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come regalo, un diario 5

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(1)

PROMUOVERE LA COMPETENZA INTERCULTURALE LA GLOTTODIDATTICA LUDICA CENNI DI GEOGRAFIA CULTURALE

CRESCERE AL TEMPO DI INTERNET

come regalo, un

diario

5 GENNAIO 2015

Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno LX -ISSN 0036-9861

(2)

e ditoriale

Crescere al tempo di Internet

Pierpaolo Triani

Avrete certamente provato a parlare ai vostri studenti, o ai vostri fi gli, di quando andavate in giro senza un telefono in tasca; quando per fare una ricerca asse- gnata dall’insegnante dovevate girare pagine e pagine di enciclopedie; quando per avere qualche notizia che andasse oltre il circondario dovevate aspettare il mo- mento giusto – poche volte al giorno – alla televisione o alla radio; quando per avvisare qualcuno mentre era- vate fuori casa dovevamo cercare una cabina telefoni- ca; quando per dire qualcosa di importante a una per- sona lontana dovevate scrivere una lettera e attendere, pazientemente, la posta dei giorni successivi.

Vi avranno certamente ascoltato (forse anche i più rumorosi avranno fatto silenzio per la prima volta!) tra l’incuriosito, l’incredulo e lo stupito; un po’ come facevamo noi quando ci parlavano della strade con poche auto e delle case senza televisione, lavatrici e lavastoviglie. Con un certo sorriso vi avranno guardato come personaggi provenienti da un’altra epoca, da un altro mondo.

Giustamente. Il mondo, come sempre, si trasforma sotto i nostri occhi e ci troviamo indubbiamente oggi in un contesto differente da quello in cui noi siamo cresciuti. Il motivo, pur complesso in sé, è facilmente descrivibile. I nuovi media, come ci dicono gli studiosi da tempo, non sono semplici strumenti di comunica- zione. Sono dispositivi che ampliando l’accesso e la condivisione delle informazioni, il loro utilizzo e la loro rielaborazione, stanno modifi cando le nostre abi- tudini e i nostri ritmi di vita, il modo di relazionarci, di lavorare e studiare.

Non è più suffi ciente chiederci come possiamo inse- gnare con i media, ma dobbiamo domandarci come possiamo agire educativamente in questo nuovo con- testo mediatico. Ci accorgiamo con sempre maggiore chiarezza che occorre rifl ettere su che cosa signifi chi oggi crescere ‘al tempo di internet’ e che cosa compor- ti tutto questo per l’azione educativa.

Si vanno così moltiplicando le ricerche, gli studi, i mo- menti di confronto e di progettazione pedagogica. Si è lavorato, ad esempio, su questo tema, agli inizi dello scorso novembre presso la sede piacentina dell’Uni- versità Cattolica del Sacro Cuore nel Convegno “Di- ventare grandi al tempo di Internet. Risorse e rischi dell’adolescenza online e offl ine”. Sono state messe in luce, attraverso relazioni e laboratori comuni tra inse-

gnanti, educatori e studenti, le potenzialità educative della rete e dei nuovi media le trasformazioni in atto, ma anche alcuni fenomeni preoccupanti. Molto par- tecipati sono stati i laboratori dedicati al sexting e al cyberbullismo.

Non è un caso. Il sexting, ossia la pubblicazione di materiale sessualmente esplicito riguardante la pro- pria persona, è un fenomeno che, secondo una recente ricerca condotta dal Cremit (Centro di Ricerca sull’E- ducazione ai Media all’Informazione e alla Tecnolo- gia) dell’Università Cattolica di Milano e Pepita Onlus coinvolge circa 1 ragazzo su 4. Secondo quanto ripor- tato dal Notiziario Minori dell’Agenzia Dire: il 20% po- sta messaggi a contenuto sessuale per divertimento, il 12,6% per “fare colpo”, l’11,6% per “essere popolare”

e solo l’8,7% per “prendere in giro qualcuno”.

Più noto, e ugualmente serio, è il cyberbullismo, di cui si è discusso anche a Rimini, alla fi ne di ottobre, al Convegno del Centro Studi Erickson: “Supereroi fragi- li. Adolescenti a scuola tra vecchi e nuovi disagi”.

Se secondo una ricerca dell’Università di Montreal ne è vittima 1 adolescente su 5, anche in Europa, ce lo ricorda ancora l’Agenzia Dire, la situazione è pre- occupante. Secondo Eurispes e Telefono Azzurro un ragazzo su 4 ha trovato online pettegolezzi, falsità o fotografi e che lo hanno imbarazzato. Con ripercussio- ni, in molti casi, su vita sociale, prestazioni scolastiche e umore e, nei casi più drammatici, con conseguenze tragiche per la vita personale.

La questione educativa sul tema si va dunque trasfor-

mando. Si tratta di educare e di educare a vivere nel

contesto dei nuovi media, di valorizzarne le poten-

zialità e contenerne i rischi per accrescere la qualità

della vita sociale e lo sviluppo delle persone. Occor-

re, come sottolinea Rivoltella nel volume La previsio-

ne. Neuroscienze, apprendimento, didattica (Editrice

La Scuola, Brescia 2014), promuovere la capacità di

muoversi nel nuovo contesto mediatico con atteggia-

mento critico e previsionale. Egli scrive: “Ancora una

volta la percezione è che la previsione, la capacità di

fare previsioni, sia un ingrediente fondamentale del-

la ‘competenza mediatica’, al di qua dei tecnicismi

linguistici o informatici con i quali spesso si ha la

tentazione di identifi carla” (p. 102) . Non basta, cioè,

conoscere un linguaggio, ma sapere abitare il nuovo

territorio.

(3)

5

numero

HFOOBJPtBOOP-9

sito editore: www.lascuola.it

sito rivista: scuolaedidattica.lascuola.it

Editrice La Scuola

S d

Mensile di problemi e orientamenti per la Scuola Se- condaria di I grado - Anno LX - Direttore responsabile:

Pierpaolo Triani - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 100 del 3-10-1955.

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:MGIHMVIXXSVIPiero Cattaneo 'SPPEFSVEXSVMTVSTSWXIHMHEXXMGLI

Elisa Abeni, Miriam Bertocchi, Emanuela Buizza, Monica Capuzzi, Evelina Chiocca, Francesco Cigada, Marina Cinconze, Raffaella Confalonieri, Samantha Cremonesi, Luigi Fabemoli, Barbara Finato, Francesco Fornasieri, Stefano Grazioli, Luigi Larocchi, Clara Manenti, Valentina Morgana, Paolo Nitti, Luciano Pace, Sonia Pase, Maria Cristina Vacatello, Manuela Valentini.

Curatore notiziario professionale: Mario Falanga Redazione: Giovanna Brotto, Annalisa Ballini -QTEKMRE^MSRIElena Laura Bresciani 7IKVIXIVMEsdid@lascuola.it

4VSKIXXSKVE½GSStudio Mizar, Bergamo 7YTTSVXSXIGRMGSEVIE[IFhelpdesk@lascuola.it- tel. 0302993325

In copertina: ritratto di Anna Frank, illustrazione di Monica Frassine

s ommario

Inglese

Raffaella Confalonieri, Valentina Morgana

0MWXIRMRKWXVEXIKMIWXSYRHIVWXERH

IZIV]HE])RKPMWL

Classe 1a

41

0MWXIRMRKJSVHIXEMPWOI]WXVEXIKMIW

Classe 2a

43

-RXIKVEXMRK/)8PMWXIRMRKEGXMZMXMIW

MRXSXLIGPEWWVSSQ

Classe 3a

45

Francese

Emanuela Buizza

)RGPEWWI

Classe 1a

47

'EVRIXHIZS]EKI

Classe 2a

49

Je voudrais devenir...

