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L’acqua entra in scena

Nel documento come regalo, un diario 5 (pagine 98-102)

Lo scopo di queste proposte è fare comprendere le proprietà e l’impreve-dibilità dei comportamenti dell’acqua, in base allo scenario in cui si opera. Per comprendere meglio questi con-cetti ogni attività sperimentale può di-ventare una breve animazione teatra-le, da fare interpretare fi sicamente ed emotivamente dagli alunni nel modo più consapevole ed effi cace.

Il soggetto da mettere in scena è l’acqua. L’acqua è presente nella maggior parte dei fenomeni naturali e risulta fondamentale per ogni es-sere vivente; l’acqua si manifesta at-traverso una serie di situazioni che, seppure sono coerenti rispetto alla sua struttura chimica e fi sica, però hanno esiti spesso inattesi e sorpren-denti (Fig. 1).

Ogni attività didattica deve diventa-re una bdiventa-reve azione teatrale riferita a una proprietà dell’acqua, analiz-zabile in modo sperimentale. Poiché per capire al meglio un concetto tec-nologico o scientifi co la situazioni migliore è esserne protagonisti attivi, ogni gruppetto-alunni deve mettersi nei panni dell’acqua (o di un altro

elemento con cui l’acqua interagi-sce) per esplorarne una proprietà, tanto meglio se imprevedibile e stra-ordinaria (Fig. 2).

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

coinvolgere il pubblico sulle ipotesi possibili, quando mostrare i risultati dell’esperimento, quali domande fi -nali vengono sollecitate.

Questo percorso didattico (che coin-cide con il metodo scientifi co) va costruito in forme tecnologiche at-traverso la progettazione degli spazi, dei tempi, dei vincoli e delle risorse per trovare una soluzione ottimale. La richiesta sottesa è quindi di svol-gere le tipiche operazioni del fare tecnologico, in cui viene coinvolta sia l’analisi tecnica che la progetta-zione (Fig. 3).

Mentre alcuni esperimenti risultano abbastanza semplici, altri sono più complessi da riprogettare e rappre-sentare; in ogni caso il prodotto da costruire è una animazione didatti-ca, della durata di un paio di minuti. Come prima operazione ogni grup-petto di alunni sceglie il soggetto (ovvero la domanda da presentare) e il relativo esperimento da teatraliz-zare. Quindi a gruppetti si progetta l’evento, creando una semplice sce-nografi a che presenta l’esperimento sull’acqua concordato in una forma comunicativa e teatrale effi cace. La prima scelta fondamentale ri-guarda il mettere a fuoco la doman-da, alla quale l’esperimento fornisce una risposta. Esaminando e ripro-vando più volte l’esperimento, ogni gruppetto di alunni deve ricercare e costruire una modalità teatrale adat-ta per comunicare ad altri il senso della propria attività: quale enfasi dare alla domanda iniziale, come

La verifi ca di ogni attività teatrale

può essere analizzata e documenta-ta dentro la breve rappresendocumenta-tazione costruita da ogni gruppo di alunni, da declinare nelle competenze e nel-le capacità di esprimere concetti in forma chiara e di comunicare rela-zioni in modo effi cace. Ogni anima-zione può anche essere documentata attraverso un fi lmato, da mettere a diposizione di chi è interessato, o attraverso una galleria fotografi ca, che documenta in poche immagini la successione delle azioni teatrali.

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cuola in atto TECNOLOGIA

Classe prima

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Nella classe prima il tema dell’acqua

può avere come focus la membrana elastica che si forma sulla sua super-fi cie. Alcune domande permettono di entrare in argomento:

s PERCHÏ ALCUNI INSETTI PATTINANO sull’acqua senza affondare?

s PERCHÏ LACQUA SPRUZZATA SU UNA superfi cie a volte forma gocce e altre volte pellicole?

sPERCHÏCONLACQUASAPONATASIFAN no grandi bolle durature mentre con l’acqua di rubinetto sono piccole e instabili?

È opportuno fornire inizialmente al-cuni concetti di inquadramento ge-nerale. La superfi cie dell’acqua pos-siede delle proprietà particolari, in quanto luogo di contatto tra l’acqua e sostanze diverse come aria, vetro, olio. Ogni molecola d’acqua attira le molecole che la circondano e a sua volta ne è attratta; così la forza ri-sultante tra le molecole interne al li-quido è nulla e ogni molecola sta in equilibrio rispetto alle altre. Invece le molecole che si trovano in superfi cie (a contatto con l’aria), vengono at-tratte solo dalle molecole poste sotto e di lato, ma non vengono attratte dalle molecole d’aria che si trovano sopra. Così la risultante delle forze tra le molecole poste in superfi cie è diretta verso l’interno, e si crea una intensa forza di coesione fra le mo-lecole della superfi cie orizzontale. Per questo la superfi cie dell’acqua si comporta come una membrana ela-stica, che avvolge e comprime l’ac-qua sottostante.

