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Questa campagna, quando è ancora intatta, non è solo bella, ma è anche uno straordinario deposito di memoria.

(C.Socco) Gilles Clèment nel suo saggio “Il Terzo Paesaggio” (Clèment, 2005) descrive lo spazio a contatto con la città, quello che abbiamo individuato come “periurbano”, come uno spazio con differenti identità sovrapposte, che può essere ora naturale, ora dedicato al tempo libero, ora improduttivo e ora sacro, dandone una lettura non statica ma dinamica, che esprime una forte multifunzionalità.

Tali spazi sono accomunati da una forte precarietà territoriale ma offrono anche forti opportunità agli agricoltori date dalla vicinanza ai mercati e dalle potenzialità che possono essere sfruttate mettendo in atto attività che scaturiscono dall’ampio ventaglio della multifunzionalità del campo agricolo.

Il concetto di multifunzionalità può essere applicato a tutti i settori e si riferisce alla possibilità per un’attività economica di fornire output positivi o negativi differenziati rispetto all’attività principale e in virtù di ciò di contribuire contemporaneamente a diversi obiettivi della società (OECD, 2001).

È possibile declinare il concetto di multifunzionalità alle attività agricole dandogli un’accezione positiva come indicato anche dalle istituzioni a livello comunitario esprimendo la necessità di sostenere l’espressione del carattere multifunzionale dell’agricoltura anche a livello normativo e finanziario. In tale contesto è bene sottolineare che sebbene la funzione primaria dell’agricoltura sia la produzione di beni alimentari, vi è una crescente richiesta da parte della collettività di ulteriori servizi extra-agricoli che possono divenire opportunità di diversificazione e integrazione del reddito per gli imprenditori agricoli che svolgono la loro attività in questi spazi che si trovano “tra” l’urbano e il rurale, nel paesaggio che si nasconde negli interstizi della città.

L’agricoltura non deve però divenire una sola “barriera fra città e campagna” ma deve essere il terreno per azioni collettive (Poli, 2008). Sono molteplici i servizi che l’agricoltura periurbana può assolvere, essi possono essere riassunti in servizi per l’ambiente (come la gestione del verde urbano), alle persone (attività agrituristica, fattorie didattiche...), alle imprese (contoterzismo, trasformazione

dei prodotti) e al territorio (manutenzione territoriale, compostaggio, sgombro della neve).

Inoltre vi è una crescente importanza attribuita in particolare agli spazi verdi periurbani, o agli spazi aperti nel soddisfacimento dei bisogni emozionali e nel contribuire al miglioramento della qualità della vita e del benessere generale (Lopez-Mosquera & Sanchez, 2011) .

Le motivazioni che dovrebbero condurre verso il mantenimento dell’agricoltura in ambito periurbano sono molteplici ma raggruppabili principalmente sulla base delle tre funzioni che Donadieu (Donadieu, 1998) attribuisce a tali attività:

- funzione economica: la presenza di attività agricole al margine della città

oltre alla produzione di beni e creazione di posti di lavoro può, grazie alla sua vicinanza ai centri di scambio e mercato accorciare la filiera e valorizzare le produzioni locali (marchi DOP, DOCG...).

- Funzione spaziale volta al contenimento dell’espansione urbana.

- Funzione simbolica espressa attraverso il valore paesaggistico ed

ecologico degli spazi in cui si svolgono le attività.

Primdahl e Swaffield (Primdahl & Swaffield, 2010) si propongono di analizzare il paesaggio rurale tramite la lettura delle principali driving forces che hanno guidato e guidano tuttora i cambiamenti nel contesto del paesaggio rurale. In

Figura 38 è possibile leggere quali sono le possibili condizioni che si possono

ritrovare a seconda dell’intensità dell’attività agricola e del fenomeno dell’urbanizzazione.