Classe 3a

51

Tedesco

Miriam Bertocchi

%RRI*VERO

Classe 1a

53

Spielzeugland

Classe 2a

56

7STLMI7GLSPP

Classe 3a

57

Spagnolo

Paolo Nitti

)PPq\MGSHIPQIHMSEQFMIRXI

Classe 1a

60

)PPq\MGSHIPEKISKVEJuE

Classe 2a

62

)PZSGEFYPEVMSHIPETSPYGMzR

Classe 3a

63

Storia

Sonia Pase

'EVPS1EKRSIMP7EGVSVSQERS

MQTIVSXVEGSRXMRYMXkIMRRSZE^MSRI

Classe 1a

65

'VIWGIVIEPXIQTSHM-RXIVRIX 1

Pierpaolo Triani

e ditoriale

Religione cattolica

Luciano Pace

0EGEVXEH´MHIRXMXkHM+IWHM

2E^EVIXL

Classe 1a

21

0EGLMIWEHIMQEVXMVMIHIMQSREGM

Classe 2a

23

0´EQSVIGSQIGYSVIHIPPE'LMIWE

Classe 3a

26

Italiano

Marina Cinconze

±8EGM&VYXXSKVMPPEGGMSHIP

QEPEYKYVMS²

Classe 1a

28

Evelina Chiocca

TEPPEEPGIRXVS

Classe 2a

32

Monica Capuzzi

Pensa tu per me

Classe 3a

38

s cuola in atto

a pprofondimenti 4VSQYSZIVIPEGSQTIXIR^E

MRXIVGYPXYVEPIRIPPEWGYSPE

di base 5

Mario Castoldi

0EKPSXXSHMHEXXMGEPYHMGE 12

Sabrina Zanoni

'IRRMHMKISKVE½EGYPXYVEPI 15

Emanuele Poli

(4)

Il modello del sistema solare

Classe 3a

95

Tecnologia

Francesco Cigada

Come opera la tensione WYTIV½GMEPI#

Classe 1a

98

'SQIEKMWGIPETVIWWMSRI

HIPP´EGUYE#

Classe 2a

99

Come l’acqua occupa lo spazio EXXSVRS#

Classe 3a

100

Musica

Luigi Fabemoli

Il canto

Classe 1a

103

Cori parlati e polifonia

Classe 2a

105

'ERXMHMKYIVVEGERXMHMPMFIVXk

Classe 3a

107

Arte e immagine

Francesco Fornasieri

-PQSRHSKVIGSPE½KYVEHM9PMWWI

Classe 1a

109

'EVEZEKKMSS

dell’immedesimazione

Classe 2a

111

-PGEWSHM;'SRKHSR

Classe 3a

113

)HYGE^MSRI½WMGE

Manuela Valentini, Samantha Cremonesi

0´SVMKMRIWXSVMGEHMEPGYRMKMSGLM

Classe 1a

115

+MSGLMGLI±VSXSPERS²

Classe 2a

117

Il tennis a scuola

Classe 3a

119

L’assolutismo monarchico nella

*VERGMEHM0YMKM<-:

Classe 2a

68

Donne e scienza tra Otto e Novecento

Classe 3a

70

+ISKVE½E

Sonia Pase

Ambiente naturale e attività umana nell’area atlantica

Classe 1a

73

0IMWSPI&VMXERRMGLI

Classe 2a

77

Città e sistemi urbani a confronto

Classe 3a

79

Matematica

Elisa Abeni, Stefano Grazioli, Luigi Larocchi, Clara Manenti, Maria Cristina Vacatello

Aritmetica al supermercato

Classe 1a

81

Giochiamo con i numeri razionali

Classe 2a

84

-KVERHMTIVWSREKKMHIPPEWXSVME

Euclide

Classe 3a

87

Scienze

Barbara Finato

Stare al caldo

Classe 1a

91

Chimica in cucina

Classe 2a

93

s apere di Scienze La matita, questa sconosciuta

Eva Filoramo

121

s cuol digitale

Nuove tecniche di presentazione multimediale

Maria Grazia Ottaviani

123

7IQTPM½GE^MSRIEQQMRMWXVEXMZE n

Aldo Domina

125

0ITVMSVMXkWXVEXIKMGLIRIPPE

valutazione delle istituzioni scolastiche

Maria Grazia Vinciguerra

127

otiziario professionale

(5)

Il disagio è verosimilmente correlato alla paura di non poter realizzare se stessi,

i propri desideri, i propri sogni, le proprie esigenze, nonché alla GL̇FROWjGLWURYDUHULVSRVWH

soddisfacenti alla questione Chi sono io?

Giombattista Amenta

Per informazioni: Servizio Clienti - tel. 030.2993.286/322 servizioclienti@lascuola.it - www.lascuola.it

IN PRIMO PIANO

Giombattista Amenta

DAL DISAGIO

ALLA RINASCITA DEL SÉ

pp. 192 - € 13,00

Daniele Lodi, Massimo Barbieri, Maica Buiani, Giovanni Seghi

CORPOREITÀ E DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO

pp. 192 - € 15,50

Uno strumento educativo

e stimolo a trasferire nella

giocosa pratica motoria

giornaliera dei bambini

e nella normale didattica

una serie di esperienze che

facilitano la maturazione

delle funzioni psicomotorie,

prerequisito ai processi

di apprendimento.

(6)

a pprofondimenti

Promuovere la competenza

interculturale nella scuola di base

Mario Castoldi

Il contributo documenta una ricerca sul tema dell’e- ducazione interculturale, fi nalizzata a sperimentare e validare sul campo alcuni strumenti utili alla proget- tazione e alla valutazione di percorsi formativi nella scuola di base orientati allo sviluppo della competenza interculturale.

Contesto di ricerca

La ricerca si è svolta nell’ambito di un progetto PRIN 2008 sul tema dell’educazione interculturale, coordina- to dall’Università Cattolica di Milano e con la parteci- pazione delle Università di Messina, Verona, Sassari e Torino. L’unità di ricerca di Torino, composto da Danie- la Maccario e il sottoscritto in qualità di docenti struttu- rati e da Claudio Calliero, Rosangela Cuniberti, Cecilia Lo Bue e Alberto Galvagno in qualità di collaboratori esterni, si è focalizzata sullo sviluppo della competenza interculturale nella scuola di base, attraverso la elabora- zione, realizzazione e valutazione di progetti formativi a livello di classe. Il budget complessivo previsto per il progetto è stato di € 11.857, la durata di circa due anni, dall’estate 2010 alla primavera 2012.

Quadri di riferimento: competenza interculturale

Il tema della ricerca ha richiesto di focalizzare l’atten- zione su due oggetti prioritari: da un lato il costrutto di competenza interculturale, nella più ampia prospet- tiva delle competenze chiave di cittadinanza; dall’altro l’impianto progettuale e valutativo su cui impostare i progetti formativi. Per quanto riguarda il primo oggetto la complessità del dibattito culturale e la pluralità degli approcci che caratterizzano, oggi, l’educazione inter- culturale hanno richiesto una delimitazione del campo di ricerca e l’assunzione di una specifi ca prospettiva di analisi. Risulta, d’altro canto, necessaria l’esplicita- zione del quadro valoriale di riferimento, dello sfondo all’interno del quale la prospettiva assunta si colloca, una cornice che aiuti a delinearne i confi ni e ne defi ni- sca l’orizzonte di senso.