La tensione superfi ciale dipende quin-di dalla forza con cui le molecole po-ste sulla superfi cie si attirano tra loro. Ecco cinque esperimenti sulla ten-sione superfi ciale.

Cercando in Internet ogni gruppo di alunni può trovare altri esperimen-ti, tra cui scegliere un esperimento a tema, da trasformare in una rappre-sentazione teatrale. Se l’esperimento costituisce il focus da rappresentare, la modalità da perseguire consiste nel porre domande adatte, fare ipo-tesi opportune, mostrare soluzioni possibili.

B. Quali proprietà hanno le lamine di acqua e sapone?

C. Come posso creare la bolla di sapone più grande?

D. Perché le sostanze si bagnano in modo diverso?

E. Posso far galleggiare il ferro sull’ac-qua? (Fig. 2)

Fig. 2 Fig. 1

“Sono di ferro. Posso

galleggiare?”

Come buona pratica di riferimento, ecco l’avvio di una proposta teatrale. In scena si trova anche una bacinella di vetro, in cui contenere l’acqua; e uno stecchino, con cui posizionare in modo preciso il fi lo di ferro ben sagomato.

A. Quante monete posso inserire in un bicchiere pieno; o quanta acqua posso versare su una moneta? (Fig. 1)

Acqua: “Va bene che lo sapete già, ma

voglio ribadire che io sono il riferimento per misurare la densità delle diverse so-stanze: se qualcosa pesa meno di me a parità di volume (ossia se è meno densa), allora galleggia, più o meno profonda-mente; se invece è più densa (ossia pesa più di me a parità di volume), allora af-fonda, più o meno dolcemente, in base alla specifi ca densità”.

Ferro: “Questo lo so anch’io. Un pezzo di

ferro come me va a fondo. E se una nave di ferro galleggia lo fa solo perché non è fatta tutta di ferro, ma gran parte del suo interno contiene aria leggera”.

Acqua: “Però sulla mia superfi cie a contatto

con l’aria formo una sottile pellicola di mo-lecole, elastica e resistente. Se qualcosa è così abile e leggiadro da stare sospeso sopra questa membrana, allora può galleg-giare. Lo fanno tra l’altro molti insetti... e alcuni rettili. E tu, fi lo di ferro?”

Ferro: “E va bene... io accetto la sfi da...

ci provo! Sono di ferro! Sono un sottile fi lo di ferro, lungo sui venti centimetri. Ora mi piego, mi avvolgo, mi creo una forma adatta per galleggiare sopra di te. Ti ricordo che la mia densità è più sette volte maggiore della tua! Vediamo se ce la fai a sorreggermi; e vediamo se ce la faccio a essere sorretto”.

Acqua. “Questo non dipenda da me. Se ti

sorreggo, dipende solo dalla tua capacità di darti una forma adatta e di appoggiarti sopra di me in modo dolce e orizzontale. Dai, prova pure!” (Fig. 3)

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cuola in atto

TECNOLOGIA

Classe seconda

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In seconda si può ragionare sulle

forze che interagiscono con l’ac-qua. La pressione idrostatica è la pressione che un liquido esercita in tutte le direzioni, anche sulle pareti del recipiente che lo contiene. Que-sta pressione varia solo col variare dell’altezza della colonna del liqui-do; ovvero nel punto più basso del recipiente la pressione è maggiore perché è più alta la colonna di liqui-do, mentre in un punto più in alto la pressione è minore.

Ecco cinque possibili esperimenti, da teatralizzare.

A. Perché i getti d’acqua risultano diffe-renti alle diverse altezze? (Fig. 1) B. Come regolare il getto di una fontana d’acqua?

C. Come posso spostare a piacere il dia-voletto di Cartesio dentro una bottiglia di plastica chiusa?

D. Come opera la pressione osmotica? E. Perché l’acqua resta sospesa in un bicchiere o in una bottiglia rovesciata? (Fig. 2)

Acqua: “Povera me, oh povera me... soffro

di vertigini! Eppure spesso mi tocca cadere dall’alto. Meno male che sono dolce e mor-bida, per cui anche se precipito terrorizzata da una cascata, riesco sempre a sistemarmi tra le mie nuove sorelline; sono quasi sem-pre a mio agio, anche perché siamo tutte simili... come gocce d’acqua.

