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L’esclusione del segreto di Stato: i limiti ex art 204 c.p.p.

IL SEGRETO DI STATO NEL PROCESSO PENALE

3.5 L’esclusione del segreto di Stato: i limiti ex art 204 c.p.p.

La possibilità di limitare l’esigenza conoscitiva propria della funzione giurisdizionale per tutelare la sicurezza dell’ordinamento democratico potrebbe tramutarsi in un vulnus della democraticità stessa della repubblica se dell’istituto del segreto ne fosse fatto un uso distorto o addirittura volto a sovvertire le stesse fondamenta costituzionali. Per questo motivo nonostante un lungo immobilismo, nell’art.12 della legge n. 801 per la prima volta si affrontò il problema dell’abuso del

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segreto di Stato, affermando che “in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell’ordine costituzionale.” La qualificazione eversiva di un fatto impediva dunque che il Presidente del Consiglio potesse legittimamente applicare il segreto di Stato su quel fatto. Malgrado una considerazione pleonastica da parte della dottrina è indubbio che la formula risulti di alto valore simbolico e ideologico, considerato anche le delicate vicende, emerse in alcuni procedimenti giudiziari, che avevano reso concreto il pericolo che venissero occultate attività lesive dell’ordine costituzionale.

Il legislatore del ’77 fece conseguire da questa previsione l’inopponibilità del segreto di Stato all’autorità giudiziaria su quei fatti, collegando il divieto di natura sostanziale, l’impossibilità di apporre il vincolo, con una conseguenza di tipo processuale l’inopponibilità del segreto al giudice.

Nella legge n. 124 del 2007 invece, i limiti materiali del segreto di Stato sono individuabili sotto due profili differenti, ma interconessi tra loro per definire la legittimità del vincolo. I limiti all’applicazione del segreto, come già visto, sono enunciati all’ultimo comma dell’art. 39, dove appunto è disposto che “in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale o fatti costituenti i

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delitti di cui agli art. 285, 416 bis, 416 ter, 422 del codice penale.” Mentre l’art. 204 c.p.p. così come modificato dal terzo comma dell’art. 40 della legge n. 124 prevede le ipotesi in cui le esigenze dell’accertamento giudiziale sono considerate preminenti rispetto al provvedimento di apposizione del vincolo.

Dalla lettura dell’art. 204 c.p.p. si ricava che: nei casi di illegittimità dell’atto appositivo, quando si configurano le fattispecie previste al comma 11 dell’art. 39 l. 124/07; quando l’atto appositivo è legittimo, ma la funzione giurisdizionale deve trovare piena applicazione in ragione della natura dei reati oggetto del procedimento in corso; quando deve essere verificata la corrispondenza dei comportamenti degli appartenenti ai servizi con le previsioni ex art. 17 e 18 della legge n.124; quando il segreto è apposto non a tutela della salus rei

pubblicae, ma a semplice difesa della natura del’atto; infine quando la

Corte costituzionale deve conoscere dell’oggetto sottoposto al vincolo per lo svolgimento della sua funzione; in tutti questi casi deriva un’inopponibilità del segreto di Stato.

Con la legge n. 124 del 2007 il legislatore ha compiuto una scelta diversa rispetto a quanto avvenuto nella legge n. 801 del 1977, infatti l’esclusione dell’opposizione e spostata all’interno del processo penale, l’art. 40 della legge 124 del 2007 ha modificato l’art. 204 estendendo

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l’esclusione del segreto oltre “ai fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all’eversione dell’ordine costituzionale” anche a “fatti, notizie o documenti concernenti i delitti previsti dagli art. 285, 416 bis, 416 ter e 422 del c.p.”

Come visto in precedenza già all’ultimo comma l’art. 39 della legge in esame ha individuato i casi in cui l’applicazione del segreto è da ritenersi illegittima, cosicché il divieto previsto all’art. 204 c.p.p. appare quasi una conseguenza processuale del limite di apposizione del Presidente del Consiglio, mentre dall’analisi delle due norme emerge qualche differenza tra le due espressioni utilizzate. Nello specifico mentre nell’art. 39 si fa riferimento al divieto di apporre il segreto su “notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale o a fatti costituenti i delitti di cui agli art. 285, 416 bis, 416 ter e 422 del codice penale”, nell’art. 204 c.p.p. l’esclusione del segreto è prevista per “fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all’eversione dell’ordine costituzionale, nonché i delitti previsti dagli articoli 285, 416 bis, 426 ter e 422 del codice penale”.

