Le cause dell’attacco
Per comprendere le cause della ribellione che porter| all’intronizzazione di Foca e all’assassinio della famiglia imperiale dobbiamo analizzare brevemente la situazione militare del regno di Maurizio (582-602). In Italia vi era la grave minaccia costituita dall’espansionismo longobardo, contrastata dal governo imperiale con poche truppe e ancor meno denaro (le armate romane erano infatti impiegate su altri fronti, prioritari per l’impero). Per fronteggiare i nemici, Maurizio cercò l’alleanza dei Franchi che, dietro pagamento di una somma di 50.000 solidi, inviarono nella penisola vari eserciti negli anni 584-585, costringendo i Longobardi a firmare una tregua triennale con l’impero. Nel 588 re Autari distrusse un’armata franca, ma nel 590 dovette ritirarsi nelle città, non disponendo di mezzi militari per fronteggiare una nuova invasione. Nel medesimo anno l’esarco Romano178 approfittò della
situazione favorevole per riconquistare Altino, Mantova e Modena, sottomettendo anche i ducati longobardi di Parma, Piacenza e Reggio179. I Longobardi però ripresero
ben presto l’offensiva (592) e, approfittando della scarsit| di effettivi militari romani, si spinsero alle porte di Roma. L’anno seguente lo stesso re Agilulfo giunse a circondare l’antica capitale; papa Gregorio raggiunse un’intesa per la liberazione della citt| ma il trattato non venne rettificato dall’esarco. L’accordo con i nuovi invasori fu accettato solamente dal successore Callinico180, nel 596. Nell’ottobre 598,
grazie alla mediazione del pontefice, venne raggiunto un accordo per una tregua tra Longobardi e Romani, in cambio dell’esborso annuo di 500 libbre d’oro (36.000 solidi)181. La pace resse fino all’anno 600, quando l’esarco ruppe l’accordo attaccando
178 PLRE, III, pp.1092-1093. L’esarco Romano era contrario alla politica intransigente del papa nei
confronti dei vescovi dell’Istria, che si appellarono direttamente a Maurizio per ottenere l’aiuto e la protezione imperiale. Greg. Ep. IX, 141; 148; 155.
179 Paul. Diac. Hist.Lang.IV, 8. 180 PLRE, III, pp.264-265.
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Parma; le ostilit| proseguirono quindi fino all’anno 602182. Con il cambio di regime a
Costantinopoli venne destituito anche il governatore dell’Italia, sostituito con Smaragdo183 (la cui presenza è attestata a Ravenna nell’anno 603), che riuscì
nuovamente a negoziare la pace con i Longobardi.
In Oriente le ostilità con la Persia sasanide si trascinavano senza conclusione: nel 584 Filippico184 fu promosso al rango di magister militum per Orientem, in sostituzione di
Giovanni Mystacon185, ma venne destituito nel 588 a causa dello scarso rispetto di cui
era oggetto tra i soldati186. Filippico però, furioso con il sovrano per la rimozione, fece
leggere alle truppe riunite, dal futuro esarco Eraclio, il provvedimento imperiale che imponeva la riduzione del 25% della paga. Lo scontento dei soldati sfociò in un ammutinamento che il successore Prisco187 non riuscì a sedare. Il nuovo magister
militum venne aggredito e dovette fuggire a Costantia con molti ufficiali; le truppe a
quel punto obbligarono Germano188 (dux della Phoenicia Libanensis) a prendere il
comando.
I Persiani approfittarono della situazione di anarchia per saccheggiare i territori imperiali, arrivando a minacciare la stessa Costantia. Germano tuttavia riuscì a conseguire alcune vittorie sugli invasori, costringendoli alla ritirata189. Maurizio
richiamò a Costantinopoli Prisco e, per riprendere il controllo della situazione, inviò nuovamente Filippico in Oriente (589). I ribelli inizialmente rifiutarono di sottomettersi, nonostante la mediazione dei vescovi di Edessa e Costantia. Solamente nella Pasqua dell’anno 589 il patriarca di Antiochia, Gregorio, convinse Germano e le sue truppe a sottomettersi, facendo leva sulla virtù romana dell’obbedienza. Il 7
182 Paul. Diac. Hist. Lang. IV, 20-25.
183 PLRE, III, pp. 1164-1166; Paul. Diac. Hist. Lang. IV, 25-28; Greg. Ep. XIII, 36; CIL VI, 1200. 184 PLRE III, pp.1022-1026.
