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Las nubes: poesía objetiva e responsabilità etica

Come anticipato nel capitolo precedente, Las nubes apre la produzione letteraria dell’esilio di Cernuda. Un’opera ‘itinerante’ - come il suo autore - che “se va construyendo en el camino del destierro”200: da Valencia a Glasgow, passando per Parigi e Londra201. La raccolta di poesie, composte tra il 1937 e il 1940, fu incorporata per la prima volta alla seconda edizione - messicana - di La realidad y el deseo del 1940 e pubblicata in volume singolo a Buenos Aires, nel 1943, da Rafael Alberti. Sebbene Cernuda la definisca un’edizione pirata202, quest’ultima compare nella lista delle sue opere inserite alla fine di Desolación de la quimera, nell’edizione del 1962 da lui stesso curata.

Trattandosi di componimenti scritti, per la maggior parte, fuori dai confini spagnoli, Luis Antonio de Villena definisce l’opera un “libro de

exilio”203; al tempo stesso, vista l’ingente presenza della Spagna al suo

interno, Villena afferma che “nos hallamos, sin duda, ante el más español de los libros de Cernuda”204. D’altra parte, il periodo di gestazione dell’opera, iniziata a pochi mesi dallo scoppio della Guerra Civile, coincide con gli anni del conflitto e si conclude solo dopo la fine di quest’ultimo. Perciò echi

199 J. Muñoz, “Poesía y pensamiento poetico en Luis Cernuda”, in D. Harris, Luis Cernuda.

A Study…, op. cit. pp. 111-123, p. 116.

200 M. Escalera Cordero, “Las nubes; Ocnos. El exilio existencial de Luis Cernuda”, in La

República y la cultura: paz, guerra y exilio, coord. J. Rodríguez-Puértolas, Madrid,

Ediciones Akal, 2009, pp. 713-722, p.718.

201 Ibidem, pp. 718- 719.

202 Cfr. L. A. de Villena, “Introducción”, op. cit., p. 58. 203 Ibidem, p. 33.

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della storia nazionale corrente non possono non riverberarsi nei versi di questa raccolta e nei testi successivi ad essa. Tuttavia, anche se i titoli e il contenuto di alcune liriche di Las nubes rinviano palesemente al contesto bellico spagnolo - ad esempio “Noche de luna” (PROSA 205), “Sentimiento de otoño” (PROSA 218) , “Lamento y esperanza” (PROSA 221), “Canción de invierno” (PROSA 243), “Impresión de destierro” (PROSA 250), “Cementerio en la ciudad” (PROSA 252), “Un español habla de su tierra” (PROSA 269) -, ci troviamo di fronte ad una scrittura tutt’altro che

comprometida, dal momento che sono del tutto assenti, nell’opera in

questione, qualsiasi intento critico, da parte dell’autore, nei confronti del regime, così come la volontà di prendere posizione nell’uno o nell’altro bando. Pur essendo stato un partecipante attivo, durante i primi momenti del conflitto a fianco dei repubblicani, “Cernuda no hace poesía de combate”205, ma non nasconde la sua disapprovazione verso “aquel gran negocio demoníaco de la guerra”, come scrive nella lirica “La visita de Dios” (PROSA 227), né si trattiene nel condannare il carattere fratricida del conflitto206. Solo nel dopoguerra, alla luce delle drammatiche conseguenze e dei disastri da essa provocati, castiga apertamente il franchismo, riconoscendo in esso il principale responsabile della “ruina de España”207. In questo caso non è la poesia, bensì il genere epistolare a prestarsi come il miglior veicolo di espressione, come ci testimoniano le numerose lettere scritte a parenti e colleghi, raccolte in volume dall’amico Rafael Martínez Nadal. In una di esse, destinata all’amica Nieves de Madariaga, e datata 14 dicembre del 1942, Cernuda scrive:

Solo el nombre de franquista basta para levantar una ola de asco y repulsión en mis sentimientos. Para mí el levantamiento es

205 M. Mayoral, “Cernuda y España”, in Homenaje a Luis Cernuda en el centenario de su

nacimiento (1902-2002), ed. de J. Cortines, Fundación José Manuel Larra, 2003, pp. 59-77,

p. 59.