Mentre non creano problemi le fattispecie di reato elencate, qualche dubbio può sorgere riguardo l’espressione “notizie, documenti o cose relativi a fatti…” e “fatti, notizie o documenti concernenti reati…” in

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particolar modo per capire se l’ambito del segreto non opponibile coincida con quello del segreto non apponibile.

La differenza di termini è da ricondurre all’obbiettivo perseguito dalle due norme, infatti l’articolo 39 della l. 124 disciplina i casi in cui ontologicamente l’apposizione del segreto di Stato è illegittima, mentre l’articolo 204 c.p.p. prende in considerazione i casi in cui è esclusa l’opponibilità all’autorità giudiziaria. Infatti una cosa è l’apposizione del segreto, illegittima solo nei casi previsti all’ultimo comma dell’articolo 39, altro è l’impossibilità di opporre legittimamente il vincolo, che si verifica sia quando si ricade nei casi previsti dall’articolo 39, ma anche quando, pur rispettando tutti requisiti previsti dalla legge, il segreto sia apposto su fatti concernenti reati diretti all’eversione dell’ordine costituzionale. Si tratta dunque di dinamiche interne al processo penale che nulla hanno a che vedere con l’antecedente logico dell’apposizione del segreto.

Quindi al di la dei casi in cui l’apposizione del segreto verta su fatti eversivi questo è pienamente legittimo, le fonti possono essere tutelate, così come le informazioni raccolte e le opere realizzate. Nel momento in cui però, la conoscenza di queste informazioni è necessaria all’accertamento penale di determinati reati e nei limiti a cui

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essa è a ciò necessaria il segreto cadrà e non potrà di conseguenza essere opposto all’autorità giudiziaria59.

Quindi per rispondere alla domanda iniziale, l’ambito di riferimento dell’inopponibilità prevista al primo comma dell’art. 204 cp.p.p. risulta essere molto più ampio rispetto a quello dell’inapponibilità prevista dall’ultimo comma dell’art. 39 della l.124/07.

Il comma 1 bis dell’art. 204 c.p.p. dispone che non possono essere oggetto di segreto di Stato opponibile all’autorità giudiziaria fatti, notizie o documenti, concernenti le condotte poste in essere da appartenenti ai servizi, in violazione della disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per l’attività del personale dei servizi medesimi. Quindi la norma opera nell’ambito di procedimenti penali dove sono coinvolti appartenenti dei servizi di sicurezza che hanno posto in essere condotte configuranti reati senza che sussistano le speciali cause di giustificazione disciplinate dagli art. 17, 18 e 19 della legge n. 124 del 2007.

La disposizione affronta il problema dell’apposizione del segreto di Stato su fatti riguardanti quelle condotte illecite, quindi sulla verifica della responsabilità degli appartenenti ai servizi.

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La soluzione prospettata dal legislatore pare indicare che sia possibile l’esclusione del vincolo solamente su quei fatti che riguardano condotte vietate non dotate della necessaria autorizzazione, come previsto appunto dallo stesso comma 1 bis nella parte che afferma “si considerano violazioni della predetta disciplina le condotte per le quali, essendo stata esperita l’apposita procedura, risulta esclusa l’esistenza della speciale causa di giustificazione”. Quindi la possibilità di escludere il segreto di Stato, per l’autorità giudiziaria, è da ricondurre all’unica ipotesi di mancanza dell’atto autorizzativo.

L’elemento di riflessione, a questo punto, verte sulla portata da attribuire alla mancanza dell’autorizzazione, cioè stabilire se per mancanza si fa riferimento alla concreta assenza del provvedimento autorizzativo, prodotto dal Presidente del Consiglio, con la conseguenza che, solo in questo caso, l’autorità giudiziaria può dar seguito al procedimento ordinario; oppure se per mancanza si intende anche, la carenza di requisiti nell’atto,tali da non poterlo configurare come autorizzativo ai sensi dell’art. 18 della legge n. 124 del 2007; con la conseguenza, in questo caso, di riconoscere la legittimazione dell’autorità giudiziaria ad effettuare un controllo di legittimità sull’atto autorizzativo.