185 PLRE, III, pp. 679-681.
186 Theoph. p. 253; Theoph. Sim.pp. 83-85; Kaegi, Unrest, pp.67-70. 187 PLRE, III, pp.1052-1057.
188 PLRE,III, pp. 529-530.
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aprile 589 l’esercito, dopo aver ricevuto rassicurazioni circa l’amnistia generale190,
accettò la guida di Filippico che nel frattempo aveva raggiunto Antiochia. Poco prima della ribellione era però nata una pericolosa rivalità tra i comandanti dell’esercito imperiale, Filippico e Prisco. Questa opposizione causò una diminuzione della capacità di reazione di fronte ai nemici, ma in quell’occasione i Sasanidi furono respinti dai soldati ribelli, che avevano trovato in Germano un valente comandante. Nel 590 Martiropoli cadde in mano persiana (le fonti ricordano che la città fu presa solo grazie al tradimento); il neopromosso Filippico non fu in grado di riconquistarla a causa dell’assenza di macchine da assedio191.
Maurizio destituì nuovamente il suo generale e inviò al fronte Comenziolos192, che
riuscì ad annientare i nemici in battaglia ed in un secondo momento li indusse a ribellarsi contro lo shāh.
Nell’autunno del medesimo anno Hormisdas193 venne deposto e si verificarono aspri
scontri tra la fazione legittimista, che sosteneva l’ascesa al trono del figlio Xusraw II194, e il satrapo ribelle Baharam195, che poteva contare sull’appoggio della
maggioranza dei casati aristocratici sasanidi. Baharam riuscì a sconfiggere il rivale e Xusraw dovette fuggire a Circesium (sull’Eufrate), invocando l’aiuto di Maurizio per riconquistare il trono. L’imperatore in cambio dell’aiuto militare ottenne la restituzione immediata di Martiropoli e Dara, oltre al riconoscimento dei diritti sul possesso dell’Armenia196. Maurizio affidò il comando delle truppe d’Armenia (15.000
uomini) e alcuni contingenti provenienti dalla Siria (3.000 cavalieri) al deposto sovrano. L’esercito di Baharam, composto da 8.000 cavalieri e da alcuni elefanti, venne sbaragliato dalle truppe bizantine. L’usurpatore fu assassinato e Xusraw
190 La mancata punizione dei soldati si deve spiegare secondo Kaegi, Unrest, p. 72 con la difficoltà nel
reclutare nuove truppe, anche a causa delle difficoltà economiche derivanti da lunghe guerre su tutti i fronti.
191 Theoph. Sim. III, 4-8; Evag. VI, 10-14. 192 PLRE III, pp. 321-325.
193 PLRE III, pp.603-604. 194 PLRE, III, pp.306-308. 195 PLRE, III, pp.166-167.
196 Bury, History, II, pp.110-113; Whitby, Maurice, pp.292-304; Treadgold, State, pp.231-232. Tra le fonti
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recuperò il trono; lo shāh rispettò gli accordi con i Romani, concedendo loro un trattato vantaggioso in cambio dell’aiuto militare fornito (autunno 591). La conclusione della guerra consentì a Maurizio di trasferire nei Balcani le truppe orientali. La regione era infatti sotto una costante minaccia di invasione da parte di Avari e Slavi. Già nel 581-582 i barbari erano stati in grado di impadronirsi di Sirmium; nel maggio del 583 gli Avari inviarono a Costantinopoli un’ambasceria per chiedere a Maurizio di aumentare il sussidio annuo (da 80.000 a 100.000 solidi)197. Al
rifiuto del βασιλεύς intrapresero una nuova campagna militare, impadronendosi di Singidunum, Viminacium e Augustae prima di spingersi fino ad Anchialos198. In
questa citt| gli invasori trovarono un’ambasceria imperiale, guidata da Elpidio199 e
Comenziolos, pronta a trattare la pace. L’accordo fu raggiunto solo quando, nell’inverno del 583-584, gli Avari si trovarono in grave carenza di foraggio per i loro cavalli. Nonostante Maurizio si fosse impegnato ad aumentare il tributo a 100.000 solidi annui l’accordo non resse a lungo; nel 584 gli Slavi penetrarono in Tracia devastando i dintorni di Adrianopoli e spingendosi poi fino alle Lunghe Mura200,
prima di essere annientati dal magister militum per Thracias, Comenziolos, presso Erginia201. Comenziolos, come ricompensa per il successo ottenuto, fu promosso
magister militum praesentalis e nel 585 inflisse una seconda disfatta agli Slavi presso
Asinon202, sempre in Tracia. L’esigua portata dei successi imperiali è però
testimoniata dagli stanziamenti di tribù slave in Grecia e Macedonia nel medesimo anno203.
