del 28.01.1977 “Norme per l’edificabilità dei suoli” 39

L. 457 del 5.08.1978 “Norme per l’edlizia residenziale”

40 L.47 del 28.02.1985 “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e

non più a singoli oggetti “monumenti” come accadeva con la Legge n. 1497/3941 , ma salvaguardando interi sistemi territoriali andando oltre una mera visione estetica.

Tale legge fu consolidata dalla normativa comunitaria in materia di Valutazione di Impatto ambientale e dall’istituzione nel 1986 del Ministero dell’Ambiente. Gli anni ’90 furono caratterizzati da un riordino generale delle norme in materia urbanistica e ambientale.

Per quanto riguarda le tematiche paesaggistiche nell’ambito della pianificazione la maggiore innovazione è stata data dalla “Convenzione Europea del Paesaggio” (EC, 2000), scritta a Firenze il 20 Ottobre 2000 e ratificata dall’Italia nel 2006 con la legge n.14 del 9 Gennaio 2006. Questo documento ha cambiato il punto di vista sul concetto di “Paesaggio” dandone una definizione molto ampia che va oltre la mera concezione tradizionale, puramente estetica, e considerandolo “elemento

importante della qualità della vita delle popolazioni: nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana; [...] la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità di ciascun individuo42”.

Una definizione di maggiore dettaglio è poi indicata all’art. 1.a: “Paesaggio

designa una determinata parte di territorio, così come percepita dalla popolazione, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazione43”. E’ evidente come tale documento non escluda la

componente antropica dal paesaggio ma richiede ai Paesi ratificatori di “integrare

il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle di carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle politiche che possono avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio44”. La

CEP deve quindi divenire la base per la pianificazione territoriale, in particolare per la gestione di quelle aree soggette a maggiori pressioni antropiche e che necessitano di maggiore tutela per il mantenimento della loro identità.

41 L. 1497 del 29.06.1939 “Protezione delle bellezze naturali” 42

CEP preambolo

43 CEP art 1.a 44 CEP art 5.d

L’Italia ha reso applicative le indicazioni della Convenzione Europea del Paesaggio con il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”45.