I paesaggi agricoli periurbani sono riconducibili alle categorie di destra (2 e 3) in cui è presente un alto grado di urbanizzazione. Esse si differenziano per le tipologie di attività agricola ma entrambe le categorie sono caratterizzate da una forte competizione fra lo spazio rurale, lo spazio urbanizzato e le attività correlate ad esse ed è in questi spazi che vi è l’instaurarsi di una nuova tipologia di spazio rurale, che si realizza nell’abbattimento della dicotomia fra “città” e “campagna”. Questo nuovo spazio non è descrivibile solo come confine fra il mondo agricolo e il mondo urbano ma rappresenta un luogo dove è necessario ripensare le relazioni tra ciò che consideriamo “città” e ciò che consideriamo “campagna” (Donadieu, 1998). È in questo contesto che nascono i nuovi termini di città- campagna e

campagna urbanizzata (Turri, 2004) in cui vi è la compresenza di attività urbane e

agricole, quest’ultime più complesse e multifunzionali, diverse da quelle tradizionalmente conosciute, come l’agricoltura di prossimità, l’agricoltura

periurbana o l’agricoltura urbana spesso caratterizzate dalla presenza di

coltivatori part-time e/o hobbistici (Donadieu, 1998; Ingersoll, 2004; Torreggiani, et al., 2012) che traggono beneficio dalle potenzialità che le attività diversificate svolte in tali spazi possono offrire (OECD, 2001; Willemen, et al., 2008; Zasada, 2011) .

Donadieu individua tre tipologie di forme agricole, secondo la classificazione di Marc Lavergne, che possono rappresentare gli scenari in cui si viene a sviluppare l’agricoltura periurbana. Esse sono chiamate forme ereditate, degradate e

innovatrici

Le prime, le “forme ereditate” derivano solitamente da pratiche agricole volte al mantenimento della città stessa. Sono forme di agricoltura tradizionale tipiche del Mediterraneo differenziate a seconda del contesto storico-geografico in cui si sono sviluppate. Facendo una veloce disamina di tali elementi nei paesi del Medio Oriente gli spazi agricoli a contorno delle città erano al tempo stesso luogo di relax per i cittadini e di impiego per tutta la popolazione rurale che vi era giunta a seguito dell’Esodo. L’obiettivo era l’approvvigionamento di frutta e verdura fresche tramite la creazione di spazi coltivati vicini alle mura delle città e ai porti (per lo scambio delle merci). Nelle regioni aride dell’entroterra tale forma di agricoltura si sviluppò nelle oasi (come quella di Damasco) grazie ad una fitta rete di irrigazione. Tali spazi sono stati minacciati dalla forte e incontrollata

urbanizzazione e dalla situazione politica di molti paesi medio-orientali. Alcuni esempi di tali pratiche agricole sono ancora visibili come alcuni residui dei giardini orticoli botsans di Instanbul oppure i frutteti di periferia (jnan) di Tunisi.

In Francia e in Spagna le huertas, aree irrigue coltivate con orticole e alberi da frutto hanno accompagnato lo sviluppo delle città anche se successivamente hanno ceduto alla pressione urbanistica lasciando posto alla città stessa.

Esemplare è il caso di Montpellier dove i produttori di vino, a seguito di un periodo di crisi del commercio, hanno riscoperto il paesaggio dei vigneti della conurbazione valorizzandoli e giungendo a forme di tutela da parte delle amministrazioni.

Per quanto concerne le “forme degradate” è chiaro come i principali fenomeni che conducono alla diminuzione delle attività agricole negli spazi periurbani siano l’urbanizzazione e la non equilibrata pianificazione di tali spazi, spesso considerati solo come terreno di scambio per l’espansione edilizia.

Le “forme innovatrici” sono individuabili invece in quella tipologia di agricoltura, già citata, chiamata “di prossimità”, “periurbana” o “urbana”. L’autore definisce “agricoltura urbana” “quell’attività agricola le cui risorse, prodotti e servizi, sono o

possono essere oggetto di un’utilizzazione urbana diretta” , la quale si è venuta a

sviluppare e ad inventare negli spazi periferici delle grandi città e che ora si sta allargando coinvolgendo anche centri abitati più modesti.