197 Bury, History, II, p. 317 e Jones, Tardo Impero, pp. 379-382 affermano che il sussidio di 80.000 solidi
annui agli Avari era stato concesso da Tiberio, che aveva assicurato la pace al fronte balcanico. I romei riuscirono così ad impegnare le proprie armate in Oriente, nel conflitto contro la Persia.
198 TIB 6 pp.175-177 199 PLRE, III, pp.440-441
200 Theoph. Sim. pp. 38-61; Theoph. p. 251-254. Cfr. Bury, History, II, pp. 118-120; Stratos, Σὸ
Βυζάντιον, I, pp. 78-81; Whitby, Emperor Maurice, pp. 140-145.
201 TIB 12 pp.613-614 202 TIB 6 p.179
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Gli Avari nella primavera dell’anno 586, dopo aver chiesto invano l’estradizione del monaco Bookolabra204 (che aveva sedotto una delle mogli del chagan), ripresero le
ostilità: le città di Bononia, Ratiaria, Dorostolon e Tropaion caddero in mano loro mentre gli Slavi si spinsero fino ai sobborghi di Tessalonica, che venne assediata per ben 33 giorni nell’anno 587205.
Maurizio nell’inverno 586-587 cercò di reclutare tutti gli uomini possibili, richiamando dall’Italia alcuni contingenti guidati dal longobardo Dructulfo206
(approfittando della tregua con i Longobardi), ed arruolando 2.000 cavalieri armeni, che vennero trasferiti in Tracia207. L’imperatore fece inoltre scavare un largo fossato a
nord di Adrianopoli, per poter contrastare l’inarrestabile cavalleria pesante degli Avari208.
Agli inizi del 587 Giovanni Mystacon209, che fino a quel momento aveva ricoperto la
carica di magister militum per Armeniam, raggiunse i Balcani alla testa di contingenti di rinforzo. Grazie a questi provvedimenti Maurizio riuscì a radunare un’armata di circa 10.000 soldati, di cui almeno 4.000 privi di addestramento, e ne affidò il comando a Comenziolos. Questi, conscio dell’inferiorit| delle proprie truppe in caso di battaglia campale, impiegò con profitto tattiche di guerriglia210. I Romani da
204 Pohl, Awaren, pp.82-85
205 Sull’assedio di Tessalonica del 587, si veda Lemerle, Miracles de St. Démétrius, I pp. 130-158; II, pp.
85-103. Nella raccolta dei miracoli di S. Demetrio compaiono menzioni di assedi slavi successivi ed ugualmente infruttuosi; in tali episodi (I, pp. 182, 188; II, pp. 123-125) sono riportate notizie circa la presenza di artiglierie, manovrate da marinai della flotta romana, e della contemporanea presenza di particolari imbarcazioni slave (ζευκτὰ πλοῖα), che non erano equivalenti ai μονόξυλα impiegati nell’assedio di Costantinopoli nel 626.
206 PLRE, III, pp.425-427; nell’anno 587 fu promosso a hypostrategos di Giovanni Mystacon
207 Sebeōs, p. 66 riporta il malcontento dei soldati che non accettavano di dover prestare servizio in
Tracia; Sebēos pp.68-69 ricorda nell’anno 589 una rivolta in Armenia, ma le armate imperiali guidate da Eraclio (padre del futuro imperatore) riportarono l’ordine e gli arconti fuggiti presso Xusraw furono riconsegnati ai Romani ed eliminati. Nel medesimo anno Sebēos riporta notizie circa l’invasione della Tracia da parte di barbari. Theoph.Sim. pp. 129-131 ricorda solo la rivolta senza spiegarne le ragioni. Pohl, Awaren, pp. 85-89.
208 Whitby, Maurice, pp. 145-151. Il fossato congiungeva il fiume Marica con il Mar Nero. L’ostacolo fu
però aggirato dagli invasori passando nei pressi di Filippopoli.
