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Il ruolo della poesia

In Historial de un libro, opera autobiografica in prosa nella quale Cernuda spiega la genesi e l’evoluzione della sua poesia, l’autore sostiene che già nel 1927 “comenzaba a entrever que el trabajo poético era razón principal, si no única, de [su] existencia”174. L’istinto poetico, quindi, emerge in un Cernuda ancora molto giovane, presentandosi ai suoi occhi come la sua principale occupazione, nonché il motore del suo vivere. Sin da subito l’autore intravede nella creazione poetica il mezzo più efficace per evadere da un mondo dal quale si sente escluso e approdare ad una dimensione dove “el más licenciado Vidriera de todos”175, come lo ha definito Pedro Salinas, possa esprimere liberamente la propria peculiare personalità, la sua fragilità e la sua timidezza senza incorrere nel giudizio altrui. Con l’esperienza dell’esilio la poesia acquista un valore aggiunto, trasformandosi nell’ancora di salvezza che aiuta Cernuda a non precipitare

Superior de Investigaciones Científicas, CSIC, Escuela de Estudios Hispanoamericanos1987, pp. 115- 130, p. 116 [http://hdl.handle.net/11441/18014, ultima consultazione 13/06/2018].

173 J. Caminero, “Pesimismo radical en la poesía de Luis Cernuda después de la Guerra

Civil”, in Actas del IX Congreso de la Asociación Internacional de Hispanistas 18-23

agosto 1986. Volumen II, Berlín, Frankfurt am Main, Vervuert, 1989, pp. 179-184, p. 180.

174 L. Cernuda, “Historial de...”, op. cit., pp. 625-661.

175 P. Salinas, “Nueve o diez poetas”, in Ensayos de literatura hispánica, Madrid, Aguilar,

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nel baratro della solitudine e dell’angoscia e diviene l’antidoto al dolore provocato dalla dimenticanza e dall’indifferenza, da parte dei compatrioti, della sua persona e della sua opera artistica. A mano a mano che i soggiorni all’estero dell’autore si prolungano, allontanando sempre di più l’eventualità di un rientro in Spagna, Cernuda si rende conto che l’esilio lo sta defraudando, tra le altre cose, della possibilità di godere del plauso del pubblico conterraneo, dal momento che il suo nome ottiene sempre minore risonanza in patria:

El destierro no sólo hizo consciente a Cernuda del peligro de la marginación histórica e intrascendencia como individuo, sino que le hizo comprender que en el aislamiento también su poesía estaba amenazada de muerte176.

Tale consapevolezza ha come conseguenza la proliferazione di numerosi componimenti metapoetici nei quali l’autore riversa, tragicamente, i suoi dubbi circa il futuro della sua arte. Nella strofa conclusiva di “Un español habla de su tierra”177, tratta da Las Nubes, la poesia, immaginandosi proiettata nel futuro, si interroga sul valore della propria arte e giunge alla conclusione che quando la Spagna, libera dal giogo dei nemici, si accorgerà di lei, sarà troppo tardi178:

Un día, tú ya libre De la mentira de ellos, Me buscarás. Entonces

¿Qué ha de decir un muerto? (vv. 25-28).

Derek Harris considera la mancanza di riconoscimento da parte del pubblico spagnolo - ma non solo - una delle cause principali del disagio di Cernuda:

176 S. Barriales-Bouche, “Exilio y post-exilio…”, op. cit., p . 31.

177 (PROSA 268).

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Exile separates him even further than before from any possible audience for his work, and this becomes a source of acute anxiety as he realizes that poetry is the only means he possesses of creating a lasting justification for his existence179.