Nel mondo globale, la differenza ha sempre meno ca- ratteristiche di estraneità, di distanza rispetto al “no-

stro” mondo, ma si presenta invece, come sottolinea effi cacemente M. Santerini, come “pluralità culturale a contatto: l’altro non è altrove, è accanto a noi, abita in noi” (Santerini-Reggio, 2007: 54). L’incontro con la diversità non è solo o tanto un incontro tra culture diverse, ma assume le connotazioni di un incontro tra persone, di un dialogo tra “persone multiculturali”. L’e- voluzione stessa del concetto di cultura (la nostra e tutte le culture) ci restituisce un’immagine di cultura non statica, una sorta di gabbia, chiusa in se stessa, immobile nel tempo, ma viva e dinamica, inserita in un processo di cambiamento continuo che si origina dagli scambi, dagli incontri, dall’accoglienza di al- tri apporti; una sorta di “mappa per esplorare la re- altà: essa media tra individui e ambiente, collocando e avvolgendo ciascuno in una rete di senso, non uno stampo che ci rende uniformi, ma che, al contrario, ci permette di leggere e conoscere le differenze umane e accoglierle, nel caso, nelle proprie storie individuali”

(Demetrio-Favaro, 2009: 25).

Il concetto di diversità si coniuga e si intreccia, quin- di, con quello di identità, all’interno di un costante e complesso processo di mutuo riconoscimento e di re- ciprocità, di rimescolamento continuo di volti, storie, culture. La stessa identità, come la cultura, si connota sempre più come identità plurale, trasformazione, mu- tamento, attraverso un continuo “identifi carsi con” e

“differenziarsi da”. L’identità non è “ciò che ci rende simile agli altri, ma ciò che ce ne distingue, nel quadro della nostra individualità, un insieme di elementi com- plesso e sensibile ai contesti, dinamico e soggetto a con- tinui cambiamenti” (Consiglio d’Europa, 2008: 12).

L’identità stessa assume continuamente connotazioni

e sfaccettature sempre nuove e diverse in relazione

alla pluralità delle relazioni, delle situazioni, delle ap-

partenenze che ciascuno matura; nello stesso tempo,

però, il volto dell’altro, per usare la suggestiva metafo-

ra di Lèvinas, non è solo segno dell’unicità di ciascu-

no, ma anche e soprattutto segno indelebile della sua

umanità: riconoscersi volto attraverso il volto dell’altro

è prendere coscienza della somiglianza e della comu-

nione con l’umanità intera (Lèvinas, 1985: 84).

(7)

a

pprofondimenti

Assumere la dimensione dialogica come sfondo su cui costruire la competenza interculturale signifi ca allora pensare ad un’educazione interculturale, defi nita da molti studiosi di seconda generazione, come:

sRICERCAEINTERPRETAZIONECONTINUADICOMELEDIVERSI tà culturali agiscono sulle persone;

sSVILUPPODIUNASENSIBILITÌCULTURALEEDIUNACAPA cità di leggere la dinamicità e la storicità delle culture nelle persone, in un dinamico intreccio identità/diver- sità, conoscenza di sé/conoscenza dell’altro da sé;

s COSTRUZIONE DI ORIZZONTI COMUNI E CONDIVISI  IN

un’ottica di cittadinanza fi nalizzata non solo alla coa- bitazione, ma alla ricerca e alla condivisione di valori, in nome dell’appartenenza alla comune umanità (cfr.

Morin, 2000).

Entro tale sfondo si è assunta la defi nizione proposta nelle tesi della Bertelsmann Stiftung basate sul model- lo di competenza interculturale di Daria K. Deardorff:

la competenza interculturale è la capacità di interagire effi cacemente ed in maniera appropriata in situazio- ni di carattere interculturale; è sostenuta da specifi che attitudini e peculiarità affettive, nonché da conoscen- ze, abilità e rifl essioni (inter)culturali (Bertelsmann Stiftung, 2006: 14). In particolare i due attributi dell’interazione interculturale citati nella defi nizione vengono così enunciati:

s LINTERAZIONE SI DICE appropriata quando gli aspetti centrali dell’identità culturale, gli orientamenti chiave e le norme valorizzate dagli attori partecipanti non ven- gono (consciamente o inconsciamente) violati fi no al punto di mettere a rischio il reciproco riconoscimento;

sLINTERAZIONESIDICEeffi cace quando gli attori di fatto raggiungono i propri importanti obiettivi individuali e collettivi, transazionali e/o relazionali.

L’acquisizione della competenza interculturale è vista come un processo dinamico e continuo che implica di- verse dimensioni (cfr. tav. 1). Ciascuna di esse può es- sere analizzata in specifi ci indicatori di comportamento attraverso cui la competenza si manifesta (cfr. tav. 2).

Quadri di riferimento: progettare e valutare competenze

L’altro oggetto prioritario della ricerca ha riguardato l’impianto progettuale e valutativo su cui strutturare percorsi formativi funzionali allo sviluppo della com- petenza interculturale. In riferimento alla letteratura pedagogica in merito alla didattica per competenze si sono condivisi alcuni punti di attenzione su cui co- struire la cornice comune per il lavoro delle scuole (cfr. Castoldi, 2012 e Maccario, 2012):

sASSUMERECOMERIFERIMENTOPERLINDIVIDUAZIONEDEI

traguardi formativi del progetto la rubrica valutativa sulla competenza interculturale;

sPARAMETRARELAPROPOSTAENTROUNPERCORSOREALIZZA bile nella seconda parte dell’a.s. 2010/11;

s EVITARE UNA CENTRATURA SULLE DISCIPLINE  BENSÖ ASSU merle come strumenti culturali attraverso cui svilup- pare la competenza interculturale;

sINDIVIDUAREUNAOPIá SITUAZIONEPROBLEMAAPARTI re da cui sviluppare il percorso didattico;

sALLARGARELOSGUARDONONSOLOALLADIMENSIONEMETO dologica dell’azione didattica (mediazione contenuti culturali-soggetti in apprendimento, ma anche alla di-

Tav. 1. Dimensioni della competenza interculturale Conoscenza e abilità (inter)culturali

Attitudini

Esito interno: rifl essione interculturale Esito esterno: interazione costruttiva

(8)

a

pprofondimenti

Tav. 2. Indicatori di comportamento della competenza interculturale

Dimensioni Criteri Indicatori

Interazione costruttiva

Evitare di violare le norme culturali

– Rispetta la diversità culturale nell’interazione con i compagni

– Considera il processo di incontro come terreno di confronto e di condivisione – Prova curiosità e desiderio di mettersi in gioco di fronte a ciò che incontra Raggiungere

obiettivi importanti

– Si relaziona in modo adeguato in funzione dell o scopo – Si assume impegni e si riconosce in progetti comuni

– Pone in atto effi caci comportamenti di confronto orientato a defi nire soluzioni positive per tutti Attitudini Valorizzare

la diversità culturale

– Mostra curiosità verso la diversità culturale

– È disponibile all’incontro con l’altro, attivando atteggiamenti di fi ducia, empatia e comprensione – È disponibile alla reciprocità e allo scambio

– Riconosce diverse prospettive e punti di vista Tollerare

l’ambiguità

– Tollera situazioni di incertezza

– Si pone in atteggiamento di ascolto e di dialogo

– Mette in discussione le proprie certezze e accetta le critiche

– Assume la prospettiva degli altri, mettendola a confronto con la propria, senza stereotipi o pregiudizi – Accetta l’errore come condizione naturale dell’esistenza umana e come fonte di apprendimento Conoscenza

e abilità (inter)culturali

Vasta conoscenza culturale

– Riconosce e concettualizza la diversità culturale nei suoi elementi costitutivi – Conosce l’esistenza di una pluralità di visioni del mondo