209 PLRE, III, pp. 679-681
210 Cfr. Strategikon, X, 2. Secondo Curta, Horsemen, pp. 813-822 le armate romano orientali prima del VII
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Marcianopoli211 avanzarono contro i barbari, riportando inizialmente alcuni successi
a Tomis212 e Zaldapa (in Moesia II) ma furono poi costretti a ritirarsi per non esporsi al
contrattacco dei nemici, che nel frattempo avevano posto il proprio accampamento presso Beroeia213 (nel nord della pianura tracia).
Gli Avari continuarono l’avanzata lasciandosi alle spalle le citt| romane di Beroeia, Dioclezianopoli214 e Filippopoli215 (dotate di una forte guarnigione), proseguendo
però fino ad Adrianopoli, che venne posta sotto assedio. L’assalto dei barbari però fallì a causa dell’energica difesa guidata dal longobardo Dructulfus216. A quel punto
gli invasori si ritirarono, con un grande bottino. Il βασιλεύς inviò una nuova flotta sul Danubio per prevenire nuove incursioni. Nel 588 gli Avari offrirono la pace in cambio di un nuovo aumento del tributo, ma Maurizio rifiutò, credendo che i reparti appena stanziati sarebbero stati sufficienti ad evitare future devastazioni dei territori imperiali217.
Il chagan nello stesso 598 intraprese una seconda campagna, assediando Singidunum e obbligando il βασιλεύς ad inviare Prisco al fronte: quest’ultimo non fu in grado di prestare soccorso alla città e dovette ritirarsi, a nord di Adrianopoli, a causa della veloce avanzata nemica in direzione di Bononia e Eraclea218. Anchialos venne delle staffe, bensì vi erano delle selle particolari che sostenevano i cavalieri (Strategikon, II, 9); Curta, dopo aver analizzato le numerose testimonianze archeologiche, provenienti dall’area balcanica, suppone, ragionevolmente, che le guarnigioni romano orientali fossero composte per la maggior parte da cavalieri.
211 La città era sede del comando del magister militum per Thracias.
212 Sull’importanza di Tomis, fortezza dotata anche di un importante porto fluviale, si veda anche
Bounegru-Zahariade, Forces Navales, pp. 78-80.
213 TIB 6 pp.203-205 214 TIB 6 pp.245-246 215 TIB 6 pp.399-404
216 Theoph. Sim. pp. 102-104
217 A questo punto il racconto diTeofilatto sembra indicare che nei Balcani regnasse una condizione di
‚tregua armata‛ fino al 591; di diverso avviso è Whitby, Emperor Maurice, pp. 94-106 e 151-155 quando cita le testimonianze di Evagrio e Giovanni di Efeso (contemporanei al nostro storiografo), secondo le quali in realtà le campagne degli Avari non avrebbero subito interruzioni. Secondo Pohl, Awaren, pp. 229-236 la confederazione degli Avari includeva in realtà molte popolazioni loro sottomesse, come gli Slavi ed i Gepidi.
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assediata e conquistata. Il chagan impose alla popolazione superstite la propria protezione, in cambio dei tributi annuali versati in precedenza all’impero219.
Lo stesso Prisco venne sorpreso nei pressi di Eraclea e trovò rifugio nella fortezza di Tzurullon (tra Eraclea e Drizipera); a quel punto i barbari temendo di essere sorpresi alle spalle dalla flotta romana, cercarono un accordo con Maurizio e, dopo aver ottenuto il pagamento di un tributo, si ritirarono nei loro territori220.
Nel periodo compreso tra il 589 ed il 592 gli Avari rimasero inattivi e questo per due ragioni: la prima è da ricercare nella regolarità del sussidio imperiale (in realtà un vero e proprio tributo), mentre la seconda è la presenza di una nuova minaccia, gli Anti, probabilmente manovrati e sovvenzionati dallo stesso governo bizantino221.
L’imperatore approfittò della relativa tranquillit| del fronte balcanico per guidare personalmente una spedizione, riprendendo velocemente il controllo di Anchialos (autunno 590)222. Nel 591 e 592 le truppe imperiali continuarono a rafforzare le
proprie posizioni, cercando di favorire la ripresa dei collegamenti tra le città ancora presenti nell’area, per consentire una migliore difesa della pianura tracia in caso di nuove incursioni223. Nella primavera del 593 Prisco ricevette l’ordine di varcare il
Danubio e devastare le terre degli Slavi. I Romani durante la campagna presero un enorme bottino e si ritirarono poi a Dorostolon.