206 Ivi.

207 Cernuda impiega tale espressione nella lettera destinata all’amica Nieves de Madariaga.

L’epistola, come molte altre, è raccolta nel volume di R. Martínez Nadal, Españoles en la

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responsable no solo de la muerte de miles de españoles, de la ruina de España y de la venta de su futuro, sino que todos los crímenes y delitos que puedan achacarse a los del lado opuesto fueron indirectamente también ocasionados por los franquistas208.

Las nubes si configura come l’opera che, accogliendo al suo interno la

storia, segna, secondo Philip Silver, l’inizio “de una nueva dirección semántica de la palabra historia en el vocabulario de Cernuda”209. Nella produzione cernudiana sin qui esistente, infatti, Silver afferma che tale parola appare in soli cinque casi e ogni volta è equiparabile, per significato, al termine inglese story, trattandosi di rievocazioni di vicende personali vissute dal poeta210, senza alcun riferimento al corso degli eventi esterni. In

Las nubes, invece, history e story si intrecciano perché, se è vero che la

guerra e l’esilio diventano oggetto di canto, è altrettanto vero che la prospettiva dalla quale tali eventi sono affrontati non è “histórica ni «material»” 211, bensì personale. È lo stesso Cernuda, infatti, a intravedere nell’esperienza il principale motore della sua poetica:

Siempre traté de componer mis poemas a partir de un germen inicial de experiencia, enseñándome pronto la práctica que, sin aquél, el poema no parecería inevitable ni adquiriría contorno exacto y expresión precisa212.

La capacità di convertire in poesia “determinados momentos vividos”213 è la lezione che Cernuda dimostra di avere appreso meglio dal contatto con la lirica meditativa inglese: da essa impara, infatti, a dare spazio alla voce dell’esperienza e a fare, di conseguenza, dell’evocazione posteriore del proprio vissuto la principale caratteristica della sua poetica. La poesia meditativa si offre a Cernuda come l’“equivalente correlativo

208 Ivi.

209 P. Silver, Luis Cernuda. El poeta…, op. cit., p. 234. 210 Ivi.

211 M. Escalera Cordero, “Las nubes; Ocnos...” op. cit., p. 719. 212 L. Cernuda, “Historial de...”, op. cit., p. 654.

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para lo que experimentaba”214, il mezzo che gli permette di esprimere tutto ciò che ha interiorizzato durante il suo percorso esistenziale e di renderlo eterno grazie al potere della parola. La scrittura diventa, quindi, il luogo in grado di accogliere i moti d’animo e i sentimenti provati dal poeta in determinate circostanze. Ma, nell’affrontare, letterariamente, la propria esperienza, il poeta adotta una “mirada contemplativa”215, prendendo le distanze dall’emozione originale, in maniera da consentire l’universalizzazione della sua esperienza e il riconoscimento del lettore in essa216. Questa pratica risponde al “mecanismo de objetivación”217, tipico della poesia meditativa, di cui Cernuda è stato pioniere in Spagna, come risulta dalle parole di Jacobo Muñoz:

A partir de Las Nubes ha usado Cernuda con cierta frecuencia de un procedimento poético entre nostro insólito, si bien frecuente en la poesía inglesa; a saber: la proyección de la propia experiencia emotiva «sobre una situación drámatica, histórica o legendaria», con el […] fin de lograr una objetivización mayor, tanto poética como dramática218.

Cernuda intende trascendere i limiti della tradizionale “poesía personalizada”219 e giungere a crearne una di validità universale220, in modo tale che, leggendola, ciascun lettore possa “rehacer spiritualmente el proceso poético mismo de su autor”221, sostituendo le sue emozioni a quelle del

214 L. Cernuda, “Historial de...”, op. cit., pp. 625-661.

215 R. Ali Abdel Azim, “Luis Cernuda: realidad, deseo y sanjuanismo”, in Dicenda.

Cuadernos de Filología Hispánica, 35, 2017, pp. 9-26, p. 14.