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La soluzione sembra potersi trovare nella prima ipotesi, anche grazie all’indicazione che proviene dal comma 8 dell’art. 19 della legge n. 124 del 2007 dove si stabilisce che “se è stato sollevato conflitto di attribuzione, la Corte costituzionale ha pieno accesso agli atti del procedimento e al provvedimento di autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, con le garanzie di segretezza che la Corte stessa stabilisce”. Ai sensi di questa norma è solo la Corte costituzionale che può conoscere il provvedimento autorizzativo, opportunamente motivato, e gli atti del procedimento per la risoluzione del conflitto d’attribuzione. Ciò comporta che l’autorità giudiziaria è esclusa dal sindacato di legittimità dell’atto che dispone la causa di giustificazione, con la possibilità, però, di adire la Corte nel caso ritenga mancanti i requisiti esimenti.

Nel comma 1 ter dell’articolo 204 c.p.p. è disposto che il segreto di Stato non può essere opposto o confermato per il solo motivo che l’informazione sia classificata, dato che questa deve realmente compromettere la salus rei pubblicae e quindi rispondere a quei criteri stabiliti dall’art. 39 della legge n. 124 del 2007.

Con il comma 1 ter il legislatore oltre a individuare un ulteriore caso di esclusione del segreto di Stato, sottolinea la relazione tra le notizie rilevanti ex art. 39 l.124/07 e quelle disciplinate dall’art. 42 della stessa

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legge, che rientrano nell’ambito delle classifiche di segretezza60. Infatti

vi è una totale autonomia concettuale del segreto di Stato rispetto alla tutela amministrativa delle classifiche di segretezza impedendo qualsiasi automatico e improprio collegamento in sede processuale. Solo il segreto di Stato può determinare un impedimento, per la magistratura, all’accesso della conoscenza di informazioni ritenute essenziali per la sicurezza dello Stato. La classifica di segretezza ha il solo scopo di circoscrivere la notizia ai soggetti abilitati in ragione delle proprie funzioni istituzionali, incidendo solo sul diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Quindi il segreto deve essere considerato come informazione che non deve essere divulgata in funzione dei superiori interessi dello Stato, mentre le informazioni classificate, ex art. 42, come un quid minus, ossia come notizia che può essere divulgata solo a certe condizioni e a determinati soggetti.

I poteri di apposizione del segreto di Stato e di definizione della classifica di segretezza hanno natura giuridica e scopi diversi, così come affermato anche dall’art. 2 del d.p.c.m 8 aprile 2008. L’apposizione del segreto avviene per opera esclusiva del Presidente del Consiglio nel

60 Sulle procedura di apposizione delle classifiche di segretezza previste dall’art. 42 della legge n. 124 del 2007, C. Mosca-G. Scandone-S. Gambacorta-M. Valentini, I SERVIZI DI INFORMAZIONE E IL SEGRETO DI STATO (LEGGE 3 agosto 2007, n.124), pag. 729 ss.

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rispetto dei criteri stabiliti dall’articolo 39 della legge 124 del 2007, con la conseguenza dell’obbligo per i soggetti abilitati a conoscerlo, di trattare quanto coperto da segreto di Stato con le modalità e le cautele disposte dall’ordinamento; e dello sbarramento della funzione giurisdizionale dell’autorità giudiziaria. Mentre l’articolo 42 della legge n. 124 del 2007 prevede che la classifica di segretezza sia stabilità dall’autorità amministrativa competente, la quale attraverso questo provvedimento stabilisce i soggetti autorizzati all’accesso della conoscenza. L’attribuzione della classifica di segretezza costituisce, quindi, un potere di natura esclusivamente amministrativa che l’autorità competente può esercitare in virtù di un’autonoma determinazione, laddove riscontri che il documento o la cosa possiedano informazioni non coperte da segreto di Stato, ma suscettibili di recare danno agli interessi protetti dall’art. 39 della legge n.124 del 2007.