L’avvertimento di tale mancanza costituisce l’assist per l’autore per sottolineare, accanto ad un astio comprensibilmente sempre più forte nei confronti della Spagna, la fredda accoglienza che la società straniera riserva al desterrado, a cui viene assegnato solo “un rincón”, come se il poeta fosse un “muerto en vida” 180. Prigioniero in questo hortous conclusus e incompreso dalla società, l’artista vede fortemente compromessa la sua missione rivoluzionaria di poeta vate, portavoce della massa e scopritore di quella “verdad oculta”181 che permea il mondo intero: “A un poeta muerto”182, contenuta in Las Nubes, lirica dedicata al caro amico Federico García Lorca, esprime chiaramente il suo disappunto per tale situazione. Lorca, “aquel que ilumina las palabras opacas / Por el culto fuego originario” (vv. 21-22), è anch’egli vittima dell’incomprensione e dell’indifferenza della società e muore senza ricevere il tributo che merita; paradossalmente, però, in linea con l’idea romantica della cosiddetta “morte felice”183, la morte stessa si presenta come la sola consolazione per il poeta,

179 D. Harris, Luis Cernuda. A Study of the Poetry, London, Tamesis Books Limited, 1973,

p. 111.

180 “Río vespertino” (PROSA 336, v.42 e v.43). Il concetto di rincón appare costantemente

in tutta la produzione letteraria dell’autore e simboleggia l’“espacio poético que permite al poeta huir de las limitaciones espaciales y temporales del mundo material circundante”. Esso, non a caso, è infatti spesso associato ad aggettivi o immagini che rimandano al periodo dell’infanzia andalusa del poeta, caratterizzandosi come un luogo protettivo e sicuro ove si verificano “las condiciones idóneas para soñar y olvidarse de sus limitaciones humanas”. Così, ad esempio, la biblioteca paterna viene identificata con “aquél rincón nativo, aquellas paredes que velaban sobre su existir individual”; della casa natale è ricordato “aquel rincón del patio”; il paesaggio messicano, il mare, il sole, l’amore, gli fanno rivolgere “atrás la mirada hacia aquel rincón feliz, aquellos días claros, ya irrecobrables" del suo passato (cfr. K. J. Bruton, “El espacio poético en la poesía de Luis Cernuda”, in Actas del IX Congreso de la Asociación…, op. cit., pp. 171-177).

181 Ivi.

182 (PROSA 208).

183 È evidente qui la ripresa, da parte di Cernuda, del pensiero di Giacomo Leopardi, il

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il quale sembra raggiungere la vera gloria solo una volta lasciato questo mondo: “la muerte es la victoria” (v. 71).

Cernuda si immedesima dunque nello stesso ruolo di poeta reietto, a cui solo la morte è in grado di offrirgli. Come in “A un poeta muerto”, anche in altre liriche di Las Nubes ritroviamo la stessa visione filosofica. Numerosi sono, infatti, i riferimenti alla morte come la liberazione dai mali che attanagliano il poeta in vita e il desiderio del poeta stesso di raggiungere presto la fine: in “Soñando la muerte” (PROSA 217), quest’ultima si presenta come l’“única realidad clara del mundo” (v. 27) ; in “Elegía española II” (PROSA 223), l’“única gloria cierta que aún deseo” (v. 45), scrive Cernuda; in “A Larra con unas violetas” (PROSA 219), “el fiel y último encanto de estar solo” (v. 21); in “Lázaro” (PROSA 246) è la “vasta sombra” (v. 51) che rinvia all’esistenza di una realtà trascendente nascosta dietro l’apparenza del mondo184.

Ma con il passare del tempo, diventando Cernuda consapevole della celerità con cui esso corre, assistiamo ad un cambiamento radicale, proiettato al pessimismo: la morte cessa di esercitare un potere attrattivo ai suoi occhi e, anzi, diviene “dura compañera”185 della vita. La sensazione di estraniamento e la visione di un orizzonte vitale “desnudo”186, in cui niente si percepisce se non la morte, appunto, inducono l’autore a intraprendere un percorso di autoaffermazione e a ribellarsi alle ipocrite convenzioni sociali, guadagnandosi, per questo, un posto tra i cosiddetti poètes maudits. Da questo momento in avanti i suoi componimenti tenderanno ad esprimere la lotta individuale e gli sforzi del poeta per tentare di sopravvivere in una

esempio la lettera datata 25 maggio nella quale Ortis, protagonista de Le Ultime lettere di