– Riconosce e concettualizza elementi comuni tra le diverse culture – È consapevole del rapporto tra lingua e signifi cati in culture diverse Capacità

comunicative

– Padroneggia la lingua inglese ad un livello A2

– Tiene conto dello scopo e del destinatario della comunicazione – Mantiene vivo il dialogo in vista di un arricchimento reciproco – Sviluppa la capacità argomentativa e interpretativa dei signifi cati – Ascolta gli altri con interesse e attenzione

Abilità di gestione dei confl itti

– Affronta semplici situazioni di confl itto con i compagni

– Sostiene la negoziazione ai fi ni della risoluzione dei confl itti all’interno del gruppo – Riconosce somiglianze e differenze nel confronto delle opinioni

– Compie azioni per affrontare confl itti e contrasti tra diverse posizioni Capacità di creare

sinergie

– Fornisce il proprio apporto nel lavoro di gruppo

– Contribuisce con le proprie idee alla ricerca di soluzioni a problemi condivisi e complessi – Ascolta le idee di altri arricchendole con le proprie

Rifl essione interculturale

Spostare e relativizzare la struttura di riferimento

– Tiene conto del punto di vista dell’altro

– Confronta e relativizza le proprie posizioni in vista di posizioni condivise – Analizza e decostruisce stereotipi e pregiudizi personali e culturali – Colloca in prospettiva il proprio io superando l’egocentrismo – Mette in discussione le proprie certezze e accetta le critiche – Mette al centro l’interesse del gruppo e non i propri Enfatizzare – Valorizza il contributo dell’altro

– Riconosce che l’altro è anche il simile – Apprezza le differenze

– Trasforma il dubbio in occasione di ricerca – Considera la diversità come una risorsa

mensione relazionale (gestione relazione comunicati- va) e alla dimensione organizzativa (predisposizione setting formativo);

sEVIDENZIAREALCUNIPRINCIPIEDUCATIVO DIDATTICISUCUI

sviluppare il percorso di lavoro, aldilà delle metodolo- gie adottate;

s PREVEDERE UNA VALUTAZIONE PLURALE DELLA COMPETEN za interculturale, attraverso modalità autovalutative, strumenti di osservazione, analisi prestazioni.

Sulla base di essi è stato strutturato un format che ha

rappresentato la cornice progettuale comune su cui sono stati elaborati i singoli progetti (cfr. tav. 3). Parti- colare rilievo è stato attribuito al momento valutativo, assumendo una prospettiva trifocale con cui osservare lo sviluppo di una competenza, attenta sia all’analisi delle prestazioni (dimensione “oggettiva”), sia all’os- servazione tra i diversi attori (dimensione intersogget- tiva), sia all’autovalutazione (dimensione soggettiva);

la tav. 4 riporta l’elenco degli strumenti proposti come

base comune per le diverse realtà scolastiche.

(9)

a

pprofondimenti

tivi orientati allo sviluppo della competenza intercul- turale; attraverso di essa si mirava a validare sul cam- po gli strumenti e i materiali elaborati, proposti come opportunità a disposizione dei docenti per guidare il proprio lavoro formativo.

Un secondo snodo riguarda il rapporto con il conte- sto operativo, riguardo al quale viene evidenziato il carattere di simultaneità ed interiorità presente nella ricerca-azione. La validazione dei materiali elaborati dal gruppo di ricerca è avvenuta sperimentandone l’u- so all’interno di contesti specifi ci e delle intenzionalità educative dei docenti responsabili delle classi. Ciò ha signifi cato fare i conti con le singolarità dei contesti Obiettivi e metodologia di ricerca

Gli scopi specifi ci della ricerca consistevano nella ela- borazione e validazione di progetti didattici e strumen- ti valutativi funzionali allo sviluppo della competenza interculturale nella scuola di base; ciò all’interno di un paradigma di ricerca-azione, fondato su una stretta collaborazione tra staff di ricerca e le realtà scolastiche coinvolte e basato su alcuni principi qualifi canti.

Il primo riguardava gli scopi, ovvero l’orizzonte di senso entro cui ricondurre i percorsi di ricerca intra- presi. Il percorso di ricerca si è inquadrato in questa logica pragmatica, nella quale “il potere di fare” si è concretizzato nella sperimentazione di percorsi forma-

Componente Formato Articolazione

Competenza da promuovere Mappa concettuale Interazione costruttiva

Conoscenze e abilità interculturali Attitudini

Rifl essione interculturale Traguardi formativi Rubrica valutativa

Obiettivi di apprendimento disciplinari e trasversali

Dimensioni, indicatori, livelli Conoscenze e abilità

Situazione di partenza Dati e informazioni sugli allievi Registrazione degli esiti delle osservazioni in ingresso in rapporto alle dimensioni della rubrica Situazione problema Cornice di senso del progetto (vedi allegato) Senso del percorso formativo

Prodotto atteso

Famiglia di situazioni che lo studente impara ad affrontare con competenza interculturale Quadro organizzativo Elenco soggetti/funzioni e discipline coinvolti

Organizzazione didattica

Ruoli/funzioni

Collegamenti con discipline/campi Spazi e tempi di sviluppo del progetto Scansione operativa Prospetto di sintesi tempi/attività/materiali Fase di condivisione di senso

Fase di sviluppo risorse Fase di integrazione risorse Fase di rifl essione sul percorso Monitoraggio- valutazione Prospetto di sintesi tempi/strumenti/soggetti Prospettiva soggettiva

Prospettiva intersoggettiva Prospettiva oggettiva

Tav. 3. Format progettuale

Dimensione Strumento Articolazione

Oggettiva Compito autentico Consegna operativa (individuale o di gruppo)

Prodotto atteso Tempi e fasi del lavoro Risorse a disposizione Rubrica valutativa specifi ca

Soggettiva Strategia autovalutativa Consegna operativa (individuale o di gruppo) Rielaborazione a livello di classe

Tempi e fasi del lavoro Modalità di correzione Intersoggettiva Protocollo di osservazione dei processi da parte del

docente e della laureanda

Cfr. Analisi di contesto conclusiva

Tav. 4. Impianto valutativo

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operativi, in relazione alla composizione di ciascuna

classe, alla sua storia, alle sensibilità e all’esperienza delle docenti coinvolte. Ovviamente non si è trattato di una validazione di tipo statistico, volta ad impiegare indici numerici e percentuali di confi denza, bensì di una “prova sul campo” volta a verifi care la fl essibi- lità e adattabilità dei materiali ai diversi contesti (cfr.

Lichtner).

Un terzo snodo riguarda il ruolo degli operatori nel processo di ricerca; la centralità dei docenti di classe nei percorsi formativi realizzati nelle scuole richiama tale principio; una volta condivisi alcuni signifi cati di base, in merito a cosa intendere per formazione inter- culturale e a come sviluppare un progetto didattico, il fulcro decisionale è rimasto nelle mani degli inse- gnanti, sulla base dell’analisi dei problemi emergenti e dell’elaborazione delle possibili soluzioni.

In modo complementare a quanto evidenziato riguar- do al ruolo dei ricercatori, un quarto snodo cruciale evidenzia il ruolo del ricercatori nei processi di ricerca- azione, nei quali viene evidenziata la relazione sim- metrica di aiuto che contraddistingue la loro funzio- ne nei confronti degli attori responsabili dell’azione.

Nella nostra ricerca la consulenza di processo è stata affi data ai tutor che hanno seguito l’elaborazione e lo sviluppo dei singoli processi formativi, coadiuvati dalle laureande in rapporto alle funzioni documentali e al supporto operativo. I punti di riferimento per lo svolgimento del ruolo tutoriale erano rappresentati dai materiali e dai format progettuali e valutativi su cui in- dirizzare il lavoro di collaborazione con le insegnanti.