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3.6 La procedura di esclusione

L’art. 204 c.p.p. stabilisce al primo comma che, quando viene opposto il segreto di Stato per una delle ipotesi, che contemplano l’esclusione, previste dallo stesso articolo, l’autorità giudiziaria dovrà dare avvio ad un procedimento volto ad escludere il segreto di Stato e a reperire il materiale necessario all’accertamento penale. La definizione della natura del reato, come è logico che sia, appartiene all’autorità giudiziaria, la quale valuta se i fatti non coperti da segreto si possono qualificare come reati previsti dall’art. 204 c.p.p.. quindi una volta esclusa la legittima opponibilità del segreto, non avrebbe senso attivare la procedura d’interpello, visto che un eventuale conferma del segreto da parte del Presidente del Consiglio non avrebbe effetto data la qualificazione del fatto compiuta dal giudice; infatti al comma 2 dell’art. 204 c.p.p. è previsto che nel caso si ritenga sussistente un ipotesi di esclusione del segreto di Stato, l’unico adempimento previsto per l’autorità giudiziaria sarà quello di trasmettere al Presidente del Consiglio il provvedimento di rigetto dell’eccezione di segretezza.

Tuttavia, pur ammettendo che nel rispetto delle reciproche prerogative costituzionali, la valutazione dei fatti e l’eventuale qualificazione del reato spetta all’organo giurisdizionale, non può essere escluso a priori che un eventuale errore di valutazione non debba trovar rimedio. Per

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questo motivo esclusa la fruibilità dell’ordinaria procedura di interpello è stato disposto l’obbligo di comunicazione, attraverso il quale il Presidente del Consiglio, se non ritiene corrette le scelte fatte dall’autorità giudiziaria,possa richiedere l’intervento della Corte costituzionale per derimere il conflitto tra poteri.

3.7 Art. 66 disp.att.c.p.p.: “il convitato di pietra”

Limitandoci alla lettura dell’art. 204 c.p.p. sembra che la procedura dettata dal codice di rito, così come riformato dall’art. 40 legge n.124 del 2007, sia in piena sintonia con il principio di bilanciamento dei poteri che informa il nostro ordinamento. Tuttavia il legislatore del 2007 ha deciso di seguire una via diversa per porre rimedio ai possibili errori o abusi dell’autorità giudiziaria, infatti l’operatività dell’art.204 c.p.p. deve essere letta alla luce di quanto stabilito dall’art. 66 dis.att.c.p.p., dal quale si evidenzia un potere d’ingerenza del Capo del Governo sulle valutazioni dell’autorità giudiziaria. L’articolo in questione infatti stabilisce che “quando perviene la comunicazione prevista dall’art. 204 comma 2 c.p.p., il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto motivato, conferma il segreto, se ritiene che non ricorrano i presupposti indicati nei coomi 1, 1bis, 1ter dello stesso

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articolo, perché il fatto, la notizia, il documento coperto dal segreto di Stato non concerne il reato per cui si procede…”.

L’art. 66 dip.att.c.p.p. quindi, attribuisce al Presidente del Consiglio il potere di confermare o meno la connessione tra l’informazione coperta da segreto di Stato ed un eventuale reato tra quelli previsti dall’art. 204 c.p.p., ovvero verificare la sussistenza di quanto disposto dal comma 1 ter dello stesso articolo.

Perciò a prescindere da qualsiasi valutazione effettuata dal giudice, qualora il Presidente del Consiglio ritenga che non sussistono i presupposti indicati nei commi 1,1bis,1ter dell’art. 204 c.p.p. perché il fatto non concerne il reato per cui si procede, il segreto di Stato è destinato a persistere. Solo se ci sarà concordanza con la valutazione del giudice, questo sarà legittimato ad acquisire l’informazione segretata.

Da tutto ciò emerge che l’art. 66 dis.att.c.p.p. attribuisce al Presidente del Consiglio un potere che esorbita dalle attribuzioni tipiche del nostro ordinamento, infatti a seconda della interpretazione data alla disposizione il Presidente del Consiglio può confermare il segreto perché ritiene che la prova segretata non sia concernete il reato per cui si procede; che la prova sia irrilevante; che non sia corretto il

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costituzionale”. Inoltre appare evidente che la procedura prevista dall’art. 66 dip.att.c.p.p. altro non sia che un interpello, il quale si è detto che sia irrilevante in questa fase perché, è il segreto stesso ad essere ontologicamente inopponibile.61 Quindi qualunque

interpretazione gli sia data la norma appare assolutamente lesiva delle prerogative costituzionali riconosciute alla funzione giurisdizionale.