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L’arte e il culturalismo come via di salvezza

3.7 Desolación de la quimera: l’autobiografia riassuntiva

3.7.2 L’arte e il culturalismo come via di salvezza

Uno degli aspetti principali che emerge da Desolación de la quimera e sul quale la critica ha compiuto degli studi interessanti, è il cosiddetto culturalismo, ossia la forte presenza di personaggi illustri - reali o letterari – evocati indirettamente all’interno dei vari componimenti oppure palesati sin dal titolo. In realtà, come sottolinea Villena, non tutte le liriche che hanno come protagonisti tali personaggi del mondo letterario, musicale, pittorico e storico presentano “rasgos culturalistas”352, dal momento che molti di essi - ad esempio Salinas e Alonso, presenti rispettivamente in Malentendu (PROSA 501) e Otra vez con sentimento (PROSA 486) -, sono autori coevi a Cernuda: perciò la vicinanza temporale esclude questa possibilità. Oltre a rappresentare una forma di omaggio da parte dell’autore nei loro confronti, la presenza di questi nomi altisonanti può essere letta anche come un possibile elemento di coesione tra i due poli, vale a dire il caos e l’ordine, che percorrono l’intera opera cernudiana. Sempre tenendo conto del carattere autobiografico della sua poesia, non sorprende l’identificazione di Cernuda con molti di essi353. Il culturalismo di Cernuda, d’altronde, per dirla ancora con le parole di Villena, non risulta mai eccessivo né ostentoso, ma sempre proiettato a ricostruire delle associazioni con la sua personale

351 J. Matas Caballero, “El viaje en la poesía...”, op. cit., p. 504. 352 A. De Villena, “Introducción”, op. cit., p. 46.

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vicenda biografica. Non è un caso, quindi, che i personaggi presentati “comulgan íntimamente con la personalidad y cosmovisión del poeta”354. Ad esempio, la “rebeldía moral” dell’autore, che - come abbiamo già detto - Castro ravvisa in Desolación de la quimera, è un aspetto che Cernuda ritrova nei colleghi Rimbaud e Verlaine, protagonisti di “Birds in the night” (PROSA 465): nonostante la generale indifferenza alla quale i loro contemporanei li condannarono a causa del loro orientamento sessuale, i due poeti trascorsero la vita tentando di trovare la verità della creazione artistica e inseguendo la propria vocazione poetica. Il componimento offre a Cernuda la possibilità di riflettere, ancora una volta, sul ruolo dell’artista e sul suo rapporto con il mondo. In particolare, l’autore sottolinea l’ipocrisia di quanti, una volta morti i due poeti, lodano il loro operato, dopo averlo a lungo disprezzato:

¿Oyen los muertos lo que los vivos dicen luego de ellos? Ojalá nada oigan: ha de ser un alivio ese silencio interminable Para aquellos que vivieron por la palabra y murieron por ella, Como Rimbaud y Verlaine. Pero el silencio allá no evita Acá la farsa elogiosa repugnante. Alguna vez deseó uno Que la humanidad tuviese una sola cabeza, para así cortársela. Tal vez exageraba: si fuera sólo una cucaracha, y aplastarla (vv. 50-56).

Il cinismo e la crudeltà della società li ritroviamo anche in “Mozart” (PROSA 461), lirica che apre Desolación de la quimera e che celebra la figura e la musica del famoso compositore austriaco. Anche nel suo caso, il genio venne apprezzato e compreso solo una volta morto, come testimoniano i seguenti versi:

Cuando murió, supieron todos: xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

Cómo admiran las gentes al genio una vez muerto (vv. 20-21).

La cattiva considerazione che Cernuda ha della società raggiunge l’apice in “El poeta y la bestia” (PROSA 494). In questo componimento l’autore dipinge il ritratto di Johann Wolfgang von Goethe - il poeta del titolo -, il quale ha saputo sopravvivere alla “bestia”, ossia la società, grazie

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alla sua immensa grandezza artistica e umana. Goethe, infatti, si distingue dall’“hombre medio” (v. 4), il quale “no acepta / Enteramente que la vida se le imponga” (vv. 4-5) né “acepta el imponerse a ella” (v. 6), grazie al suo genio e alle sue doti innate:

El poder, el saber y la pendiente favorable Que, para afortunados, del destino es regalo (El poder y el saber, sin ella, sono inoperantes En medio indiferente o enemigo), En pocos hombres como en Goethe vemos Coincidir y actuar dichosamente Ayudados, y ayudándoles él, por tantas dotes Que ilustra y equilibria un desarrollo Tan vario como sabio y armonioso. A eso llama el hombre, Sin conocer razón de así llamarlo: genio (vv. 11-20).