L’ultimo snodo che intendevo richiamare riguarda più propriamente le metodologie di indagine, all’interno del paradigma fenomenologico che caratterizza i per- corsi di ricerca-azione (cfr. Pourtois). Tale istanza di

“rifl essione armata” si è rifl essa nella cura posta alla documentazione delle esperienze, soprattutto grazie al lavoro svolto dalle laureande, e nella lettura pluri-pro- spettica delle esperienze formative realizzate, attra- verso la triangolazione dei differenti punti di vista del docente, del tutor e della laureanda. Un ulteriore mo- mento di decantazione del giudizio è stato rappresen- tato dalle sedute di discussione previste a conclusione dei percorsi, nelle quali gli altri componenti dello staff di ricerca (responsabili, tutor, laureande, docenti delle altre scuole) sono stati chiamati ad interagire critica- mente in merito alle esperienze svolte.

Emblematico della dinamica di collaborazione con le scuole entro cui è stata sviluppata la ricerca è stato il contratto preliminare, nel quale si defi nivano gli impe- gni dello staff di ricerca e quelli delle scuole. Lo staff di ricerca si impegnava a mettere a disposizione i se- guenti supporti:

sALCUNISTRUMENTIOPERATIVICOMUNIAIVARIGRUPPIDI

ricerca:

– rubrica valutativa utile a mettere a fuoco e concet- tualizzare la competenza interculturale che si intende promuovere;

– format progettuale per la elaborazione del progetto;

– format e prototipi comuni per la predisposizione dei materiali valutativi;

s DUE TRE INCONTRI RIVOLTI AGLI INSEGNANTI hRICERCATORIv

(novembre, febbraio, giugno) in cui fornire il quadro comune di riferimento allo sviluppo dei progetti;

sUNOSPAZIODIINTERAZIONEADISTANZA ATTRAVERSOLAT tivazione di una community virtuale sul progetto;

sUNTUTORMEMBRODELLOSTAFFDIRICERCACHEAVREBBE

accompagnato il lavoro del gruppo nelle diverse fasi;

sUNASTUDENTESSA LAUREANDAIN3CIENZEDELLA&ORMA zione, con compiti di osservazione e documentazione.

Contemporaneamente, alle scuole sono stati chiesti i seguenti impegni:

sIDENTIlCAZIONEDELLACLASSEICOINVOLTENELPROGETTOE

del relativo gruppo di ricerca;

s PARTECIPAZIONE AGLI INCONTRI RIVOLTI AGLI INSEGNANTI

“ricercatori”;

s DISPONIBILITÌ A REALIZZARE IL PROGETTO NEI TEMPI PRE visti;

s DISPONIBILITÌ A CONSENTIRE LA DOCUMENTAZIONE DEL

progetto e del percorso di operativo nelle pubblicazio-

ni previste sulla ricerca.

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pprofondimenti

Percorso di ricerca

Lo sviluppo del percorso di ricerca è sintetizzato nella tav. 5; si è trattato di un percorso che si è sviluppato nell’arco temporale di due anni assumendo come vin- colo operativo l’a.s. 2010/11 come periodo di realizza- zione dei percorsi formativi. Dopo una prima fase di la- voro limitata al gruppo di ricerca ristretto (coordinatori + tutor), fi nalizzata a defi nire le coordinate dell’intero percorso, si è proceduto ad individuare alcune studen- tesse laureande e alcune classi di fi ne scuola primaria- inizio scuola media da coinvolgere nella ricerca.

Nelle sei scuole coinvolte (cfr. tav. 6) il lavoro è stato condotto in parallelo, mentre la tenuta del progetto è stata assicurata da periodici incontri dello staff di pro- getto allargato alle studentesse laureande. Nella fase preliminare alla elaborazione dei progetti operativi e nella fase conclusiva si sono svolti due incontri allargati ai docenti responsabili delle classi coinvolte; in parti- colare il secondo incontro, articolato nelle due sedi di Savigliano e Torino, ha consentito una socializzazione e una prima analisi critica dei percorsi presentati.

Per quanto riguarda la documentazione in itinere dei percorsi si sono impiegati i seguenti prodotti:

sILPROGETTOINIZIALE REDATTOSECONDOILFORMATPROGET tuale comune;

sLANALISIDELCONTESTOINIZIALEDAPARTEDELLALAUREAN da e dell’insegnante di classe, elaborata sulla base di un prospetto comune;

sILDIARIODIBORDO ACURADELLALAUREANDA CONTENEN te il resoconto discorsivo dei diversi momenti di lavoro d’aula + allegati;

sVERBALISINTETICIPERLADOCUMENTAZIONEDEGLIINCONTRI

progettuali tra docente, tutor e laureanda e degli in- contri dello staff di progetto.

Per quanto riguarda la valutazione dei percorsi proget- tuali sono state previste le seguenti modalità:

sSTESURADIUNREPORTSUCIASCUNAESPERIENZA DAPAR te delle laureande con la supervisione del tutor, sulla base di un format comune;

sDUEINCONTRIDELGRUPPODIRICERCAEDELLEINSEGNANTI

delle classi coinvolte nel progetto per socializzare e analizzare criticamente le varie esperienze, alla luce di alcune domande-chiave;

sUNANOTADICOMMENTOCRITICOSUCIASCUNAESPERIENZA

da parte dei tre attori coinvolti (insegnante, laureanda, tutor), successiva all’incontro di gruppo, come inte- grazione del report;

sUNINCONTRODELGRUPPODIRICERCAPERANALIZZARECRITI camente i materiali elaborati (rubrica, format progettua- le, format valutativo) alla luce delle esperienze svolte.

Tav. 5. Struttura del percorso di ricerca

maggio-luglio ’10 Analisi e socializzazione materiali connessi ai temi “Competenza interculturale” e “Competenze chiave di cittadinanza”

luglio-settembre ’10 Elaborazione di una rubrica valutativa (dimensioni, indicatori, livelli) relativa alla competenza interculturale per la fi ne scuola primaria (sulla base del modello di Deardorff integrato dal DMIS di Milton Bennett e dal framework IEA-ICCS 2007)

settembre-novembre ’10 Allargamento del gruppo di ricerca alle laureande.

Individuazione e primo contatto con gli Istituti scolastici disponibili a partecipare alla ricerca

novembre ’10-maggio ’11 Elaborazione, attuazione e verifi ca di progetti didattici e materiali valutativi relativi alla competenza in- terculturale nella scuola primaria in collaborazione con insegnanti di alcune classi degli Istituti scolastici coinvolti

Supervisione e coordinamento del lavoro da parte dell’équipe di ricerca

giugno-dicembre ’11 Documentazione, sintesi e rielaborazione dei materiali prodotti in collaborazione con le scuole gennaio-giugno ’12 Disseminazione e pubblicazione dei materiali (in coordinamento con le altre unità di ricerca)

Tav. 6. Elenco scuole coinvolte

Istituto scolastico Classe/i coinvolte/i

Direzione Didattica di Racconigi – Via Ferruccio Ton, 3 – 12035 Racconigi (Cn) V B-V C – Plesso “A. Moro”

Istituto Comprensivo Oltrestura – Piazzale della Battaglia, 1 – Madonna dell’Olmo (Cn) Classe IV A-B – Scuola Primaria di Confreria Direzione Didattica Santorre di Santarosa – Via Braccini, 70 – 10100 Torino Classe V

Istituto Comprensivo “Padre Gemelli” – Corso Lombardia, 98 – 10151 Torino Classe V – Plesso Margherita di Savoia (Via Thouar, 2) Direzione Didattica di Volpiano – Via Lombardone, 10 – 10088 Volpiano (To) Classe IV A

Istituto Comprensivo Villanova Mondovì – Corso Marconi, 37 – 12089 Villanova Mondovì (Cn)