Queste tipologie di “campagne urbane” non nascono spontaneamente, ma sono il prodotto dell’azione congiunta di agricoltori, cittadini e amministratori. Alcuni esempi possono essere individuati, a grande scala, nei parchi agricoli, come i già citati il Parco Agricolo Sud di Milano o il Parc Agrari del Baix Llobregat vicino a Barcellona.

In tale contesto viene proposto un nuovo tipo di approccio all’attività agricola,

l’agri-civismo, termine introdotto da Richard Ingersoll (Ingersoll, 2004),

intendendo un sistema in cui l’agricoltura si lega ai bisogni civici e di educazione, ricreazione e mantenimento del verde, sistemi in cui, una volta soddisfatti, i bisogni alimentari cedono il posto alla domanda di qualità ambientale e di vita in un ottica fortemente multifunzionale.

Ingersoll paragona la politica dell’agri-civismo a quella dell’agri-turismo proponendo una soglia minima di territorio di ogni sito urbano da mantenere

coltivabile e si pone due obiettivi principali: promozione di una sinergia tra centro urbano ed ecosistema agricolo e creazione di un maggiore senso di responsabilità verso lo spazio urbano.

L’idea di Ingersoll trova spunto da un precedente interessante, quale la Legge sugli “orticelli di guerra” promulgata in Italia durante la seconda Guerra Mondiale, nel contesto della “Battaglia del Grano” (Figura 39 e Figura 40), provvedimento della Politica Agraria voluta da Benito Mussolini (annunciata il 14 Giugno 1925 e proclamata con un discorso alla Camera dei Deputati il 20 Giugno 1925), per perseguire l’autosufficienza produttiva italiana di frumento. Fra i vari provvedimenti venne prevista anche la coltivazione di qualsiasi terreno, giardino (ad eccezione di quelli storici) o spazi vuoti incolto, tramite un accordo di enfiteusi (Segre, 1982)

Figura 39: Mussolini infila il grano nella bocca della trebbiatrice (09.07.1934) (Fonte: Istituto Luce)

Figura 40: Mietitura del grano in un ampio viale della città nei pressi di Piazza della Vittoria (Genova 26.06.1942) (Fonte: Istituto Luce)

Attualmente vi sono molti esempi concreti di azioni di agri-civismo, come i Giardini di Nærum Vaenge di Copenhagen, progettati negli anni ’50 dal paesaggista Theodore Søresen il quale concepì un nuovo insediamento residenziale costituito da 50 orti, ciascuno di 80 mq e delimitato da una siepe, destinati agli abitanti degli appartamenti vicini o gli orti sociali in Inghilterra (New Castle), in Francia (Bordeaux) o in Germania (Gottinga) destinati a rispondere ad esigenze sociali, culturali e ambientali. (Ingersoll, et al., 2007)

Un esempio storico di città costruita sulla base dell’agri-civismo è la “Città giardino” di Ebezener Howard (Howard, 1972), già descritta nei capitoli precedenti.

L’agricoltura periurbana è stata riconosciuta anche a livello nazionale (“Carta

dell’agricoltura periurbana” (CIA, 2006)), redatta nel 2006 dall’Istituto per la

Tutela e la Valorizzazione dell’Agricoltura Periurbana – ISTVAP21- su iniziativa della Confederazione Italiana Agricoltori Lombarda) ed europeo (CESE, 2004).

A livello comunitario il Comitato Economico e Sociale riconosce come l’attività agricola nelle zone periurbane sia condizionata dall’ambiente urbano in cui si svolge e che ha su di essa conseguenze negative che ne limitano la sostenibilità economica. Chi si impegna a sviluppare tali pratiche agricole si propone di promuovere nella società una cultura della terra intesa come bene di tutti limitato e non riproducibile e di sostenere le forme di agricoltura che in tali spazi si vengono a sviluppare.