216 M. C. Lucifora, “El afán de ver. Pensamiento poético en Como quien espera el alba, de

Luis Cernuda”, in Archivum, Revista de la Facultad de Filología, LXI-LXII, 2011-2012, pp. 273-304, p. 277.

217 V. Pineda, “Meditación, apóstrofe y desdoblamiento: el “tú” en “Retrato de poeta” de

Luis Cernuda”, in Trans-Revue de littérature générale et comparée, 8, 2009, pp. 1- 14, p. 7, [https://journals.openedition.org/trans/321, ultima consultazione il 02-05-2018].

218 J. Muñoz, “Poesía y pensamiento...”, op. cit., p. 120.

219 J. Valender, Cernuda y el poema en prosa, Londra, Tamesis Books Limited, 1984, p. 51. 220 Ivi.

221 J. Muñoz, “Poesía y pensamiento...”, op. cit., p. 120. La finalità che si propone Cernuda

va ben oltre il presentare la propria esperienza al lettore: essa consiste, infatti, nel permettergli una identificazione con la sua esperienza, in modo da ripercorrere, in maniera

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poeta, e prendere parte, così, attivamente, al processo comunicativo. In questo modo si registra la transizione da una poesia di stampo soggettivo ad una poesia oggettiva, che si avvale di determinate tecniche e proedimenti retorici che consentono allo scrittore di “mantener cierta despersonalización para que su voz sea la de todos”222. A conferire un’impronta meno intimista e più oggettiva al testo, ma pur sempre personale, è, ad esempio, il

monólogo dramático, apparso per la prima volta proprio in Las nubes, ma

ampiamente presente anche nelle opere successive. Grazie a questa tecnica l’autore può esternare la sua interiorità, senza, però, rimanere imprigionato nel proprio io lirico autobiografico. La sua voce esperienziale, “que habla en el poema, mediante la imaginación o el simulacro de una experiencia real”, continua Castro, “tiende a objetivar la emoción en el proceso mismo de escritura”223, consentendo il non coinvolgimento diretto del poeta in quello che scrive. L’autore realizza, così, quella che Castro definisce la “poética de la alteridad”224, grazie alla costruzione di “distintas máscaras o voces drámaticas”225, sulle quali trasla la propria esperienza e che pertanto costituiscono una sua proiezione. L’yo poetico si sdoppia e si confronta con una pluralità di voci - sempre interiori, quindi - che si prestano ad un dialogo (anch’esso, come nel caso del monologo, dramático), in realtà, con sé stesso226:

anche catartica, la propria. È lo stesso Cernuda ad affermar di voler condurre il lettore “por el mismo camino que yo había recorrido, por los mismos estados que había experimentado y, al fin, dejarle solo frente al resultado”. Questo giustifica l’espressione di “poesía de la simpátia”, attribuita da Robert Langbaum alla poesia cernudiana e a quella, in generale, che si avvale del “monólogo drámatico”, perché “establece una nueva conexión con el lector, permitiendo estos juegos de empatía entre personaje y lector más allá de las razones ideológicas de cada uno o del propio autor” (cfr. M. C. Lucifora, “El afán de ver...”, op. cit., p. 283 n.).

222 G. Areta Marigó, “Retorno al Edén...”, op. cit., p. 117.

223 A. López Castro, Luis Cernuda..., op. cit., p. 203. 224 Ibidem, p. 145

225 Ibidem, p. 143

226 A. López Castro definisce, infatti, il monólogo dramático “diálogo del poeta consigo

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Lo otro deja de ser algo extraño para convertirse en algo propio [...] y de ese modo el poema, más que articulación unitaria de unos recursos determinados, el monólogo dramático, el desdoblamiento, el símbolo del espejo en cuanto contemplación de uno mismo como otro, se muestra como el lugar de creación del otro y de lo otro. La poesía de Cernuda, donde el yo unificador se desdobla y el lenguaje se hace voz de los otros, [...] consistiría [...] en un efecto de complementariedad, donde estar en lo otro es ya nuestro habitar, nuestra forma de vivir227.