Classe I C – Scuola Media

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6M¾IWWMSRMGVMXMGLI

La valutazione del percorso svolto da parte del gruppo di ricerca si è concentrato su tre domande:

sQUALEVALOREAGGIUNTONELTEMATIZZARELACOMPETENZA

interculturale?

sQUALEVALOREAGGIUNTONELMOMENTOPROGETTUALE

sQUALEVALOREAGGIUNTONELMOMENTOVALUTATIVO

In estrema sintesi sono emersi tre piani di analisi dei risultati della proposta di lavoro sulla competenza in- terculturale fatta alle scuole:

sILFRAMEWORKCONCETTUALEEDOPERATIVOPROPOSTOSULLA

competenza interculturale e il suo sviluppo (vd. rubri- ca valutativa, format progettuale, analisi della situa- zione iniziale, format valutativo);

sILCANOVACCIOFORMATIVOSUCUISTRUTTURAREIPERCORSI

didattici centrato su un approccio didattico fondato su situazioni problema (cfr. format progettuale);

sLEMETODOLOGIEDIDATTICHEUTILIZZABILINELLAMBITODI

un approccio didattico socio-costruttivista (apprendi- mento cooperativo, gioco di ruolo, approcci dialogico- fi losofi ci, approcci narrativi, approcci metacognitivi, studi di caso, etc.).

Complessivamente è stato apprezzato e riconosciuto nelle esperienze il primo piano di analisi (valore orien- tativo della rubrica, impianto progettuale, strumenti valutativi); è risultato debole il secondo piano di anali- si (canovaccio formativo costruito intorno a situazioni problema); è risultato presente in forma varia il terzo piano di analisi (approcci dialogici, giochi di ruolo, approcci narrativi, approcci metacognitivi, approcci cooperativi).

Riferimenti bibliografi ci

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Framework concettuale ed operativo

Canovaccio formativo

Sulla competenza interculturale Metodologie didattiche in chiave

socio-costruttivista

Centrato su situazioni-problema

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0EKPSXXSHMHEXXMGEPYHMGE

9REHMHEXXMGEHIPPIPMRKYIWXVERMIVIFEWEXEWYPKMSGS

Sabrina Zanoni

Alcuni spunti teorici

Insegnare lingue straniere nella scuola secondaria di primo grado signifi ca soprattutto sensibilizzare gli alunni alla dimensione plurilingue e multiculturale e all’arricchimento personale che da essa scaturisce. Il raggiungimento di questo scopo può essere facilitato da un approccio alla lingua che sia nel contempo co- municativo e ludico e che utilizzi a tal fi ne strategie metodologiche adeguate

1

.

Da queste rifl essioni scaturisce l’interessamento per la glottodidattica ludica, ovvero per quel metodo didat- tico che nasce dall’approccio umanistico-affettivo e si realizza in tecniche glottodidattiche basate sul gioco

2

. Il gioco è un’attività che allo stesso tempo impegna e diverte, è un’esperienza complessa e coinvolgente che permette di apprendere attraverso la pratica, sviluppa le abilità sociali, coinvolge le diverse intelligenze, sti- mola l’apprendimento in un clima che abbassa i livelli di ansia. L’attività ludica diventa signifi cativa quando non si presenta come “gioco libero”, ovvero ricreati- vo e autotelico, bensì come “gioco didattico”, ovvero quando il fi ne si trova al di là del gioco stesso ed è quello di imparare qualcosa di nuovo

3

. Nel caso speci- fi co dell’insegnamento linguistico il gioco didattico si realizza quando lo studente si appropria di strutture e lessico attraverso un’esperienza globale e motivante che lo coinvolge dal punto di vista cognitivo, affettivo, sociale e creativo

4

.

Il gioco, poiché comunemente identifi cato con la sola dimensione ricreativa, è un’attività che viene spesso associata esclusivamente alla scuola dell’infanzia o a quella primaria, ma in realtà si adatta anche all’inse- gnamento agli adolescenti (e persino agli adulti)

5

se opportunamente spiegata dal docente che ne valorizza le motivazioni psicopedagogiche e glottodidattiche.

In questo caso, pur non variando la metodologia, devono necessariamente variare le proposte, ovvero le attività devono essere di complessità cognitiva e linguistica adatta agli studenti a cui si rivolgono. In particolare, per gli adolescenti vanno pensate attività sfi danti che mirino ad apprendimenti signifi cativi at- traverso lo sviluppo delle abilità sociali (ad esempio attività di problem solving di gruppo) da valorizzare attraverso il feedback, ovvero attraverso la rifl essione

sull’esperienza e su quanto appreso attraverso di essa (formalizzazione linguistica, rifl essione e sistematiz- zazione grammaticale). Il gioco dovrebbe infi ne man- tenersi in equilibrio tra cooperazione e competizione, creando le premesse per una “vittoria rispettosa” ed una “sconfi tta serena”.

L’attività ludica non andrebbe vista però come elemen- to sporadico a cui attingere quando si è stanchi o come diversivo alla fi ne di un’unità di apprendimento (come invece spesso accade nella pratica didattica e come vie- ne concepito dalla maggior parte dei libri di testo).

Secondo gli studiosi Caon e Rutka il gioco non è un riempitivo ma deve dare forma alla lezione: i giochi cioè non vanno subordinati e contrapposti ai momenti

“seri” di studio

6

ma tutta la lezione diventa gioco poi- ché inserita in un ambiente ludico di insegnamento/

apprendimento (forse non a caso la parola scholé, da

1 Cfr. anche MIUR, Indicazioni nazionali, settembre 2012, p. 37.

Anche il Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) del 2001 fa riferimento agli usi ludici della lingua (Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento insegna- mento valutazione, La Nuova Italia-Oxford, Milano 2002, pp.

69-70).

2 Per questa defi nizione e per le osservazioni che seguono faccio particolare riferimento al saggio: F. Caon, S. Rutka, La glottodidattica ludica (http://venus.unive.it/fi lim, materiali per la formazione) che trae spunto a sua volta dal volume La lingua in gioco. Attività ludiche per l’insegnamento dell’italiano L2 (Guerri, Perugia 2004) degli stessi autori.

3 Spesso vengono usati anche i termini play e game per illustrare la differenza tra le due modalità.

4 Studiosi come Pestalozzi, Montessori, Claparède, Wittgenstein, Piaget, Bruner, Huizinga hanno rivalutato il gioco quale straordi- nario fattore di sviluppo e di apprendimento e contributi teorici in questo senso sono stati dati dal Total Physical Response, dal Costruttivismo, dalla Teoria delle Intelligenze Multiple e dagli studi sulla motivazione.

5 Come sostiene Vygotskij, c’è da domandarsi che cos’è il gioco, se una caratteristica temporanea dell’infanzia o un aspetto che contrassegna tutta l’esistenza umana, pur con differenze a se- conda delle diverse età (citato in G. Freddi, Azione, gioco, lingua:

fondamenti per una didattica per bambini, Liviana, Padova 1990, p. 54). Per esperienza personale posso confermare che anche gli adulti, sebbene riluttanti verso la parola “gioco” perché associata ad un’attività infantile, chiedono agli insegnanti di lingue di fare

“qualcosa di divertente”, soprattutto se i corsi sono serali.

6 S. Freud: “L’opposto del gioco non è ciò che è serio ma ciò che è reale”, citato in G. Freddi, op. cit., p. 42.

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pprofondimenti

cui deriva “scuola”, in greco signifi ca tempo libero de-

dicato allo svago della mente!).