Prisco ordinò ad un suo ufficale, Tatimer224, di trasportare il bottino di guerra a
Costantinopoli, con una scorta di 300 soldati225. Una banda di Slavi però tese
un’imboscata al convoglio, durante il terzo giorno di marcia, e quasi riuscì a recuperare il carico, che secondo gli ordini di Prisco era riservato per 1/3
219 Mich. Syr., II, p. 361.
220 Theoph. Sim. pp. 235-238 e 240-253. Secondo Mich. Syr. II, p. 363 la somma era pari a 800 libbre
d’oro.
221 Tra le fonti Theoph. Sim. pp. 281-286 e Mich. Syr. II, p. 362 ci testimoniano l’operato della
diplomazia imperiale che, grazie ad un’oculata gestione delle risorse disponibili, riuscì a limitare, per alcuni anni, la minaccia degli Avari.
222 Theoph. Sim. pp. 235-238; Theoph. pp. 268-269.
223 Stratos, Σὸ Βυζάντιον, Ι, pp.78-81; Pohl, Awaren, pp. 135-138; Curta, Horsemen, pp. 832-837. 224 PLRE, III, p. 1220
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all’imperatore, 1/3 alla famiglia imperiale e l’ultimo 1/3 al figlio maggiore di Maurizio, Teodosio226.
Questa spartizione non consuetudinaria provocò un diffuso malcontento tra i soldati, sfociando in un vero e proprio ammutinamento quando Maurizio ordinò alle truppe di svernare oltre il Danubio, per sfruttare le risorse nemiche senza pesare sul tesoro imperiale227.
Prisco, per riportare la calma tra i soldati, fu costretto a non attuare le direttive ricevute e fu pertanto richiamato a Costantinopoli. Nella primavera del 594 il comando passò quindi a Pietro228, fratello di Maurizio, che aveva in precedenza
ricevuto l’ordine di pagare i soldati ma secondo la nuova formula che prevedeva il versamento di 1/3 della paga in denaro, mentre i restanti 2/3 erano corrisposti con la fornitura di armi ed uniformi.
Le truppe dimostrarono ancora una volta il proprio scontento, placato in parte con le promesse di concedere pensioni ai veterani e di provvedere ai figli dei soldati morti in servizio229. Dopo aver ripreso il controllo dell’armata, Pietro sconfisse gli Slavi
presso Securisca, sul Danubio, per poi oltrepassare il fiume230. I progressi delle
armate imperiali consentirono nel 595 un allargamento del fronte ad ovest, quindi in un’area controllata dagli Avari. Nell’anno successivo Maurizio riaffidò il comando delle truppe a Prisco, che riuscì a liberare dall’ennesimo assedio Singidunum, sconfiggendo in continue imboscate gli Avari. I barbari in seguito alle gravi perdite riportate, negli anni 596-597, non osarono invadere territori imperiali231. Nel 597 il
226 Dain, Le partage, pp.347-352; Kaegi, Unrest, pp. 104-105. In età giustinianea il Cod. Just. 1.46.5
riportava che 1/12 delle ricchezze spettavano al dux che aveva guidato in battaglia le truppe. Il tentativo di riservare l’intero bottino al tesoro imperiale molto probabilmente è un indicatore della grave situazione finanziaria che stava attraversando l’impero. Secondo l’Ecloga di Leone III e i Taktika di Leone VI la parte del bottino spettante all’imperatore era 1/8 del totale.
227 Theoph. Sim. pp. 253-263; Mich. Syr. II, p. 374. 228 PLRE, III, pp. 1009-1011.
229 Theoph. Sim. pp. 270-271; Whitby, Emperor Maurice, p. 160; Pohl, Awaren, pp. 135-138. 230 Theoph. Sim.pp. 271-274; Pohl, Awaren, pp. 138-143.
231 Theoph. Sim. pp. 291-293; riporta che il Danubio non venne attraversato dagli Avari per 18 mesi. I
barbari in quel frangente dovettero lottare ad occidente contro i Franchi; Theoph. pp. 277-278; Pohl,
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chagan attaccò la fortezza di Tomis ma Prisco riuscì a resistere ed obbligò i nemici a
levare l’assedio232. Gli Avari decisero di ripiegare poiché Comenziolos era giunto con
la sua armata a circa 30km dalla roccaforte imperiale. I Romani cercarono a questo punto di trattare con gli invasori concedendo loro una ritirata fino a Sirmium.
