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Variaciones sobre tema mexicano: l’amore e l’etica della felicità

3.7 Desolación de la quimera: l’autobiografia riassuntiva

4.2.2 Variaciones sobre tema mexicano: l’amore e l’etica della felicità

Scritto quasi alla fine dell’esilio, in quel “rinconcillo secreto y callado

412 “Regreso a la sombra” (OCNOS 86).

413 A. López Castro, Luis Cernuda…, op. cit., p. 259. 414 Ivi.

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del mundo”416 che è il Messico, Variaciones sobre tema mexicano si presenta come l’opera che rende possibile la definitiva riconquista dei luoghi e dei sentimenti dell’infanzia di Cernuda: l’incontro con la realtà messicana, infatti, significa per l’autore “un camino de regreso a la unidad”417 e “una nueva conjunción de los diversos componentes del Edén perdido”418. L’edizione definitiva di Variaciones sobre tema mexicano, del 1952, comprende ventinove poemas en prosa, preceduti da “El tema”, e seguiti da “Recapitulando”, rispettivamente, testo introduttivo ed epilogo, nei quali Cernuda, secondo James Valender, manifesta chiaramente lo scopo dell’opera, ossia celebrare la presenza culturale della Spagna in Messico419. Nel sostenere ciò, però, lo stesso Valender afferma che questi due testi metapoetici di cornice risultano ingannevoli rispetto al reale contenuto del libro, dal momento che essi tengono conto esclusivamente dell’idea di un determinismo storico, vale a dire il processo di addottrinamento degli indigeni da parte degli europei, e non di un parallelismo culturale tra i due popoli420. Variaciones sobre tema mexicano è, in effetti, una esaltazione del mondo messicano, della sua gente e dei suoi “color, movimento, aire y luz”421, dai quali Cernuda rimase ammaliato sin dalla prima vacanza nell’estate del 1949, come lui stesso afferma in “Centro del hombre” (VARIACIONES 140):

Por unos días hallaste en aquella tierra tu centro, que las almas tienen también, a su manera, centro de la tierra. El sentimiento de ser un extraño, que durante tiempo atrás te perseguía por los lugares donde viviste, allí callaba, al fin dormido. Estabas en tu sitio, o en un sitio que podía ser tuyo; con todo o con casi todo concordabas, y las cosas,

416 Ibidem, p. 67.

417 C. Karageorgou-Bastea, “Ser territorio: el exiliado de su yo en Variaciones sobre tema

mexicano”, in Escritores, editoriales y revistas del exilio republicano de 1939, ed. de M.

Aznar Soler, Sevilla, Editorial Renacimiento, 2006, pp. 777-788, p. 779.

418 P. Silver, Luis Cernuda. El poeta..., op. cit., p. 201. 419 J. Valender, Cernuda y el poema..., op. cit., p. 97. 420 Ibidem, p. 98.

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aire, luz, paisaje, criaturas, te eran amigas. Igual que si una losa te hubieras quitado de encima, vivías como un resucitado422.

Il viaggio in Messico fa riscoprire a Cernuda l’amore per la sua patria e riaccende nel suo cuore la fiammella della speranza in una vita serena e dignitosa, spenta da ormai troppo tempo: nel varcare, infatti, il confine con gli Stati Uniti, Cernuda penetra in uno spazio geograficamente, moralmente e linguisticamente coerente con quello nativo e trova un clima e un ambiente ideali all’attività artistica, tanto da rinunciare al posto di docente in Massachusetts per trasferirsi in Messico definitivamente nel 1952. In questa terra esotica Cernuda si riappropria della sua personale identità di uomo e poeta e sperimenta, anche grazie alla condivisione della stessa lingua, “an abolition of the experience of alterity on a cultural, personal and even ontological level”423, arrivando a sentirsi parte integrante della società, come dimostra il testo “La lengua” (VARIACIONES 103):

-Tras de cruzada la frontera, al oír tu lengua, que tantos años no oías hablada en torno, ¿qué sentiste?

-Sentí como sin interrupción continuaba mi vida en ella por el mundo exterior, ya que por el interior no había dejado de sonar en mí todos aquellos años424.

Dopo anni di “vivir sin estar viviendo”, trascorsi tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, in Messico Cernuda affermerà di sentirsi “tranquilo” e “feliz”425. Qui, infatti, l’io poetico sperimenta una libertà “múltiple y delirante: ideológica, literaria, y sobre todo amorosa”426, simile a quella di cui godeva nella Siviglia della sua infanzia. L’incontro con il Messico implica, in effetti,

422 “Centro del hombre” (VARIACIONES 140):

423 A. A. Logan, “Memory and Exile in the Poetry of Luis Cernuda”, Tesi di Dottorato in

Filosofia, University of St Andrews, 19 gennaio 2007, p. 158 [http://hdl.handle.net/10023/343, ultima consultazione il 28-06-2018].