Jacopo Ortis scrive: “Ti ringrazio, eterno Iddio! ….Tu ascolti i gemiti che partono dalle

viscere dell’anima e mandi la Morte per isciogliere dalle catene della vita le tue creature perseguitate ed afflitte, Mia cara amica! Il tuo sepolcro beva almeno queste lacrime, sole esequie ch’io posso offerirti […] il desiderio di morire è necessario insieme e dolcissimo” (cfr. U. Foscolo, Le Ultime lettere di Jacopo Ortis, Milano, Mondadori Editore, 1986, pp. 58-59).

184 D. Harris, Luis Cernuda. A Study…, op. cit., p. 78. 185 “La familia” (PROSA 295, v. 48).

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società dove non esiste un posto per lui e dove tutto è effimero e transitorio187. In questa collisione con la società, il poeta eleva ai massimi livelli la funzione dell’arte: il suo fine è rivelare “the trascendent imagen

completa del mundo”188 e ricucire lo scisma tra l’umano e il soprannaturale, il visibile e l’invisibile, la realtà e il desiderio. Derek Harris sintetizza così il ruolo che svolge la poesia per Cernuda:

Cernuda’s own poetry is such a quest to measure and give meaning to himself, he too seeks to come to an acceptance of himself on a moral and spiritual level according to the dictates of his conscience189.

Compito dell’artista è arrestare il flusso del tempo e raggiungere el

acorde - termine che conferisce il titolo all’ultimo componimento di Ocnos -

, ossia la atemporalità, la condizione di totale fusione con il mondo: da vittima e martire della dura realtà, il poeta si trasforma in “a mystic and a redeemer” 190 , capace di interpretare la legge divina e di accedere all’inaccessibile. Questa “experiencia epifánica en la que tiempo y eternidad se concilian, si bien sólo momentáneamente”191, per usare la definizione data da S. J. Summerhill, accorcia, se non addirittura cancella, i limiti tra la realtà e il desiderio. Il carattere trascendente che qualifica el acorde offre al poeta la possibilità di comunicare il senso cosmico dell’esistenza192, svolgendo così un ruolo fondamentale nel placare quella “sed de eternidad”193 ravvisabile in tutta l’opera cernudiana e che l’autore tenta di sedare anche percorrendo la strada dell’amore e dell’arte. Tale sete di eternità rappresenta il fulcro principale dei suoi versi, definiti da Ricardo

187 Così Cernuda commenta lo sforzo di Wordsworth e Blake di affermare se stessi, (cfr. D.

Harris, Luis Cernuda. A Study…, op. cit., p. 99).

188 Ibidem, p. 96. 189 Ibidem, p. 17. 190 Ibidem, p. 108.

191 S. J. Summerhill, “Unamuno y Cernuda”, in Miguel de Unamuno, Estudios sobre su

obra. IV, ed. de A. Chaguaceda Toledano, Salamanca, Ediciones Universidad de

Salamanca, 2009, pp. 35-45, p. 42.