I barbari in un primo momento accettarono l’offerta ma poi, avvedendosi dell’inesperienza delle milizie imperiali, passarono al contrattacco sbaragliando l’armata di Comenziolos e catturando 12.000 prigionieri. Gli Avari dilagarono quindi in Tracia conquistando Drizipera e provocando il panico anche a Costantinopoli233.
Maurizio per rassicurare la popolazione uscì dalla capitale alla testa della sua guardia, rinforzata dalla milizia arruolata tra le fazioni del circo; il sovrano raggiunse quindi le Lunghe Mura di Anastasio, dove attese un attacco234. Nell’accampamento
degli Avari però esplose un’epidemia di peste, che portò alla morte anche di 7 figli del chagan; gli invasori allora si ritirarono dopo aver ottenuto un nuovo trattato, che prevedeva l’aumento del tributo di 20.000 solidi (per un totale di 100.000), in cambio del riconoscimento della frontiera danubiana e della possibilità per le armate romane di varcare il fiume e punire le scorrerie degli Slavi235.
Maurizio, diffidando degli Avari, nella primavera dell’anno 600 riaprì le ostilit|, ordinando a Comenziolos e a Prisco di varcare il Danubio ed attaccare la Pannonia. Le armate imperiali congiunte riportarono numerosi successi nei pressi di Viminacium; Prisco inviò un distaccamento di 4.000 soldati oltre il fiume Tissos, a nord di Singidunum, riuscendo ad annientare un grosso esercito di barbari, stimato dalle fonti in 30.000 uomini236.
Nel 601 il chagan con le truppe rimanenti tentò un assalto a sorpresa contro i forti danubiani, ma venne respinto con gravi perdite: i Romani catturarono ben 3.000
232 Theoph. Sim. pp. 293-295
233 Pohl, Awaren, pp. 152-155; Whitby, Maurice, pp. 162-163; Petersen, Siege Warfare, p.612. 234 Theoph. Sim. pp. 297-299.
235 Theoph. Sim.pp. 288-299
236 Theoph. Sim. pp. 313-319; Theoph. pp. 281-282; Georg. Mon. p. 658; Cedr. I, p. 700 riportano che in
un primo scontro perirono 300 soldati imperiali e 4.000 barbari mentre, in seguito ad una seconda battaglia i barbari subirono perdite per 8.000 uomini. Su questo episodio si vedano anche Pohl,
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Avari e molti altri barbari, probabilmente slavi237. A questo punto gli invasori
inviarono delle proposte di pace all’imperatore chiedendo la liberazione dei prigionieri, ma Maurizio ordinò il rilascio dei soli Avari.
Comenziolos nel frattempo, a causa dei rigori invernali, era stato costretto a ritirarsi a Filippopoli. Il crescente malcontento dei soldati, causato dalle dure privazioni, indusse Maurizio a sostituire il generale.
La marcia su Costantinopoli
Nel gennaio del 602 Pietro fu promosso magister militum per Thracias e per prima cosa cercò di dissuadere gli Avari, guidati da Apsech238, dall’attaccare le posizioni romane
che sorgevano sulle cateratte del Danubio, nei pressi della confluenza con la Morava. I barbari però presero d’assalto Costantiola; i Romani, presi alla sprovvista, iniziarono a radunarsi presso Adrianopoli. Maurizio ordinò al fratello di marciare nuovamente sul Danubio per contrastare i preparativi di una nuova invasione; spedì inoltre lo skribon239 Bonosos (futuro sostenitore di Foca240) con una flotta ad attaccare i
territori degli Slavi oltre il Danubio, mentre il chagan degli Avari fu costretto a inviare un esercito al comando di Apsech contro gli Anti, alleati dell’impero.
In autunno Maurizio ordinò all’armata di Pietro di svernare nei territori degli Slavi241.
Le intenzioni del sovrano provocarono un diffuso malcontento tra i soldati, stanchi per la lunga guerra. L’insensibilit| dell’imperatore alle loro esigenze, unita alle insistenti piogge e ai rigori dell’inverno portarono infine ad un ammutinamento, che