424 “La lengua” (VARIACIONES 103).

425 L. Cernuda, “Conversaciones con Raúl Leiva”, en Prosa completa, op. cit. p. 798. 426 C. Karageorgou-Bastea, “Ser territorio: el exiliado..., op. cit., p. 779.

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per il poeta la possibilità di un regreso a “un estado anterior a la catástrofe”427 e, allo stesso tempo, “the resolution for his experience of alienation”428, perché lì “el sentimiento de ser un extraño” si mostra “al fin dormido”429.

Pur giocando un ruolo fondamentale “la materia de recuerdo” viene gradualmente sostituita, nei poemas en prosa, dalla “materia de la realidad actual”430: ossia Cernuda, una volta raggiunta una condizione di serenità interiore, preferisce concentrarsi sul presente, piuttosto che vivere nel ricordo. I vari poemas en prosa, infatti, vengono considerati “un momentum en el continuum de la realidad”431, per usare le parole di Márquez Aguayo. Così facendo, l’autore dà prova anche di avere assimilato la cultura messicana: il messicano, in effetti, a differenza dell’inglese, non vive esclusivamente proiettato nel futuro e nella “adquisición material”432, ma è contraddistinto dalla indolencia, caratteristica che lo porta a godersi la vita. Tale indolencia genera nell’autore la contemplazione poetica: in “Perdiendo el tiempo” (VARIACIONES 115) lo ritroviamo seduto in una piazza, intento ad ammirare gli spruzzi d’acqua di una fontana, scoprendosi all’improvviso “ligero, inconsistente” e soggetto passivo di tale godimento; in “Ocio” (VARIACIONES 120), l’ozio gli suggerisce la seguente riflessione:

Mirar. Mirar. ¿Es esto ocio? ¿Quién mira el mundo? ¿Quién lo mira con mirada desinteresada? Acaso el poeta, y nadie más. En otra ocasión has dicho que la poesía es la palabra. ¿Y la mirada? ¿No es la mirada poesía? Que la naturaleza gusta de ocultarse, y hay que sorprenderla, mirándola largamente, apasionadamente. La mirada es un ala, la palabra es otra ala del ave imposible. Al menos mirada y

427 C. Karageorgou-Bastea, “Poesía y patria en Variaciones sobre tema mexicano de Luis

Cernuda”, in Acta Poetica, vol. 27, n. 1, 2006, pp. 169-186, p. 174 [http://dx.doi.org/10.19130/iifl.ap.2006.1.194, ultima consultazione il 04-07-2018].

428 D. Harris, “A Study of...”, op. cit., p. 95. 429 “Centro del hombre” (VARIACIONES 140).

430 P. Aullón de Haro, “Ensayo sobre...”, op. cit., p. 133.

431 C. A. Márquez Aguayo, “La construcción del espacio, construcción del poema, en

variaciones sobre tema mexicano”, in El exilio literario..., Volumen II, pp. 349-357, p. 354.

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palabra hacen al poeta. Ahí tienes el trabajo que es tu ocio: quehacer de mirar y luego quehacer de esperar el advenimiento de la palabra433.

In Variaciones sobre tema mexicano Cernuda porta avanti il processo di reinvenzione e stilizzazione letteraria della Spagna, iniziato con Las

Nubes. Lo fa proiettando sul Messico, non l’immagine della Spagna reale,

bensì la stessa visione mitica di quella Spagna che nelle opere precedenti ha ribattezzato con il nome di Sansueña434. Agli occhi di Cernuda, il Messico diventa “a mirror image of his native Andalusia”, sia in termini di caratteristiche naturali, di paesaggio, che di persone che lo popolano: “el clima y el paisaje de México constituyen un facsímil de Andalucía”435. A differenza di Ocnos, dove il mondo descritto da Cernuda è piuttosto verosimile, seppur molto idealizzato, quello di Variaciones sobre tema

mexicano sembra eccessivamente costruito 436 . Di conseguenza, l’autoproiezione che fa di sé Cernuda nei testi di Variaciones sobre tema

mexicano si avvicina di più ad una “ficción poética”, piuttosto che ad una

“experiencia realmente vivida”437. Grazie alla ricostruzione artefatta del paesaggio edenico, Cernuda recupera un’armonia esteriore che lo aiuta a intraprendere un viaggio all’interno di se stesso, alla scoperta di ciò che custodisce nel suo intimo. Il Messico si presenta, quindi, come l’incarnazione del mito di Sansueña. Dopo tanto peregrinare in giro per il mondo, Cernuda intravede, finalmente, nel Messico il luogo che si trasformerà nella sua casa definitiva, sino alla sua morte, come suggeriscono le parole di “Miravalle” (VARIACIONES 105):

Acodado en las balaustradas, deambulando bajo los arcos, parece imposible, si te fuera dado quedarte aquí, que llegaras un día a sentir

433 “Ocio” (VARIACIONES 120). 434 Ibidem, p. 97.

