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Meccanismi della disciplina processuale del segreto: dall’opposizione alla conferma

IL SEGRETO DI STATO NEL PROCESSO PENALE

3.2 Meccanismi della disciplina processuale del segreto: dall’opposizione alla conferma

Il segreto di Stato si frappone all’acquisizione, assunzione di un elemento di prova attraverso una precisa dichiarazione di scienza proveniente da soggetti tassativamente previsti dalla legge.

Nell’ambito delle indagini preliminari o nella fase istruttoria del processo, può accadere che determinati soggetti da cui acquisire elementi di prova, orali o reali, manifestino la propria impossibilità a portare la magistratura a conoscenza di tali oggetti. Le norme processuali in materia di segreto di Stato configurano l’atto di opposizione come atto dovuto per i soggetti individuati dalla legge pena l’incriminazione ex art. 261 c.p. Con l’obbligo di opposizione si cerca non solo di tutelare le informazioni sensibili, ma anche di sottrarre i soggetti legittimati, e solo essi, dal deporre in sede testimoniale e di sommarie informazioni, senza ricadere nei reati ex art. 371 bis e 372 c.p.

Con l’opposizione si produce sia un impedimento temporaneo all’acquisizione di elementi di prova, sia un’interruzione dell’ordinario iter processuale dato che l’autorità giudiziaria deve richiedere conferma al Presidente del Consiglio attraverso l’interpello.

L’atto di opposizione è una dichiarazione di scienza, rappresenta un atto dovuto perché il soggetto deve opporre il vincolo e astenersi dal

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divulgare la notizia coperta da segreto. L’opposizione deve essere esperita non appena l’autorità giudiziaria eserciti i poteri, previsti dall’ordinamento, per conoscere e acquisire elementi di prova sottoposti a vincolo, pena l’insorgere di responsabilità penale in capo al soggetto.

Dal punto di vista procedurale, attenendosi al dato letterale dell’art. 202 c.p.p. e 41 della legge 124/07, l’atto di opposizione costituisce il presupposto indefettibile per la procedura di interpello.

Secondo il comma 2 dell’art. 202 del codice di procedura penale: “se il testimone oppone un segreto di Stato, l’autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei ministri per l’eventuale conferma…”; analogamente il primo comma dell’art. 41: “nel processo penale… salvo quanto disposto dall’art. 202 c.p.p., … se è stato opposto il segreto di Stato l’autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei ministri…”.

Vi è a questo punto una valutazione da parte dell’autorità giudiziaria volta ad accertare la legittimità (sotto il profilo soggettivo) e la ricevibilità (sotto il profilo oggettivo). Conclusa la valutazione in senso positivo i poteri istruttori giudiziali ne risultano limitati visto la necessaria sospensione di ogni attività volta ad acquisire elementi di prova, secondo quanto affermato dal comma 2 dell’art. 202 c.p.p. In questa fase,provvisoriamente, sorge un divieto probatorio in capo al

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giudice, che consiste nel divieto di coartare il soggetto opponente per la deposizione. La testimonianza estorta diverrebbe già in questa fase inutilizzabile.

Sorge in questo momento l’obbligo per l’autorità procedente di richiedere conferma o diniego dell’opposizione attraverso la procedura di interpello. La procedura di interpello è da considerarsi atto dovuto in quanto nessuna discrezionalità è riconosciuta al giudice, il quale dovrà procedere indipendentemente dalle proprie convinzioni rispetto all’atto di opposizione54.

Per l’atto di interpello non sono previste particolari formalità, si ritiene che sia necessaria una formulazione idonea ad informare il Presidente del Consiglio sui termini essenziali della questione come la natura del procedimento, l’identità del soggetto che oppone il segreto e gli elementi di prova sui quali è stato opposto. Questi sono appunto i requisiti minimi attraverso i quali sarà configurabile l’atto di interpello, atto che darà il via al decorrere dei trenta giorni entro i quali il capo dell’esecutivo può confermare l’esistenza del segreto, il decorso dei termini è considerato un diniego espresso.

La conferma dell’eccezione di segretezza da parte del Presidente del Consiglio determina l’inibizione definitiva dei poteri dell’autorità giudiziaria. La conferma costituisce l’atto conclusivo di quella

54 Carlo Bonzano, Segreto X, tutela processuale del segreto di Stato, in Enc. giur. Treccani, Roma,2001.

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fattispecie a formazione progressiva necessaria affinchè l’istituto del segreto si Stato esplichi i suoi effetti dal punto di vista processuale. Anche in questo caso la legge descrive dei requisiti minimi per cui si possa considerare integrata la fattispecie; è necessario che l’atto sia imputabile al Presidente del Consiglio, che sia motivato e che sia prodotto rispettando il limite temporale dei trenta giorni dal momento di ricezione della richiesta di conferma.