Dai componimenti appena citati emerge chiaramente la grande importanza che riveste per Cernuda l’arte, in ogni sua singola espressione. Ciò, tuttavia, non sorprende, dal momento che essa, nella fase conclusiva della produzione di Cernuda, acquista un valore particolare, convertendo la “reflexión o meditación sobre esa obra de arte en un acto de expresión de su sentimiento, de su preocupación personal, de su ansiedad o de su melancolía ante la injusticia humana”355. Le varie forme di espressione artistica detengono tutte la capacità di superare il carattere effimero dell’esistenza e immettere l’artista nell’eternità. Tra le tante, la musica è forse quella che si rivela la forma più utopica in grado di permettere la realizzazione del desiderio del poeta di evasione, nonché la detentrice maggiore del potere di illustrare la relazione tra l’amore e la morte356. Armando López Castro ha addirittura individuato in Cernuda una evoluzione musicale che va dalla

355 F. J. Diez de Revenga, “La creación artistica y la poesía última de Luis Cernuda”, in

Revista de literatura española, hispanoamericana y teoría de la literatura, n. 60, pp. 39-46,

p. 39 [https://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=4154323, ultima consultazione il 09-07-2018].

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“simple relación estética” ad una “verdadera vivencia”357. Contro la desolazione della vita e la rovina umana, infatti, l’elemento musicale mostra il suo potere salvifico: “Da esta música al mundo forma, orden, justicia, / Nobleza y hermosura [...]” (vv. 53-54). L’elemento musicale riappare in un’altra lirica, “Luis de Baviera escucha Lohengrin” (PROSA 488): l’ascoltare Wagner avvolge Ludwig358, personaggio reale e storico dal carattere piuttosto instabile, in una generale sensazione di benessere e gli concilia il sonno. E proprio nella dimensione onirica egli arriva a creare un doppio di se stesso, un personaggio mitico, proprio come fa Cernuda quando crea delle maschere per nascondere la sua vera identità. Tanto che Villena afferma: “La historia y las ensoñaciones de Luis de Baviera [...] son asimismo, y sin fisuras, las del propio Cernuda”359. In questo modo Ludwig raggiunge il mondo vero, quello che anche Cernuda cerca, ossia un regno

lontano da quello quotidiano degli uomini, falso e ipocrita. Se è vero, come dice Talens, che nella produzione poetica cernudiana

posteriore a Las nubes “hay siempre como una película invisible que separa al hombre de su realidad”360, possiamo identificare essa con la musica, o con la mitologia, vale a dire con quelle forme artistiche che detengono il grande potere di avvicinare il poeta alla dimensione ideale. Infatti, in tutte le opere poetiche che abbiamo considerato sin qui - e in quelle di stampo prosaico che analizzeremo brevemente a seguire - appare evidente come Cernuda ricorra spesso alla dimensione artistica e mitologica per rifugiarsi in un universo parallelo, dove si sente libero e sereno. Alla stessa maniera della musica, ad esempio, la chimera, fantastico animale mitologico, il quale

357 Ibidem, p. 189.

358 È interessante notare come la scelta del nome del protagonista della lirica sia lo stesso

del noto compositore tedesco Ludwig van Beethoven. Considerata la passione di Cernuda per la musica, essa non sembra una casualità, bensì una scelta ben studiata.

359 A. De Villena, “Introducción”, op. cit., p. 47.

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dà il titolo all’intera opera e anche alla lirica omonima ad essa361, diventa il simbolo del possibile e perciò una rappresentazione del poetico, come suggerisce López Castro: “La Quimera, gemela de la Esfinge, es una máscara del poeta y, como toda máscara, cumple la función de revelar lo escondido, propia de lo poético”362. Xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx Come vedremo nel capitolo successivo, neppure nei poemas en prosa Cernuda tralascia di intravedere nell’arte un’ancora di salvezza alla sua condizione di uomo desterrado.

361 “Desolación de la quimera” (PROSA 504). La lirica, la quale recupera il titolo dal verso

“The loud lament of the disconsolate chimera” della poesia “Burnt Norton”, contenuta in

Four Quartets di T. S. Eliot, rappresenta un canto alla poesia stessa, (cfr. I. Blanca,

“Desolación de la quimera de Luis Cernuda: el poeta no se despide”, in El exilio literario

español de 1939.., op. cit., pp. 265-271, p. 269).