In Italia si è costituito l’Istituto per la Tutela e la Valorizzazione dell’Agricoltura Periurbana con l’intento di tutelare e valorizzare le attività agricole svolte in prossimità delle aree urbane e metropolitane influenzate dalla pressione dello sviluppo delle città e delle infrastrutture ad esse collegate. Finalità principale di tale istituto, come già detto, è stata la redazione della “Carta dell’Agricoltura

Periurbana” che si riconosce negli obiettivi fissati dal CESE, affermando

l’importanza della messa in atto di strumenti di pianificazione e assetto territoriale che evitino la perdita, a causa dell’urbanizzazione, delle aree agricole periurbane, e che ne garantiscano il mantenimento e lo sviluppo dinamico e sostenibile attraverso politiche mirate.

Negli spazi periurbani l’attività agricola non è preservata o tutelata, spesso la difesa degli spazi liberi attorno alla città non prevede un loro sfruttamento agricolo attivo ma vi sono in questi spazi una moltitudine di attività extra-agricole che si inseriscono in uno scenario rurale, il che può condurre alla creazione di una sorta di “parchi tematici” (Primdahl, et al., 2009). Inoltre, a seguito di meccanismi che regolano il mercato immobiliare attuale, tali spazi sono coivolti da un aumento della propria resa immobiliare, elemento condizionante di fenomeni di speculazione edilizia.

Alla base della tutela degli spazi agricoli periurbani vi deve essere il mantenimento del paesaggio agricolo, vale a dire un paesaggio caratterizzato da campi coltivati, animali, prati e soprattutto presenza di agricoltori e ciò non può esistere senza la presenza dell’agricoltura che però in tali spazi è sottoposta a forti pressioni da parte delle attività antropiche. L’agricoltura deve ricoprire un ruolo chiave nella gestione degli spazi periurbani e delle esternalità positiveche ne scaturiscono a favore del vicini centri urbani (Zasada, 2011). Ciò è in linea con quanto detto a conclusione della 2° Conferenza Europea sullo Sviluppo rurale del 2003 di Salisburgo (EC, 2003) per rimarcare la relazione diretta fra agricoltura e vitalità dello spazio rurale: “la vitalità del territorio rurale è essenziale per l’agricoltura,

così come l’attività agricola è essenziale per la vitalità del territorio rurale”.

L’agricoltura periurbana e di prossimità devono essere sostenute dalla collaborazione fra amministrazioni e agricoltori e dall’attuazione di politiche comunitarie a sostegno delle attività agricole in quanto, alla perdita dei terreni adatti alla coltivazione, si aggiungono le sempre maggiori difficoltà che coinvolgono le strutture produttive, economiche e sociali dell’azienda agricola stessa, spesso soggetta, in questi spazi di prossimità, a forti azioni di speculazione. Le dinamiche, le forze e gli impatti che agiscono e condizionano l’attività agricola nello spazio urbano-rurale sono ben descritte dal progetto PLUREL, già descritto nei capitoli precedenti e sono riportate in Figura 41.

Figura 41: Dinamiche, forze e impatti che agiscono e condizionano l’attività agricola nello spazio urbano-rurale (Piorr, et al., 2011)

Lo studio ha analizzato le caratteristiche dell’attività agricola svolta in aree periurbane nelle regioni europee indagate individuando le aree in cui uso urbano ed agricolo del territorio coesistono per analizzarle poi successivamente con maggiore dettaglio al fine di prevederne le dinamiche future.

Inoltre,a livello europeo, connessa al progetto PLUREL, si è istituita nel 2005 una piattaforma chiamata PURPLE22 (Peri Urban Regions Platform) costituita da 14 regione europee al fine di riconoscere pienamente l’importanza delle regioni periurbane in Europa promuovendo una revisione degli obiettivi, in particolare quelli riguardanti la Politica Agricola Comunitaria, a favore e tutela degli spazi periurbani e delle comunità rurali per l’instaurarsi di un nuovo equilibrio urbano- rurale in cui l’agricoltura abbia un ruolo da protagonista.

2.3

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E PROGRAMMAZIONE

L’agricoltura sembra molto più semplice quando il tuo aratro è una matita e sei

a un migliaio di miglia dal campo di grano. (Dwight David Eisenhover)