Ma ascoltate che cosa mi è successo pro-prio ieri. Mi versano dentro una bottiglia trasparente, poi mi appoggiano sopra un dischetto trasparente (che nessuno può vedere, oltre a me), quindi mi ca-povolgono. Aiuto! Le vertigini! Cado! ... ma resto sospesa a guardare il vuoto sottostante. Le vertigini sono sempre vertigini, ma resto su... niente botta per la caduta! Come mai non cado? Forse perché sono trattenuta dalla pressione dell’aria che preme dal basso? Forse per-ché le mie molecole aumentano la forza di coesione interna fi no a diventare un blocco unitario? Mentre rimugino queste ipotesi uno stecchino appuntito si infi la dentro di me, attraverso il foro fatto nel

cerchietto trasparente (quello che non vede nessuno) ... e lo stecchino di legno mi sale dentro fi no a galleggiare in alto. Io continuo a non cadere, restando so-spesa nel vuoto... soffrendo di vertigini. A vostro parere che cosa sta succedendo? Sapete darmi una spiegazione sul mio stare sospesa nel vuoto? E come mi è entrato lo stecchino che è salito dentro? Un attimo... ora comprendo meglio la situazione: sotto di me, che mi aiuta a restare sospesa dentro la bottiglia ca-povolta, vi è il cerchietto di plastica trasparente, con un foro al centro, appoggiato sul collo della bottiglia. Probabilmente si deve analizzare la dif-ferenza delle pressioni: quella esercitata dall’aria, dal basso verso l’alto, e la mia pressione idrostatica, dall’alto verso il basso; ma devo aggiungere la forza di adesione che tiene unito il cerchietto di plastica al collo bagnato della bottiglia. Stavolta vince la pressione dell’aria, con annessi e connessi. Per di più dal piccolo foro al centro del cerchietto io non posso uscire per una azione combinata di forze di coesione della tensione superfi ciale e forze di adesione tra i diversi materiali (vetro e plastica con me acqua). Allora uno stecchino bagnato può entrare e salire al mio interno senza rompere la pellicola e senza farmi cadere. Voi - in-vece - quali altre ipotesi avete fatto prima? Quali fareste ore?” (Fig. 3)

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Ovviamente si possono scegliere al-tre esperienze analoghe, che si trova-no sui libri o in rete.

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cado?”

Oltre all’acqua in scena vi sono altri tre oggetti (studenti), muti ma attivi, che mimano via via il testo del mo-nologo: una bottiglia di vetro traspa-rente; un cerchietto forato di plastica rigida trasparente; uno stecchino.

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cuola in atto

Classe terza

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In terza si possono esplorare i

mo-vimenti dell’acqua in relazione ad altri elementi. L’acqua allo stato li-quido assume comportamenti par-ticolari: ha un punto di ebollizione molto alto; richiede molto calore per scaldarsi e impiega molto tempo per raffreddarsi; possiede una elevata adesione con altre sostanze e riesce a risalire dentro tubicini sottilissimi; non si fa comprimere; riduce la sua viscosità ad alte pressioni; costitui-sce un eccellente solvente in cui si sciolgono tutte le sostanze idrofi le; quando ghiaccia aumenta di volume a parità di peso, per cui la sua densi-tà diminuisce. Tutte queste propriedensi-tà sono dovute alla specifi ca conforma-zione delle molecole di acqua (H-O-H), in cui gli atomi di idrogeno vicini sono attratti tra loro in un modo par-ticolarmente intenso e preciso. Ecco cinque esperimenti collegati a queste proprietà.

Questo elenco minimo può essere al-lungato a piacere.

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vaso?”

Gli interpreti in scena hanno molte cose da dirsi, e si contraddicono l’un l’altro. La sintesi è lasciata al pub-blico.

A. Perché l’acqua risale attraverso la carta assorbente o in una zolletta o nel sedano? (Fig. 1)

B. Come può l’acqua risalire fi no alla cima di grandi alberi alti anche cento metri? C. Come posso fare sbocciare un fi ore di carta usando solo dell’acqua?

Fig. 1

Fig. 2

D. Come si comporta l’acqua se la metto nel surgelatore oppure se aggiungo del sale?

E. Perché l’acqua sale dentro un vaso di vetro dopo che ho acceso una candela all’interno? (Fig. 2)

Acqua colorata: “Mi hanno colorata di

blu, mi hanno versato dentro un piatto e ora vogliono bruciarmi con una candela! Ma che cosa credono? Va bene che dono la vita, ma non sono una sostanza orga-nica, quindi non brucio”.