435 P. Silver, Luis Cernuda. El poeta..., op. cit., p. 201. 436 J. Talens, El espacio y las máscaras..., op. cit., p. 131. 437 A. López Castro, Luis Cernuda…, op. cit., p. 260.

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saciedad, y con ella la maldición antigua del hombre: el deseo de cambiar de sitio438.

137 Conclusioni

Arrivati alla fine di questo percorso di ricerca, ciò che è emerso in maniera chiara ed evidente è il fatto che, tra le tante voci letterarie dall’esilio repubblicano, la figura di Luis Cernuda spicca, soprattutto, per il perenne senso di emarginazione e di solitudine, tipiche dell’esule, che il poeta, però, sperimenta in patria già molto tempo prima della sua condizione di desterrado fuori dai confini spagnoli. La sua vena ribelle e il suo essere anticonvenzionale fanno di lui una personalità sui generis all’interno di una società - sivigliana e spagnola in generale - che si regge sul cinismo e sull’ipocrisia e che si dimostra escludente nei confronti di quanti non si conformano agli standard prefissati. Cernuda, quindi, sin da giovane è esposto ai giudizi e alle critiche altrui e apprende presto il significato dell’esclusione e dell’indifferenza da parte dei compatrioti. Come abbiamo avuto modo di constatare nel corso del presente lavoro di tesi, gli studiosi considerano questo un aspetto di fondamentale importanza ai fini di una completa e autentica comprensione dell’opera cernudiana in toto. L’indissolubilità del legame tra la biografia di Cernuda e la sua scrittura poetica, infatti, si riflette nelle scelte stilistico-formali e tematiche operate dall’autore nella stesura dei suoi componimenti: non esiste poesia o testo narrativo che non contenga un riferimento - anche implicito - alla sua vita. La nostra attenzione si è concentrata soprattutto sulla produzione poetica matura di Luis Cernuda, ossia quella posteriore al 1938, anno del definitivo allontanamento dalla Spagna. In particolare, abbiamo tentato di descrivere la maniera in cui l’autore ha affrontato - letterariamente - il suo esilio. Per questo motivo ci siamo soffermati sui principali espedienti letterari - ad esempio la ricostruzione del paesaggio edenico perduto, piuttosto che l’immedesimazione in vari personaggi storici o mitologici, - che hanno offerto, da un lato, una forma di conforto a Cernuda contro la desolazione che la piaga del destierro inevitabilmente comporta e, dall’altro, una

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garanzia di sopravvivenza della propria arte contro l’oblio al quale la censura e la repressione in patria l’avrebbero altrimenti destinata.

Dall’analisi delle opere dell’esilio, delle quali Las nubes è quella di apertura e Desolación de la quimera quella di chiusura, è emerso chiaramente il fatto che la scrittura di Cernuda rispecchia i moti d’animo e le sensazioni di un uomo privato della sua terra, dei suoi affetti, del suo pubblico, e in costante ricerca della propria identità perduta. Il Cernuda maturo, tuttavia, non è solo un vortice di emozioni e di sentimenti negativi: accanto ad un tono amaro e desolato, si registra, infatti, una vena speranzosa e utopistica che accoglie il desiderio dell’autore di evadere dal mondo quotidiano, reale e opprimente.

Il poeta, nell’atto dello scrivere, intraprende un percorso di rinnovamento interiore e spirituale, giungendo così a scandagliare le corde più profonde del proprio animo. In questo modo cerca delle risposte a vari quesiti esistenziali che lo attanagliano, ad esempio quelli riguardanti il senso della vita e il posto dell’uomo nel mondo. Per Cernuda - e per quanti subirono la stessa triste sorte - l’esilio si rivela un’esperienza traumatica e rivoluzionaria, nei confronti della quale l’autore assume un duplice e ambiguo atteggiamento di categorico rifiuto o di serena accettazione. Se al principio, infatti, è maggiore la sofferenza per il distacco dalla terra natale e dal suo pubblico, in età avanzata, quando ormai sente vicina la fine, Cernuda giunge persino a rinnegarsi come spagnolo e a non considerare più il rientro in patria una possibile opzione, preferendo stabilirsi definitivamente in Messico, il suo felice angolo di mondo. Il popolo e il clima esotico di un Paese che si è dimostrato piuttosto accogliente nei confronti delle tante “almas idas”439 - come le definisce Cernuda stesso - convincono il poeta sivigliano a considerare ancora aperta la sua partita con la vita, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista letterario. È

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proprio dall’esperienza messicana, infatti, che scaturisce la necessità di ripercorrere, letterariamente, tutta la sua avventura esistenziale e l’esigenza di lasciare ai posteri una testimonianza scritta della sua personale vicenda.

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