La continua “oscilación sutil de lo uno a lo múltiple”228, ossia dall’io-soggetto a tutti i suoi alter ego, risulta efficace per conferire una sfumatura oggettiva all’esperienza ed evitare, così, quelli che Cernuda definisce “dos vicios literarios”: la cosiddetta “pathetic fallacy”, che l’autore traduce con l’espressione “engaño sentimental”, e il “purple patch”, ossia il “trozo de bravura, la bonitura y lo superfino de la expresión”229. Dopo essersi scontrato con la tragicità della vita - guerra ed esilio -, Cernuda orienta, infatti, la sua scrittura in una direzione diversa da quella praticata sino al 1936-1937: il tono si fa reticente ed austero, la ridondanza e la retorica scompaiono, così come le metafore e i giochi verbali, il linguaggio è ora semplice e colloquiale, l’espressione, concisa e sempre più tendente alla prosa230. Il poeta lascia che la parola si situi “al borde del poema”231, perché ciò che più gli sta a cuore, in questa fase della sua vita letteraria, non è la forma né l’estetica, ma il desiderio di esprimere le piaghe dell’anima di un uomo vittima della guerra e desterrado, assumendo, nello specifico, come sfondo, una dimensione ideale, mitica e romantica232, suggerita sin dal titolo dell’opera. L’immagine della nuvola, evoca, infatti, una “ilusión de

227 Ibidem, p. 145. 228 Ivi.

229 L. Cernuda, “Historial de...”, op. cit., pp. 625-661.

230 Marta Ferrari individua nella forma lirica inaugurata da Las nubes “un nuevo tono de

voz, próximo a la austeridad y la reticencia y alejado de la redundancia, el énfasis y la retórica”. (cfr. M. Ferrari, “Poesía del pensamiento en la España contemporánea”, in

Dissidences. Hispanic Journal of Theory and Criticism, 6, 7, 2010, pp. 1-13, p. 8).

231 A. López Castro, Luis Cernuda..., op. cit., p. 64. 232 D. Harris, Luis Cernuda. A Study…, op. cit., p. 149.

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plenitud”233, fungendo da ponte tra la realtà intangibile e il desiderio del poeta di appropriarsi di essa234. È il simbolo che rende possibile “el sueño poético de unir la realidad y el deseo”235, perennemente in conflitto, e attraverso il quale Cernuda tenta di sublimare la ferita della distanza e della solitudine provocate dall’esilio, senza riuscire, però, a curarla del tutto. In realtà, la presenza delle nubes risulta costante nella produzione cernudiana, giacché ricorre anche nella fase precedente all’esilio, come sostiene Villena. Questi parla, addirittura, di una vera e propria ossessione di Cernuda per questa parola, che sempre “connota una sensación de vaguedad, de lejanía, incluso de imposible”236, ma che può caricarsi, a seconda delle situazioni, di significati diversi. In Las nubes, in particolare, l’immagine della ‘nuvola’ è associata alla condizione di esiliato e, perciò, quella “vaguedad” e quella “lejanía” sono reali e tangibili e generano angoscia e dolore nell’uomo.