5YEPGLIIWTIVMIR^E

Per quanto riguarda le tecniche ludiche si distingue comunemente tra giochi veri e propri ed esercizi o at- tività fi nalizzati all’acquisizione della lingua ai quali vengono attribuite caratteristiche “ludiche” (una com- ponente sfi da – ad esempio maschi contro femmine – o un limite prefi ssato di tempo)

7

: fondamentale in entrambi i casi è che ogni attività sia ancorata all’uso della lingua straniera. Importante è anche calibrare la scelta delle attività affi nché tutte le abilità (compren- sione e produzione orale e scritta) siano coinvolte.

Quando si tratta di ripassare un determinato argomen- to (la coniugazione dei verbi, il lessico ecc.) si può organizzare una piccola sfi da “maschi contro femmi- ne”: in questo modo gli studenti sono spronati a dare il meglio di sé per collaborare con la propria squadra e competere con quella avversaria. Oppure quando si fa il dettato si può chiedere poi ai ragazzi di auto- valutare il proprio lavoro e, se non hanno fatto errori, di “farsi dei complimenti” (con disegni o espressioni positive anche in lingua): anche questo piccolo strata- gemma (che “traveste” un’attività di per sé abbastan- za noiosa) li spinge a dare il meglio di sé per il gusto poi dell’autogratifi cazione.

Quando invece si tratta di imparare i generi dei so- stantivi (penso soprattutto al tedesco, ma anche all’i- taliano L2 e, in misura più ridotta, anche a francese e spagnolo quando questi non coincidono con l’italiano) si possono far utilizzare dei cartellini colorati (blu per il maschile, rosso per il femminile, verde per il neutro in tedesco) che i ragazzi devono estrarre in maniera corretta quando vengono nominati i sostantivi studia- ti: in questo modo il linguaggio verbale viene unito alla motricità e il gesto fi sico li aiuta maggiormente nella memorizzazione (inoltre il concetto di “colore”

è per loro molto più concreto e quindi più facile da memorizzare rispetto a quello di “genere”). Lo stesso principio vale quando si fanno mimare alcune parole (verbi o sostantivi) per ripassare il lessico: in questo modo il linguaggio verbale si confronta e si integra con gli altri linguaggi a disposizione degli studenti.

Le strutture delle frasi (penso alla costruzione della frase secondaria in tedesco, ma anche all’uso del “do”

in inglese) possono essere “inscenate” dagli studenti- attori che rappresentano ciascuno un elemento della frase e si “muovono” a seconda dell’esigenza gramma- ticale: la scena, con i suoi effetti anche comici (rego- larmente c’è qualcuno che barcolla o cade durante gli spostamenti) rimane impressa nella mente della classe e così la regola che è stata drammatizzata.

Possono essere utilizzati anche giochi più tradizionali che spesso vengono proposti anche dai libri di testo più diffusi: l’“Impiccato”, gli “Anagrammi”, i “Puz- zle”, i “Cruciverba”, “Congiungere i punti”, “Dire i numeri” saltando quelli “tabù” (per esempio il 7 e i suoi multipli), “Trova l’intruso” e così via. Un gioco di regole che può essere utilizzato è quello di “Battaglia navale” (per ripassare lettere e numeri), mentre tra i più diffusi c’è sicuramente il “Bingo”, che però può essere usato non solo per i numeri ma anche per il lessico (ad esempio nell’abbinamento dei verbi all’in- fi nito e al participio passato) e il Memory per lessico e fraseologia.

Giochi meno tradizionali ma ugualmente utili sono

“Pictionary” (per il lessico: si disegnano vocaboli o verbi alla lavagna e li si devono indovinare), “Tennis parlato” (dato un campo semantico si divide la classe in due gruppi e a turno si dice un vocabolo che fa parte di questo campo: perde la squadra che entro cin- que/dieci secondi non riesce a rispondere; una varian- te è partire da una parola e ripartire sempre dalla fi na- le dell’ultima parola detta), “Tris” (si divide la classe in due gruppi, cerchi e croci, si disegna la griglia alla lavagna e si fanno domande su diversi aspetti della lingua: chi risponde esattamente può apporre il pro- prio simbolo nella griglia altrimenti il punto passa agli avversari e vince la squadra che riesce a fare tris, ov- vero ad apporre i propri simboli consecutivamente in verticale, orizzontale od obliquamente), “Nomi/cose/

città” (trovare parole di diverse categorie che abbiano la stessa lettera iniziale), “Dadi” (si lancia un dado e a seconda del numero che esce l’alunno dove coniugare un determinato verbo nella persona corrispondente, ad esempio il numero 1 corrisponde a “io”, il numero 2 a

“tu” e così via), “Domino” (per dimostrare ad esempio la somiglianza del lessico inglese con quello tedesco, o quello spagnolo o quello francese con quello italiano),

“Paroliamo” (simile agli anagrammi, vince chi riesce a formare la parola più lunga con le lettere date), “C’è un bastimento carico di…” (il primo alunno dice un vocabolo, il secondo deve ripeterlo e aggiungerne un altro e così via fi nché il primo studente non deve ripe- tere tutti i vocaboli detti dalla classe), “Caccia all’erro- re” (trovare l’errore in parole, frasi ecc.).

Il role play è sicuramente molto diffuso nella pratica glottodidattica, ma lo si può far diventare ulteriormen- te gradito (e quindi profi cuo) aggiungendo alcuni par- ticolari che rendano più autentica la scena, come un

7 Per ulteriori esempi di esercizi strutturali o manipolativi tra- sformati in attività ludiche si veda anche P.E. Balboni, Fare educazione linguistica: attività didattiche per italiano L1 e L2, lingue straniere e lingue classiche, UTET, Torino 2008, pp. 41-43.

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pprofondimenti

Un’altra esperienza ludica che si può fare per arricchi- re il lessico, di solito nelle classi prime, è la creazione di poesie “concrete”, ovvero poesie composte da un’u- nica parola e scritte in modo che a livello ottico la pa- rola formi l’oggetto che la parola stessa designa con un piccolo elemento di sorpresa. Un’altra attività scritta divertente, da fare però in classe terza, è la creazione di piccole storie “alla cieca”. Ogni alunno scrive su un foglietto due frasi iniziali per una storia, poi passa il foglietto al vicino coprendo la prima frase (piegando il biglietto) e lasciando visibile solo l’ultima, questi scri- ve la propria frase e copre la precedente e poi passa il foglietto e così via: alla fi ne si leggono le storie, che di solito sono molto divertenti perché la trama si svilup- pa in maniera spesso sconclusionata.

Altre attività che personalmente ho sperimentato sono la messa in scena di dialoghi in pizzeria con la crea- zione di un menù in lingua e un concorso musicale di musica rap (fraseologia sulla routine scolastica “riar- rangiata” in chiave rap, con tanto di giuria e premia- zione!): in questo modo si è cercato di creare attività divertenti e che permettessero di “fare con la lingua”

10

, facendo sentire utile in modo immediato ai ragazzi l’apprendimento della lingua straniera (apprendimen- to che diventa anche più effi cace perché più duraturo).

In conclusione, credo che la metodologia ludica possa essere utilizzata nell’insegnamento delle lingue stra- niere e di Italiano L2 e che la scuola in generale, senza perdere autorevolezza, possa diventare un ambiente più ludico, recuperando così l’antico signifi cato che l’etimologia greca indica.

piccolo travestimento e qualche oggetto di scenogra- fi a, e fi lmando i dialoghi (o fotografandoli)

8

.

La gamma di giochi a cui attingere per le attività in classe è davvero enorme e di anno in anno si dovrebbe cercare di variare, anche se non vanno accantonate le proposte più tradizionali come le canzoni o le fi la- strocche poiché piacciono sempre tanto.

Molto gradite dai ragazzi sono anche le attività al com- puter: si tratta nella maggior parte dei casi di attività ed esercizi tradizionali, talvolta simili a quelli contenuti nei libri di testo in forma cartacea, ma che vengono resi lu- dici dallo strumento informatico che consente feedback immediato, elemento di sfi da attraverso il limite di tem- po, interattività, uso di immagini e suoni ecc.