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CAPITOLO QUARTO Cernuda e il poema en prosa

4.1 Il poema en prosa in Spagna

Per secoli poesia e prosa si sono distinte chiaramente per il fatto di essere caratterizzate, la prima, da “la rima y el metro”, la seconda da tutto ciò che James Valender sintetizza con “todo lo demás”363. Con i romantici inizia ad affermarsi l’idea che “el ritmo de la frase, las asociaciones sonoras, las combinaciones léxicas, las imágenes”364 non debbano necessariamente essere vincolate alla sola forma espressiva in versi, ma possono applicarsi anche alla prosa. L’integrazione di elementi puramente lirici trasformano la prosa in un “medio de expresión poético válido”365, sancendo la nascita di un genere letterario ibrido, il poema en prosa.

La prima apparizione del genere si registra nella Francia di fine 1700, come conseguenza del fenomeno della “prosaización de la poesía”, favorito dal fitto lavoro di traduzione in prosa di componimenti lirici appartenenti alle letterature straniere - opere di Walter Scott, Young, Macpherson - e di “leyendas, cuentos y baladas procedentes de la tradición germánica”366. Queste operazioni, tuttavia, portano solo a delle “imitaciones o pastiches de estas traducciones en prosa”367 e non ad autentici poemas en prosa, dal momento che essi non accolgono al proprio interno le strutture tipicamente poetiche. Si deve attendere la seconda metà del 1800 per vedere comparire sulla scena letteraria i primi veri esempi del nuovo genere: nel 1869, infatti,

363 J. Valender, Cernuda y el poema..., op. cit. p. 13. James Valender si conferma uno dei

maggiori studiosi dei poemas en prosa cernudiani, sui quali il numero degli studi è nettamente inferiore rispetto a quelli dedicati alla sua opera lirica.

364 B. León Felipe, El poema en prosa en España (1940-1990), Volumen I, San Cristóbal de

La Laguna, Universidad de la Laguna, 2003, p. 10.

365 Ibidem, p. 11. 366 Ibidem, p. 12.

367 J. Valender, Cernuda y el poema..., op. cit., p. 14. Tra le migliori composizioni di

poemas en prosa Valender annovera Smarra ou les Démons de la Nuit, di Charles Nodier,

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esce Petits Poèmes en prose, di Baudelaire, la prima collezione di poemas

en prosa. Dalla prefazione di quest’opera, meglio conosciuta come Le Spleen de Paris, scopriamo che già una ventina di anni prima Aloysius

Bertrand aveva raccolto una serie di “baladas en prosa” sotto il nome di

Gaspard de la Nuit, confermandosi, così, il primo autore a comporre poesie

in prosa. Dopo Baudelaire, in Francia, Mallarmé, Verlaine, Reverdy, Jacob, Eluard e tanti altri arricchiscono la tradizione del poema en prosa con i loro contributi artistici.

In Spagna il poema en prosa si afferma tardivamente e non suscita lo stesso subitaneo interesse che in Francia o nel resto d’Europa, dove pure si afferma. Questa lenta evoluzione è da attribuirsi principalmente ad un fattore di carattere storico, ossia l’isolamento culturale al quale la Spagna è stata sottoposta dalla seconda metà del 1500 - sotto il regno di Filippo II - sino all’avvento del romanticismo. Per tutto questo arco temporale qualsiasi corrente letteraria o artistica proveniente dall’estero ha incontrato la strenua resistenza degli intellettuali spagnoli, tradizionalisti e conservatori. Lo stesso romanticismo si sente limitato nel tentativo di integrare i suoi aspetti alle lettere spagnole. Solo Bécquer costituisce una eccezione importante, dimostrandosi il primo ad accogliere e coltivare la novità romantica, con la pubblicazione, tra il 1858 e il 1864, delle Leyendas, opera che segna la “etapa más primitiva en la evolución del poema en prosa”368 in Spagna. Il genere, tuttavia, trova la sua consacrazione molto tempo dopo, nel 1941, grazie a Juan Ramón Jiménez e alla sua opera Platero y yo, un compendio di

poemas en prosa che celebrano l’infanzia e la bellezza dell’Andalusia, terra

natale dell’autore. Ma l’interesse di Jiménez, noto membro della

Generación del 27, rimane alquanto isolato: persino tra i suoi amici e

colleghi il poema en prosa non occupa che un posto marginale. In aggiunta, l’esperienza bellica spinge gli scrittori ad abbandonare qualsiasi forma di