Piatto trasparente: “E allora io? Nel

mio centro hanno fi ssato la candela facendo cadere sopra alcune gocce di cera ardente. E dentro mi hanno versato dell’acqua con un colorante alimentare, che non ritengo mi faccia bene”.

Candela spenta, poi accesa, infi ne spenta:

“Lamentatevi pure, ma sono io che bru-cio, sono io che mi consumo, sono io

disperdo le mie molecole e fi nirò per estinguermi...”.

Vaso trasparente: “E che cosa devo dire

io, quando mi capovolgono sopra voi? Una volta rovesciato mi devo bagnare, bruciare, offuscare, annerire. E tu acqua mi sali dentro con un solletico insoppor-tabile. E allora? Perché mi sali dentro? Perché mi sali fi no a un quinto del mio volume?”.

Aria imprigionata: “Forse perché questa

lagnosa candela consuma tutto l’ossigeno che ho in me, che è appunto circa un quinto del mio volume!”.

Acqua: “Ma dai! Da oltre due secoli

Antoine Lavoisier ha chiarito che in na-tura nulla si crea e nulla si distrugge (e tutto si trasforma): se il tuo ossigeno è scomparso vuole dire che si è trasformato in altre molecole, che occupano comun-que un loro volume”.

Candela: “Ma certo! L’ossigeno si è

combinato con il mio idrogeno e il mio carbonio presenti nella cera e nello stop-pino, e ha formato anidride carbonica e acqua. L’anidride carbonica ha una den-sità leggermente maggiore dell’ossigeno; infatti nell’aria scende verso il basso. Ho fatto dei calcoli; questa trasformazione chimica spiega solo il 5% della riduzione del volume dell’aria. E il restante 95%?”.

Aria: “Provo a osservarmi meglio. Quando

mi mettete sopra il vaso, la candela resta accesa per un poco di tempo e vedo che l’acqua si abbassa un poco, in quanto il calore mi fa dilatare e io spingo di più. Ma poi la candela si spegne...”.

Vaso: “... e allora le mie pareti si

offu-scano, in quanto vi condensa sopra il vapore acqueo che si crea. Anche in alto mi ritrovo delle macchie scure, dove si è depositato della fuliggine di carbonio. Così le molecole di ossigeno combinate con le molecole della candela si tra-sformano in carbonio e in acqua, che condensano e si depositano sulle mie pareti fredde, sporcandomi per bene. In ogni caso si genera acqua liquida e car-bonio solido, che occupano un volume minore dell’ossigeno gassoso iniziale...”.

Acqua: “... e questo può spiegare un altro

20% del mio innalzamento. Però, il re-stante 75%”?

Candela: “Voi parlate e ragionate, ma

in-tanto sono io che mi consumo. Le mie

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cuola in atto

Francesco Cigada

Docente e formatore. Direttivo Scienza under 18 Milano.

molecole dove vanno a fi nire? Diventano anidride carbonica, che è un gas... e di-ventano anche acqua, che è liquida. E in ogni caso alla fi ne solo io ci rimetto, in questi scambi tra molecole...”.

Aria: “Stai buona, cara candela. Anche tu

fai parte del ciclo delle cose... come tutti noi. Però ora mi è venuto davvero freddo, e questo freddo mi suggerisce qualcosa... Eggià! Io mi sono raffreddata e quindi addensata! Ricordate l’esperimento (se non lo ricordate lo rifacciamo) ... l’acqua sale nel vaso alcuni secondi dopo che la candela si è spenta; e questo tempo di-pende dalla dimensione del vaso di vetro; se il vaso è grosso, l’acqua ci mette assai più tempo a salire. Intanto l’ossigeno si è trasformato parecchio tempo prima, per cui è fuori dal gioco. Se misurate la mia temperatura, dopo che la candela si

Fig. 3

è spenta, vedrete che è diventata ripida-mente più fredda... e sapete che una cosa fredda occupa meno spazio di una cosa calda (senza offesa per te acqua, quando ghiacci). Questo abbassamento di tempe-ratura rapido e improvviso genera in me una depressione e una mia conseguente contrazione che...

Acqua: “... spiega il restante 75% del

mio innalzamento. Va bene. Io mi fermo qui!”.

Vaso: “Così la scomparsa dell’ossigeno

non c’entra con tuo innalzamento. L’ossigeno d’altronde non può scompa-rire, infatti si è trasformato in qualcosa forse più denso, che occupa un volume minore”.

Aria: “Prima freddo, poi caldo, poi freddo

... mi gonfi o e mi restringo... Uffa! Voi mai lasciarmi in pace” (Fig. 3).

TECNOLOGIA

“Il fare” come strumento per apprendere

Nel documento come regalo, un diario 5 (pagine 98-102)