192 A. López Castro, Luis Cernuda..., op. cit., p. 193. 193 P. Silver, Luis Cernuda. El poeta…, op. cit., p. 151.

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Gullón “cantos donde el alma se manifiesta desnudamente, exhibiendo sus pasiones, la historia de pensamientos y sentimientos, con los altibajos, las contraddiciones y el zigzagueo de la vida”194. I componimenti cernudiani, infatti, sono la diretta conseguenza dei continui e diversi stati d’animo del poeta: il risultato è, perciò, una serie di poesie dal tono differente, che vanno dalla “voz apasionada, grave y hasta solemne” al “puro juego lírico”, alla “delicada canción intrascendente”195, tutte vincolate all’alternanza dei suoi sentimenti. A seconda dell’emozione che prova, Cernuda dota il verso di un tono triste, nostalgico, drammatico, violento, gioioso, persino comico. Il ritmo del verso, il cambio di espressione e il linguaggio sono, quindi, determinati fortemente dal cambio di visione che il poeta ha del mondo e della realtà che lo circonda. Tale visione deve tenere conto del mutamento realizzatosi, inevitabilmente, con il passaggio dall’età giovanile a quella adulta: nell’abbandonare lo stato di quiete e serenità eccezionali tipiche della fase primordiale della mitica Golden Age, o età dell’infanzia, l’uomo- poeta sperimenta la caduta dal Paradiso nel quale viveva in armonia con gli altri e con la natura, scoprendosi vittima della crudeltà del mondo coevo, sopraffatto da egoismi e da un disordine generale. Tuttavia, seppur meno frequenti rispetto a quelli che descrivono la condizione di ángel caído dall’Eden, permangono nella poesia dell’esilio numerosi riferimenti al locus

amoenus d’infanzia. Per questo motivo, lo studioso Neil C. McKinlay

intravede nella coesistenza di “order and chaos”196 il basamento che sostiene l’intera struttura di La realidad y el deseo e la sua cifra tematica principale:

194 R. Gullón, “La poesía de Luis Cernuda”, in D. Harris, Luis Cernuda. A Study…, op. cit.,

pp. 71-88, p. 84.

195 Ivi.

196 N. C. McKinlay, The poetry of Luis Cernuda. Order in a world of chaos, London,

Tamesis, 1999, p. 174. Lo studioso, inoltre, fa notare che la relazione ordine-caos non è da leggersi esclusivamente in termini di perdita del primo a favore del secondo; se infatti si considera la poesia prettamente amorosa di Cernuda - cosa che per McKinlay la critica ha fatto -, dai componimenti giovanili emerge una sensazione di confusione nell’affrontare la tematica amorosa, mentre nelle poesie più mature, alla confusione primitiva si sostituisce l’ordine della meditazione sull’amore stesso (cfr. Ibidem, p. 120).

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What we fitness in Cernuda’s poetry is a stance of ambivalence and ambiguity. We are presented with a variety of problems, we see the various attempts to find solutions, but those solutions are not definitive. […] What his art seeks to do is to bring together in literary form the two opposing poles of order and chaos, where the dialectic itself is portrayed, even though there may be no end to the tension which exists between them. The lack of definitive solutions may ultimately be a source of despair, but if nothing else there is always the honesty of a picture which does not shrink from seeing both sides of the situation and which never pretends to reconcile the irreconcilable. It is up to us to copy with the paradoxes and complexities as boldly as did Cernuda himself, without attempting to force a semblance of unity where there is none197.

Vista la difficoltà, se non l’impossibilità, di scovare un trait d’union tra la dimensione edenica e quella terrestre, in grado di reintegrare quell’ordine primordiale ormai perduto, Cernuda punta alla realizzazione di un ordine letterario. E tenta di perseguirlo grazie all’impiego di pochi ma significativi ingredienti - costituenti la chiara espressione della sua poesia - che Cernuda individua in:

fusión melódica en su [del poeta] verso de palabra, sentido y ritmo; [...] precisión y hermosura de su lengua; [...] amplitud de su visión; [...] riqueza y flexibilidad de su pensamiento. Pero además, y por encima de lo antes dicho, hace falta en el poeta la presencia de lo que llamaría la parte de Dios: el elemento imponderable, el toque mágico que anime y vivifique la materia sobre la cual trabajan sus demás cualidades198.

In realtà, a mano a mano che la sua letteratura dell’esilio prende forma, l’autore opta per una espressione molto più concisa e agile, in linea con il principio romantico di rendere comprensibile la propria creazione artistica ai più, e mira alla semplificazione estetica e formale della poesia, già impegnata a far comunicare tra loro l’ordine e il caos, come sostiene

197 Ivi.

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Derek Harris quando scrive: “La poesía es, en fin, para Cernuda un dramático diálogo con la doble realidad, visible e invisible, en afán entrañable de armonizarlas, alzándose sobre la destrucción del tiempo”199.