Per quanto riguarda l’ultimo requisito, è lo stesso art. 202 c.p.p. a disporre un’automatica e piena riespansione dei poteri giudiziali, paragonando, iuris et de iure, il ritardo della conferma ad un diniego espresso.

L’ipotesi, seppur estrema, di un atto di conferma emesso da un soggetto diverso dal capo dell’esecutivo determinerebbe il venir meno per l’organo giurisdizionale di qualsiasi divieto di utilizzazione, dato che si ricadrebbe in un’ipotesi di inesistenza per carenza assoluta di potere. Qualche problema in più lo potrebbe, invece, creare un atto di conferma carente di motivazione. L’obbligo di motivazione inserito nella legge 124 del 2007 è di produzione giurisprudenziale fù infatti elaborato nella sentenza 86/1977 e ripreso in successive pronuncie della Corte, quindi nonostante l’obbligo di motivazione sia un requisito essenziale dell’atto confermativo la sua carenza non può far ritenere al giudice integrata sic et simpliciter la fattispecie dell’art 202 c.p.p.

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Proprio questo aspetto riguarda uno degli elementi fondamentali del rapporto tra potere giudiziario ed esecutivo in tema di segreto di Stato. La sindacabilità dell’atto di conferma quindi sembra tendenzialmente esclusa sia dal dato normativo che da quello della giurisprudenza costituzionale, tale esclusione discende dalla supposta configurazione di atto politico e non amministrativo attribuita all’atto di apposizione e conferma dalla Corte costituzionale55.

Seppur parte della dottrina56 propenda per la configurazione politica

dell’atto di apposizione-conferma, un indirizzo dottrinario ritiene invece che dalle parole della corte non emerga questa valutazione circa la politicità dell’atto57. La confutazione della tesi dell’atto politico è

effettuata utilizzando la differenza tra atto politico e atto amministrativo formulata dal diritto amministrativo, il primo si

55 V. Corte cost. sent. 86/77 quando afferma che la decisione governativa “non può non consistere in un’attività ampiamente descrizionale, e più precisamente, di una descrizionalità che supera ampiamente l’ambito e i limiti di una descrizionalità puramente amministrativa in quanto tocca la salus rei pubblicae”

Inoltre “il giudizio sui mezzi idonei e necessari per garantire la sicurezza dello stato ha natura squisitamente politica e quindi, mentre è consono agli organi e autorità politiche preposte alla sua tutela, certamente non è consono all’attività del giudice”.

56 Favorevoli a qualificare l’atto di conferma come atto politico C. MOSCA, G.

SCANDONE, S.GAMBACURTA, M. VALENTINI, I servizi di informazione e il segreto di

Stato, Milano, 2008.

57 Alessandro Pace, L’apposizione del segreto di Stato nei principi costituzionali e nella legge n. 124 del 2007, Associazione Italiana dei Costituzionalisti. Nel commento alla sentenza 86/77 confuta la politicità dell’atto di apposizione-conferma sostenendo che “ …è altrettanto indubbio che in nessuna parte della decisione si parla esplicitamente di atto politico…. Costituisceil miglior argomento per affermare che la Corte costituzionale, pur con qualche parola di troppo, non ritenesse di qualificare come atti politici l’apposizione del segreto di Stato e la sua conferma.”

Adele Anzon , Il segreto di Stato ancora una volta tra Presidente del consiglio, autorità giudiziaria e Corte costituzionale, AIC, 2009.

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differenzia dal secondo per essere libero nel fine e quindi sprovvisto di motivazione e insindacabile sotto il profilo giurisdizionale. Per questo motivo, dato che l’istituto del segreto di Stato è rigidamente vincolato alla legge sostanziale che lo disciplina, non può che essere configurato che come atto amministrativo, nonostante gli vada riconosciuta una più ampia discrezionalità in ragione della sua funzione di tutela della

salus rei pubblicae. La subordinazione alla legge, e quindi la natura

amministrativa, è riscontrabile dal fatto che la discrezionalità nell’utilizzo del vincolo verte sull’opportunità e le modalità di applicazione, non certo sull’ individuazione di interessi da tutelare diversi da quelli previsti dalla legge.58

La soluzione alle due opposte concezioni può essere quella di considerare l’atto di apposizione-conferma un atto di natura amministrativa, ma insindacabile sotto il profilo giurisdizionale, tale conclusione sembra dimostrata dalla devoluzione, disposta nella legge di riforma, alla Corte costituzionale del potere di sindacato da esperire in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello stato. Quindi ogni possibilità di sindacare l’atto di conferma, anche sotto il profilo di legittimità, è assorbito nel giudizio sul conflitto di attribuzione di fronte alla Corte alla quale, per espressa previsione legislativa, non è mai opponibile il segreto.