9

. Un’esperienza ludica alla quale si può ricorrere, sem- pre in ambito informatico, è la proiezione di video mu- sicali, spesso abbinati alla gestualità: youtube è una miniera (quasi) inesauribile in questo senso.

8 Esistono in questo senso esperimenti di simulazione globale in cui il docente, insieme con gli allievi, crea nella classe un mondo a parte. La simulazione globale è interessante perché permette di introdurre elementi di civiltà e cultura. (F. Vitrone, Glottodidattica e metodologia ludica in contesto plurilingue, WWWTHESISTERNETIT

DOWNLOAD'2)500/^,5-3!')/#/?%?',/44/$)$!44)#!

pdf). Sull’importanza di ricreare in classe una sorta di “isola culturale” si veda anche R. Titone, Imparare le lingue giocando, Recanati, E.L.I. 1996, p. 9. Sulla rilevanza di avere un’aula dedi- cata alle lingue straniere cfr. G. Freddi, op. cit., pp. 150-153. Sulla necessità di ripensare all’allestimento delle aule, trasformandole in

“spazi sperimentali per il lavoro di gruppo con strumenti virtuali e non” si veda anche l’intervento di L. Pilotti, Valutare insegnando, in “Corriere della Sera”, 5 aprile 2013, sezione di Brescia, p. 1).

9 La possibilità di utilizzare la Lim in classe rende sicuramente più ludico l’ambiente di apprendimento e ai nostri ragazzi, comune- mente defi niti anche “nativi digitali”, ben si adattano altre proposte tecnologicamente più complesse (penso al podcast, agli smartphone ecc.). Lo stesso dicasi per l’uso dei videogiochi come “teatro d’avan- guardia”, (cfr. S. Innocenzi, Il ludico del digitale, http://for.indire.it/

neoassunti2013 – materiali per il percorso online)

10 Sul gioco come azione “a vuoto”, ovvero senza ricadute im- mediate sulla realtà (e quindi non ansiogena), che permette però di esercitare comportamenti che aprono alla vita sociale cfr. G.

Freddi, op. cit., p. 26 e p. 148.

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R. Titone, Imparare le lingue giocando, E.L.I., Recanati 1996.

s & 6ITRONE  Glottodidattica e metodologia ludica in contesto plurilingue, www.thesisternet.it/download/GRUPPO01~LUMSA/

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Emanuele Poli

Introduzione

La geografi a culturale si occupa dell’esperienza che gli uomini hanno della Terra, della natura e dell’ambien- te, studia il modo in cui essi la modellano per rispon- dere ai loro bisogni, ai loro gusti e alle loro aspirazioni e cerca di capire come apprendono, ciò facendo, a de- fi nirsi, a costruire la loro identità e a realizzarsi.

La geografi a culturale ha richiesto molto tempo per costituirsi, perché essa domanda, per fi orire, che la di- sciplina non sia soltanto una scienza naturale dei pa- esaggi e delle regioni, come è stata agli inizi del seco- lo, e che non si riduca all’analisi dei meccanismi che permettono alle società di funzionare, trionfando sugli ostacoli della dispersione e della distanza, secondo gli schemi che prevalevano negli anni Sessanta.

Occorre che essa divenga una rifl essione sulla geografi - cità, cioè sul ruolo che lo spazio e l’ambiente occupano nella vita degli uomini, sul senso che danno a quest’ul- timo e sul modo in cui lo utilizzano, per comprendere meglio se stessi e costruire il loro essere profondo.

Le idee di Eric Dardel, che è stato il primo a batter- si per questa concezione veramente umana della ge- ografi a, hanno impiegato più di vent’anni per essere riconosciute: la mentalità non era ancora matura per il cambiamento radicale della concezione della disci- plina che egli esaltava.

Dire che la geografi a culturale non ha potuto dispie- garsi che recentemente, non vuol dire che il dominio sia rimasto ignorato dai ricercatori. Essi lo affronta- vano, ma senza disporre dei mezzi di analisi in tutte le loro dimensioni. Gli approcci che essi praticavano erano sempre parziali.

Qualche esempio lo mostra bene: in Francia, agli inizi del secolo, la nozione di genere di vita ha una dimensione ecologica, naturalista; serve anzitutto a dimostrare come i gruppi s’adattino all’ambiente. Ma essa ha anche una dimensione sociale e culturale: come osserva Vidal de la Blache, la forza dell’abitudine diviene tanto forte che il gruppo umano perde la sua plasticità. Invece di adattarsi all’ambiente, cerca di modifi carlo per perdurare nelle sue abitudini: questo si vede in occasione delle migrazioni;

i nuovi arrivati in un paese fanno generalmente di tutto per continuare a vivere con le stesse modalità con cui lo farebbero nel loro paese d’origine.

Vidal de la Blache, che fa del genere di vita uno dei cardini della geografi a umana che elabora, è il primo

a suggerire come questo possa prendere anche una di- mensione culturale.

L’idea gira in molti lavori della scuola francese. Si ritro- va nell’idea della forza determinante delle culture di cui Pierre Gourou tratta durante tutta la sua carriera.

Vi è un altro modo, tra i geografi francesi, di far posto ai fatti civilisation: è quello di studiare i tratti culturali, la loro distribuzione e il segno che essi imprimono nel pa- esaggio. Questo stile d’analisi è messo in voga da Jean Brunhes e sviluppato da Pierre Deffointanes

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. Esso dà origine a monografi e appassionanti, ma che affrontano la cultura dall’esterno e rifi utano di interrogarsi sulle rappresentazioni e i valori che spingono la gente ad agi- re in tal modo, piuttosto che in tal altro e a sistemare lo spazio secondo un modello piuttosto che un altro.

Il Deffointanes affronta la geografi a religiosa attraverso i segni che imprime nel paesaggio (chiese, moschee, templi, croci, ecc.), le costrizioni che impone a certi generi di vita (l’obbligo del digiuno il venerdì, la proi- bizione di bere alcool o di consumare carne di maiale, per esempio) e attraverso i generi di vita che fa nasce- re (quello dei preti o dei monaci). La religione non è mai trattata di per se stessa (Deffontaines, 1948).

Negli Stati Uniti, Carl Sauer

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si dedica alle trasforma- zioni che la cultura impone agli ambienti naturali.

Egli studia i paesaggi, ma per misurare come l’uomo modifi ca più o meno profondamente quelli che trova insediandosi negli angoli della natura (Sauer, 1963).

Anche in questo caso, l’approccio è esterno.

Pure la geografi a culturale di lingua tedesca sì sofferma sul paesaggio. Essa vi studia la presenza dei tratti cultu- rali, o l’arretramento della foresta e di altre formazioni naturali davanti all’ascia dei coltivatori e ai fuochi ripe- tuti degli allevatori. Essa si occupa anche dell’armonia

1 Geografo francese (Limoges 189-Parigi 1978), le cui opere di geografi a umana, fondate sulle idee di J. Brunhes, riguardano sia temi generali sia specifi che aree geografi che.

2 Nel 1931 Carl Sauer defi nì i principi fondamentali e gli obiettivi della geografi a culturale, per questo ne è considerato il fonda- tore. Sauer defi nì la geografi a culturale come “l’applicazione dell’idea di cultura ai problemi geografi ci”; limitò la ricerca della geografi a culturale a determinati aspetti: in che modo gli elementi culturali siano diffusi e distribuiti nel territorio geo- grafi co, le manifestazioni geografi che dell’ecologia culturale e lo sfruttamento delle risorse naturali, la specializzazione delle culture e l’individuazione delle regioni culturali.

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