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2. La colonia vietnamita dei pescator

2.13. L'astensione cambogiana dalla pesca industriale

A parte i Vietnamiti e, più raramente, i Cinesi, altri pescatori professionisti erano solo i Cham e Malesi. La grande pesca non era praticata dai Cambogiani, che trascuravano questa attività malgrado esistesse un mercato interno favorevole. Questa ricchezza ittica sarebbe rimasta non sfruttata se non fossero intervenuti gli stranieri. Nella Pianura dei

Cambogiani attaccarono i vietnamiti e i Cinesi che vivevano nel regno ... Alcune bande erranti di contadini saccheggiarono una piantagione di canna da zucchero e copra e infastidirono i pescatori vietnamiti sul Mekong ... Altrettanto comuni erano gli attacchi agli asiatici stranieri e alle loro proprietà. Un esempio di tali attività è rappresentato dagli attacchi agli stabilimenti del monopolio della pesca gestito dai Vietnamiti nella provimcia di Takeo. Nei mercati controllati dai cinesi vicino all’antica capitale regia di Oudong, a nord di Phnom Penh, e l’incendio di negozi di proprietà cinese a Kompong Chhnang. La più drammatica di queste manifestazioni a sfondo etnico avvenne nella provincia di Takeo: un villaggio cattolico vietnamita subì un duro attacco e gli abitanti dovettero scappare al confine con Chau-Doc in Cocincina [traduzione propria]».M. OSBORNE, Peasant Politics in Cambodia: The 1916 affair, in «Modern Asian Studies», vol. 12, part 2, april 1978, pp. 217-243; ALAIN FOREST, Les manifestations de 1916 au Cambodge, in P.BROCHEUX, Histoire de l’Asie du Sud-Est: révoltes, réformes, révolutions, Presses universitaires de Lille, 1981, pp. 63-82; J.P. BEAUCHATAUD, La minorité vietnamienne au Cambodge, Memoire de stage, Ecole Nationale de la France

d’Outre-Mer, Paris, 1951-1952.

57 RÉSIDENT SUPÉRIEUR BAUDOIN, Le Cambodge pendant et aprés la grande guerre (1914-1926),

1927, p. 43, in KHY PHANRA, La communauté vietnamienne au Cambodge..., op. cit., p. 150.

58 Rapports sur l’Exercice du Protectorat, 1929-1930, pp. 180-181, in KHY PHANRA, La communauté

vietnamienne au Cambodge..., op. cit., p. 151.

Quattro Bracci, in cui la pesca era monopolio esclusivo di Vietnamiti, Cham e Malesi, non c'era praticamente nessun pescatore cambogiano professionista60.

Tuttavia, nel nord ovest della zona della foresta inondata dai Laghi (province di Battambang, Siemreap e, in misura inferiore, Kg Thom), esistevano interi villaggi di pescatori cambogiani o altri villaggi abitati in parte da Khmer. L'esistenza di un gruppo di pescatori cambogiani professionisti in questa parte nord occidentale del Paese è un fatto eccezionale, dovuto a motivazioni geografiche, storiche e religiose. Questi pescatori cambogiani utilizzavano i metodi della grande pesca. Vivevano in simbiosi con i loro connazionali contadini con i quali scambiavano il pesce salato in cambio di prodotti agricoli, dato che per i Khmer la pesca è soltanto un’integrazione economica.

L’astensione quasi totale dei Cambogiani nella pesca aveva numerose cause61 alcune delle quali riguardavano l'immigrazione in massa dei pescatori vietnamiti. Fino all'inizio della seconda metà dell’Ottocento la pesca era praticata in ogni stagione e in tutte le acque del regno ma i contadini cambogiani la praticavano soltanto per il consumo familiare62. L'immigrazione stagionale dei pescatori cocincinesi negli anni precedenti alla colonizzazione francese era diventata importante e la loro campagna di pesca intensiva era molto redditizia. Questo spinse i Cinesi e i ministri cambogiani a proporre al re Ang Duong di concedere il diritto di pesca dietro pagamento o di tassare gli attrezzi utilizzati dai pescatori. Ma Ang Duong, rispettoso della tradizione, respinse con fermezza queste proposte63.

Il successore Norodom, poco dopo il suo insediamento a Phnom Penh nel 1866, decise di dare in concessione le riserve di pesca del regno ad un responsabile territoriale (fermier général) ma stabilì che le aree che si trovavano intorno ai villaggi, così come altre zone particolari, erano riservate alla pesca libera degli abitanti64. Il responsabile territoriale divideva le riserve in lotti che dava in gestione a terzi, che a loro volta subafittavano l'attività ai pescatori. Talvolta vi erano sette o otto intermediari tra lo Stato e i lavoratori veri e propri.