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3.3 I problemi ermeneutici

Dalla lettura dall’ art. 202 c.p.p. così come riformato dalla legge del 2007 emerge una certa difficoltà nell’interpretare le norme che disciplinano il rapporto tra il processo penale e il segreto confermato. Tali difficoltà sorgono dal fatto che nella stesura della disposizione il legislatore ha ripreso alcuno dicta pronunciati dalla Corte costituzionale in alcune sue sentenze, principi questi validi per la risoluzione dei casi specifici ma che mal si adattano, senza gli opportuni correttivi, a disciplinare le regole processuali aventi ad oggetto le attività investigative e istruttorie.

Un ulteriore problematicità deriva dal fatto che nei lavori preparatori alla legge n. 124 del 2007 emerge che il Parlamento aveva intenzione di creare, intorno al segreto confermato dal Presidente del consiglio, una barriera effettivamente insuperabile per i poteri conoscitivi dell’autorità giudiziaria. Infatti negli stessi lavori oltre alla necessità di precludere la conoscenza agli “atti, documenti” si fa riferimento ai fatti e alle notizie ad essi collegati.

Da tutto ciò ne deriva una disposizione con alcune contraddizioni e con norme che sembrano tendere a finalità diverse tra loro.

A detta dell’art. 202 c.p.p. a seguito dell’opposizione oltre ad attivare la procedura d’interpello, deriva l’obbligo per il magistrato di sospendere ogni “iniziativa volta ad acquisire la notizia oggetto del segreto”;

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l’utilizzo del termine notizia, visto la qualificazione soggettiva data alla norma, potrebbe essere usata come sinonimo di prova, in quanto sono queste ad essere acquisite nel processo. Ma con la lettura del comma successivo si comprende quale fosse la reale volontà del legislatore, dato che la il terzo comma dispone che “qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti essenziale la conoscenza di quanto coperto da segreto di Stato, il giudice dichiara di non doversi procedere per l’esistenza del segreto di Stato”.

L’intenzione era quella di creare uno sbarramento assoluto all’accertamento giudiziale, almeno nelle more dell’atto di conferma, visto che la lettura congiunta del primo e terzo comma dimostrano che la tutela degli arcana imperii voleva essere perseguita impedendo al giudice non l’acquisizione della prova, ma l’accesso alla conoscenza della notizia coperta da segreto.

Anche dalla lettura del quinto comma emerge la volontà di disporre una tutela assoluta visto che nello stesso si afferma “l’opposizione del segreto di Stato, confermata con atto motivato del Presidente del Consiglio dei ministri, inibisce all’autorità giudiziaria l’acquisizione e l’utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte da segreto”.

Con la lettura del sesto comma, invece iniziano ad emergere quelle criticità interpretative denunciate in precedenza, infatti il legislatore, riprendendo una formula usata dalla Corte costituzionale in una sua

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sentenza, stabilisce che “non è, in ogni caso, precluso all’autorità giudiziaria di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti dagli atti, documenti e cose coperti dal segreto.” È evidente che la ratio della norma sia completamente opposta a quella del comma precedente, quindi delle due l’una: o l’opposizione e la successiva conferma producono un blocco totale alla conoscenza di quanto coperto da segreto di Stato e impediscono la conseguente acquisizione di ogni prova avente ad oggetto il vincolo; oppure determinano uno sbarramento solo relativo consentendo l’accesso alla notizia segreta tramite l’acquisizione di prove diverse e indipendenti da quelle su cui è stato apposto il segreto.

A sostegno di quest’ultima concezione sembra porsi il settimo comma dove si dispone che nel caso di conflitto di attribuzione questo “sia risolto nel senso dell’insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l’autorità giudiziaria non può ne acquisire ne utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato.”

La formulazione del divieto per l’autorità , in caso di conferma del segreto,impedisce l’uso di atti o documenti secretati, ma deve far ritener possibile, a differenza di quanto stabilito al comma 2, l’utilizzo

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di qualsiasi altro mezzo non sottoposto a vincolo riguardante lo stesso oggetto di prova.