Inevitabilmente, la sensazione di avere oltrepassato il mezzo del

cammin di nostra vita e la forte imposizione di un ambiente straniero,

contribuiscono ad acuire il disagio e la solitudine di Cernuda, dando luogo a una scrittura fortemente ripiegata su se stessa e a un tono dimesso. Ma, al tempo stesso, proprio il senso di alienazione e l’impressione di vivere in un “limbo-like existence”237, stimolano in Cernuda una capacità analitica e una maturità tecnica238 non indifferenti, ravvisabili nella preoccupazione del poeta di indagare, in maniera ancora più profonda, la propria interiorità e di cercare il vero significato della vita. La produzione dell’esilio, infatti, appare attraversata tutta, da Las nubes a Desolación de la quimera, da una vena auto-contemplativa e dalla definitiva consapevolezza che, anche alla luce dei recenti avvenimenti storici, la realizzazione del deseo - a cui anela più di ogni altra cosa l’autore - non può compiersi se non in una dimensione

233 A. López Castro, Luis Cernuda..., op. cit., p. 27. 234 Ibidem, p. 137.

235 Ibidem, p. 30

236 L. A. de Villena, “Introducción”, op. cit., p. 34. 237 D. Harris, Luis Cernuda. A Study…, op. cit., p. 75. 238 Ibidem, p. 149.

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parallela a quella reale, ovvero ideale e poetica. Questo voler vivere “in a private world superior to and set apart from the world of other men”239 fa di Cernuda un poeta di evasione, costantemente proiettato alla individuazione della poesia quale principale soluzione del conflitto tra la dimensione soggettiva e la dimensione oggettiva della vita:

The purpose of poetry […] is to gain contact with a transcendent reality where the separation of self and world is ended. […] What Cernuda seeks in his poetry is the truth hidden behind appearance, the truth of his own aspirations set against an objective world that denies them240.

Fare poesia significa per Cernuda “to understand himself and to communicate this understanding to the reader”241, reale destinatario della sua opera, a cui l’autore vuole consegnare un autentico riflesso della propria vita. È per questo che decide di inoltrarsi in una profonda e dolorosa esplorazione degli angoli più reconditi della sua intimità, al fine di rivelare “la verdad íntima”242 prima a se stesso, poi al pubblico di lettori. Così facendo, Cernuda si dimostra consapevole della responsabilità etica di cui carica la sua poesia, in quanto giungere a tale verità comporta trovare delle risposte a tutti quegli interrogativi esistenziali che, non solo, da sempre, si affacciano alla mente dell’autore, ma che sono continuamente sollevati e condivisi da ogni uomo 243 . Ciò giustifica la definizione di “poeta ontológico”244, attribuita da Philip Silver a Cernuda, e quella di “poeta

239 Ibidem, p. 15. 240 Ibidem, pp. 15-16. 241 Ibidem, p. 17. 242 Ibidem, p. 160.

243 Cernuda stesso, commentando la poesia di San Juan de la Cruz, dichiara che la sua opera

poetica è il “resultado de una experiencia espiritual, externamente estética, pero internamente ética”. Per l’autore, quindi, la poesia non è una occupazione estetica, ma un esercizio etico: dietro l’apparenza estetica si cela sempre una verità etica (cfr. L. Cernuda, “Tres poetas clásicos”, in Poesía y literatura, Barcelona, Seix Barral, 1960, p. 53, apud D. Harris, Luis Cernuda. A Study..., op. cit., p. 17).

244 P. Silver, “Cernuda, poeta ontológico”, in Luis Cernuda. El escritor... , op. cit., pp. 203-

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universale” ideata da Octavio Paz, secondo il quale la scrittura cernudiana assume una visione collettiva del mondo, divenendo la scrittura di una intera generazione:

La lírica, así, sin dejar de ser personal, pierde ese egoísmo, ese individualismo de la poesía última. El libro de Cernuda es algo más que la expresión de sus experiencias individuales; me parece que es la elegía de una generación y de un momento de la historia que se despiden, para siempre, de España y de un mundo al que ya no volverán245.

In questo modo, quindi, come “consecuencia virtual del exilio”246, Las

nubes inaugura l’apertura della poesia cernudiana ad una dimensione

universale che permette “transfigurar la inmediatez de la guerra y de la situación vital de Cernuda en algo que tenga sentido para cualquier ser humano, no solo español o poeta”247.