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Il concetto di “impronta ecologica” è stato teorizzato per la prima volta dagli ecologi William Rees e Mathias Wackernagel (Rees & Wackernagel, 1996) negli anni ’90. Essi, partendo dalla definizione del processo di urbanizzazione inteso come rappresentazione di una trasformazione ecologica umana dell’ecosistema, si proposero di analizzare e quantificare, con un approccio nuovo rispetto al passato, l’entità dell’impatto delle città sull’ecosfera.

Tramite lo studio delle relazioni all’interno dell’ecosistema urbano, basandosi sul presupposto che ognuno (dal singolo individuo fino ad un intero Paese) ha un impatto sulla Terra in quanto consuma risorse naturali e i prodotti da esse derivati (Wackernagel, et al., 1999), essi si posero l’obiettivo di valutare l’entità delle componenti coinvolte nel processo di consumo/produzione finalizzato all’autosufficienza dell’ecosistema stesso, valutandone in particolare il carico umano.

La descrizione del concetto di impronta ecologica prende spunto da un semplice esperimento mentale proposto dai due ricercatori (Wackernagel & Rees, 1996): per prima cosa è necessario immaginare che cosa potrebbe accadere a una città moderna, nella quale non sono presenti aree agricole o spazi aperti naturali, se essa fosse rinchiusa in una cupola di vetro o plastica che ne bloccasse completamente i flussi (di materiali). Ciò presupporrebbe che i sistemi umani all’interno fossero indipendenti. È ovvio che le città moderne non sono autosufficienti e non hanno la capacità di sopportare il carico ecologico imposto dalla popolazione, la quale morirebbe in pochi giorni.

Successivamente viene cambiato lo scenario considerando, nella sua completezza, un ecosistema ecologico urbano, il quale è composto da un sistema urbano circondato da differenti paesaggi quali pascoli, foreste, corsi d’acqua, aree agricole. L’estensione di queste componenti è riferita alla loro abbondanza relativa sulla terra e viene assunto che vi sia sufficiente energia fossile utile al sostentamento del sistema stesso. La domanda che si pongono gli autori è: quanto deve essere grande la cupola che copre la città per poter mantenere, a tempo illimitato, le risorse e le attività in essa svolte? Più sinteticamente, quale deve essere la superficie dei differenti ecosistemi per permettere un continuo sostentamento delle città? La risposta a tali domande viene data dalla stima dell’Impronta Ecologica (EF), la cui definizione, secondo gli autori, è la seguente

“l’impronta ecologica (EF) è l’area totale di territorio produttivo e di acqua che è richiesta continuamente per produrre tutte le risorse consumate e per assimilare tutti i rifiuti prodotti, da una popolazione definita, ovunque siano localizzate sulla Terra” (Muñiz & Galindo, 2005) e in modo semplificato può essere valutata come

la domanda pro-capite di capitale naturale (Figura 47).

Figura 47: Componenti dell’Impronta Ecologica (Wackernagel & Rees, 1996)

Il concetto di impronta ecologica è strettamente connesso alla tematica del consumo di suolo già descritta in precedenza, in quanto è evidente come il territorio ecologicamente disponibile per ogni persona è diminuito costantemente nel secolo scorso a causa del forte consumo avvenuto (Figura 48) e tale processo,

in cui l’impronta ecologica cresce incontrollata, non è sostenibile. La “Global

Footprint Network (GFN)”76 associazione no-profit costituitasi nel 2003 con l’obiettivo di sostenere e sviluppare un futuro sostenibile per le prossime generazioni e fornire dati scientifici sul calcolo e l’entità dell’impronta ecologica (Kitzen, et al., 2007), definisce l’impronta ecologica come la “misura

dell’ammontare di area ecologicamente produttiva, sia terrestre che marina, richiesta da una popolazione o da un’attività per produrre tutte le risorse consumate e per assorbire tutti i rifiuti prodotti”.

Figura 48: Impronta ecologica 1900-1995 (Wackernagel & Rees, 1996)

L’impronta ecologica è calcolata a livello internazionale in “ettari globali” (gha) che corrispondono alla normalizzazione di un ettaro al fine di ottenerne la produttività biologica media annua degli ecosistemi e la sua elaborazione si basa su dati forniti dalla “Food and Agriculture Organization of the United Nations”

(FAO), dall’”Agenzia Internazionale per l’Energia” (IEA), dalla “Divisione Statistica delle Nazione Unite” oltre che dalla “Intergovernmental Panel on Climate Change” (IPCC). I dati raccolti vengono poi presentati con cadenza biennale in un

report.

I dati riferiti all’Italia (2008) rivelano che l’Impronta Ecologica nazionale è pari a 4.2 gha/persona valore superiore alla media europea che è di 4.68 gha/persona e alla media mondiale pari a 2.7 gha/persona (Figura 49). Il valore viene poi

confrontato con la capacità biologica (“biocapacity”) degli ecosistemi, la quale misura l’entità delle aree produttive disponibili per la produzione delle risorse necessarie alla compensazione dei “rifiuti” urbani. Per quanto riguarda l’Italia tale valore è pari a 1.3 gha/persona.

Uno dei vantaggi dell’utilizzo di tale indicatore è la possibilità di valutare il consumo di risorse in un’unica unità di misura (ettari a persona) con una metodologia concettualmente e operativamente semplice che consente una rapida e chiara visualizzazione della dimensione della sostenibilità dei processi di consumo umani costituendo così uno strumento per la creazione di strategie sostenibili di sviluppo urbano.

Figura 49: Impronta ecologica media pro-capite globale (Fonte: WWF)

Eaton (Eaton, et al., 2007) descrive l’impronta ecologia con un’accezione differente, l’Impronta ambientale (EFA) finalizzando il suo calcolo e le valutazioni sulla sua entità allo sviluppo sostenibile delle città.

In modo analogo, ai fini della pianificazione urbanistica, Muñiz e Galindo (Muñiz & Galindo, 2005) hanno applicato tale indicatore nella valutazione dell’impatto dello sprawl urbano e in particolare dell’impatto ecologico dei flussi di pendolarismo nel caso specifico di Barcellona, ottenendo risultati che mostrano la relazione tra perdita di compattezza della forma del sistema urbano e aumento del valore dell’impronta ecologica.

Figura 50: Componenti dell’Impronta Ecologica (Eaton, et al., 2007)

In Figura 50 sono schematicamente illustrati gli elementi costitutivi di tale indicatore comprendenti l’energia, i trasporti, il cibo, i materiali e i rifiuti, l’acqua. Interessanti risultano anche le elaborazioni sull’identità e la metodologia di calcolo dell’impronta ecologica elaborata da un gruppo di ricerca dell’Università di Siena (Niccolucci, et al., 2009) che introduce una prospettiva dell’impronta in tre dimensioni, considerando non solo la dimensione ma anche la profondità del fenomeno rappresentando così l’entità della richiesta di risorse aggiuntive rispetto alla capacità biologica ecosistemica finalizzata al soddisfacimento delle necessità dei sistemi urbani.