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sperimentazione formale in favore di un ritorno a “formas estróficas clásicas, por una parte, y el deseo de comunicar ideas lo más directamente posible, por otra”369. Tra i membri del Gruppo del ’27 solo Luis Cernuda mostra un sincero interesse per questo genere nuovo e autonomo, dedicandovisi con impegno, tanto che i contributi di Cernuda in questo campo, per usare le parole di Valender, “han sentado las bases para la incorporación del poema en prosa como una tradición literaria en España”370. Per Cernuda il poema en prosa altro non è che la naturale prosecuzione della sua poesia, un completamento della sua lirica, con la quale condivide sempre, come base della creazione artistica, “la acumulación de la experiencia vivida”371, come apparirà chiaro dalle due opere analizzate nei paragrafi seguenti.

4.2 Il poema en prosa cernudiano: Ocnos e Variaciones sobre tema

mexicano

Ocnos e Variaciones sobre tema mexicano sono le uniche due opere

ascrivibili al genere letterario del poema en prosa che Cernuda compone in esilio, ma non le uniche dell’intera e lunga produzione letteraria: l’autore si cimenta in questo genere già in precedenza, durante la fase di avvicinamento alle poetiche avanguardiste372. I suoi “ensayos primerizos del género”373, che, in molti casi, altro non sono che “meros experimentos sin mayores pretensiones”374, anticipano alcuni aspetti caratteristici della

369 Ibidem, p. 19. 370 Ibidem, pp. 19-20.

371 A. López Castro, “Luis Cernuda en...”, op. cit., p. 110.

372 I primi poemas en prosa risalgono al 1927 e furono pubblicati, dapprima, su diverse

riviste e, successivamente, raccolti da Derek Harris nella sezione “Las obras en prosa y otras publicaciones”, aggiunta all’edizione di Perfil del aire372, nel 1971, da lui curata. Altri

poemas en prosa, undici per la precisione, furono composti durante gli anni di influenza

surrealista, nel periodo in cui Cernuda si dedicava alla stesura di Los placeres prohibidos, tra l’aprile e il giugno del 1931 (cfr. B. León Felipe, “Luis Cernuda y la poesía en prosa”, en Revista de filología de la Universidad de La Laguna, 2001, pp. 179-198, p. 180).

373 D. Harris, “Introducción y estudio a Luis Cernuda”, in Perfil del aire, Londra, Tamesis

Books Limited, 1971, pp. 11-101, p. 87.

374 B. León Felipe, “La poesía en prosa en España: 1939-1975”, in Literatura y sociedad: el

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“poesia in prosa” della maturità, quali una maggiore libertà espressiva e il ricorso al monólogo drámatico per conferire oggettività al testo. Tuttavia, rispetto a questi, i poemas en prosa composti in esilio presentano, inevitabilmente, una scrittura e un tono diversi, la cui causa è da imputare, per James Valender, all’“experiencia adulta” vissuta da Cernuda e al suo “envejecerse”375. Valender non si limita a evidenziare differenze, a livello estetico e formale, con i poemas en prosa precedenti, ma ravvisa importanti divergenze contenutistiche e tematiche anche rispetto ai componimenti in verso dell’intera produzione cernudiana, dal momento che in Ocnos e

Variaciones sobre tema mexicano Cernuda si mostra più interessato “en

reafirmar el yo, en recuperar el paraíso perdido mediante el rito del arte”376, piuttosto che a concepire, semplicemente, il sogno della vita come un ideale impossibile da raggiungere. In quanto “tema vital”377 dell’intera poetica cernudiana, ossia La realidad y el deseo, l’assoluto a cui anela l’autore, questa “sed de eternidad”, non può non costituire il motivo costante anche delle poesie in prosa. Ciò che è degno di nota, però, è il fatto che in queste ultime, dopo l’angoscia e la sofferenza che l’anelare del poeta verso l’ideale assoluto inevitabilmente comporta, si apre la strada all’ottimismo e agli innumerevoli tentativi di reagire e non farsi sopraffare dallo sconforto e dal fallimento. Non a caso la critica tende a considerare Ocnos e Variaciones

sobre tema mexicano come la fine della sensazione di alienazione spirituale

e fisica di Cernuda.