Questi ultimi acquistavano a caro prezzo il loro diritto di pesca, l'unico mezzo che gli rimaneva per porre rimedio al fallimento era disconoscere le libertà di pesca riservate agli

60 A. LECLÈRE, Recherches sur le droit public des Cambodgiens, Challamel, Paris, 1894, p. 311;

ALAIN FOREST, Le Cambodge et la colonisation française, L’Harmattan, Paris, 1979, p. 324.

61 J. DELVERT, Le Paysan cambodgien, Mouton, Paris, 1961, pp. 178-179, vedi anche J.DELVERT,

Pêche paysanne et pêche commerciale au Cambodge, in «Cahiers d’Outre Mer», n. 68-69, Bordeaux, 1967, p. 175.

62 A.LECLÈRE, Recherches sur le droit public des Cambodgiens, Challamel, Paris, 1894, p. 306. 63Ibidem.

abitanti, e presero l'abitudine di riscuotere delle tasse sugli attrezzi di pesca utilizzati dagli abitanti dei villaggi limitrofi.

L'istituzionalizzazione dell'attività ittica accentuava il carattere commerciale della pesca, accompagnata da un fenomeno di accaparramento delle acque cambogiane da parte degli imprenditori cinesi e Vietnamiti, che spesso sconfinavano nelle zone dedicate alla pesca libera. I contadini cambogiani assistettero al divieto progressivo della pesca familiare e l'immigrazione continua e crescente dei pescatori vietnamiti dall'avvento del Protettorato65 accelerò questa espropriazione.

Le sponde dei Laghi, a bassissima densità di popolazione nella metà dell’Ottocento, vennero popolate da nuclei di pescatori vietnamiti tanto che la pesca in Cambogia arrivò ad alimentare la maggior parte delle popolazioni annamite, cocincinesi e Siamesi, mentre i Cambogiani furono ridotti a pescare soltanto in riserve poco importanti.

Le motivazioni religiose e psicologiche furono anch'esse importanti. Il Buddismo professato dalla quasi totalità della popolazione khmer vietava di uccidere gli esseri viventi e non incoraggiava i suoi fedeli a praticare la grande pesca66. Infine entrarono in gioco le motivazioni economiche e tecniche. La pesca professionale, nella sua forma industriale più efficace, presupponeva l'esistenza dei capitani che disponevano di capitali e di dipendenti67. I Cambogiani, quasi tutti contadini proprietari, non amavano lavorare come

dipendenti e dedicarsi ad un mestiere duro come quello dei coolie pescatori. L’attività della pesca industriale era molto dispendiosa e superava le risorse finanziarie dei Cambogiani. I lotti delle riserve venivano dati in concessione per somme troppo elevate e la campagna di pesca necessitava di capitali importanti. Per questi motivi solo i Cinesi ed i Vietnamiti agiati poterono sfruttare la ricchezza ittica cambogiana.

I Cambogiani risultavano pescatori poco abili e nelle riserve erano relegati ai lavori meno qualificati. Anche se professionisti, utilizzavano soltanto gli strumenti della pesca familiare, che non presupponevano audacia né particolare organizzazione ed erano poco efficaci. Spesso pescavano a piedi nudi, utilizzando soltanto nasse, mentre i Vietnamiti pescavano in barca con la rete, praticavano la pesca alla bilancia in barche di grandi dimensioni; erano gli unici a usare gli sbarramenti a camera di cattura68. La scarsità tecnica dei Cambogiani ebbe la conseguenza che gli imprenditori vietnamiti preferivano assumere

65 Si tratta del Trattato Franco-Cambogiano dell’11 agosto 1863. A. ROUSSEAU, Le proctetorat

français du Cambodge, Pillu-Roland, Dijon, 1904, pp. 15-19.

66 J.DELVERT, Le Paysan cambodgien, Mouton, Paris, 1961, p. 178.

67 J.DELVERT, Pêche paysanne et pêche commerciale au Cambodge, in «Cahiers d’Outre Mer», n. 68-

69, Bordeaux, 1967, p. 237.

loro connazionali e anche i Cinesi facevano ricorso ai pescatori vietnamiti, considerati più abili. Poco a poco, gli autoctoni vennero scartati dalla grande pesca, divenuta esclusivamente un'industria estera: cinese, vietnamita e cham69.